Racconti di bambini adottati

Racconti di bambini adottati

Racconti di bambini adottati

 

Le violenze subite da Daniela prima dell’adozione si riflettono in questa storia.

 

 

Un cuore stanco di essere picchiato

C’era una volta un cuore che era stanco di essere picchiato dai suoi genitori. Lo picchiavano perché combinava guai. Il cuore è andato via e si è sposato, ha avuto dei figli: una si chiamava Emanuela e l’altro si chiamava Marco. Dopo ha avuto una famiglia tanto bella, perché andavano d’accordo e non picchiavano mai i figli, (a me non piace quando picchiano i figli!) E vissero tutti felici e contenti.

È da notare come la bambina metta in evidenza non il dolore del corpo che subisce le botte dei suoi genitori biologici, ma il dolore del cuore (c’era una volta un cuore che era stanco di essere picchiato dai suoi genitori). Come a voler sottolineare che la cosa che l’aveva fatto soffrire di più, durante le sue prime esperienze infantili, era il dolore psicologico più che quello fisico, dell’essere picchiata dalle persone che dovevano invece, amarla e proteggerla. Daniela, almeno in parte, giustifica queste violenze (lo picchiavano perché combinava guai).

La bambina cerca di sfuggire al ricordo di questo ambiente violento, immaginando di sposarsi ed avere dei figli e, quindi, avere una famiglia propria nella quale non si picchiano i bambini. Questa famiglia da lei immaginata rispecchiava, nella realtà, quella adottiva, dove la bambina ormai viveva (Dopo ha avuto una famiglia tanto bella, perché andavano d’accordo e non picchiavano mai i figli).

Questo disegno, prodotto da un’altra bambina che era stata adottata insieme alla sorella, rappresenta il papà e la mamma adottiva che si baciano, mentre lei e la sorella si tengono per mano. Non sappiamo se il disegno dei genitori adottivi che si baciano sia una critica nei loro confronti, ma non vi è dubbio che lei ancora vede questa nuova famiglia come divisa in due: da una parte il padre e la madre adottiva, dall’altra lei e la sorella. Non vi è ancora quell’unità che ci si aspetterebbe in una normale famiglia nella quale, di solito, i personaggi sono posti uno accanto all’altro, se non proprio uniti l’uno all’altro dalle mani che si stringono.

 

Questo disegno e il racconto che segue, effettuati da una bambina adottata, ci offrono un positivo rapporto tra la bambina adottata e i suoi genitori adottivi.

Patrizia – Primo racconto

 

 

Un signore buono che sa perdonare

Un giorno c’era una bellissima giornata, in cui c’era un bel sole che splendeva, con delle nuvole tutte insieme in cielo. Poi c’era un albero che dava tanti frutti; l’erba che cresceva velocemente; e c’era un’erba che è cresciuta tutta in una volta. C’erano tante rondini che erano molto grandi, crescevano i fiori ed erano di tanti colori.

C’era un signore che dava tanta acqua e sono cresciute tutte le erbe e gli alberi.

Nell’albero sono cresciute tante arance. Poi c’era il cane che si mise a pestare tutta l’erba, aveva fatto i suoi bisogni e aveva rovinato tutte le cose. Ma il signore non lo rimproverò perché era buono ma il cane non era suo. Il cane era di una bambina che gli aveva dato botte. Il signore le chiese “perché? e lei disse che gli aveva dato botte perché aveva rovinato il giardino. Il signore rimproverò la bambina, dicendole che il cane poteva fare ciò che voleva. Da quel giorno la bambina tenne il cane in casa con lei.

Il disegno eseguito da Patrizia, è come diviso in due da una linea azzurra. Nella parte alta gli uccelli neri, troppo grandi, il sole di un colore eccessivamente sanguigno e le tante nuvole, ci suggeriscono la presenza di elementi di tensione e tristezza presenti nel suo passato di bambina abbandonata in istituto. La parte inferiore, invece, con l’albero che si innalza maestoso verso il cielo, il grande fiore, l’erba e lo sproporzionato fungo, rimandano al suo presente, che appare sostanzialmente molto migliore del passato.

Anche dal racconto si evince che Patrizia aveva trovato, nella famiglia adottiva, forse soprattutto nel padre, qualcuno capace di darle quell’affetto che è indispensabile per crescere bene (C’era un signore che dava tanta acqua e sono cresciute tutte le erbe e gli alberi). Questo signore viene descritto come buono ecapace di comprendere i comportamenti aggressivi e distruttive (Poi c’era il cane che si mise a pestare tutta l’erba, aveva fatto i suoi bisogni e aveva rovinato tutte le cose. Ma il signore non lo rimproverò perché era buono). Un padre adottivo capace anche di comprendere l’aggressività presente nella bambina e la sua facile irritabilità (Una bambina aveva dato botte al cane).

Ed è proprio a motivo di questa comprensione ottenuta che la bambina, in questa nuova famiglia, essendo più serena e sicura di sé, ha la possibilità di modificare le sue reazioni, tanto da riuscire a contenere la propria aggressività e a far emergere dei sentimenti amorevoli (Da quel giorno la bambina tenne il cane in casa con lei).

Molte volte noi adulti tendiamo a reprimere l’aggressività dei bambini rispondendo con altra aggressività. Niente di più errato. L’aggressività nasce quasi sempre dalla sofferenza subita per svariati motivi: poco ascolto, scarsa presenza, ambiente familiare intriso di conflitti e così via. In questi casi la terapia migliore, per ridurre gradualmente per poi eliminare del tutto i comportamenti aggressivi, è quella di offrire al bambino un maggiore ascolto, un rapporto più intimo e caldo, e delle piacevoli attività e giochi da fare insieme.

 

Patrizia – Secondo racconto

 

Un cucciolo perduto e poi ritrovato

C’era una volta un coccodrillo che aveva un cucciolo; lo aveva perso. Pensava che gli altri coccodrilli se l’erano mangiato, ma poi, cercando, cercando, lo trovò e vissero tutti felici e contenti.

In questo racconto di Patrizia il protagonista è una mamma coccodrillo. Un rettile del quale di solito si ha paura, perché tende ad aggredire gli altri animali e gli uomini. Ma la bambina nota come, anche in questo grosso rettile, così brutto e feroce, possa albergare un tenero amore nei confronti del figlio scomparso: tanto da cercarlo in preda al timore per la sua sorte, per poi, dopo averlo trovato, vivere insieme “felici e contenti”.

Ci siamo chiesti quale sia il significato di questo racconto: esprime forse l’amore che i suoi genitori adottivi avevano nei suoi confronti? Oppure manifesta un desiderio, una speranza, che la sua mamma biologica possa riuscire a provare verso di lei l’amore e l’attenzione che descrive in questo coccodrillo?

Solo la storia di Patrizia ci può aiutare a capire quali erano in quel momento i pensieri e le emozioni della bambina.

Da questa storia scopriamo che la bambina, appena nata, era stata abbandonata dalla madre, per essere poi accolta in un istituto. Soltanto quando aveva quattro anni e mezzo, è stata adottata.

Da ciò comprendiamo che l’ipotesi più vicina alla realtà debba essere la seconda. Patrizia, come tanti bambini nelle sue stesse condizioni, preferisce immaginare il comportamento della madre non come un colpevole abbandono della figlia, ma come una perdita e, quindi, come un evento assolutamente involontario. Per cui, mentre scriveva questo racconto, il suo più grande desiderio era che la madre biologica fosse ancora alla ricerca di questa sua figlia scomparsa, per poi, avendola ritrovata, vivere insieme felici.

Rimane un ultimo elemento da chiarire: perché aveva scelto, come protagonista della sua storia proprio un coccodrillo, un animale aggressivo e certamente non bello, mentre avrebbe potuto benissimo parlare di uno dei tanti animali vicini a noi e amati dai bambini: un cane, un gatto, un cavallo o un orsetto? Animali questi ai quali, di solito, si attribuiscono caratteristiche positive.

Pensiamo che la risposta più vicina alla realtà interiore della bambina stia proprio nelle caratteristiche del rettile: avere un aspetto non gradevole ed essere un animale feroce e aggressivo. E come se la bambina dicesse a sé stessa: “Io so che la mia madre naturale non era una donna bella e buona, tuttavia era una madre e non vi è alcuna madre la quale, avendo perso una figlia, per paura che le possa accadere qualcosa di brutto, non vada alla sua ricerca, per poi, avendola ritrovata, abbracciarla e vivere per sempre con lei.

Nel disegno vi è un sole caldo, che sta sopra le nuvole, disegnato con tante punte. Questo sole ci conferma che l’intimo desiderio della bambina è che la madre biologica, anche se “cattiva” (le punte disegnate nel sole), venga finalmente da lei per darle quella gioia e quel calore che serva ad allontanare la tristezza che pervade in quel momento il suo cuore.

 

Tratto dal libro di Emidio Tribulato:

 

 

 


"I bambini raccontano - Interpretazione

 

 

 

dei racconti infantili".

 

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