La lunghezza dei racconti infantili

La lunghezza dei racconti infantili

 

 

Abbiamo notato come la lunghezza di un racconto non sempre sia da collegare alla gravità della patologia psicologica, né a dei sintomi che si attribuiscono a particolari bambini, come ad esempio, alla notevole chiusura che normalmente viene ascritta ai soggetti con disturbi autistici.

Infatti, alcuni di questi, se la patologia non è molto grave e se, avendo fiducia nel terapeuta, in quel momento ne hanno voglia, desiderio e piacere, riescono a produrre dei racconti molto lunghi e ricchi; anche se, come vedremo, questi racconti hanno delle caratteristiche particolari.

 

Un esempio di ciò lo abbiamo nella “Tragica storia della sirena” dettata da Francesco, un bambino con disturbi autistici. 

La tragica storia della sirena

Danno botte alla sirena, anche pietrate e colpi di martello. Lei si risveglia. Una persona piccolina le dà un’altra botta e la colpisce ancora. Le fa uscire sangue. Le dà ancora botte e ancora le esce sangue. Le lancia un cavallo contro, che fa male alla sirena, in quanto la schiaccia. Anche la macchina l’ha schiacciata.

D. “Cosa ha fatto di male la sirena?”

R. Niente

Lottano ancora dentro la macchina. Le dà un’altra botta in testa con il pugnale. La sega. La sirena si muove male, grida e piange. Cammina male: è zoppa. Le danno un altro colpo e la uccidono. È morta, ma continuano a dare botte alla sirena. La sirena è di nuovo viva, vuole scappare e loro la rincorrono e la trapanano. Lei scappa velocissima. Cerca di liberarsi ma non ci riesce. Qualcuno le pittura la faccia con il pennello. Non può camminare, infila la coda in un’auto. Gli altri scappano. Lei si tira dietro tutto per entrare in macchina. Nessuno la libera. Grida: AIUTOOO!!!

Si è liberata, ma è ferita e le arriva un’altra cosa addosso. Qualcuno la lega, lei non può liberarsi, è ferita, piena di sangue. Lei non aveva fatto niente (di male): la colpa è di loro. La sirena prende il canotto. Il canotto la insegue e lei entra dentro e il canotto le fa male. Sale le scale con la coda. La sirena guida la macchina. Tutti scappano.

Hanno fatto pace con la sirena: sono insieme. Lei ha sprofondato con la macchina e gli altri l’aiutano. Le arriva una molla addosso. Qualcuno gliel’ha gettata. Le hanno sparato con i cannoni e l’hanno uccisa. È morta! Ma poi si è alzata e ha fatto male ai ladri: si è vendicata. Ha preso una pietra e si è vendicata. Di nuovo è morta la sirenetta, ma si alza e lotta contro chi le vuole fare del male. E muore chi le voleva del male, ma si rialza subito. La sirenetta ha preso una pietra e l’ha colpito. Cade a terra svenuto. La sirena rimane chiusa ed è morta.

La storia della sirena, che abbiamo registrato e che riportiamo integralmente, è certamente stata tratta da un film visto dal bambino. Tuttavia, le modifiche che il bambino vi apporta e la sottolineatura e la ripetizione di scene crude e violente, ci descrivono un mondo interiore notevolmente turbato, nel quale predominano la tensione, l’aggressività e la violenza.

 

Al contrario, un altro bambino, con disturbi psicologici che abbiamo giudicato non particolarmente gravi, non amava manifestare i suoi pensieri, tanto che uno dei rari racconti che accettò di dettare era brevissimo.

Un computer di nome Luigi

C’era una volta un computer che giocava da solo e stava sempre così a giocare. Era un computer buono che si chiamava Luigi.

Questo breve racconto evidenzia la solitudine di questo bambino. Egli si identifica con il suo computer (che giocava da solo e stava sempre così a giocare). Purtroppo, in questo caso, la solitudine e la scarsità di dialogo del minore era condivisa da tutta la famiglia. In questa, sia i genitori del bambino, sia il fratello, utilizzavano per lo più il loro tempo libero giocando e intrattenendosi con vari computer e altri mezzi elettronici, mentre la comunicazione tra di loro era minima.

1.1.1.1     Racconti brevi

Un racconto molto breve può indicarci la presenza di difficoltà nella comunicazione. Difficoltà spesso presenti in bambini molto timidi, chiusi o depressi, che hanno paura di scoprirsi o che temono di soffrire eccessivamente rivivendo, mediante le parole, avvenimenti e realtà difficili o traumatiche. In definitiva, questi minori temono che, esprimendo i propri pensieri, facendo emergere le loro paure, le emozioni e le delusioni più profonde da loro provate, si possano accentuare in loro l’ansia e la sofferenza. Per tale motivo, come fosse uno dei tanti doveri da compiere per accontentare gli adulti, raccontano soltanto gli elementi essenziali di una storia, ma non hanno alcun desiderio di aprirsi più di tanto.  

In altri casi la brevità del racconto è frutto di desideri aggressivi e di notevole sfiducia nei confronti delle figure degli adulti. Racconti molto brevi sono prodotti anche da bambini non abituati a dialogare e ad utilizzare le proprie capacità immaginative. Ciò può avvenire, come nel caso appena descritto, a causa di un uso eccessivo dei video-giochi o di altri strumenti elettronici, che tendono a limitare le capacità di astrazione.

 

 

 

Un bambino accompagnato a scuola

C’era una volta un bambino, lo porta a scuola e poi il papà lo prende e lo porta a casa. Fine della storia.

Il racconto molto breve di Dario, un ragazzo di undici anni, è probabilmente dovuto alla notevole timidezza della quale soffriva, timidezza che gli impediva di esporsi eccessivamente nei confronti degli operatori che aveva da poco conosciuto.

 

Se oltre al racconto esaminiamo l’albero disegnato dallo stesso ragazzo, notiamo che questo ha delle radici con tratti filiformi. Questo particolare ci suggerisce la presenza nel minore di un animo sentimentale, desideroso di affetto e tenerezza, che gli erano necessari per riuscire ad ottenere la sicurezza che gli mancava.[1] La presenza di una chioma sottile e stilizzata ci conferma le sue difficoltà nella socializzazione.  I fiori presenti nella chioma, avvalorano gli aspetti teneri e sentimentali presenti nella sua personalità.

 

Un altro racconto molto breve riguarda un orologio.

 

 

Un orologio

C’era una volta un orologio che si trovava a casa sua. Era mezzanotte e tutti si addormentarono. Figura 6.

 

 

Un breve racconto di Lorenzo 

 

 

Un bosco

C’era una volta un bosco, con dei funghi, erba, persone. C’erano bambini, tanti, che giocavano a rincorrersi. Ad un certo punto sono andati a casa, c’era la cena e sono andati a dormire.

 

 

 

 

L’orco dalle sette leghe

L’orco sta volando. C’è la nuvola e la pioggia.

In casi come questi, il racconto di Francesco serve solo a descrivere il disegno (figura 8) effettuato dal bambino.

1.1.1.2     Racconti lunghi

Quando siamo in presenza di racconti lunghi, che non sembrano avere termine, potremmo essere in presenza di soggetti che sentono molto forte il bisogno di liberarsi e sfogare, mediante le parole e le descrizioni presenti nei loro racconti, i desideri, i bisogni ma anche le ansie, le paure e le angosce del loro animo. Tuttavia, in altri casi, all’opposto, questo comportamento potrebbe essere attuato dal bambino come una sottile forma di difesa: un modo per dire tanto senza, in realtà, dire nulla.

 

Questo non era il caso di Francesco un bambino con disturbi autistici, che è lo stesso autore del brevissimo raccontopubblicato sopra, in un periodo del suo percorso terapeutico nel quale era notevolmente migliorato. Il bambino, immaginandosi un autore di sceneggiature per dei film, amava scrivere al computer o dettare racconti molto lunghi come questo.

Titolo del film: ‹‹Golgostero va nelle zone del polo nord››.[2]

 Un giorno questo signore voleva andare in un bar a comprare una granita, ma poi vide un carabiniere che non lo faceva passare e stette tanto tempo ad aspettare che lo facesse passare. Poi, un giorno vide una cosa rossa caduta dal cielo, un fogliettino rosso. L’aveva fatto cadere un passerotto e lui lo prese e lesse tutto quello che vi era scritto: “Per entrare al bar, devi avere le chiavi, perché sennò non puoi entrare”. E così si procurò le chiavi ed entrò al bar. Nel bar c’erano tante cose buone da bere e bevette quasi tutto, ma poi gli venne un mal di pancia fortissimo, uscì fuori dal bar e vide delle notizie su dei giornali, dove c’era scritto: “Per farti passare il mal di pancia devi andare in bagno”. E così andò in bagno, stette un pochino seduto e gli passo tutto. Poi, all’indomani, decise di partire e così andò al Polo Nord. Poi vide orsi polari, cervi e un gatto delle nevi, che da lontano lo guardavano fisso-fisso. Allora cercò quasi di scappare, ma il gatto lo guardò fisso-fisso, perché voleva che stesse fermo. E poi cercò di nuovo di scappare e ci riuscì. Il gatto delle nevi si avvicinò pian-piano per prenderlo, ma lui fece una corsa incredibile, si tuffò in acqua e il gatto delle nevi non lo vide più e se ne andò via.

Quando uscì fuori dall’acqua sentì freddo e voleva cercare casa, ma non la trovò. Ad un certo punto vide da lontano un signore con una barca, si avvicinò e gli chiese: “Senti, signore mi potrebbe dire dove posso trovare una casa?” E il signore rispose: “Vai dritto-dritto; quando vedrai un cartello segnato, la casa la troverai a destra. Così lui camminò per tanto, tanto tempo, ad un certo punto vide da lontano una casa bellissima, bussò e qualcuno aprì e disse: “Chi sei? Cosa vuoi?” “Per favore” rispose, “vorrei entrare nella stanza, perché è da tanto tempo che non ho una casa. Quello gli disse: “Ma da tantissimo tempo?” E lui rispose di sì. A questo punto lo fece accomodare. Quando entrò vide una bella casa, tutta brillante, con una cucina, un salone e tre bagni. Ad un certo punto vide delle scale, dove sopra c’era la stanza. Così poi salì, e quando salì vide, vicino al letto, un bellissimo termosifone, che però era spento. La vide tutta che era bella (la stanza), allora si spogliò e si coricò.

Il racconto continua nella seduta successiva.

Mentre dormiva (Golgostero) sognava tantissime bevande e tantissime cose buone da mangiare, ma poi, quando finì di sognare tutte queste cose da mangiare, sognò una torta con la panna con dentro uova, formaggio e fragole. Durò quasi molto il sogno! Mentre finì il sogno si svegliò e disse: “Cosa ho sognato?” Pensò, pensò, continuò a pensare ma poi disse fra sé e sé: “Miiih? Ho sognato una torta bellissima”, ma si ricoricò. Intanto era arrivato quel signore a cui lui aveva bussato alla porta e disse: “Ti ho preparato il pollo con le patate; vuoi venire a mangiarlo?” Lui rispose: “Si voglio venire”. Intanto, prima si lavò le mani e poi andò. Vide questo pollo con le patate, bellissimo! E se lo mangiò tutto. Così gli venne un mal di pancia fortissimo. Poi disse: “Con permesso”, andò in bagno e vomitò sul lavandino. Poi entrò il signore e disse: “Perché hai vomitato sul lavandino?” Lui rispose: “Perché non ce la facevo più”. E il signore rispose: “Ah! perché non ce la facevi più?” Così poi lo cacciò fuori e disse: “Se ti viene voglia di mangiare vai in un altro posto, non più in questa casa!” Così chiuse la porta il signore e lui restò fuori a cercare qualcosa da mangiare, ma poi sentì qualche suono di qualche magia: era un foglio di carta scritto con delle cose da mangiare: “Se hai fame trovi a sinistra un ristorante”. E lui così andò. C’erano persone che ballavano, suonavano e lui entrò e vide tantissime pizze buone, così decise di prenderne una. Prese poi due pizze, uscì fuori e se le portò. Arrivò in seguito in un’altra casa, bussò alla porta, aprì un signore che disse: “Chi sei? Cosa vuoi?” “Sono uno che ha delle pizze, posso mangiarle a casa tua?” “Ma che ci fai con queste pizze?” Lui pensò e disse: “Mi è venuta un’idea, una pizza la do a te e l’altra la mangio io”. “Ma io ti conosco” rispose il signore, “mi ricordo quando mi hai visto nella barca e mi hai chiesto un’indicazione”.

Francesco a questo punto passa dalla terza alla prima persona.

Io risposi: “Quando? Ah, sì, sì me lo ricordo, mi ricordo quando mi hai detto che in quel cartello c’era scritto dove trovare una casa”. Il signore rispose: “Ah sì, sì… me lo ricordo perfettissimamente”. Ed io risposi: “Visto che ora te lo ricordi, prendi una pizza tu e l’altra me la mangio io”.

Così, cercai di dargli quella pizza e quel signore disse però di no! Poi insistetti molto, però vinse il signore dicendo di no. Così poi il signore chiuse la porta. C’era un cane ed io risposi: “Tieni, la vuoi la pizza?” Ma il cane non la volle. Così poi me ne sono andato per conto mio. Vidi un cartellino, cercai di posare quella pizza vicino al cartellino, ma non la posai, allora posai l’altra pizza e me ne andai per trovare un’altra casa tranquilla. Così poi vidi da lontano un’altra casa e pensai: “Miiih, che bella casa!”, ma poi quando mi avvicinai ancora di più, dissi: “Ma questa casa è vecchia”. Cercai di entrare e vidi per terra sporcizia e da lontano vidi un tavolo e vidi anche una scopa per pulire tutto. Poi, quando presi la scopa, vidi un gattino, io mi allontanai e dissi al gattino: “Esci fuori!” Prima lo dissi in modo leggero, poi forte e così lui uscì fuori. Così presi la scopa e pulii tutto-tutto. La sporcizia la buttai in campagna.

Aggiustai tutte le cose. Poi, quando aggiustai tutte le cose, cercai di sedermi. Appena mi sedetti sulla sedia, questa sedia si ruppe ed io caddi per terra. Poi mi rialzai, mi sedetti su un’altra sedia e non caddi più. Poi, mentre stavo aprendo la pizza, arrivò un pipistrello che si posò sul tavolo. Sentii un rumore che si stava mangiando la pizza. Lo guardai e dissi: “Senti, pipistrello, vattene via!” Lui non ha voluto ascoltare e se la mangiò quasi tutta (la pizza). Cercai di levare il pipistrello dal tavolo. Lui stava continuando a mangiare la pizza. Io cercavo ancora di levarlo, e mi stava quasi per mordere la mano. Ma per la fortuna che aveva il pipistrello non riuscii a toglierlo. Provai per tante volte ma poi mi morse il dito. Io cercai di togliere il dito dalla sua bocca e alla fine ci provai per tante volte, alla fine tolsi il dito dalla sua bocca. Mi ricordai di dirgli in quel modo forte: “Vai via!” E lui andò via. E mi è rimasta solo un poco di pizza, me la stavo quasi mangiando, ma c’era un topolino e lo schiacciai via in modo forte con la pizza. Cercai qualcosa per pulire la pizza, (sporca del topolino) la trovai, ma non era quella adatta, perché era un cartone. Ma poi da lontano vidi una pezza, presi una scala, salii e presi la pezza e pulii tutta la pizza. Scesi dalla scala, presi la scala e la posai e mi avvicinai a quella sedia che non era rotta, mi sedetti e me la mangiai.

Sembra che Francesco, in questo lungo racconto, abbia voluto trasmettere al terapeuta e a chi ascoltava con attenzione le sue parole, molte sue difficoltà e paure ma anche i desideri e i bisogni del suo animo.  

  • Intanto, la paura di stare male a causa del cibo. Questa paura gli era forse nata dalle parole e dalle considerazioni dei suoi genitori i quali, avendo accettato, come causa dell’autismo l’assunzione di certi alimenti, gli proibivano di assumerli (Vide questo pollo con le patate, bellissimo! E se lo mangiò tutto. Così gli venne un mal di pancia fortissimo).
  • La paura degli animali.In questo caso del “gatto delle nevi” (Allora cercò quasi di scappare ma il gatto lo guardò fisso-fisso perché voleva che stesse fermo).
  • Il desiderio di una casa pulita, calda e accogliente (vorrei entrare nella stanza perché è da tanto tempo che non ho una casa).
  • Il desiderio di cibi buoni e prelibati (Mentre dormiva sognava tantissime bevande e tantissime cose buone da mangiare).
  • Il timore di non essere accettato, come probabilmente gli era capitato più volte (Così poi lo cacciò fuori e disse: “Se ti viene voglia di mangiare vai in un altro posto, non più in questa casa!).
  • Inaspettatamente, per un soggetto con sintomi di autismo, è evidente ed è molto intenso il desiderio e il bisogno di condividere con gli altri qualcosa: in questo caso una pizza, prima con una persona e poi con un cane (Mi è venuta un’idea, una pizza la do a te e l’altra la mangio io). Ma né l’una né l’altro accolgono il suo dono,con la conseguente delusione (Così, cercai di dargli quella pizza e quel signore disse però di no! Poi insistetti molto, però vinse il signore dicendo di no. Così poi il signore chiuse la porta). Probabilmente in questo rifiuto da parte degli altri di accettare un suo dono, vi è un’eco delle frustrazioni provate da lui e da tanti altri bambini con sintomi di autismo o anche con altre varie difficoltà, quando cercano, con molti sforzi, di fare amicizia e di relazionarsi con gli altri coetanei e trovano, invece, in questi, atteggiamenti di rifiuto o, peggio, frasi e comportamenti di dileggio.
  • La delusione di trovare una casa, per poi scoprire che era vecchia e sporca. Ciò può riferirsi al non aver mai potuto trovare un ambiente adatto ai suoi bisogni (Ma questa casa è vecchia”. Cercai di entrare e vidi per terra sporcizia). Nonostante ciò egli cerca di pulirla e adattarla alle sue necessità (Così presi la scopa e pulii tutto- tutto. La sporcizia la buttai in campagna).
  • E infine, ancora altre disgrazie e inconvenienti: la sedia rotta; il pipistrello che vuole mangiare la sua pizza; lui che scaccia il topolino con la pizza, la quale si sporca e vi sono difficoltà nel pulirla. Tutte queste traversie probabilmente fanno riferimento ai problemi d’integrazione e socializzazione presenti nei soggetti con sintomi di autismo. [3]

In questo lungo, sofferente racconto, vi è tutta l’angoscia dei bambini che presentano questi disturbi. Bambini spesso visti come quelli che non riescono a ben inserirsi e rapportarsi con gli altri, anche se, come abbiamo appena letto nel racconto di Francesco, molte volte sono gli altri che hanno difficoltà nel saperli capire e accettare.



[1] Crotti Evi (2006), E tu che albero sei, Milano, Mondadori, p. 57.

[2] In questo caso il titolo di quella che dovrebbe essere una sceneggiatura di un film, è stato dato dallo stesso bambino.

[3] Preferiamo la dizione “bambini con sintomi di autismo” o “bambini con disturbi autistici” a quella di “Bambini autistici” in quanto pensiamo che l’autismo non sia una condizione cronica ma possa essere reversibile, a patto che la relazione che verrà a stabilirsi tra gli adulti e i bambini sia consona ai loro bisogni e desideri.

 

 

Tratto dal libro di Emidio Tribulato: "I bambini raccontano - Interpretazione

dei racconti infantili".

 

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