Dopo i genitori sono i nonni gli attori più importanti del mondo affettivo.[1]
Con essi il bambino entra in contatto quasi immediatamente. Intanto, durante tutta la gravidanza, è quasi sempre la nonna materna che segue, passo dopo passo, la figlia in questa sua nuova splendida esperienza. E’ a lei, forse prima che al marito, che viene confidato un sospetto ritardo delle mestruazioni. E’ lei che dà i primi consigli su come affrontare la nuova gravidanza: cosa mangiare, come muoversi, come vestire, quali attività sono consigliate e quali no e che peso dare ai disturbi che si presentano durante l’attesa. Nel fare ciò la nonna materna utilizza la sua personale esperienza e quella di tutte le altre donne della famiglia con le quali negli anni ha dialogato e scambiato informazioni preziose, ma utilizza anche le esperienze femminili delle donne del passato.
Non è raro che sia proprio una nonna, in genere la nonna materna, quella che assisterà la figlia durante il parto e che farà il primo bagnetto al nipotino.
Il suo aiuto, il suo supporto psicologico, la sua esperienza, è inoltre preziosa nelle prime settimane e nei primi mesi di vita del bambino. E’ lei, o quando questa dovesse mancare, è la suocera che insegna alla neomamma come allattarlo, come addormentarlo, come pulirlo, come vestirlo, come gestire i vari eventi che si dovessero presentare: insonnia, pianto, malattie o disturbi organici, segnali di disagio psicologico. E’ lei che dà la chiave per interpretare correttamente le esigenze del bambino espresse in modo non verbale.
Dopo il padre e la madre sono i nonni che il bambino inserisce nel suo animo come figure di riferimento importanti quando mancano i genitori. Essi, dopo i genitori, sono le persone delle quali i cuccioli dell’uomo possono maggiormente fidarsi. Dei nonni amano i racconti del passato, interessanti come favole vere. A loro danno con piacere e chiedono il bacio della buona notte. A loro permettono gesti molto intimi come essere imboccati o puliti.
Da loro apprendono un modo diverso di vivere e vedere il mondo. Apprendono il valore dell’amicizia, con loro scoprono l’anima della cose.
Sì perché ogni cosa ha un’anima. Hanno un’anima le pietruzze raccolte sulla riva del mare, sulle quali forse un giorno lontano il pirata Barbarossa ha lanciato il suo grido di battaglia mentre invadeva l’isola. Hanno un’anima gentile i fiori gialli con i quali è possibile intrecciare una collana, da regalare alla mamma, come fanno le donne indiane. Hanno un’anima le piante di papiro dei giardinetti, che sono pronte a raccontare le loro avventure nella casa del grande Faraone, posta proprio accanto al Nilo. Hanno molto da raccontare le ochette del parco che, volando dai paesi lontani sopra mille terre e mille luoghi hanno visto con i loro occhi sbocciare il fiore più grande del mondo, sotto il quale si può anche mangiare, dormire e che ci può riparare dalle piogge.
Con i nonni, che non hanno bisogno di correre di qua e di là come i genitori, il tempo riacquista la sua normale fisionomia. Con le persone anziane anche lo spazio, normalmente calpestato da piedi frettolosi che corrono per andare chissà dove e chissà perché, viene meglio conosciuto, scoperto e goduto centimetro dopo centimetro. Con i nonni i bambini scoprono che il dialogo non è affannarsi a dire quello che si è fatto a scuola. Il dialogo è quella cosa che avvicina due persone. E’ quella cosa che ti fa ridere, sognare o fantasticare mentre ti fa stare bene insieme.
Con i nonni i bambini scoprono che i migliori giochi ed i migliori giocattoli, sono quelli che non si comprano. Sono le nostre mani, il nostro corpo, sono i giocattoli costruiti da milioni di bambini e di nonni utilizzando gli oggetti più poveri: la carta, le foglie, il legno, il fil di ferro, i chiodi, il martello.
Ma vi è un modo fisiologico di utilizzare i nonni e un modo patologico.
Il modo fisiologico vuole che il bambino scelga e desideri di andare dai nonni per qualche ora e non vi sia trascinato a forza. Il modo fisiologico vuole che il bambino possa andar via dai nonni e ritornare dai suoi genitori, o almeno da uno di essi, quando ne ha voglia, e non aspetti invece, lottando contro il sonno, che papà e mamma tornino dal lavoro per ritornare nella sua casa, tra le sue cose, tra le loro braccia. Il modo fisiologico vuole che il bambino, se è stato proprio bravo e ubbidiente, abbia la possibilità di dormire qualche volta, ma solo qualche volta, nella vecchia casa dei nonni e non vi sia, invece, costretto, tutte le volte che papà e mamma vogliono andare con gli amici a prendersi la pizza o “fare quattro salti in discoteca”. Insomma, il modo fisiologico di vivere i nonni è permettere loro di fare appunto i nonni e non i genitori o le baby-sitter. Così come sarebbe bene che la casa dei nonni continuasse ad essere la casa dove il papà o la mamma vivevano quando erano piccoli e non un altro asilo nido, un’altra mensa scolastica o baby-parking[2]gratuito.
[1] E. TRIBULATO, L’educazione negata, p.224.
[2] Vengono curati dai nonni 43 bambini su 100 sotto i 2 anni, 42 su 100 tra i tre ed i cinque anni, 34 su 100 tra i 6 e i 10 anni, 22 su 100 tra gli 11 ed i 13 anni. R. Maderna, in Famiglia Cristiana, n° 21/ 2002.
L’impegno richiesto ai nonni è molto intenso. Il 31,5% dei bambini trascorre dalle 20 alle 29 ore settimanali con i nonni, il 26,1% dalle 30 alle 39 ore e un altro 25,5% dalle 40 alle 50 ore.
Tratto dal libro: "MONDO AFFETTIVO E MONDO ECONOMICO" DI Emidio Tribulato
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