Il gioco è stato spesso usato nella psicoterapia infantile, in quanto il bambino, fino ad una certa età, non ha le capacità linguistiche adatte a comunicare i pensieri e le emozioni più profonde e vere. Durante il gioco il bambino manifesta direttamente e senza alcun problema i suoi interessi e i suoi bisogni, le sue ansie e le sue paure.
I giochi guidati
I giochi possono essere guidati dai genitori, dagli insegnanti o da altri adulti. Questa tipologia di gioco ha il pregio di “insegnare” al bambino quello che non sa, quello che non conosce, quello che non riesce a fare. Il limite di questo tipo di attività consiste nel pensare al bambino come a colui che non sa, che deve apprendere o deve essere guidato da noi adulti ad effettuare qualcosa che pensiamo sia a lui utile.
I giochi liberi
I giochi liberi sono quelli che vengono effettuati di solito con i coetanei. In questa tipologia di giochi i partecipanti si mettono d’accordo su quale attività effettuare, sulle regole da seguire, sugli strumenti o giocattoli da utilizzare e su eventuali ruoli che ognuno deve rappresentare durante il gioco. Ad esempio: “Giochiamo agli indiani. Tu fai il pellerossa, io e Marco saremo i soldati che catturano l’indiano, dopo una furiosa lotta. Questi bastoni sono i fucili e le spade e queste sono le frecce. Tu poi vieni liberato da Antonio e Luca, che sono i tuoi amici indiani e scappi; noi cercheremo di riprenderti”.
In questo tipo di gioco il bambino ha maggiori possibilità di sviluppare le sue capacità sociali. In quanto, se a volte sarà lui a condurre il gioco, altre volte, pur di partecipare, sarà costretto ad accettare le regole che gli altri hanno dettato al gruppo o comunque dovrà imparare a mediare con gli altri le modalità della sua partecipazione e del suo ruolo. Questo tipo di gioco è l’ideale per i bambini con normale sviluppo psichico. Non è adatto, invece, per i bambini con rilevanti disturbi psicoaffettivi, in quanto questi non possiedono la necessaria disponibilità, duttilità, accettazione e pazienza per condurlo efficacemente. È difficile che riescano a ben relazionarsi con il gruppo dei coetanei non solo i bambini affetti da disturbo autistico, ma anche i minori facilmente irritabili, quelli con notevole instabilità psicomotoria, i bambini aggressivi, scontrosi, ma anche quelli molto timidi, chiusi, introversi e sospettosi.
Il gioco libero autogestito
In tutti questi casi è molto più utile il tipo di approccio da noi studiato, che abbiamo chiamato Gioco Libero Autogestito. In questa modalità di gioco è soltanto il bambino interessato alla terapia a scegliere il gioco o l’attività da effettuare. L’adulto o il terapeuta, come un amico particolarmente disponibile e attento ai bisogni del minore, ha soltanto il compito di aiutare, incoraggiare e sostenere il bambino nelle sue attività e nelle sue istanze del momento. L’adulto avrà il ruolo di un affettuoso e paziente compagno di giochi che non critica e non mette in discussione quello che egli fa, tranne che la sua attività non comporti un reale e imminente pericolo per l’incolumità sua o di altre persone. In definitiva, nella tecnica del “Gioco Libero Autogestito” è lui, il bambino molto disturbato, il vero leader, mentre l’adulto o il terapeuta assume il ruolo di gregario[1].
Questo tipo di terapia parte dall’assunto che per l’adulto, anche molto preparato, attento e sensibile, è difficile, se non impossibile, conoscere ciò che al bambino è utile e che può farlo stare bene, in un determinato momento, in quanto le conoscenze che egli ha della vita intima di un minore in un determinato frangente, sono molto scarse, incomplete e frammentarie. Inoltre la sua visione di adulto, le sue informazioni, ma anche i bisogni personali del momento, collaborano a deformare il suo giudizio sulla vita intima di questi bambini, impedendogli di vedere al di là delle proprie conoscenze razionali. A ciò si aggiunga che le emozioni presenti nella psiche di questi minori sono talmente lontane dalla realtà vissuta quotidianamente dagli adulti, sono talmente intense, mutevoli e, spesso, anche tanto confuse e contraddittorie, da risultare, per gli adulti di difficile, se non impossibile comprensione.
Questo tipo di gioco permette di raggiungere l’obiettivo di una migliore serenità interiore e di una maggiore fiducia negli altri, nel mondo e in se stessi, in quanto il piccolo viene messo al riparo da ogni possibile intrusione esterna. Intrusione che, in questi bambini, potrebbe comportare l’accentuazione o la stabilizzazione dell’ansia interiore e quindi del loro malessere. Ciò in quanto, più gravi sono le problematiche dei bambini con disturbi psicoaffettivi, maggiore è la loro sensibilità nei confronti delle frustrazioni. Pertanto ogni iniziativa degli adulti o dei terapeuti, anche la più lodevole, che però non è stata da quelli desiderata e richiesta in quel momento, può essere giudicata come un’intrusione e una violenza da parte del mondo esterno. Lasciare al bambino la piena autonomia e libertà, nella scelta dell’attività o del gioco da effettuare, lo fa sentire finalmente libero, attivo e autonomo. In definitiva, nel Gioco Libero Autogestito è il bambino che aiuta se stesso con il supporto dell’adulto e non il contrario. Per evitare, quindi, di peggiorare questo loro mondo interiore e il difficile rapporto che essi hanno nei confronti degli altri esseri umani, il terapeuta si limiterà soltanto a collaborare alle attività del bambino e ai suoi giochi, anche se questi possono sembrare ripetitivi, inutili e sciocchi.
[1] Tribulato E., (2013), Autismo e gioco libero autogestito, Franco Angeli editore, Milano, p. 102-103.