Leggendo le normative dei vari stati sul divorzio, si nota come i legislatori si siano affannati a sottolineare che la separazione o il divorzio dei genitori non debba in alcun modo avere delle ripercussioni negative sui figli. Per tale motivo le sentenze emesse dai vari tribunali che si occupano di cause di divorzio, dovrebbero, in ogni caso, mettere in primo piano il benessere materiale, sociale e psicologico dei minori. Benessere dei minori che dovrebbe essere preponderante rispetto a quello dei singoli coniugi. Inoltre, nella legislazione italiana, per evitare che il genitore non convivente sia per il figlio un fantasma da vedere solo per il pranzo della domenica, per poi guardare insieme la partita, con la nuova legge sulla separazione e sul divorzio si cerca di puntare sulla bi-genitorialità per cui l’articolo 155 del nuovo testo recita:
“Anche in caso di separazione personale dei genitori, il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”.
Poiché il figlio desidera, chiede e ha necessità dell’affetto, della presenza, dell’educazione di entrambi i genitori naturali, mediante la bi-genitorialità il legislatore vorrebbe che papà e mamma, anche se separati, provvedessero in modo armonico ad educare i propri figli, soddisfacendo in tal modo i loro bisogni affettivi e materiali. Ciò in quanto, come abbiamo detto prima, il benessere dei figli dovrebbe prevalere sui bisogni dei genitori coinvolti nella separazione.
Non dubitiamo della sincerità dei legislatori nell’emanare delle leggi e in quelle dei giudici nel farle applicare. Dubitiamo molto, invece, sulle conseguenze reali che questo istituto, anche utilizzando la nuova legge sulla bi-genitorialità, ha sui figli e quindi sulle nuove generazioni.
Esaminando le dinamiche presenti in questa triste realtà, che è in costante aumento,[1] ci si accorge immediatamente di come i desideri del legislatore siano da annoverarsi più nel campo delle pie illusioni che non della cruda, quotidiana realtà.
Le cause della sofferenza
I motivi di sofferenza dei figli dei separati o divorziati possono riguardare:
- La conflittualità tra i genitori.
- Uso dei figli nel conflitto.
- La crisi dei precedenti legami affettivi.
- Il difficile e complesso rapporto con i nuovi genitori, con i fratellastri e i nuovi parenti.
- La difficile relazione educativa.
1. La conflittualità tra i genitori
La separazione ed il divorzio spesso non diminuiscono le cause di diverbio né fanno cessare il conflitto esistente tra i coniugi.
Per Scaparro e Bernardini[2]:
“Le procedure di separazione e divorzio nel nostro sistema ci sembrano oggi, indipendentemente dalla volontà dei singoli, disumane. In molti casi, infatti, lungi dal ridurre la conflittualità tra i genitori in via di separazione o separati, la accrescono esponendo i bambini a gravi forme di abuso e gli stessi genitori ad insostenibili ansie”.
In molti casi ai vecchi motivi di contrasto se ne aggiungono altri e la nuova legge italiana sull’affidamento condiviso non sembra aver affatto risolto questo annoso problema.[3]
Intanto, con la separazione ed il divorzio si apre il fronte del conflitto economico. Ognuno dei coniugi, spalleggiato dai suoi avvocati, cercherà in ogni modo di ottenere dalla separazione, per il proprio cliente, il massimo del profitto con il minimo danno. Anche perché sono poche le famiglie che possono permettersi di mantenere, da separati, lo stesso tenore di vita che avevano precedentemente.
Il conflitto sulle condizioni economiche può durare vari decenni in quanto, anche dopo la sentenza definitiva di divorzio, se la situazione si è modificata, e non è affatto difficile che il tempo modifichi le cose, uno dei due contendenti può richiedere al giudice nuove e diverse misure economiche. Ciò mantiene gli ex coniugi in una continua, esasperante situazione di tensione che alimenta i motivi e le condizioni di reciproca aggressività.
L’altro viene visto come una sanguisuga pronta a utilizzare tutti gli espedienti possibili per ottenere sempre di più: “Pur di pretendere più soldi si inventa mille necessità e spese per i figli e per la famiglia”. Oppure, al contrario, l’altro viene visto come l’avaro ed il prepotente che non concede quanto può e quanto gli è dovuto ai figli e al coniuge, costringendoli ad una vita difficile e grama: “Non vuole pagare neanche le spese per l’apparecchio dei denti di cui ha bisogno suo figlio! È proprio un miserabile”. “Si rifiuta di partecipare alle spese per il corso di ginnastica riabilitativa per risolvere il problema della scoliosi di Laura”. In questi conflitti su base economica sono coinvolti anche i figli, i quali sono spesso costretti a mentire su quanto veramente spendono o su quanto guadagnano: “Fai pure qualche lavoretto ma non dirlo a papà se no ti toglie il mantenimento”. “Di’ a papà che il corso di chitarra ti è indispensabile e che ci costa molto”.
- Il contenzioso sull’affidamento dei figli
Con la separazione e con il divorzio si apre il contenzioso sull’affidamento dei figli. Per Vico[4] : “Il figlio diventa spesso una realtà contesa, divisa, ora oggetto di scambio, ora fattore di compensazione, ora perdita preziosa nel circolo vizioso giuridico - psicologico del gioco delle parti in cui il sistema familiare viene a trovarsi”. Vi sono mille motivi di tipo affettivo ed economico per volere per sé i figli quanto più a lungo possibile o, al contrario, per non volerli. “Se i figli stanno insieme a me, di questo disastrato matrimonio mi resta almeno qualcosa: il loro affetto, la loro presenza nonché il mantenimento che il mio ex mi dovrà dare”. “Se i figli stanno con me posso facilmente gestire a mio vantaggio i loro bisogni economici”.
Ma sono presenti anche dei desideri o dei bisogni opposti: “Se il figlio non sta con me sono libero/libera di avere altre amicizie, altri amori ed intraprendere nuove e più redditizie attività lavorative senza che lui/lei sappia nulla”. Anche in questo caso il dissidio può non finire affatto con la sentenza del giudice che indica a chi sono affidati i figli e quali possibilità ha l’altro di vederli e restare con loro. Può succedere che il genitore che si è battuto strenuamente ed ha fatto “ferro e fuoco” per avere affidati i figli quanto più a lungo possibile, pochi mesi dopo, a causa delle mutate esigenze sentimentali, lavorative o per un sopraggiunto difficile dialogo e gestione dei minori, pretenda esattamente il contrario: “Se quando ero solo mi stava bene che i figli stessero con me tutti i giorni tranne il sabato e la domenica, dopo aver conosciuto Luisa, queste condizioni non mi stanno più bene in quanto non mi permettono di trascorrere i fine settimana con la mia nuova fidanzata”.
- Le nuove relazioni amorose
L’altro fronte molto caldo, anzi scottante, che si apre riguarda le nuove relazioni amorose. Una parte degli uomini e delle donne separati o divorziati vorrebbe creare, dopo il fallimento del primo matrimonio, una nuova famiglia. Una famiglia che abbia tutti i pregi di quella abbandonata senza averne i difetti. Il progetto è sicuramente desiderabile e augurabile, ma si scontra con mille difficoltà.
È, intanto, laboriosa la scelta di un nuovo partner. Data la facilità con la quale i due sessi si possono incontrare nelle numerose feste, nelle discoteche o mediante l’uso degli strumenti elettronici: Internet, cellulari, telefono, agenzie matrimoniali, ma anche con la frequenza di appositi locali per gli incontri sentimentali dei single, il progetto di conoscere e frequentare un nuovo partner non è obiettivamente difficile. È facile organizzare dei primi incontri, così com’è agevole la conduzione sentimentale e sessuale durante le prime settimane della nuova relazione.
I fuochi della passione, delle illusioni e dell’innamoramento, con molta probabilità riusciranno a creare un clima relazionale incantevole. I problemi nascono dopo. I problemi nascono quando si vuole trasformare un rapporto sentimentale e amoroso in qualcosa che somigli ad una famiglia.
Non appena l’uomo e la donna iniziano a parlare e a programmare qualcosa di più importante, rispetto ai piacevoli momenti vissuti e goduti insieme, saltano fuori, come dal cappello a cilindro di un prestigiatore, i problemi reciproci. “Sì ci amiamo, ma che fare di questo amore? Ancora non sono divorziato”. “Ho ancora dei figli piccoli che stanno con me e non vorrei traumatizzarli inserendo un’altra presenza estranea tra noi”. “Attualmente non sono pronto per un'altra unione”. O peggio: “Tu credi ancora nel matrimonio o nella convivenza? Io non ci credo più, dopo quanto ho dovuto subire”.
Ciò rende i genitori dei bambini separati o divorziati notevolmente inquieti, instabili e incostanti. Essi passano dall’entusiasmo della fase dell’innamoramento, quando nuove e più esaltanti emozioni bussano al loro cuore ed al loro corpo, alla tristezza e al pessimismo più profondi, che spesso si accompagnano a irritabilità e scontrosità quando, per un motivo qualsiasi, il nuovo legame amoroso diventa difficile, si sfalda o sfuma.
I problemi personali dei divorziati, e quindi i riflessi negativi sui figli, si accentuano anche per la difficoltà o l’impossibilità di far accettare all’altro coniuge il nuovo sentimento amoroso e la nuova realtà affettiva. Sono pochi gli uomini e le donne, cosiddetti “di larghe vedute”, che riescono ad essere insensibili o poco reattivi quando avvertono che una nuova persona è accanto all’ex coniuge. Molti che fino a qualche giorno prima giuravano di non provare più nulla per l’altro, nel momento in cui si accorgono che questi ha iniziato ad instaurare una nuova relazione, avvertono sorgere nel loro animo un’intensa, irrefrenabile gelosia, mista a disappunto e aggressività.
Sentimenti questi difficilmente gestibili. Non è psicologicamente facile accettare che nel proprio talamo coniugale il proprio ex consorte accolga un altro uomo o un’altra donna. Non è assolutamente agevole pensare serenamente che quest’ultimo mangi nello stesso desco dove, per decine d’anni, la famiglia consumava i suoi pasti, sospettando, tra l’altro, che assapori i cibi comprati con i soldi dati da lui/lei all’ ex consorte per il suo mantenimento.
Non è necessario essere siciliani per provare i morsi feroci della gelosia quando si sospetta o si è certi che qualcosa del genere avvenga. Ciò spinge chi prova questo sentimento ad atti e comportamenti particolarmente irritanti, se non chiaramente aggressivi, sia nei confronti dell’ex coniuge sia verso il suo nuovo amore. Ne sono un’evidente dimostrazione le bordate al vetriolo contro l’altro o l’altra fidanzato/a che si accompagna al marito o alla moglie.
Ancor più difficili da accettare sono i rapporti affettuosi dell’ex coniuge quando l’altro ha la veste del proprio miglior amico o amica, resosi subito disponibile per consolare il giovane divorziato o la giovane separata.
Data l’intensa gelosia, le conseguenti manifestazioni di collera e aggressività sono pertanto frequenti. Il modo di manifestarle è però diverso. Se la donna cercherà di colpire subdolamente l’ex marito sui beni a cui tiene di più: sull’amore dei figli, sulle sostanze economiche, sulle amicizie, l’uomo che tende a trasformare in immediate azioni aggressive il suo odio, la sua sofferenza e la sua rabbia, rischia di diventare, e sempre più spesso lo diventa, un feroce assassino: della propria consorte, della suocera che l’appoggia e del nuovo amore della sua ex!
Anche la donna, a volte, uccide il marito ma più spesso non lo fa direttamente bensì tramite altre persone: il padre, il fratello, il nuovo amante, così come in un moto di disperazione o di aggressività può uccidere o ferire i figli e se stessa.
- La gestione quotidiana dei figli
Con la separazione nasce il problema della gestione quotidiana dei figli. Se questi figli, ad esempio, sono affidati alla moglie è molto facile che questa si lamenti di non essere assolutamente aiutata dal marito. Pertanto, cercherà in tutti i modi di metterlo in difficoltà chiedendo il suo aiuto nei momenti meno opportuni, al fine di creare scompiglio, sia ai programmi lavorativi sia agli incontri sentimentali. Se invece il marito cercherà di impegnarsi nella gestione del figlio, è molto facile che la moglie veda questo suo desiderio come un’insopportabile intrusione e quindi farà di tutto per impedire i contatti troppo frequenti tra padre e figlio, anche accusando l’ex marito dei comportamenti i più infamanti come la violenza, l’abuso o le molestie sessuali.
2. Uso dei figli nel conflitto
Non è difficile avvertire la sofferenza di un bambino quando uno o entrambi i genitori usano il figlio come arma impropria nei confronti dell’altro. Eppure è ciò che accade frequentemente nelle coppie di separati, anche per il “progressivo inserimento nel corso delle procedure legali di tutta una serie di figure quali avvocati, periti, magistrati e così via, che oggettivamente possono portare i genitori a perdersi, letteralmente di vista e a comunicare esclusivamente attraverso carte bollate”[5].
Spesso il figlio è utilizzato come spia per conoscere cosa fa, con chi esce, quali sono le cattive abitudini e quanto guadagna l’altro, in modo tale da fornire al proprio avvocato nuove armi legali contro l’ex coniuge. Bastano poche informazioni riguardanti ad esempio l’abuso di alcolici, stupefacenti, la frequenza di cattive compagnie o la possibilità di nuovi introiti, per iniziare un procedimento di modifica della sentenza del giudice a proprio favore.
Può succedere ancora di peggio: come quando i figli, specie se piccoli, sono utilizzati per accusare l’altro di violenza fisica o abuso sessuale. Così da mettere KO l’avversario in modo completo e definitivo.
In altri casi il figlio è utilizzato per ricattare l’altro: “Se non mi mandi puntualmente l’assegno di mantenimento non ti faccio vedere tuo figlio”. “Se continui a frequentare quella donnaccia chiederò al giudice di non farti vedere più Francesco”. I figli sono anche utilizzati direttamente per punire l’altro: “Lei mi ha lasciato e io le sottraggo il figlio e vado all’estero”. “Lui si è comportato male e io gli metto il figlio contro, così quando viene a prenderlo nei fine settimana, il bambino si rifiuterà di andare e questo rifiuto lo umilierà e lo rattristerà”. O ancor peggio: “Lei si è comportata male io le uccido i figli prima di uccidere anche me”.
3. La crisi dei precedenti legami affettivi
Spesso con la separazione o con il divorzio vanno in crisi molti dei legami affettivi precedenti che avevano supportato lo sviluppo psicologico e maturativo dei minori.
La crisi del legame genitori-figli
Va in crisi il legame con uno, ma a volte anche con entrambi i genitori in quanto, già durante la separazione o anche prima, i genitori separati cercano consciamente o inconsciamente di strappare o rendere il più evanescente e conflittuale possibile il rapporto dei figli con l’altro coniuge. E ciò per vari motivi:
- “Lui/Lei deve pagare in qualche modo per i danni arrecati con il suo comportamento, con la sua infedeltà, con le sue parole aggressive o ingiuriose mentre stavamo insieme”.
- “Lui/lei deve pagare per quello che con la separazione ha ottenuto tramite un bravo avvocato o un giudice compiacente”.
- “Lui/ lei deve pagare per i piacevoli incontri o per i nuovi amori che si concede con un’altra donna o un altro uomo”.
Questo accanirsi l’uno contro l’altro comporta dei messaggi altamente deleteri nei riguardi dei figli: “Se mi vuoi bene, se vuoi essere un buon figlio, cerca di giudicare quanto peggio possibile tua madre/tuo padre, per quello che è il suo caratteraccio, per quello che ha fatto quando stavamo insieme, ma anche per come si comporta adesso”.
Anche se lui/lei, seguendo i consigli e le esortazioni degli psicologi, dei consulenti familiari o delle persone vicine che cercano di inserire nella relazione tra i due ex, un minimo di buon senso, si sforzano di impegnarsi affinché l’immagine del padre o della madre non scada agli occhi dei figli, questo tipo di comunicazione passa ugualmente mediante i comportamenti e gli atteggiamenti nettamente aggressivi e pieni di livore verso l’altro coniuge.
Da ciò nasce la lacerazione interna della quale soffrono i figli dei divorziati. A loro viene di fatto negata la possibilità di amare e rispettare entrambi i genitori. A loro viene di fatto negata la possibilità di dialogare serenamente e costruttivamente con la madre ma anche con il padre naturale. A loro viene di fatto negata la possibilità di avere da entrambi i genitori quei valori, quei consigli, quegli atteggiamenti educativi diversi per qualità e contenuto, che possono provenire solo da una figura femminile e materna e da una figura maschile e quindi paterna.
I figli, qualunque sia il loro comportamento, rischiano di far soffrire o di offendere l’uno o l’altro dei genitori. Se scelgono di amare maggiormente la persona con la quale vivono maggiormente, sentono di fare un torto all’altra, che è costretta ad avere la loro compagnia ed il loro affetto solo per alcuni giorni o ore della settimana e ne lamenta la mancanza.
Se al contrario si legano maggiormente al genitore meno frequentato, essi avvertono di essere ingiusti nei confronti di chi, giornalmente, per loro lavora, per loro sacrifica molte ore della sua giornata, li segue, li aiuta e sostiene nei momenti di difficoltà, li cura nelle malattie, a loro è vicino nei momenti di scoraggiamento, dolore e delusione.
La crisi tra i genitori e i figli si accentua nel momento in cui questi ultimi hanno comportamenti o atteggiamenti poco o nulla affettuosi nei riguardi di mamma e papà. Mentre quando la famiglia è unita il genitore che in quel momento lamenta la lontananza o la scarsa tenerezza dei figli vive questi episodi con serenità, in quanto essi fanno parte delle dinamiche fisiologiche all’interno del gruppo familiare, il genitore separato soffre gli stessi atteggiamenti con angoscia e sensi di colpa.
Sensi di colpa per non essere riuscito a tenere integra l’unità familiare, per tutto ciò che avrebbe potuto fare per loro e non ha fatto, per tutto quello che avrebbe potuto dire loro e non ha detto, per tutte le occasioni sprecate o mancate, per tutto il tempo a loro non concesso. Altre volte il senso di colpa è sostituito da sentimenti e comportamenti reattivi e aggressivi. In questi casi il genitore separato, con il suo comportamento, con il suo atteggiamento, con le sue parole, rimprovera e manifesta ai figli tutto il suo livore, per non essere stato compreso e aiutato abbastanza o perché questi hanno appoggiato l’altro genitore, a suo giudizio colpevole della crisi della famiglia.
Questa ostilità aperta o nascosta rischia spesso di allontanare ancora di più i figli, sia psicologicamente, sia fisicamente. Questi, quando sono abbastanza grandi per decidere autonomamente, possono rifiutare ogni visita ed ogni contatto, creando di fatto un baratro a volte incolmabile. È frequente un preciso giudizio negativo sui genitori che si sono separati: “La violenza maggiore che ho subìto è stata quella fattami dai miei genitori quando si sono lasciati”. Così affermava una giovane donna in un incontro in cui si discuteva di violenza. A un figlio spesso non importa di chi sia la colpa: entrambi i genitori sono accusati di non essersi comportati con la maturità e la saggezza necessaria, impedendogli di vivere e godere, giorno per giorno, la serenità e la sicurezza di una famiglia normalmente unita.
Il rapporto genitori-figli è destinato spesso a peggiorare nel momento in cui i separati o divorziati cercano o instaurano nuovi legami amorosi. Questi nuovi legami spesso sono vissuti dai figli con sconcerto ed irritazione, quando non fanno emergere una chiara collera. I figli, istintivamente, avvertono la patologia di un secondo legame sentimentale e matrimoniale in quanto sanno, più o meno consciamente, che in questi successivi rapporti vi è qualcosa che rischia di portare loro ulteriore sofferenza. “Papà che prima trascorreva tanto tempo con me, non è diventato forse più assente da quanto ha conosciuto quest’amica?” “La mamma non è forse più nervosa, irritabile ed aggressiva da quando ha saputo che papà ha una nuova fidanzata?” “Papà non è andato forse in bestia minacciando una carneficina quando gli ho detto che la mamma usciva con uno che poi ha addirittura invitato a cena?”
Tra l’altro nell’immaginario dei figli, i rapporti sessuali dei genitori sono accettati già con molta difficoltà solo nei confronti della propria madre o del padre; quelli con gli estranei sono visti e giudicati come una cosa poco bella, se non chiaramente impudica e sconcia.
Frequentemente nei libri che si occupano di questo argomento viene consigliato di parlare con calma ai propri figli di questo scabroso argomento, così da far accettare meglio la nuova situazione sentimentale e sessuale di mamma e papà. Non vi è dubbio che il consiglio sia valido, anche se, purtroppo, le sue conseguenze pratiche sono minime in quanto si cerca di modificare razionalmente qualcosa che sfugge ad un ragionamento logico, in quanto le reazioni dei bambini a questi avvenimenti sono legate più ai moti istintivi dell’animo che alla ragione.
La crisi del legame con gli altri familiari
Si complicano di molto il dialogo e le relazioni affettive con i familiari dell’ex consorte. Verso di questi può persistere un buon legame amichevole o anche affettivo solo se manifestano apertamente una netta condanna nei confronti del loro congiunto. In caso contrario i sentimenti verso i genitori ed i parenti dell’ex coniuge non sono affatto né affettuosi, né amichevoli.
A questo riguardo le frasi che si odono più frequentemente sono: “Non sono forse loro ad averlo/a educato/a così male tanto che non ha saputo ben comportarsi nella vita matrimoniale?” E poi: “Siamo certi che i suoi genitori e parenti si siano adoperati fino in fondo per evitare che il figlio/la figlia si comportasse in quel modo deleterio o seguisse una cattiva strada?” Ed infine: “I genitori di lui/lei non sono forse gli stessi che nel primo periodo del fidanzamento, ma anche dopo, non erano affatto d’accordo sulla scelta fatta dal figlio o dalla figlia e mi mettevano in cattiva luce ai suoi occhi? Pertanto, sicuramente, avranno influito negativamente sul suo comportamento successivo e adesso gioiscono della separazione”.
Anche in questo caso, consciamente o inconsciamente, il messaggio che arriva ai figli dei divorziati è: ”Cerca di giudicare anche tu male queste persone e quindi comportati verso di loro con freddezza e animosità”. Oppure: “ Allontanati da questi parenti in quanto fanno parte di un mondo che ci è ostile e non è più il nostro”.
4. Il difficile e conflittuale confronto con i nuovi genitori, fratellastri e parenti
I conflitti con i nuovi genitori
Molto spesso i conflitti dei figli di divorziati con i nuovi genitori si evidenziano già prima che si sia formato un nuovo vincolo. Alcuni, se possono, preferiscono defilarsi dalla nuova situazione vivendo da soli, piuttosto che con il patrigno o matrigna e con i fratellastri. Il nuovo venuto, ed i suoi parenti, sono visti come figure minacciose, pronte a sottrarre loro il vero genitore, o come ladri desiderosi di rubarne l’affetto. In ogni caso il nuovo fidanzato o la nuova fidanzata, i figli ed i parenti di questi sono vissuti come persone che porteranno sicuramente scompiglio in un equilibrio preesistente.
Altri figli di separati o divorziati pur rimanendo in apparenza nel nuovo nucleo familiare, cercano all’esterno: nel branco, negli amici, nei coetanei o in qualche altro adulto, quella serenità, continuità e stabilità che ogni minore desidera ardentemente, e ciò comporta il rischio di essere plagiati o strumentalizzati.
Ancora più difficile è accettare, senza particolari traumi, l’inserimento di nuove figure che dovrebbero sostituire o aggiungersi a quelle che i figli conoscono e che si sono profondamente radicate nel loro animo. Molte volte, se i nonni sono disponibili ad accoglierli, alcuni figli chiedono e ottengono di restare con loro al fine di garantirsi un minimo di stabilità, vivendo con persone ben conosciute e amate, piuttosto che affrontare nuovi e difficili rapporti.
Le motivazioni o spiegazioni date dai genitori nel momento in cui questi iniziano una nuova “storia” non sono spesso sufficienti a placare i sentimenti negativi dei figli, in quanto questi comprendono benissimo che il mondo attorno a loro non è come dovrebbe essere. Da una parte il figlio vorrebbe che il papà e la mamma fossero uniti mentre non lo sono. Vorrebbe che almeno vi fosse tolleranza e rispetto reciproco ma anche questi comportamenti non sono presenti.
Si aspetterebbe che dopo la sofferenza ed i traumi dovuti ai diverbi prima e durante la separazione ed il divorzio, vi fosse una pausa di stabile serenità, ma anche questo rimane un sogno impossibile. In queste situazioni i minori si sentono trascinati in una giostra di emozioni e sentimenti negativi che non riescono a gestire, senza subire ferite laceranti. Ferite che, a sua volta, lasciano cicatrici indelebili nella loro psiche.
Ancora una volta, si chiede ai bambini di capire e accettare qualcosa che difficilmente si può capire e accettare, in quanto contrasta fortemente con i loro desideri e i loro bisogni più profondi e veri. Come si fa ad accettare e se possibile amare una donna o un uomo fino a quel momento dei perfetti estranei, in sostituzione od in aggiunta al loro vero padre o alla loro vera madre? Se poi estranei non sono è ancora peggio. Come si fa ad accettare e amare quelle persone che hanno provocato, anche se involontariamente, sconquasso nella propria vita e nella propria esistenza?
Tra l’altro, prima della scelta definitiva, che spesso avviene molto tardi, questi uomini e queste donne che si sono frequentati hanno, per i figli, caratteristiche poco chiare e definite. “Questa persona che sta accanto a mio padre o a mia madre, che dovrei rispettare e con la quale dovrei esser gentile perché dice di volermi bene, chi è? È un amico/a? Un amante? Un fidanzato/a? Un nuovo genitore? Insomma, chi è? e cosa vuole da noi e da me in particolare?”
Può poi capitare, e capita spesso, che anche questo nuovo “amico”, “amore” o peggio, “fidanzato”, scompaia dopo poco tempo come volatilizzatosi, lasciando nei figli sconcerto e perplessità e, nel genitore che si era illuso, collera, risentimento o depressione. Sentimenti questi che inevitabilmente si riverseranno nell’animo dei minori. Per non parlare dello sconvolgimento quando i nuovi nonni, zii e cugini, dopo essere improvvisamente comparsi nella loro vita, altrettanto velocemente scompaiono nel nulla.
Quando poi la situazione si stabilizza con una convivenza o meglio ancora con un nuovo matrimonio, come accettare questo nuovo compagno? Non è facile avvertire senza acredine o profondo rifiuto, chi si inserisce dall’esterno in una relazione familiare preesistente. Istintivamente, ma anche istigati dalla madre o dal padre naturale, i figli sentono e giudicano quelle persone come degli intrusi che cercano di annettersi un ruolo che non è il loro. Pertanto i minori tendono ad esasperare sia i rimproveri, sia qualunque intervento educativo venga da esse.
I sentimenti negativi dei figliastri rischiano, inoltre, di provocare in chi li subisce delle reazioni tali da impedire al nuovo padre o alla nuova madre di assumere quell’autorità e quella responsabilità indispensabili per gestire un vero ruolo genitoriale. Ne segue l’amarezza, in questi nuovi genitori, di far di tutto per farsi voler bene ed essere, invece, ricambiati con freddezza o peggio con netta ostilità.
Alcuni minori pur di vivere accanto a due figure genitoriali stabili e che abbiano delle buone relazioni affettive accettano, anzi desiderano questi nuovi legami, ma sono costretti a subire dei notevoli sensi di colpa nei confronti dell’altro genitore naturale, in quanto temono di essere giudicati corresponsabili dell’intrusione di un’altra persona estranea nella famiglia naturale.
Anche verso il genitore che ha fatto questa scelta nascono dei conflitti e dei giudizi severi: “Anche se mia madre odia papà, perché ha bisogno di un altro uomo? Il mio amore per lei non era forse sufficiente?” D’altra parte soprattutto le matrigne, se non riescono in entrambi i ruoli: di buona madre del figlio del marito e di buona moglie, è facile che provino sentimenti negativi sia verso il bambino che verso il di lui padre.
I conflitti con i fratellastri
Se con il nuovo legame, matrimonio o convivenza che sia, si aggiungono anche altri figli di precedenti unioni, le dinamiche relazionali si complicano ulteriormente.
L’incontro di minori con diverse origini familiari, esperienze educative, patrimonio genetico e cognome, spesso è notevolmente difficile da vivere e da gestire da parte di minori già portatori di disagio psicologico, in quanto provengono da una vita familiare nella quale i conflitti, le incomprensioni, le aggressioni li hanno profondamente segnati. Il ritrovarsi improvvisamente con dei fratellastri non cercati, non desiderati, non può che accentuare le normali invidie, gelosie e rivalità tanto frequenti nei fratelli.
Come un figlio vede la sua famiglia separata
La madre di Salvatore, un ragazzo di dodici anni, aveva chiesto il nostro intervento in quanto il figlio presentava disturbi psicoaffettivi di media gravità che si manifestavano con parziale e momentaneo distacco dalla realtà, tendenza alla chiusura, distraibilità eccessiva, scarsa cura di sé, labilità emotiva, notevoli difficoltà scolastiche. Quando abbiamo chiesto a Salvatore di parlarci della sua famiglia egli l’ha descritta in questi termini:
“Papà è normale, tranquillo un po’ impulsivo: quando dobbiamo vederci la partita non avvisa la mamma ma solo me. Lui non telefona per mettersi d’accordo. A volte si arrabbia perché la mamma non è puntuale. Sto spesso dai nonni della mamma, sono simpatici. La mamma è un po’ bugiarda, dice un sacco di bugie e papà si arrabbia.
Ricordo poco di quando la mamma e papà stavano insieme.
Con mia sorella Francesca litigo, mi prende in giro e gli do botte. Canta: “Salvatore è scemoooooo!!”Mamma poi rimprovera tutti e due.
Litigo con la mamma per i compiti, per la scuola, perché l’aiutiamo poco. Ma io preparo la tavola e mia sorella non fa niente.
Con i compagni va benissimo, organizziamo le partite, non mi prendono in giro.
La convivente di mio padre mi sta un po’ antipatica, litiga sempre con papà, si arrabbia con me e difende mia sorella. Io ci vado quasi sempre da lei. Francesca quasi mai. Papà si arrabbia perché Francesca non ci va quasi mai.”
In questo racconto sulla propria famiglia con genitori separati, vi è un’efficace sintesi di quanto abbiamo descritto:
I genitori spesso continuano a litigare anche da separati (Papà è normale, tranquillo un po’ impulsivo. A volte si arrabbia perché la mamma non è puntuale. La mamma è un po’ bugiarda, dice un sacco di bugie e papà si arrabbia).
I bambini danno dei giudizi negativi su entrambi i genitori. In questo caso soprattutto sulla madre (Lui non telefona per mettersi d’accordo) ( La mamma è un po’ bugiarda, dice un sacco di bugie e papà si arrabbia).
I figli trovano un’oasi di serenità solo dai nonni e nei giochi con i compagni. (Sto spesso dai nonni della mamma, sono simpatici). (Con i compagni va benissimo, organizziamo le partite, non mi prendono in giro).
La sofferenza provata si trasforma in aggressività tra fratelli (Con mia sorella litigo, mi prende in giro e gli do botte. Canta “Salvatore è scemooooo!!)
Il bambino evidenzia poi i difficili rapporti con il genitore affidatario (Litigo con la mamma per i compiti, per la scuola, perché l’aiutiamo poco).
Non trascura di annotare il difficile rapporto del padre con la nuova convivente (litiga sempre con papà).
Infine, è evidente lo scarso amore e attaccamento verso la convivente da parte di entrambi i figli (La convivente di mio padre mi sta un po’ antipatica. Si arrabbia con me e difende mia sorella. Io ci vado quasi sempre da lei. Francesca quasi mai. Papà si arrabbia perché Francesca non ci va quasi mai).
La difficile relazione educativa
Una delle principali conseguenze è la nascita o l’aggravarsi dei problemi di tipo educativo. Affinché un rapporto pedagogico sia efficace, sono necessarie alcune qualità essenziali: la stabilità, la serenità, l’autorevolezza, un dialogo efficace, chiari ruoli, ed infine un lavoro di squadra tra tutti gli adulti e i minori interessati. Al buon esito del processo educativo partecipano non solo gli adulti ma anche l’educando, il quale deve collaborare con altrettanta disponibilità ed impegno.
Nel caso di genitori separati o peggio divorziati, spesso non vi è alcuna di queste condizioni.
Non vi è stabilità, perché le relazioni precedenti sono sconvolte dalle decisioni dei giudici e dagli accordi dei genitori, ma anche perché ognuno dei genitori è spesso impegnato a ricercare e a vivere altre amicizie, altri amori, altre passioni.
Non vi è serenità in quanto i genitori e, spesso, anche gli altri parenti e amici, sono coinvolti su come, quando e con quali armi potranno far del male alla controparte o su come, con quali mezzi e strumenti possono privare l’altro di qualcosa a cui tiene, piuttosto che su come ben educare il minore. Spesso, inoltre, le maggiori difficoltà economiche dovute all’incremento delle spese necessarie a mantenere due famiglie, nonché gli esborsi per spese legali, impegnano i genitori nella ricerca di nuove e più sostanziose entrate che permettano di vivere decentemente o almeno di sopravvivere.
Non vi è autorevolezza, in quanto con i loro comportamenti, spesso incongrui e contraddittori, l’immagine genitoriale scade agli occhi dei figli.
Non vi è collaborazione da parte dell’educando, poiché questi, investito da profonde e conflittuali dinamiche relazionali, difficilmente ha la serenità necessaria per aderire ad un processo educativo proposto da un genitore che giudica egoista, evanescente, contraddittorio, ma anche colpevole del proprio personale disagio.
Non vi è lavoro di squadra, poiché se i figli hanno deicomportamenti ansiosi, instabili, aggressivi, non trovano nei genitori inquieti una sponda capace di comprenderli, correggerli e indirizzarli adeguatamente. Spesso i due coniugi sono in concorrenza per avere rispettivamente tutto per sé l’affetto e l’attenzione dei figli. Se vi è qualche problema psicologico questo o viene negato, per evitare di essere emotivamente coinvolti o viene aggravato, in modo tale da dare all’ex coniuge la responsabilità di quanto accade: “Necessariamente Luigi si comporta così, in quanto ha un padre che l’accontenta in tutto ciò che chiede quando sta con lui.
Quando poi io, madre, devo negargli qualcosa, egli mi giudica cattiva e si ribella”. “Francesco è capriccioso poiché sua madre lo sta allevando nella bambagia, come d’altronde è stata educata anche lei dai suoi genitori”. E ancora: “Mio figlio ha questi gravi problemi psicologici perché mio marito non si trattiene e lo fa assistere alle effusioni che ha con la nuova amica”. “Questo ragazzo ha il carattere capriccioso, caparbio, egoista di suo padre”.
Poiché queste difficoltà educative si accentuano nel periodo adolescenziale, è in questo periodo che esplodono in modo più virulento i contrasti tra il genitore affidatario e i figli, specie se questo genitore è la madre, in quanto per la donna è più difficile e complessa la gestione educativa del figlio adolescente.
Inoltre manca spesso, in queste situazioni, un dialogo efficace. Questo dovrebbe essere sereno e costruttivo. Ciò è difficile che avvenga in quanto, se il bambino nei fine settimana lascia la madre affidataria per andare a casa del padre, questi, piuttosto che impegnarsi in un sano e rispettoso dialogo, costretto spesso dalla guerra interminabile con l’ex coniuge, cercherà di sapere dal bambino elementi che possono mettere in cattiva luce la madre: “Cosa fa? Con chi esce? Ti accompagna a scuola?
Lo stesso fa la madre quando il bambino, trascorsi il sabato e la domenica con il padre, ritorna da lei. “Dove siete stati? Con chi siete stati? Cosa faceva tuo padre con quella donna che sta con lui?” Prevalgono nel dialogo i motivi di sospetto, diffidenza e ricerca di comportamenti o atteggiamenti colpevoli dell’altro. Pertanto, il rapporto genitori–figli si deteriora rapidamente, e molto spesso anche definitivamente.
Nell’educazione dei bambini di genitori separati o divorziati incidono pesantemente la mancanza di linearità e di un chiaro ruolo educativo. Il genitore affidatario, o comunque il genitore con il quale il bambino resta durante tutta la settimana, che è in genere la madre, ha difficoltà ad assumere contemporaneamente il doppio ruolo di padre e di madre, maschile e femminile.
A sua volta il padre, che vede il bambino solo durante i fine settimana, non riesce ad avere con lui un ruolo autorevole di tipo paterno, per evitare che il bambino si irriti e rifiuti quel minimo di rapporto che si è instaurato tra di loro. Per tale motivo mette da parte il suo fondamentale compito per assumere una più comoda mansione di “padre - amico e complice con il quale andare allo stadio o vedere le partite alla tv”.
Inoltre, per accaparrarsi l’amore del figlio conteso, è frequente la tendenza, in entrambi gli ex coniugi, ad essere più permissivi di quanto si sarebbe voluto e si dovrebbe. Come conseguenza di ciò si ha, nei figli dei divorziati, una frequente presenza di comportamenti capricciosi ed infantili.
[1] In Italia nel 1995 si verificavano 158 separazioni e 80 divorzi ogni mille matrimoni; nel 2008, sempre in Italia si è arrivati a 286 separazioni e 179 divorzi ogni mille matrimoni (Dati Istat).
[2] Scaparro F., Bernardini I., (1987), “Come ridurre i traumi della separazione”, Famiglia Oggi, settembre – ottobre, anno X, n.29, p. 65.
[3] Per il presidente dell’AMI Gian Ettore Gassani (associazione avvocati matrimonialisti italiani) il 70% delle coppie anche dopo la separazione ed il divorzio continua a essere in conflitto e a delegittimarsi.
[4] Vico G., (1987), “Educare il bambino in una famiglia instabile”, Famiglia oggi, Anno X, Settembre–ottobre, p. 29.
[5] Scaparro F., Bernardini I., (1987), “Come ridurre i traumi della separazione”, Famiglia Oggi, settembre – ottobre, anno X, n.29, p. 66.
Conseguenze psicologiche sui figli
Le conseguenze sui figli, causate da un ambiente disgregato, sono tanto più gravi quanto più il bambino è piccolo al momento della separazione, quanto maggiore è il grado di conflittualità e quanto più le visite dell’altro genitore sono irregolari ed imprevedibili.[1] Tra le tante conseguenze si registrano nei minori:
- Disturbi psicoaffettivi.
- La perdita della stabilità, della sicurezza e della chiarezza.
- La scarsa fiducia e le maggiori difficoltà nei futuri legami affettivi ed amorosi.
- Problemi di identità e identificazione
- L’assunzione di precoci ed eccessive responsabilità.
- La perdita di stima nei confronti dei suoi genitori.
- Il rischio di promiscuità, violenze sessuali ed incesto.
1. Disturbi psicoaffettivi
I minori di famiglie separate o divorziate sono spesso colpiti da ansie, paure, sensi di colpa, depressione ed altri disturbi psicoaffettivi, dovuti alla perdita di uno dei genitori o di entrambi se questi sono immersi nel conflitto, nell’offesa o nella difesa, piuttosto che nella relazione con il bambino. La sofferenza provata può spingere i minori a dei comportamenti incongrui come quelli attuati mediante l’uso di sostanze stupefacenti o atteggiamenti asociali o antisociali. Inoltre, poiché è la famiglia il luogo privilegiato della formazione emotiva, quando la famiglia si rompe, si interrompe o si altera questo tipo di formazione.
Il confronto tra i bambini che crescono con una madre vedova, rispetto a quelli che crescono con una madre divorziata è nettamente sfavorevole per questi ultimi, nei quali vi è un maggior grado di alterazione, a livello cognitivo, emotivo e sociale.
I sensi di colpa di cui possono soffrire i figli dei separati e dei divorziati possono nascere dalla consapevolezza di non essere stati in grado di tenere uniti papà e mamma, o peggio di essere stati causa dei loro diverbi con i loro comportamenti non corretti. Altri sensi di colpa possono nascere dai giudizi negativi che essi hanno formulato in cuor loro verso uno o verso entrambi i genitori: “La mamma è una poco di buono, come dice papà. Lui, a sua volta, è uno sfaticato ed un incapace come dice la mamma”. Il bambino, inoltre, può vivere dei sensi di colpa difficilmente superabili per il riacutizzarsi di problematiche edipiche in quanto “Vedere i genitori opporsi, litigare, separarsi, può costituire la realizzazione di un desiderio fantasmatico incestuoso: togliere di mezzo uno dei genitori per poter possedere l’altro”.[2]
2. Perdita della stabilità, della sicurezza e della chiarezza
Se vi sono degli elementi di cui i bambini non possono fare a meno, questi sono la stabilità, la chiarezza e la sicurezza. Quando questi tre capisaldi mancano nell’ambiente nel quale i minori vivono, il loro sviluppo, se non regredisce, certamente si arresta o si altera. Purtroppo queste tre componenti spesso mancano nelle famiglie di separati e divorziati.
Manca la stabilità in quanto da un momento all’altro possono modificarsi le condizioni dei minori. Si può stare con la mamma tutti i giorni tranne il sabato e la domenica, ma se il giudice modifica la sentenza di separazione o di divorzio, la situazione può, da un momento all’altro, ribaltarsi. Sono necessari, allora, dei continui stressanti tentativi di adattamento: ad una nuova casa, a nuovi fratellastri, a nuovi amici e familiari, ad una nuova scuola, ad un genitore diverso, ma anche ad affrontare un diverso fidanzato/a o convivente di mamma e papà. Se poi questa nuova unione fallisce, e non è raro che ciò succeda, vi è il rischio di dover modificare ancora una volta i propri rapporti affettivi ed i propri punti di riferimento.
Manca la chiarezza e la sicurezza in quanto, a volte per anni, i genitori naturali, nella ricerca di una persona che vada bene per sé e per i propri figli, instaurano delle “storie” più o meno lunghe, più o meno profonde, con persone diverse presentate al figlio: a volte come amici, altre volte come fidanzati, altre volte ancora come conviventi o come qualcuno “che per te sarà come un nuovo papà o una nuova mamma”. Amici, fidanzati, conviventi o nuovi papà e mamma, che però, da un momento all’altro, possono ridiventare degli odiati estranei da non salutare nemmeno, in base a come evolve il rapporto amoroso.
Lo stesso dicasi con i figli di questi, con i quali il minore viene invitato a socializzare. Questi possono essere presentati come “i figli di Mario con cui giocare” o come “nuovi amichetti o nuovi fratelli e sorelle”, che però, da un momento all’altro, possono ridiventare degli estranei in base a come va avanti la relazione con la loro madre o con il loro padre. Altrettanto dicasi degli altri familiari: nonni zii, cugini ecc. Pertanto, nelle famiglie ricostruite i punti di riferimento affettivo per i figli spesso diventano vaghi, insicuri, imprecisi e altalenanti.
3. La scarsa fiducia e le maggiori difficoltà nei futuri legami affettivi e amorosi
Se da una parte la conflittualità all’interno delle coppie si traduce, inevitabilmente, in un maggior numero di separazioni e di divorzi, dall’altra le separazioni e i divorzi producono nella prole atteggiamenti di sospetto e di rifiuto verso tutti i tipi di unione stabile. Non solo, ma anche quando questo sospetto e questo rifiuto siano stati superati, nel momento in cui i figli dei divorziati decidono di unirsi stabilmente mediante il matrimonio o una convivenza, è facile che si crei una maggiore conflittualità coniugale. Il motivo è facilmente comprensibile: l’aumento della sofferenza nei figli provoca adulti più fragili, immaturi, o con chiari disturbi psichici. Questi, a sua volta, avranno più difficoltà a relazionarsi in maniera efficace e stabile, nel momento in cui decideranno di formare una famiglia.
4. Problemi di identità e di identificazione
L’identitàcaratterizza in modo inconfondibile ciascuno di noi come individuo singolo. L’identità oggettiva è data da quanto gli altri vedono in noi: non solo il nostro viso, il nostro carattere, il nostro modo di vestire ma anche la nostra collocazione familiare e sociale. L’identità soggettiva è l’insieme delle nostre caratteristiche così come noi le vediamo e le descriviamo. Per una corretta e costante identità soggettiva e oggettiva, è necessario che i punti di riferimento siano costanti e solidi; ogni alterazione o cambiamento, sia del mondo interiore come del mondo esterno la può, pertanto, mettere in discussione o alterare.
Per quanto riguarda l’identificazione, la scarsa presenza, la scomparsa o la modifica, in senso negativo, dell’immagine di uno o di entrambi i genitori, può alterare o impedire l’identificazione con il genitore dello stesso sesso. Per il maschietto: “Perché dovrei desiderare di essere come papà se la mamma lo descrive come una persona spregevole e inaffidabile, così come sono tutti gli uomini?” Per le femminucce: “Perché dovrei desiderare di essere donna come mia madre e quindi assumere le sue caratteristiche, se ha fatto soffrire il papà che amavo tanto e lo ha allontanato da me e dalla famiglia?”.
5. L’assunzione di precoci ed eccessive responsabilità
I figli dei separati e dei divorziati sono spesso costretti a farsi carico di responsabilità precoci, in quanto, il genitore rimasto solo, frequentemente non ha né il tempo, né le energie necessarie per occuparsi della cura della famiglia e dei figli. Inoltre, questo genitore solo si ritrova spesso in una precaria situazione economica ed in continuo conflitto con l’ex coniuge e con la sua famiglia. Questo genitore, rimasto privo dell’apporto affettivo e materiale della rete amicale e parentale, è costretto a barcamenarsi tra lavoro, avvocati, giudici e assistenti sociali.
Quando poi è anche invischiato in nuove impegnative relazioni amorose, non riesce a gestire in maniera piena, efficace e serena il rapporto con i figli, per cui avverte il bisogno d’appoggiarsi all’affetto e al consiglio di questi, per far fronte ad un futuro incerto ed oscuro. Questo bisogno di far partecipi i figli delle responsabilità della famiglia, lo spinge a trattarli come avessero una maturità e delle capacità superiori alla loro età, ma anche come fossero dei sostituti dell’ex coniuge. Ciò spinge i minori ad assumere dei ruoli non propri e non adeguati alla loro età e maturità[3].
Questo comportamento non stimola affatto la crescita e lo sviluppo dei figli, come spesso viene affermato, in quanto, come dice Lidz:[4]
“I genitori possono, anzi devono, dipendere l’uno dall’altro, ma non dal bambino – ancora immaturo – che ha bisogno della sicurezza derivante dal suo stato di dipendenza per dedicare ogni energia al proprio sviluppo. Tale sviluppo può arrestarsi se il fanciullo deve sostenere emotivamente i genitori, quando invece è proprio da loro che deve ricevere sicurezza”.
6. La perdita di stima nei confronti dei loro genitori
Abbiamo detto che spesso i figli sono usati dai genitori come strumento di offesa, spionaggio, scambio e ricatto. Questi comportamenti fanno scemare o perdere totalmente nei piccoli la stima verso i genitori, che non sono più percepiti come adulti responsabili, forti, equilibrati, fonte di sicurezza, serenità e amore ma, al contrario, come individui irresponsabili, deboli, scarsamente stabili, dai quali è possibile attendersi solo ansie, problemi e frustrazioni.
L’immagine che il bambino ha dei genitori è quella che questi ultimi trasmettono loro direttamente o indirettamente. Quando una madre parla male del marito, inevitabilmente trasmette ai figli un’immagine negativa del padre. Se poi le sue osservazioni riguardano gli uomini in generale, riesce a comunicare anche un’immagine negativa del sesso maschile. A sua volta però, il bambino avrà difficoltà a stimare se stesso in quanto, come dice Wolff [5]: “…noi stessi siamo i nostri genitori, la stima e la fiducia in noi stessi dipendono dalla nostra capacità di pensar bene dei nostri genitori nell’infanzia”.
7. Il rischio di promiscuità, violenze sessuali ed incesto
Uno dei rischi più gravi, ma per fortuna non frequente, è il rischio di comportamenti promiscui, nonché di violenze sessuali o incesti all’interno delle famiglie ricostruite. Questi rischi sono dovuti alla compresenza di persone non legate da vincoli di sangue, che possono, tra l’altro facilmente già presentare, sintomi di disagio o chiari disturbi psicologici.
La limitazione dei danni nei casi di separazione o divorzio
Elenchiamo adesso alcuni accorgimenti che sarebbe bene attuare nelle situazioni di separazione o divorzio, al fine di limitare e attenuare i danni psicologici dei minori:
- diminuire al massimo i motivi del contendere, anche mediante l’utilizzo della figura del mediatore familiare;
- mettere in primo piano il benessere proprio e quello dei figli, piuttosto che ricercare, con mille espedienti legali e psicologici, l’acre e velenoso piacere della vendetta;
- riflettere sulla legge fisica per cui “ad ogni azione segue una reazione uguale e contraria di pari intensità”, per cui ogni male fatto all’altro coniuge, piccolo o grande che sia, prima o poi provocherà del male rivolto a se stessi. Così come ogni atteggiamento di rispetto, amicizia e di civile disponibilità verso l’altro, è facile che, prima o poi, sia ricambiato con altrettanti comportamenti rispettosi ed amichevoli;
- evitare atteggiamenti e comportamenti chiaramente o subdolamente provocatori. Lo scopo non è, o non dovrebbe essere, quello di far soffrire l’altro, ma di convivere pacificamente, rispettandosi, anche se non si vive nella stessa casa;
- non parlare male dell'altro coniuge in presenza dei figli, ma, al contrario, sottolineare davanti a loro tutti i lati positivi dell’ex coniuge, in modo tale che non avvertano nelle parole e nelle azioni odio, rancore, desiderio di ripicca o vendetta ;
- mai cercare l’amore del figlio a scapito dell’affetto che questi nutre verso l’altro coniuge. Evitare quindi di inviare ai figli messaggi di questo tenore: “Se mi vuoi bene, se vuoi essere un buon figlio, dovresti giudicare quanto peggio possibile tua madre/tuo padre”;
- poiché il bambino non è un oggetto da possedere perché se ne ha diritto o da non cedere per gli stessi motivi, ma una persona da aiutare a crescere con delicatezza, amore, tenerezza e giusto criterio, è bene favorire e non ostacolare in alcun modo il rapporto di questi con l'altro coniuge. Ciò in quanto, per una buona crescita affettiva, ogni bambino ha bisogno di entrambi i genitori. Per ottenere questo risultato è importante che la madre o comunque il genitore affidatario, prepari gli incontri con l’altro genitore, mediante atteggiamenti di gioia, sottolineando, così come abbiamo detto prima, gli aspetti positivi dell’ex coniuge. Questi, a sua volta, dovrebbe riuscire ad inserirsi con delicatezza e serenità in un dialogo educativo con il bambino, cosicché l’autorevolezza si unisca ai giochi, ai sorrisi e alle affettuose dimostrazioni di affetto;
- nel caso in cui i genitori riescano a non essere palesemente ostili l’uno nei confronti dell’altro, sarebbe, inoltre, molto importante permettere al bambino di vivere con entrambi i genitori molte occasioni di festa: come i compleanni, gli onomastici, il Natale, la Pasqua e altre importanti occasioni;
- poiché i figli non sono delle spie al servizio dei genitori, non si dovrebbero mai utilizzare questi per conoscere cosa fa, con chi esce, quali sono le cattive abitudini e quanto guadagna l’altro, in modo tale da fornire al proprio avvocato nuove e più efficaci armi legali contro l’ex coniuge;
- giacché i nuovi legami amorosi sono spesso vissuti dai figli con sconcerto ed irritazione, se non proprio con rabbia e collera, è bene che siano portati alla sua conoscenza con notevole gradualità, responsabilità e delicatezza. Pertanto, fino a quando non sia stato programmato un secondo matrimonio o una stabile convivenza, queste nuove amicizie o questi nuovi amori dovrebbero essere vissuti dai genitori separati in modo molto discreto e personale, evitando precoci coinvolgimenti della prole;
- per quanto riguarda poi la frequenza con i nuovi fratellastri, anche ciò dovrebbe avvenire solo quando il nuovo matrimonio o la nuova stabile convivenza è alle porte e non prima. Ciò per evitare precoci, inutili e dannosi coinvolgimenti;
- giacché nei confronti dei familiari dell’ex coniuge: nonni, zii, cugini, il bambino può aver instaurato dei profondi e intensi legami affettivi è importante che anche dopo la separazione questi legami continuino ad essere protetti e valorizzati.
Tratto dal libro di Emidio Tribulato "Il bambino e l'ambiente"
A
[1] De Ajuriaguerra J., Marcelli D., (1986), Psicopatologia del bambino, Milano, Masson Italia Editori, p. 374.
[2] De Ajuriaguerra J., Marcelli D., (1986), Psicopatologia del bambino, Milano, Masson Italia Editori, p. 373.
[3] Lombardo, P., (1994), Crescere per educare, Verona, Edizioni dell’aurora, pp. 94-95.
[4] Lidz T., (1977), Famiglia e problemi di adattamento, Torino, Editore Boringhieri, p. 71.
[5] Wolff S., (1969), Paure e conflitti nell’infanzia, Roma, Armando - Armando Editore, p. 137.
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