I meccanismi di difesa dell'Io

I meccanismi di difesa dell'Io

 

Le nevrosi e i meccanismi di difesa

Le teorie psicodinamiche permettono di spiegare bene e in modo più preciso e completo i disturbi nevrotici dei bambini e degli adulti. Secondo tali teorie i sintomi nevrotici rappresentano dei tentativi per mezzo dei quali l'Io cerca di risolvere l'ansia, derivata dai conflitti tra le varie attività psichiche. In particolare l’Io cerca di risolvere le pulsioni dell'Es che si scontrano con quelle del Super Io. Il tutto inserito nel modello ideale dell'Io e nelle condizioni contingenti esterne.

Le pulsioni libidinali o aggressive dell'Es cercano di spingere l'Io verso un certo tipo di comportamento che soddisfi tali pulsioni. A sua volta però, molte di queste pulsioni libidinali o aggressive vengono censurate dal Super Io, in quanto in contrasto con le normative etiche, sociali, culturali o familiari. Ciò comporta un continuo sforzo da parte dell'Io di soddisfare le pressanti esigenze dell'Es, in modo tale però che non siano in contrasto con le istanze morali del super Io, con gli ideali dell'Io e con le condizioni contingenti. In caso contrario ne deriverebbero angosciosi sensi di colpa. Quando i normali mezzi psicologici che ha l'Io a sua disposizione non riescono a risolvere l'ansia derivante tra queste diverse esigenze, compaiono i sintomi nevrotici. Questi sono l'ultimo mezzo che ha l'Io per superare l'angoscia. Freud ricorda in un saggio sulle nevrosi ossessiva che in ogni nevrosi ritroviamo nascosti dietro ai sintomi, i medesimi istinti. Le fobie, le ossessioni, le somatizzazioni, le crisi d'ansia e le manifestazioni isteriche hanno quindi una base comune, sono un mezzo per evitare l'angoscia crescente.

Nei bambini si preferisce parlare di tratti nevrotici, piuttosto che di nevrosi, in quanto nell'infanzia la personalità è in evoluzione e in formazione. Pertanto le difese utilizzate dal bambino non sono ancora mature e i sintomi nevrotici, nonostante siano frequenti, non sono strutturati e stabili, come quelli degli adulti, per cui sono considerati “normali” se si presentano saltuariamente ed in modo lieve.

Per la psicanalisi, l’Io utilizza vari tipi di difese psicologiche, in parte inconsce, in parte coatte, messe in atto per ridurre o sopprimere ogni turbativa che possa mettere in pericolo la sua integrità e il suo equilibrio interno. Alcune di queste difese sono egosintoniche, in quanto coerenti con le esigenze dell’Io, altre sono egodistoniche o patogene, in quanto la funzione egoica di esame della realtà si interrompe, per lasciar spazio alla riutilizzazione di modi arcaici di pensare, di percepire e di rapportarsi alla realtà[1].

Accanto ai meccanismi di difesa scoperti da Freud, altri studiosi, nel tempo, ne hanno aggiunto altri.

Pertanto i meccanismi di difesa usati dall’io durante l’infanzia e l’adolescenza sono numerosi[2] (Kaplan, Sadock, 1993, p. 199).

La negazione

È questa una forma di difesa comune nei bambini. Essa consiste nel falsificare fatti, impulsi, dati di realtà o aspetti di sé o del mondo percettivo, allo scopo di conservare il benessere psichico. Questo sistema di difesa viene utilizzato soprattutto per evitare di riconoscere esperienze penose. Ad esempio, nel caso in cui il bambino ha perduto il padre, egli potrà dire: “Mio papà non è affatto morto. Egli tornerà fra qualche giorno”. E così, nel caso di separazione dei genitori potrà affermare con sicurezza: “I miei genitori non si sono separati, papà torna a casa la notte e poi riparte presto la mattina per andare a lavorare, e per questo che io non lo vedo”. L’uso massiccio di questo meccanismo di difesa produce conseguenze negative, in quanto i veri problemi non sono né affrontati, né risolti.

 

La regressione

Anche questo è un meccanismo di difesa frequente. Quando il bambino è coinvolto in circostanze che scatenano in lui più ansia di quanto possa fronteggiare, egli abbandona gli schemi di comportamento appropriati alla sua età e regredisce ad un tipo di comportamento che, in passato, lo appagava. Abbandona, quindi, momentaneamente, certi comportamenti più evoluti e utilizza comportamenti più infantili, ritornando ad una fase precedente al suo attuale sviluppo. Ad esempio, egli può iniziare a comportarsi in maniera capricciosa, come farebbe un bambino piccolo, può parlare come un bebè, rifiutare l’alimentazione solida per quella liquida e così via. In altri casi può regredire alla fase anale e cominciare a bagnarsi e sporcarsi nuovamente, oppure alla fase orale, e chiedere di essere nutrito e cullato come un neonato. In ogni caso si accentua la sua dipendenza dalla madre e dalle altre figure protettive. La regressione non è quasi mai totale, ma riguarda uno o più aspetti della vita psichica del minore.

Quando si presenta questo tipo di difesa è fondamentale il modo di comportarsi dei genitori. Se papà e mamma, comprendendo i segnali che provengono dal bambino, si impegnano in tutti i modi al allentare la pressione su di lui e si sforzano di dargli ciò di cui ha bisogno in quel difficile frangente, la regressione può rapidamente diminuire, per poi scomparire del tutto; per cui il bambino tonerà ad attuare dei comportamenti più maturi e adeguati alla sua età cronologica. Può accadere, invece, che i genitori siano insensibili persino a tali evidenti segnali di disagio o siano troppo occupati o tormentati a causa dei loro stessi problemi, per riuscire a comportarsi e reagire nel modo più opportuno. In questi casi i sintomi della regressione possono non solo persistere, ma anche accentuarsi; per cui il bambino può subire un parziale arresto nel suo sviluppo, accompagnato da una contrazione della sua personalità.

La distorsione

Con questa difesa si rimodella la realtà esterna per soddisfare dei bisogni interni.[3]

Idealizzazione primitiva

Mediante questo meccanismo gli oggetti esterni che sono visti come o “tutti buoni” o “tutti cattivi” sono irrealisticamente dotati di grandi poteri[4].

 

 

La proiezione o spostamento

I sentimenti e gli impulsi inaccettabili verso una persona, quando questi creano conflitto, sono spostati verso un’altra persona, un animale o un oggetto “sostitutivo”, che assume il ruolo di oggetto manifesto, o apparente, ed è in stretto rapporto simbolico con l’oggetto reale o la rappresentazione mentale che causa l’attivazione di questa difesa. Questo meccanismo di difesa interviene spesso nelle fobie, per cui si sposta il sentimento inaccettabile sull’oggetto “fobogeno”.

L’identificazione proiettiva

Mediante questa difesa gli aspetti non desiderati di sé sono depositati dentro un’altra persona, in modo tale che il soggetto che proietta si sente tutt’uno con l’oggetto della proiezione[5].

 

 

La scissione

Lo stesso oggetto o persona viene diviso, scisso in due: uno buono e uno cattivo, in modo tale da potere dirigere sulle parti scisse gli opposti sentimenti che questo oggetto o questa persona ispira: ad esempio: odio verso la parte cattiva della madre, amore verso quella buona; desiderio di accoglienza verso la parte buona, desiderio di morte e distruzione verso la parte cattiva. È questo un meccanismo di difesa primitivo, proprio dei primi mesi di vita, che nell'adulto può presentarsi in varie forme di psicosi.

La messa in atto

È il tentativo di evitare di confrontarsi con i propri conflitti inconsci, cercando soluzioni sul piano della realtà, allo scopo di risolvere con azioni un conflitto interiore che non si vuol riconoscere.[6]

Il blocco

“Una inibizione, in genere temporanea, specialmente di affetti, ma talora anche di pensiero e di impulsi”[7] .

 

 

L’ipocondria

“È la trasformazione del rimprovero verso gli altri in un autorimprovero e in un lamento di sofferenza, di malattia somatica e nevrastenia [8]”.

L’identificazione

“L’identificazione con l’oggetto amato può servire come difesa verso l’angoscia e la sofferenza, che accompagnano la separazione o la perdita dell’oggetto, sia reale che minacciata[9] .

L’introiezione

Questa indica il processo difensivo, mediante il quale il soggetto "introduce” fantasmaticamente al proprio interno oggetti (parziali o totali) e qualità dei medesimi. La nozione di introiezione è stata adottata da Freud in opposizione a quella di proiezione. Attraverso l'introiezione l'Io tenta di incorporare nelle proprie strutture valori e norme esterne, per non viverle come opprimenti ed estranee. È un meccanismo essenziale nello sviluppo infantile, in quanto consente al bambino di assimilare le figure significative, come i genitori, e di mantenerle internamente, così da "ricorrere” alle loro qualità anche in assenza di esse.

Il comportamento passivo-aggressivo

“L’aggressività verso un oggetto espresso indirettamente ed inefficacemente attraverso passività, masochismo e ostilità verso se stessi”[10].

La fantasia schizoide

Tendenza ad usare la fantasia e ad indulgere in un ritiro autistico, con lo scopo di risolvere un conflitto e di ottenere gratificazione[11].

La somatizzazione

Conversione difensiva di derivati psichici in sintomi somatici, tendenza a reagire con manifestazioni somatiche[12].

La rivolta contro se stessi

Un impulso inaccettabile verso gli altri viene rivolto verso se stessi[13] 

Il falso Io

Quando un bambino non riesce a padroneggiare delle situazioni che sono troppo difficili, complesse o frequenti, può cercare di controllare la realtà recitando una parte o indossando una maschera che lo renda bene accetto soprattutto agli adulti, ai quali apparirà come un bambino bravo, ubbidiente, tranquillo, collaborante, allegro ecc. Questa maschera o questa recita gli consente di rapportarsi meglio con gli altri e di dimostrare sia agli altri che a se stesso di essere all’altezza della situazione. Purtroppo questo modo di risolvere i problemi comporta un notevole dispendio di energia psichica e può, col tempo, rivelarsi controproducente, perché la realtà che egli nasconde dietro è troppo diversa dalle apparenze.[14]

 

L’apatia e il distacco sonnolento

Altri meccanismi per diminuire l’ansia sono descritti da Sullivan[15].

Quando il bambino è coinvolto in circostanze che scatenano in lui più ansia di quanto possa fronteggiare, uno dei meccanismi psicologici di cui può servirsi per diminuire la sofferenza causata dall’ansia è l’apatia con la quale tutte le tensioni causate dai bisogni sono sensibilmente attenute ma non eliminate. Questa difesa è attuata quando i bisogni insoddisfatti sono molto importanti e gravi. Quando il bambino è più grande anche il distacco sonnolento riduce l’angoscia grave e prolungata. Questo tipo di distacco è molto simile all’apatia ed è provocato da un’angoscia inevitabile e prolungata.

La disattenzione selettiva

Altro metodo di difesa utilizzato dal bambino, specie quando desidera delle cose impossibili, è la disattenzione selettiva. Utilizzando questa difesa il bambino tratta gli oggetti e le cose desiderate come se non esistessero[16] (Sullivan, 1962, p. 197).

Le stereotipie e le attività ripetitive

Anche le stereotipie e tutte le attività ripetitive possono essere, a nostro avviso, considerate degli strumenti di difesa dall’angoscia. Queste permettono di concentrare l’attenzione verso qualcosa o qualche attività piacevole e rilassante, così da allontanare le ansie e i pensieri truci o paurosi. Quando le stereotipie sono di tipo motorio, a questo effetto di distrazione si aggiunge anche un effetto di scarica dell’ansia e della tensione, attraverso un’attività fisica ripetitiva, molto semplice, facile e banale.

 

L’attivismo

Sono comuni negli adulti una serie di impegni, spesso eccessivi e convulsi, in svariate attività: mentali, fisiche, relazionali, sentimentali, sessuali, attuate rapidamente, senza le opportune pause e senza eccessive riflessioni. Quest’impegni convulsi ed eccessivi, sia di tipo motorio sia di tipo intellettivo, sono giustamente giudicati da parte degli osservatori esterni come impegni nevrotici. In quanto hanno lo scopo, a volte inconscio ma spesso perfettamente cosciente e dichiarato, di tentare di diminuire l’ansia, il dolore e la tristezza interiore, impegnandosi con grinta e frenesia in molteplici attività.

Allo stesso modo il bambino, mediante l’attività motoria convulsa esercitata nell’ambiente di casa, di cortile o di scuola, cerca di allontanare o dar sfogo ai pensieri, alle ansie e alle paure che lo angustiano e lo attanagliano. In tal modo ottiene un miglioramento, anche se, a volte, solo momentaneo, della sua sofferenza.

La focalizzazione dell’attenzione su settori e compiti specifici

In alcuni bambini particolarmente disturbati, come nei soggetti affetti da sindrome di Asperger, ritroviamo da parte del minore una particolare attenzione e quindi capacità in alcuni specifici settori, ad esempio, nelle scienze, nella matematica, nell’informatica. Questo focalizzare l’attenzione su un determinato campo, escludendo tutto il resto, potrebbe configurarsi una delle tante modalità di difesa che l’Io attua per allontanare l’ansia, le paure, e tutte le emozioni disturbanti in quanto, delimitando notevolmente la sfera dei propri interessi, il bambino evita le frustrazioni dovute all’incapacità di ben gestire le difficili relazioni familiari e amicali.

Tratto dal libro di Emidio Tribulato "Il bambino e l'ambiente" -Volume unico

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[1] Galimberti U., (2006), Dizionario di psicologia, Roma, Gruppo editoriale L’Espresso, pp. 604-607.

[2] Kaplan, H.I., Sadock B. j., (1993), Manuale di psichiatria, Napoli,  Edises, p. 199.

[3] Kaplan, H.I., Sadock B. j., (1993), Manuale di psichiatria, Napoli,  Edises, p. 199.

[4] Kaplan, H.I., Sadock B. j., (1993), Manuale di psichiatria, Napoli,  Edises, p. 199.

[5] Kaplan, H.I., Sadock B. j., (1993), Manuale di psichiatria, Napoli,  Edises, p. 199.

[6] Galimberti U.,     (2006), Dizionario di psicologia, Roma, Gruppo editoriale L’Espresso, 604 - 607.

[7] Kaplan, H.I., Sadock B. j., (1993), Manuale di psichiatria, Napoli,  Edises, p. 199.

[8] Kaplan, H.I., Sadock B. j., (1993), Manuale di psichiatria, Napoli,  Edises, p. 199.

[9] Kaplan, H.I., Sadock B. j., (1993), Manuale di psichiatria, Napoli,  Edises, p. 1193.

[10] Kaplan, H.I., Sadock B. j., (1993), Manuale di psichiatria, Napoli,  Edises, p. 200.

[11] Kaplan, H.I., Sadock B. j., (1993), Manuale di psichiatria, Napoli,  Edises, p. 200.

[12] Kaplan, H.I., Sadock B. j., (1993), Manuale di psichiatria, Napoli,  Edises, p. 200.

[13] Kaplan, H.I., Sadock B. j., (1993), Manuale di psichiatria, Napoli,  Edises, p. 200.

[14] Oliverio Ferraris A., (2005), Non solo Amore, Firenze, Giunti Demetra, p. 103.

[15] Sullivan H.S.,     (1962), Teoria interpersonale della psichiatria, Milano, Feltrinelli Editore, p. 74.

[16] Sullivan H.S.,     (1962), Teoria interpersonale della psichiatria, Milano, Feltrinelli Editore.

 

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