Negli adulti normali il contatto con la realtà esterna non è sempre uguale in ogni ora ed in ogni momento del giorno e della notte. Vi sono continuamente delle oscillazioni, sia durante la veglia, sia durante il sonno. Ma anche da svegli, nei momenti di massima vigilanza, il contatto con il mondo esterno non ha mai la stessa intensità. Quando prevalgono, per un breve o un lungo momento, le istanze del mondo interiore, ci allontaniamo dalla realtà esterna a noi mediante i sogni ad occhi aperti, le fantasie, i pensieri in libertà e le elaborazioni, su quanto abbiamo ascoltato, visto, letto o su quanto abbiamo vissuto recentemente o anche nel lontano passato.
Questi momenti sono nettamente maggiori quando ci assalgono le preoccupazioni e le ansie, quando l’amarezza e la tristezza ristagnano nel nostro animo come un velo nero sull’acqua durante un temporale o quando abbiamo la necessità di affrontare dei problemi di difficile soluzione e siamo impegnati nella ricerca delle migliori strategie. Il contatto con la realtà esterna diminuisce di molto e quasi scompare, almeno per un certo tempo, anche quando siamo travolti dalla collera, dall’ira e dall’aggressività, per cui siamo impegnati a difendere noi stessi o qualcosa che ci è molto caro.
Sia i genitori che gli insegnanti conoscono bene quanto sia difficile, a volte, riuscire a catturare l’attenzione dei figli o degli allievi. Gli insegnanti, parlando dei loro alunni, dicono: ‹‹Spesso, con la testa tra le nuvole, sono immersi nei loro pensieri, così da non rispondere alle nostre sollecitazioni e ai nostri richiami››. ‹‹Molti alunni, dopo le prime ore ci guardano imbambolati. Noi sappiamo che loro sono presenti nella classe, ma solo con il corpo. Essi non seguono per nulla le nostre parole, anzi avvertiamo chiaramente che le loro menti vagano molto lontano dai banchi dove stanno seduti››. Le madri, a loro volta si lamentano: ‹‹i figli non ci ascoltano e non ci sentono quando li chiamiamo mentre loro sono immersi nel gioco con il quale danno vita a personaggi immaginari che gareggiano, si scontrano, volano e si azzuffano, per cui siamo costrette a gridare o a scuoterli per farli ritornare nella realtà››.
Sia i genitori sia gli insegnanti hanno, inoltre, consapevolezza che questo accade soprattutto ai bambini che hanno problemi psicologici o che stanno attraversando un momento psicologicamente difficile della loro vita a casa o a scuola.
In questi bambini il contatto con la realtà diventa molto più scarso, labile, incerto e saltuario, per cui si fa molta fatica e sono necessarie molte sollecitazioni per attirare solo per qualche momento la loro attenzione.
Il motivo è facilmente comprensibile se solo si pone attenzione a quali turbamenti, a quali paure, a quale ansie e tensioni è sottoposta la loro psiche. In queste situazioni le istanze interiori sopraffanno e schiacciano gli stimoli che vengono dall’esterno, rendendo ogni sollecitazione non solo vana, ma anche causa di ulteriore disturbo per il piccolo, il quale si ritrova continuamente impegnato a fronteggiare e a proteggersi dalle angosce interiori. La GRANDIN T. così descrive il suo stato di estraniamento: ‹‹Quando venivo lasciata da sola, spesso andavo in una specie di trance, come ipnotizzata. Stavo seduta per ore sulla spiaggia ad osservare la sabbia scivolarmi tra le dita››.[1] La prova di ciò si ha dal constatare che questo contatto con la realtà diventa più frequente e stabile, mano a mano che il bambino riacquista una maggiore serenità interiore, un più stabile controllo sulle proprie emozioni, e una maggiore fiducia negli altri e nel mondo esterno.
Tratto dal libro di Emidio Tribulato "Autismo e Gioco Libero autogestito"
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[1] T. GRANDIN, Pensare in immagini, Trento, Erickson, 2006, p. 50.