
01 Apr Il secondo anno di vita del bambino
La conquista del linguaggio.
Nel secondo anno di vita, che coincide con l’inizio della fanciullezza, si fa strada il linguaggio verbale infantile. Gi? nei primi mesi, ancor prima di emettere parole che abbiano un senso compiuto anche per gli adulti, il bambino per giocare si serve della sua voce, ripetendo continuamente dei suoni che impara imitando i suoni della voce emessi dalle persone del suo ambiente.
Si accorge del valore sociale dei suoni che emette quando, ad esempio, si mette a piangere e a strillare e la mamma accorre verso di lui; o quando vagisce e gorgoglia e lei ride contenta. Dalle reazioni delle persone ai suoi versi egli comincia a collegare determinati suoni con determinati effetti. Impara anche a riconoscere questi stessi suoni quando sono emessi dagli altri. Apprende a distinguere se una voce ? ansiosa, arrabbiata, triste o carezzevole. Riesce a discriminare un sorriso od un volto rabbuiato da uno giocoso e sereno. Cosicch? ad ogni tipo di comunicazione verbale, gestuale o mimica, reagisce in maniera adeguata. Ben presto comincia a servirsi di suoni abbastanza determinati per esprimere sensazioni e desideri precisi. In una fase successiva ? pronto ad usare un vero e proprio linguaggio.[1]
Il bambino ? stimolato ad apprendere i suoni e a parlare, spinto dal bisogno di comunicare meglio con gli altri cos? da poter chiedere, cercare, raccontare. Egli, essendo un essere umano, non si accontenta di conoscere il sapore, l’odore, la consistenza o il peso, egli ha fame di sapere e di conoscere anche il nome degli oggetti, delle persone, degli animali e degli elementi della natura che sono attorno a lui e che con lui interagiscono. Il poterli denominare sazia il suo bisogno di conoscenza, ma ha anche lo scopo di avere un controllo e un potere su di loro. Se conosce i loro nomi ? come se potesse direttamente o indirettamente gestirli.
Accanto al linguaggio verbale e mimico i genitori, ma soprattutto la madre, costruiscono anche il linguaggio dei sentimenti e delle emozioni. Questo tipo di comunicazione ? indispensabile per entrare in contatto vero e profondo con gli altri, cos? da capirli, amarli, ed essere loro vicini. Da questo tipo di comunicazione pi? intima e profonda si sviluppa il mondo del cuore, dal quale scaturiscono i sentimenti di amicizia, di amore, ma anche la futura disponibilit?, generosit?, sensibilit?, accoglienza, fiducia e tenerezza. Il linguaggio serve quindi anche a costruire e sviluppare nel bambino il mondo dei sentimenti e delle emozioni, il mondo degli affetti e delle relazioni, il mondo delle cure e delle attenzioni.
Anche se il bambino non ? mai totalmente passivo, ? con lo sviluppo del linguaggio verbale che la sua azione sul mondo diventa pi? decisa ed incisiva. Non ? solo la madre o gli altri che lo curano che ha il potere di scegliere cosa ? bene per il suo bambino, ma ? lui che comincia a selezionare ci? che gli piace e ci? che non gli piace, ci? che lo rende felice e ci? che lo intristisce, ci? che lo entusiasma e ci? che lo annoia.
Quando allontana deciso la tazza nella quale la madre ha messo il latte e chiede Tazza zia, d? agli altri, alle persone che gli vogliono bene e che sono a lui vicine, una indicazione ben precisa, non solo di ci? che non desidera ma anche su cosa ? caduta la sua scelta: Io voglio il latte nella tazza che mi ha regalato la zia.
In un momento successivo, poich? ha bisogno di capire il mondo che lo circonda e come meglio rapportarsi con esso, non gli interessa soltanto il nome degli oggetti ma anche il loro uso ed il loro scopo. A che serve? Come funziona? Com? fatto? Cosa c’? dentro? Egli si interessa anche dei rapporti che esistono tra gli oggetti, le persone e gli animali che lo circondano o suscitano il suo interesse: Chi ? pi? grande? Chi ? pi? piccolo? Chi ? pi? buono? Chi ? pi? cattivo?. Chi ? pi? forte, chi ? pi? debole? In tal modo scopre i legami che esistono tra le persone, gli animali e le cose. E interessato, inoltre, a capire il rapporto che hanno tutti gli oggetti nei suoi confronti o nei confronti della sua famiglia. E se noi siamo disponibili allascolto, per lui non vi ? niente di pi? bello che farci partecipi delle sue scoperte, delle sue conoscenze e dei suoi trionfi.
In definitiva, nell’uomo, sono i vari tipi di comunicazione: verbale, mimica e gestuale gli strumenti indispensabili per la crescita e per la formazione del nuovo essere vivente.
Il suo mondo interiore
Nel momento in cui il bambino inizia a parlare e a comunicare i suoi pensieri, si evidenzia il suo mondo interiore in cui prevale l’animismo, l’egocentrismo e la logica precausale.
Nella fase dell animismo[2]ai suoi occhi le cose non solo sono viventi ma possiedono anche intenzionalit?, sentimenti e pensieri propri. Il mondo psicologico ed il mondo fisico sono tuttuno. Non vi sono cause naturali. Il vento soffia perch? lo desidera. Il tavolo contro cui il piccolo ha battuto la testa ? cattivo perch? gli ha fatto male e quindi merita una giusta punizione.
Nella fase dellegocentrismo che per Piaget si prolunga fino ai sette anni, vi ? la tendenza da parte del bambino a ricondurre tutto alla propria persona e alle proprie esperienze. In questa fase i piccoli credono che ci? che li riguarda occupi un posto privilegiato nella mente degli altri. A questa regola non si sottraggono neanche le cose inanimate: Perch?, pap?, quando cammino la Luna mi segue? E’ vero! la Luna ? gentile ad illuminarci durante la notte se no dovremmo restare al buio, e lei sa che io ho paura del buio! . Perch?, mamma, la palla non vuole rotolare verso di me?. Sai pap? la sedia, poverina, si ? rotta e soffre: tu che sei medico la puoi sicuramente aggiustare, vero?
La sua logica ? di tipo precausale, e quindi non scientifica in quanto il bambino non ragiona a partire dalle sue osservazioni, ma in base a un modello interiore del mondo. Egli accetta spiegazioni false, sia che provengano dai genitori sia che nascano dai suoi personali desideri o dalle sue aspirazioni. Fino ai tre anni il bambino vive come in un mondo di fiaba in cui gli animali, le piante ma anche gli oggetti possono parlare, avere una loro volont?, essere buoni o cattivi. Inoltre, poich? i bambini di questa et? credono nella magia delle parole, queste hanno lo stesso potere delle azioni. Se il bambino pensa che la madre muoia o che al padre succeda qualcosa di male, ne avr? un senso di colpa in quanto i suoi pensieri potrebbero tradursi in realt?.
La comunicazione
La comunicazione con se stesso e con i coetanei ha caratteristiche particolari: monologo, monologo intellettivo e monologo collettivo.
Per PIAGET Il bambino piccolo non parla soltanto agli altri, parla in continuazione anche con se stesso, con monologhi variati che accompagnano i suoi giochi e le sue azioni. Questi monologhi sono paragonabili a quello che sar? pi? tardi il continuo linguaggio interiore delladulto e delladolescente, questi soliloqui ne differiscono tuttavia per il fatto che sono pronunciati ad alta voce e per il loro carattere rafforzativo dellazione immediata.[3]
Nella fanciullezza il bambino pu? utilizzare la sua fantasia per calmare la sua ansia, per lenire le sue frustrazioni, per soddisfare i suoi bisogni. Si vedr? allora il bambino lottare e distruggere immaginari nemici utilizzando un giocattolo o un oggetto qualsiasi. Allo stesso modo lo si vedr? costruire, con materiali assolutamente informi, castelli e reami dove si muovono dame e cavalieri, principi e regine, draghi e supereroi.
Nei confronti dei compagni parla solo delle sue esperienze (monologo intellettivo). Gli argomenti di discussione sono pochissimi. Inoltre in compagnia dei coetanei, per PIAGET, ciascun bambino parla soltanto di ci? che lo concerne personalmente (monologo collettivo). ? infatti facile constatare quanto restino rudimentali le conversazioni fra bambini, legate come sono allazione concreta in s?.
Le regole e la moralit? autoritaria.
Le regole sono per i bambini di questet? sacrosante e non possono essere cambiate. Fonte delle regole sono i loro genitori, i quali hanno sempre ragione (moralit? autoritaria).
Soltanto in unet? successiva i bambini riescono a concepire una cooperazione democratica e una reciproca modificazione delle regole nelle quali anchessi hanno un ruolo attivo da svolgere. Sempre in questa fase ogni misfatto, per essere perdonato o cancellato, ha bisogno di una punizione che estingua il reato. E poich? il bambino vive in un mondo egocentrico si tratta di una punizione per qualcosa di sbagliato che ha fatto lui.[4] Se un bambino correndo disubbidisce a sua madre e cade, egli ? caduto perch? ? stato monello.[5] Gli atteggiamenti appresi attraverso le reazioni dei genitori sono fondamentali per lidea che il bambino ha di s?: quando egli ? rifiutato ? perch? non vale molto. In questo periodo le minacce che i genitori possono fare verso di lui possono essere prese alla lettera.[6]
Soltanto ad unet? successiva i bambini riescono a concepire una cooperazione democratica e una reciproca modificazione delle regole nelle quali anchessi hanno un ruolo attivo da svolgere.
Nei primi anni di vita il bambino raccoglie una quantit? impressionante di informazioni e ogni esperienza e conoscenza nuova che egli assimila, non va soltanto ad aggiungersi alle altre ma le modifica e ne ? a sua volta modificata. Per cui vi ? continuamente una riorganizzazione e una modificazione dei rapporti e delle prospettive.[7]
Il rapporto con i genitori.
Nel momento in cui comincia a parlare e a camminare, il bambino riesce a riconoscere il padre e la madre come delle persone con una propria vita e una propria volont? ed ? in grado di amarli come individui diversi e distinti da s?. Ma il suo non ? un affetto tranquillo e sereno. Mentre accetta mal volentieri che la madre si allontani da lui anche per poche ore, acconsente a che il padre rimanga lontano anche per tutta la giornata o anche per qualche giorno. Ma non di pi?! Quando egli manca per molti giorni, quellattaccamento che sembrava focalizzato solo sulla madre, si rende evidente anche verso il padre con tutto il suo corollario di sofferenze, paure, inquietudini, ma anche rabbia quando il comportamento di questi non ? adeguato alle sue aspettative.
Anche durante il secondo anno di vita, nonostante apprezzi i giochi molto pi? vivaci e impetuosi con il padre, la madre continua ad avere una valenza prioritaria. E certamente a lei che il bambino rivolge le sue richieste ed ? a lei che d? maggiormente il suo amore ed il suo attaccamento. Nonostante egli abbia imparato a considerarla quale persona esterna a lui e differente, ha sempre pi? bisogno di rassicurarsi del suo affetto e della sua presenza.[8]
La fase esplorativa.
E’ sempre nel secondo anno di vita che il bambino acquista la deambulazione e, con la deambulazione, acquisisce la possibilit? di muoversi indipendentemente e liberamente nel suo ambiente. Il suo spazio fisico si allarga. Inizia la fase esplorativa. E non vi ? esploratore pi? intraprendente, furbo, coraggioso, veloce, ma anche minuzioso, scrupoloso e purtroppo anche temerario, di un bambino a questa et?. Ogni oggetto presente nella casa attira la sua attenzione ed ? sottoposto ad una indagine minuziosa: viene valutato il suo peso, la sua consistenza, il suo sapore e odore, ma anche la sua pi? o meno grande possibilit? di fare rumore, di rimbalzare, di rompersi, di colpire.
Il suo campo si allarga dalla stanza a tutta la casa. Nella scoperta del mondo nulla viene sottovalutato o trascurato. Ogni cosa acquista valore. I cassetti sono scrigni da svuotare per carpirne i tesori nascosti. Gli sportelli della cucina sono porte segrete che lo conducono a scovare e far propri i giocattoli pi? interessanti. Dentro questi sportelli vi sono le pentole da far rotolare o da riempire con carta, tubetti, cubi e ogni ben di Dio. Vi sono i coperchi da sbattere l’uno contro l’altro. Le padelle da brandire come armi segrete ma anche da sbattere a terra per avvertirne il rumore assordante. Vi sono gli imbuti, ottimi per metterli in bocca e soffiarci dentro e scoprire le alterazioni che provocano alla propria voce. E poi vi sono i portauovo con i quali giocare a provare a metterli uno dentro l’altro.
L’esplorazione della casa non si ferma alla cucina. Da questa si passa al bagno, dove la carta igienica sembra messa apposta per essere tirata fino in camera da letto! La tazza del bid? riempita d’acqua ? un’ottima vasca nella quale far nuotare le barchette di carta costruite dal pap?. Aprendo il rubinetto dello spruzzo si forma una splendida fontana che pu? far concorrenza a quelle di Roma. Pi? affascinanti ma anche pi? rischiose sono le camere dei fratelli e delle sorelle maggiori. Queste stanze, non essendo affatto ordinate, mettono a disposizione mille oggetti proibiti da rubare correndo, per poi nasconderli prima che il germano infuriato si accorga del furto.
? a questa et? che il rapporto con gli altri diventa pi? interessante, ma anche pi? traumatico per il bambino, in quanto egli non capisce bene perch?, in un mondo cos? ricco e cos? interessante, fatto di mille oggetti pronti per esser ghermiti e utilizzati per i suoi giochi e per le sue scoperte, vi siano altrettanti limiti, pericoli, impedimenti e consequenziali sgridate e punizioni.
Egli si aggira per la casa come un ladro che, per la prima volta, entra in un supermercato. Non riesce proprio a comprendere il motivo per il quale non ? possibile appropriarsi di tutta quella mercanzia che si trova esposta ed ? l?, invitante, quasi a chiedere di essere presa e portata via. E invece… E invece vi ? sempre qualche bruto che te lo impedisce, che ti dice di no e che ti punisce per averlo fatto. Pertanto le occasioni di conflitto tra i desideri dei piccoli e quelli dei genitori e dei fratelli e sorelle maggiori aumentano sensibilmente.[9]
Il periodo di opposizione.
Lestendersi dei contatti con il mondo, durante i quali sono registrati successi e insuccessi, soddisfazioni e frustrazioni, conducono il bambino a scoprire il proprio potere sulle persone e sulle cose, ma anche la resistenza che il mondo degli adulti oppone alle sue necessit?. Mondo con il quale ? costretto a lottare continuamente soprattutto durante il periodo di opposizione.
In questo periodo, verso i due anni e sei mesi, anche a scapito dei suoi bisogni affettivi e protettivi, il bambino pi? che dare soddisfazioni alladulto sente la necessit? di affermare la propria personalit? ed il proprio Io, mediante il rifiuto di ubbidire sempre e comunque ai genitori e agli adulti in genere. Egli diventa pi? ribelle, cocciuto ed intrattabile. Fa il contrario di quanto gli si chiede. Si confronta con le imposizioni degli adulti. Piange e strilla per avere qualcosa che, subito dopo, abbandona con indifferenza. Con gli adulti sembra ricercare pi? lo scontro che lincontro, pi? la polemica che lintesa. Nella ricerca di una maggiore fiducia in se stesso e nel desiderio di una maggiore indipendenza ed autonomia, il bambino vuole fare tutto e tutto da solo.
Avverte continuamente che i suoi bisogni si scontrano con quelli degli altri. Non sopporta di iniziare unattivit? e di non riuscire spesso a portarla a termine in quanto vi sono delle esigenze superiori, quelle dei genitori, dei nonni e degli zii, che lo costringono ad interromperla bruscamente.
Pertanto sente spesso i propri familiari come dei guastafeste che si inseriscono indebitamente nei suoi giochi e nelle sue esplorazioni. In questa fase, come dice la ISAACS: Non si potrebbe dire ai bambini una cosa pi? crudele o pi? stupida di: Non toccare. Questo equivale a dire: Non imparare, non crescere, non essere intelligente.[10] In quanto gli si impedisce di scoprire, imparare e crescere. Il bambino, infatti, impara soprattutto scoprendo le cose e non attraverso le nostre spiegazioni.[11]
A questo proposito ci sembra illuminante l’osservazione di questa autrice la quale afferma: Quale piacere perdono, per se stessi e per i loro figli, quei genitori che lasciano passare inosservata questa appassionata urgenza di costruire e di fare, e che, invece di provvedere al materiale e allo spazio necessario, cercano di comprimere questa energia costringendo i bambini a stare seduti tranquilli o a tenere puliti i vestiti. Il bambino ha bisogno di spazio per muoversi, agire, effettuare dei giochi creativi, correre, arrampicarsi.[12]
Accanto allo spazio fisico si allarga anche il suo spazio psicologico. Il bambino acquisisce la capacit? di comprendere la successione cronologica degli avvenimenti. Inoltre la conquistata produzione del linguaggio gli consente di simbolizzare e rappresentare la realt?.
Le richieste degli adulti e le punizioni.
E’ sempre a questa et? che aumentano le richieste da parte del mondo esterno. Gli adulti chiedono al bambino una maggiore collaborazione. Si aspettano che egli faccia quanto gli viene detto e che abbia anche un maggior controllo dei suoi atti e dei suoi comportamenti.
Poich? il suo rapporto principale ? con la madre, che ? anche la sua figura di riferimento, ? lei che comincia ad insegnargli il comportamento che la societ? si aspetta da lui e quindi le regole sociali. E’ lei che dice i tanti no, aiutata dallautorit? paterna, per alcune sue iniziative pericolose, rischiose o inopportune e pertanto, gli sforzi per essere buono sono fondamentali per avere l’affetto e la comprensione della mamma.
E se alcune madri, dopo il primo anno, vorrebbero che il figlio restasse piccolo e quindi le ricompense lavorano contro il suo processo di maturazione nel tentativo di mantenerlo piccolino, altre mamme per diminuire il loro carico di lavoro e di impegno vorrebbero che il bambino acquisisse il pi? presto possibile quelle autonomie, soprattutto nel controllo sfinterico, che ritengono indispensabili. Pertanto utilizzano in modo eccessivo rimproveri e punizioni se il bambino non si adegua ai loro bisogni, alle loro richieste e ai loro desideri.
Lasilo nido
Uno dei servizi offerti alle famiglie e al bambino a questa et? ? lasilo nido. Questa istituzione, ? sempre pi? utilizzata dai genitori soli, dalle famiglie dove entrambi i genitori lavorano, ma anche da quei pap? e quelle mamme di bambini piccoli con ritardo mentale, autismo e altre patologie invalidanti. Questi vedono nel nido un luogo pi? ricco di stimoli culturali, linguistici, educativi, rispetto ad una normale famiglia e, quindi, una maggiore opportunit? offerta dalle istituzioni pubbliche e private per i loro piccoli. [1]
Negli ultimi anni anche le famiglie nelle quali la donna non lavora e che non hanno bambini problematici bussano alla porta di queste strutture, in quanto sono convinte che lasilo nido possa dare pi? di una normale famiglia.
Per tale motivo, da parte di molte componenti della societ?: famiglie e associazioni, sindacati e politici, medici e amministratori, ? sempre pi? pressante la richiesta di pi? asili nido, cos? da soddisfare il bisogno di ogni comune, di ogni quartiere, di ogni famiglia e di ogni donna che intende o ? costretta a realizzarsi nel lavoro. E non importa che questi servizi abbiano un costo notevole. Se sono utili ai bambini, ai genitori, soprattutto alle madri, al mondo del lavoro ed in definitiva alla societ?, tali costi vanno affrontati. Se i soldi necessari sono ben utilizzati vanno trovati.
Abbiamo per? il dovere di chiederci: Quanto lasilo nido ? utile al bambino normale? Quanto ? adatto al soggetto disabile? Quanto ? valido e necessario ai genitori, al mondo del lavoro e alla societ??
purtroppo lasilo nido non ? un vero nido in quanto:
- Il bambino ha bisogno di una figura materna. Ma non sempre nellanimo del giovane personale femminile adibito nei nidi ? maturata questa istintiva e basilare realt? interiore che prescinde e travalica la preparazione professionale. Teniamo presente che ogni cura fisica prestata al bambino ha per lui anche dei risvolti psicologici ai quali bisogna rispondere adeguatamente (Winnicott, 1973, p.14).
- Il bambino ha bisogno della propria madre. La sua serenit? e sicurezza interiore sono legate ad una figura ben precisa che ha un suo viso, un suo odore, una sua specifica caratteristica individuale che la distingue da tutte le altre donne.
- Il bambino ha bisogno di una persona con la quale si sia stabilito un legame damore reciproco. Per Winnicott:[2] Il modo di trattare un bambino molto piccolo ? al di l? del pensiero cosciente e delle intenzioni. ? qualcosa che diviene possibile solo grazie allamore. Talvolta affermiamo che il bambino piccolo ha bisogno di amore, ma quello che intendiamo dire ? che solo qualcuno che lo ama ? in grado di appagarne i bisogni e di graduare il mancato appagamento in base allo sviluppo della capacit? da parte del bambino stesso di utilizzarlo positivamente. Questo legame damore tra il bambino e il personale del nido ? molto difficile che si instauri in quanto mancano i presupposti indispensabili, dati non solo dal legame di sangue ma anche dalla diversa responsabilit? e ruolo esistente. Il bambino ha bisogno che questo legame sia stabile e non venga mai tradito da lunghi periodi di lontananza fisica. Le esperienze passate del bambino rivestono un ruolo vitale per lo sviluppo e continuano ad influenzarlo, pertanto bisognerebbe garantire, per quanto possibile, che ogni bambino riceva cure regolari sempre dalla stessa persona. In caso contrario in lui si manifestano collera e rabbia oltre che ansia e angoscia. E ci? ? impossibile garantirlo per le necessit? personali e per i diritti sindacali di ogni lavoratore.
- Il bambino ha bisogno di una madre che abbia con lui effettuato un cammino e un percorso. Una madre con la quale ha maturato reciproche esperienze ed intese. Una madre che cresca ed impari insieme al suo bambino. E ci? ? molto difficile che possa avverarsi con il personale di unistituzione.
5. Il bambino ha bisogno di una figura di riferimento principale.
Se questa figura cambia nel tempo, non si riesce a stabilire un legame profondo. Ma anche quando si concretizzassero i fattori pi? favorevoli, per cui questo legame e questa intesa dovessero diventare realt?, saranno legami ed intese destinate a spezzarsi dopo pochi anni o pochi mesi, con conseguente frustrazione e dolore per tali perdite. Mentre, durante la frequenza di questa istituzione, non potranno mancare i sensi di colpa e i conflitti che nasceranno dalla difficolt? di vivere con chiarezza ruoli e realt? diversi e contrastanti. Se il bambino si lega con un legame forte e speciale alla zia del nido, tradisce il legame precedente con la propria madre. Se, al contrario, permane in lui il legame con la propria madre, nonostante la frustrazione di essere ogni giorno, a volte per anni, allontanato dal proprio ambiente familiare per essere portato in un luogo sconosciuto, in compagnia di coetanei e di adulti sconosciuti, gli sembrer? di fare un torto alla persona che nel nido si occupa di lui con amore ed affetto, come fosse una madre vera.
Le conseguenze di un allontanamento precoce dalla figura materna possono essere molto gravi tanto da alterare ea volte rompere del tutto il rapporto di fiducia che il bambino ha verso la madre e verso ci? che la madre per lui rappresenta: il mondo intero. La rottura di questo rapporto di fiducia pu? comportare numerosi e a volte anche gravi disturbi psichici.
Le punizioni.
Ed ? sempre a questa et? che le punizioni si fanno pi? frequenti e dolorose! Le punizioni possono essere di vario tipo. Alcune consistono nellinfliggere un dolore fisico, altre si propongono di procurare una sofferenza psicologica, ad esempio, limitando il piacere dellattivit? motoria: Stai con la faccia contro il muro. Alcune punizioni consistono nel rifiutare o proibire un oggetto amato e desiderato. Altre volte i genitori puniscono ritirando, almeno momentaneamente, la stima, la fiducia, il contatto e la carezza stessa della madre o del padre. Non sempre le punizioni sono utili. Quando sono frequenti ed eccessive accentuano lirritabilit?, linstabilit?, lirrequietezza ma anche latteggiamento scontroso ed ostile.
Tratto dal libro di Emidio Tribulato “Il bambino e l’ambiente”
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[1] Cfr. S. ISAACS, La psicologia del bambino dalla nascita ai sei anni – Figli e genitori, Roma, Newton, 1995, p. 31.
[2] Cfr. J. PIAGET , Lo sviluppo mentale del bambino e altri studi di psicologia, Giulio Einaudi Editore, Torino, 1964, p. 34.
[3] J. PIAGET , Lo sviluppo mentale del bambino e altri studi di psicologia, Giulio Einaudi Editore, Torino, 1964, p. 29.
[4] Cfr. S. Wolff, Paure e conflitti nellinfanzia, Armando Armando Editore, Roma,1970, p. 21.
[5] Cfr. S. Wolff, Paure e conflitti nellinfanzia, Armando Armando Editore, Roma,1970, p. 21
[6] Cfr. P. A. OSTERRIETH, Introduzione alla psicologia del bambino, Firenze, Giunti e Barbera, 1965, p. 98.
[7] Cfr. P. A. OSTERRIETH, Introduzione alla psicologia del bambino, Firenze, Giunti e Barbera, 1965, p. 38.
[8] Cfr. P. A. OSTERRIETH, Introduzione alla psicologia del bambino, Firenze, Giunti e Barbera, 1965, p. 58.
[9] Cfr. S. ISAACS, La psicologia del bambino dalla nascita ai sei anni – Figli e genitori, Roma, Newton, 1995, p. 74.
[10] S. ISAACS, La psicologia del bambino dalla nascita ai sei anni – Figli e genitori, Roma, Newton, 1995, p. 68.
[11] Cfr. S. ISAACS, La psicologia del bambino dalla nascita ai sei anni – Figli e genitori, Roma, Newton, 1995, p. 69.
[12] Cfr. S. ISAACS, La psicologia del bambino dalla nascita ai sei anni – Figli e genitori, Roma, Newton, 1995, p. 70.