Educare alla speranza significa educare alla vita e alla gioia. Educare alla speranza è dare significato a tutto ciò che siamo, che facciamo, in cui crediamo.
Educare alla speranza significa rapportarsi con gli altri, con se stessi, con il mondo, in modo positivo. Nei momenti di delusione e di sconforto è importante dare speranza, risvegliare la fiducia su di sé, sulla vita, sugli altri, sullo stato.
Ad un giovane bisognerebbe insegnare a vivere il presente in modo attivo e costruttivo, fare tesoro delle esperienze passate con lo sguardo proteso verso il futuro.
Per N. Galli: “Nei soggetti d’ambo i sessi va accesa ed alimentata la speranza nel domani da preparare con il concorso di tutti. I giovani ripongono le loro speranze nel lavoro, nella scienza, nell’altruismo, nell’amore. Importa sostenerli, affinché le custodiscano.”
Colui che porta all’uomo la speranza è il padre spirituale dell’uomo e “…ne condivide la sua matura e consapevole realizzazione, sostenendolo con la sua generosa presenza.”
Certo vi sono mille motivi che possono portare alla sfiducia. Motivi legati alla fragilità umana: delinquenza, droga, violenza, guerra; o alle prospettive confuse e contraddittorie delle moderne società; ma questi motivi vanno affrontati e superati lottando per un cambiamento positivo.
Anche la morte può portare alla speranza e alla fiducia, se si riesce a vederla non come la fine ma come l'inizio di qualcosa di più bello e radioso tra le braccia di Dio. Per cui non si dovrebbe nasconderla ai bambini o ai giovani come un tabù vergognoso ed imbarazzante, come spesso avviene oggi. Anch’essa fa parte dell’esperienza ed è la conclusione inevitabile d’ogni essere vivente. Ci fa riflettere sulla nostra realtà, sui nostri comportamenti, sul senso della vita. Dà senso e valore ad ogni esperienza, ad ogni momento vissuto. Essa spinge ad utilizzare bene il tempo e gli strumenti che abbiamo a disposizione. Dà quindi responsabilità all'essere umano e valore ad ogni attimo della nostra giornata.
EDUCARE ALLA GIOIA
Educare alla gioia significa educare i figli a gustare le realtà più belle della vita nel modo più profondo e alto possibile, senza fermarsi al piacere ed al divertimento sterile, senza fermarsi ad un rapporto superficiale, grossolano, povero o semplicistico. Stare bene, e quindi con gioia, con se stessi, con gli altri con la natura che ci circonda, con Dio, significa in definitiva dar senso e scopo alla vita. Vi è gioia nella lettura perché questa ci mette in contatto con i pensieri, i sogni, le idee degli scrittori; c’è gioia nel rapporto con i bambini, come nel dialogo con le persone più mature o con gli anziani. C’è gioia nell’ammirare un’opera d’arte o nel cimentarsi a fare un’opera artistica o una ricerca scientifica, c’è gioia nel ricevere e altrettanta nel dare anche senza chiedere nulla in cambio.
Il problema della nostra società non è quello di dare troppa gioia ai minori ma quello di donare piaceri poveri, banali, vuoti di contenuti ideali, che non portano alla vera gioia, ma solo ad uno sterile “divertimento” che non riesce a nutrire lo spirito dell’uomo, anzi ne accentua il bisogno e la fame.
Infatti i piaceri banali lasciano come retrogusto una continua scontentezza, e pertanto scatta la rincorsa ad altri e più intensi piaceri. Essi però, fatalmente continueranno a non soddisfare l’animo umano, che aspira a qualcosa di più e di meglio.
Tratto dal libro "L'educazione negata" di Emidio Tribulato. Per richiedere questo libro clicca qui.