La ricerca dell'immutabilità e dell'ordine nell'autismo

La ricerca dell'immutabilità e dell'ordine nell'autismo

 

Una delle tante caratteristiche attribuite ai bambini con disturbi autistici è la presenza di una scarsa flessibilità nel pensiero e una notevole resistenza ai cambiamenti. Essi avvertono un terrore fobico, quando sono allontanati dal loro ambiente, se viene cambiata la collocazione degli oggetti o l’aspetto delle stanze della loro casa o se la routine giornaliera viene modificata.

Caratteristica in questi bambini è la ritualizzazione di alcune abituali attività quotidiane, quali il mangiare, il lavarsi, l’uscire da casa. Attività che essi hanno bisogno si svolgano secondo delle sequenze rigide e immutabili.[5]

Ad esempio, non accettano che i genitori modifichino il percorso che normalmente effettuano per andare dalla nonna, a scuola o dal medico. Allo stesso modo non sopportano i cambiamenti nella disposizione dei mobili, dei quadri o delle suppellettili della loro casa e, soprattutto, della loro stanza. Inoltre, la rigidità del loro pensiero e il limitato repertorio d’interessi che essi hanno, possono costringerli a vere e proprie ossessioni per specifici oggetti, che devono essere sempre alla loro portata.

Pertanto fanno di tutto affinché le situazioni, gli oggetti e gli orari non cambino e restino come sono. Se quanto richiesto non è accettato, per cui i genitori, gli insegnanti o altri adulti insistono nel modificare ambienti e abitudini, si possono manifestare crisi di angoscia e di collera con etero e autoaggressività, oppure si può accentuare la loro chiusura autistica.

Dice la Grandin: ‹‹Ogni alterazione della routine provoca attacchi di panico, ansia e una risposta di fuga, a meno che alla persona non venga insegnato cosa fare quando qualcosa va storto››.[6]

La Williams a questo riguardo nota:

Il costante cambiamento della maggior parte delle cose sembrava non lasciarmi alcuna possibilità di preparami a questi cambiamenti e proprio per questo provavo piacere e conforto nel fare continuamente le stesse cose.[7]

E De Rosa:

D’altronde credo che la mia sensibilità al dolore fisico sia piuttosto bassa e molto intensa quella al dolore mentale, per una situazione nuova che temo di non comprendere bene e che non so come evolverà.[8] Inoltre, lo stesso autore ricorda: Se qualcosa era anche leggermente fuori posto, dovevo raddrizzarla e il farlo, recuperando l’ordine, mi faceva sentire sicuro.[9]

 

Tratto dal libro di Emidio Tribulato: "Bambini da liberare - Una sfida all'autismo".

 

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