Paura della scuola - Fobia scolare
Autore: Dott. Emidio Tribulato
Questo disturbo si manifesta con il rifiuto più o meno esplicito di andare a scuola.
L’intensità e la gravità dell’opposizione nei confronti di questa istituzione sono molto varie.
Si va da un lieve disagio, quando il bambino è costretto a allontanarsi da casa per andare a scuola, manifestato con frasi del tipo: “Che seccatura la scuola!”. “Oggi sono stanco: non vorrei andare a scuola”, alla fobia vera e propria. In questo caso, i segnali della notevole sofferenza del bambino sono evidenti e caratteristici: la mattina il piccolo tende ad alzarsi tardi, si muove lentamente in ogni attività che è costretto ad effettuare. Si veste, si lava e fa colazione, cercando in tutti i modi di postergare il momento di lasciare la sua casa e la sua famiglia. A volte manifesta chiaramente il suo rifiuto. Le motivazioni esplicitate, quando richieste, sono del tipo: “la scuola è brutta”, “gli insegnanti sono cattivi”, “i compagni mi spingono, mi danno botte”. In altri casi, semplicemente, il bambino sottolinea il suo rifiuto con un “non voglio, non mi piace”.
Quando i genitori non si fanno intenerire e insistono perché si rechi lo stesso tutti i giorni a scuola, il bambino può manifestare dei sintomi psicosomatici: come dolori addominali, nausea, vomito, debolezza fisica, tremori, sudorazione diffusa, vertigini, cefalea o, peggio, può avere delle crisi d’ansia che possono arrivare fino al panico.
Se poi i genitori insistono nel non tenere nel giusto conto i timori del figlio, possono presentarsi sintomi regressivi come l’enuresi, l’encopresi, la ricerca di un’alimentazione liquida, il bisogno di ritornare a dormire nel lettone di mamma e papà. Inoltre possono manifestarsi o peggiorare altre paure concomitanti, come quella della morte propria e/o dei propri genitori o che la famiglia si sfaldi con la separazione di mamma e papà e così via. Talvolta si evidenziano sintomi da conversione isterica: sordità, paralisi diffuse. Così come possono essere presenti dei tic.
Tutti questi sintomi, però, scompaiono, o regrediscono notevolmente, quando i genitori accettano di lasciare a casa il figlio.
Queste manifestazioni sono più frequenti nella scuola dell’infanzia, in quanto questa istituzione rappresenta il primo vero distacco del bambino dai suoi genitori e dalla sua casa, ad un’età nella quale non tutti i bambini sono psicologicamente maturi per affrontare il mondo esterno alla propria famiglia.
In questi casi la scena tipica è quella di una mamma la quale, avendo deciso che il bambino deve andare a scuola, lo incoraggia e lo prepara psicologicamente: gli compra un bello zainetto nel quale mettere il suo giocattolino preferito, una buona merendina, qualche album per colorare e lo accompagna, dicendo che andranno in un luogo dove lui potrà incontrare tanti bei bimbi, con i quali giocare e divertirsi. Il bambino, che di solito acconsente gioiosamente, entra in auto e poi, tenendo ben stretta la mano della madre, cammina nei corridoi ed entra nell’aula a lui destinata. Tutto sembra andare per il verso giusto fino a quando la mano della madre è stretta alla sua o fino a quando questa è lì con lui. Quando, dopo averlo affidato alla maestra. lo saluta con un forte bacio e un “arrivederci a presto” e scompare dalla porta, ecco che il bambino, prima stupito di quanto accade, e poi spaventato, inizia a piangere e la chiama correndole dietro. Se la madre ritorna sui suoi passi egli le si stringe addosso, la guarda teso e tremante e dopo, per un bel po’, non si stacca da lei, in quanto teme che si possa ripetere la penosa esperienza della quale un momento prima è stato vittima. Se la madre, acconsentendo alle pressioni delle insegnanti, si allontana, per tornare dopo qualche ora, il bambino, dopo aver pianto per un bel po’ smette, e, imbronciato, comincia a giocare con gli altri bambini, oppure teso e spaventato rimane in un angolo o accanto alla porta della classe, nella vana attesa della donna.
Quando questa dopo qualche ora ricompare, la guarda rimproverandola con lo sguardo, ma è felice di poter ritornare nella sua casa. Purtroppo, da quel momento, il bambino guarderà la madre e le sue parole con sospetto, in quanto la fiducia sconfinata che egli aveva nei confronti di lei, come della persona che sceglie per lui solo cose belle e buone, si sarà, almeno in parte, incrinata!
Può succedere, inoltre, che dopo un’apparente scomparsa del sintomi, questi si ripresentino con la stessa intensità, ogni volta che il bambino è costretto a confrontarsi con un nuovo ambiente scolastico. Questo fu il caso di Dario, di undici anni.
Dario fu portato alla nostra osservazione in quanto rifiutava in maniera molto decisa di frequentare la scuola media. Poiché era un ragazzo molto capace ed intelligente, non aveva alcun problema nell’apprendere le materie curriculari. Il suo rifiuto della scuola era motivato solo con le parole: “La scuola è brutta. La scuola non mi piace, non ci voglio andare”. I genitori erano disperati in quanto il ragazzo aveva presentato lo stesso rifiuto sia nella scuola materna sia nella scuola elementare ma, dopo qualche mese di continue insistenze e di violente scenate, “si era adattato”. Questa volta, invece, manifestando atteggiamenti aggressivi e violenti, non voleva assolutamente acconsentire alle loro richieste. Quando abbiamo consigliato ai genitori di accettare la paura del figlio e di farlo studiare, almeno per qualche tempo, a casa, il bambino ne è stato felicissimo, tanto che era lui stesso a telefonare ai compagni per farsi dare i compiti che faceva sistematicamente e con molta gioia al suo domicilio. Era lui stesso a chiedere di andare a scuola, ma solo una volta al mese, insieme alla madre, e solo per il tempo necessario per essere interrogato dagli insegnanti, per poi tornare a casa.
Questa fobia è più frequente nei maschi e si è visto che maggiore è l’età nella quale si presenta, più gravi sono le problematiche psicologiche del minore. Pertanto se la paura di andare a scuola può essere solo un segno di immaturità nel bambino di tre-quattro anni, la stessa può essere un segnale di un’importante sofferenza psicologica, se compare o continua dopo i sei anni.
Purtroppo, quando la paura della scuola si presenta nella scuola dell’obbligo, assume agli occhi dei genitori una maggiore rilevanza sociale, rispetto a quando si presenta nella scuola materna. In questi casi papà e mamma difficilmente riescono ad accettare la decisione di lasciare che il bambino si allontani dall’ambiente scolastico, anche se per breve tempo.
Le cause delle paure:
Cause biologiche:
Si è pensato a una labilità di alcuni sistemi endocrini e neurotrasmettitoriali , noradrenergici.[1]
Cause psicologiche e ambientali
Per capire questo tipo di rifiuto dobbiamo necessariamente considerare che l’ingresso nella scuola costringe il bambino a confrontarsi con ambienti, persone e situazioni notevolmente diversi e molto più complessi di quelli presenti in una normale famiglia. È molto difficile affrontare questi nuovi ambienti, persone e situazioni, specie se non vi è la maturità intellettiva o psicoaffettiva necessaria. Sono molto diversi i locali della scuola rispetto alle stanze della sua casa, che il piccolo conosce molto bene perché sono state mute spettatrici di tanti suoi momenti di gioco. Sono diverse le persone: bidelli, insegnanti e compagni di classe, rispetto a quelle con le quali era abituato a rapportarsi e con le quali aveva già instaurato un legame affettivo importante.
L’ambiente scuola, inoltre, è molto più ampio rispetto a quello presente nella sua famiglia: non alcune stanzette ma grandi e lunghi corridoi con numerose aule. Inoltre, l’ambiente scuola difficilmente è disposto a manifestare nei suoi riguardi quei comportamenti particolarmente protettivi, affettuosi e accettanti, presenti in un normale contesto familiare. Questo ambiente richiede un’attenzione e delle prestazioni ben definite: bisogna ascoltare quanto spiegato, bisogna disegnare, scrivere, leggere, imparare e poi riferire quanto studiato, e così via. È questo un ambiente che giudica ogni sua prestazione. È un ambiente che richiede dal bambino un notevole autocontrollo: non si esce dalla classe e non si va in bagno quando si vuole; non ci si alza dal banco senza l’autorizzazione dell’insegnante; non si gioca quando bisogna studiare; non si parla con gli altri compagni quando è in atto la lezione, e così via.
È naturale, pertanto, che molti bambini, anche perfettamente normali, provino un qualche timore e una certa difficoltà nell’adattarsi, durante i primi giorni o anche le prime settimane di frequenza scolastica. Questa realtà, per sua natura difficile, può diventare angosciosa quando il bambino, per vari motivi, già presenta o soffre di immaturità, ritardo, disabilità, difficoltà psicologiche.
Cause
Le possibili cause di rifiuto della scuola sono numerose:
- ansia di separazione. Poiché per un bambino troppo piccolo o con problemi psichici è ancora indispensabile la presenza rassicurante dei suoi genitori, familiari e/o del suo consueto ambiente di vita, vi è un intenso timore di separarsi dalla madre e dall’ ambiente familiare per affrontare persone e ambienti sconosciuti;
- immaturità psicoaffettiva. Per il bambino ancora immaturo, l’inserimento nell’ambito scolastico può significare essere costretto a diventare grande così da perdere l’intimità con la madre;[2]
- esperienze traumatiche precedenti. A volte il rifiuto di andare a scuola nasce da esperienze traumatiche avute precedentemente nel contesto della scuola o nei rapporti con un gruppo di coetanei irritanti, aggressivi, violenti, anche al di fuori dell’ambiente scolastico. L’esperienza negativa può essere avvenuta anche con adulti non familiari, che hanno avuto nei riguardi del bambino comportamenti eccessivamente oppressivi, ansiosi, autoritari o repressivi. In questi casi, agli occhi del piccolo, al di fuori del contesto familiare, sia i minori sia gli adulti assumono delle caratteristiche nettamente negative;
- presenza di desideri ostili. Il bambino può avere timore che i propri inconsci desideri ostili nei confronti dei genitori o degli altri familiari si possano avverare, per cui potrebbero ferirsi o morire, durante la sua assenza;
- gelosia nei confronti del fratello minore. Per un bambino che soffre di intensa gelosia può essere molto penoso lasciare in casa con i genitori i fratellini più piccoli;
- timore di non essere soccorsi. Molti bambini hanno paura delle malattie e/o della morte. Questa paura viene notevolmente attutita dalla presenza dei genitori i quali, ai loro occhi, sono i soli che possono soccorrerli e salvarli in caso di importante malessere;
- difficoltà nell’apprendimento. Gli insegnanti assumono spesso agli occhi degli allievi il ruolo di giudici severi del loro operato. Pertanto il bambino che presenta eccessive difficoltà nelle attività scolastiche, da lui avvertite come molto impegnative e stressanti, può risentire di una notevole paura dei loro giudizi negativi. Ciò lo spingerà a cercare di evitare ogni contatto con gli insegnanti, rimanendo lontano dalla scuola;
- giudizi sulla sua condotta. Altro timore può nascere dai giudizi che gli insegnanti possono emettere sul suo comportamento. Specie se questo è caratterizzato da un’incontrollabile instabilità e irrequietezza. In questi casi appare scontato il bisogno imperioso di tenersi lontani da insegnanti e altre autorità scolastiche, pur di evitare rimbrotti e punizioni;
- difficoltà nell’integrazione, nella socializzazione e nella comunicazione. Quando un bambino presenta tali problematiche la scuola diventa intollerabile in quanto lui è costretto a subire l’emarginazione e il dileggio da parte dei coetanei, i quali notano facilmente le sue problematiche e i suoi limiti.
Interventi
Poiché. come le cause che possono turbare il bambino, impedendo alla sua sicurezza di maturare sufficientemente, così da affrontare la nuova e difficile realtà della scuola, possono essere tante e diverse, nell’attesa di capirle e risolverle sono sicuramente controproducenti tutte le misure atte a castigare e /o rimproverare il minore per il suo comportamento. È bene, quindi, accettare come reale la sua sofferenza[3], e non sottovalutare i suoi timori, né tantomeno scambiarli sistematicamente per capricci o segnali di pigrizia.
È importante cercare di capire i motivi della sua paura, analizzando il suo ambiente di vita, non solo a scuola ma anche e, soprattutto, in famiglia. Non sempre è facile riuscire in questo compito, in quanto il bambino tende a dare le spiegazioni che pensa siano maggiormente accettate dagli adulti e non quelle più profonde e vere. I genitori e gli insegnanti, d’altra parte, tendono a far proprie le motivazioni che più si adattano ai loro desideri e bisogni, piuttosto che ammettere le reali motivazioni. Nonostante ciò è necessario cercare di comprendere i veri motivi del rifiuto, così da intervenire in maniera decisa nel rimuovere le possibili cause.
Si può allora scoprire, ad esempio, un’immaturità psicoaffettiva del bambino con ancora un’eccessiva dipendenza dalle figure genitoriali. Si può evidenziare nel suo ambiente familiare una madre iperprotettiva o invadente nei confronti del figlio da lei dipendente, oppure un’assenza o una scarsa presenza fisica o morale della figura paterna.
Possono essere presenti delle situazioni stressanti o difficili, come un lutto in famiglia, un divorzio o la separazione dei genitori, dei bruschi cambiamenti d’ambiente, l’inadeguatezza delle figure di riferimento, delle recenti ospedalizzazioni ecc.
Mentre, però, ci si impegna a scoprire e curare i motivi del malessere del bambino, è spesso necessario allontanarlo, anche se momentaneamente, dalla scuola per qualche giorno o qualche settimana. Quest’interruzione viene spesso percepita come fumo negli occhi, sia da parte dei genitori sia da parte degli insegnanti che seguono il piccolo.
Da parte dei genitori, nel caso che entrambi siano impegnati nel lavoro, le maggiori resistenze sono dovute spesso a difficoltà di natura gestionale: “Dove possiamo lasciare il piccolo e chi si può occupare di lui durante le tante ore della nostra assenza?” Da parte di entrambi: insegnanti e genitori è, inoltre, molto intenso il timore del mancato o scarso rendimento scolastico da parte del minore, dovuto alle sue assenze. A ciò si aggiunge la paura “che egli si abitui a non frequentare la scuola e a restare a casa”, per cui, in un momento successivo, potrebbe essere per lui difficile rientrare nelle aule scolastiche.
Purtroppo, sia i genitori sia gli insegnanti non usano per la paura della scuola lo stesso metro di giudizio che costantemente utilizzano per le loro personali fobie. È facile, ad esempio, che questi stessi adulti abbiano delle paure: dell’ascensore, dell’aereo, degli insetti, a causa delle quali non salgono sugli ascensori e preferiscono farsi a piedi vari piani di scale, non mettono piede sugli aerei ma prenotano i viaggi in pullman o in treno, non vanno in campagna per restare ben lontani dagli insetti. Tuttavia ritengono inaccettabile che un bambino abbia paura di andare a scuola!
Pensiamo che questa, come le altre fobie, debba avere il massimo rispetto da parte dei genitori ed educatori, in quanto l’obiettivo fondamentale rimane sempre il benessere psicologico del bambino; pertanto, un suo allontanamento momentaneo dovrebbe essere accettato con serenità. Abbiamo constatato come in molti casi, l’interrompere momentaneamente l’attività scolastica, dia al minore il senso concreto della solidarietà e comprensione da parte dei suoi genitori, degli insegnanti e degli adulti in genere. È come dire al bambino: “Noi sappiamo che tu stai male e capiamo la tua sofferenza, che condividiamo, perciò non abbiamo nessuna intenzione di sacrificare il tuo benessere all’obbligo scolastico”. Questo messaggio di affetto e di amore rasserena e rassicura più di qualunque altro discorso e impedisce che le condizioni psichiche del minore si aggravino ulteriormente.
D’altra parte, la nostra personale esperienza ci ha sempre confermato che il bambino che ha l’età adeguata per potersi allontanare agevolmente dalla famiglia (tre-quattro anni), che ha la serenità necessaria per poterlo fare, e che trova un ambiente classe normalmente accettante e accogliente, preferisce stare a scuola con i propri compagni piuttosto che a casa, senza coetanei e con la sola compagnia della tv e di uno dei genitori o dei nonni.
In un momento successivo, dopo che sono stati adottati gli opportuni provvedimenti per migliorare il benessere psicologico del minore, potrà iniziare la fase del rientro nell’ambito scolastico: rientro da effettuare con molta gradualità. Dapprima la presenza a scuola potrà essere solo di pochi minuti, anche in compagnia della madre, del padre o di qualche altro familiare che più riesce a dare serenità e sicurezza al piccolo, per poi, gradualmente, aumentare il tempo trascorso nella classe, mentre potrà diminuire la presenza dei familiari nell’ambito scolastico.
Da parte degli insegnanti è bene che questi rispettino i problemi dell’alunno mettendolo a proprio agio, anche mediante l’impegno in attività piacevoli, soprattutto durante i primi giorni di rientro in classe, in modo tale che il processo di scolarizzazione avvenga in maniera graduale, serena, piacevole e gratificante.
Tratto dal libro di Emidio Tribulato "Il bambino e l'ambiente" -Volume unico
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[1] Militerni R., (2004), Neuropsichiatria infantile, Napoli, Editore Idelson Gnocchi, p. 374.
[2] Bettelheim, B., (1987), Un genitore quasi perfetto, Milano, Feltrinelli,
[3] Bettelheim, B., (1987), Un genitore quasi perfetto, Milano, Feltrinelli,