Ambiente esterno e ambiente interno

Ambiente esterno e ambiente interno

 

Attorno a noi ma anche dentro di noi vive e si agita un mondo complesso e articolato: l’ambiente.

Chiamiamo ambiente interno quel mondo interiore fatto di carne e sangue, di ormoni e geni, di cellule e apparati, ma anche di pensieri e sogni, di speranze e delusioni, di momenti di serenità e inquietudine, di gioie e angosce, di amori e odi, di sentimenti accoglienti o rabbiosi, di conflitti e desideri.

Definiamo ambiente esterno il mondo su cui ci muoviamo e interagiamo. Questo, com’è facile comprendere, è costituito soprattutto di persone. Alcune di queste sono molto vicine al nostro cuore e quindi fondamentali per la nostra vita, la nostra crescita o la nostra stessa sopravvivenza. È da queste persone che ricaviamo buona parte della nostra gioia e serenità interiore; è da queste persone che traiamo la nostra forza, il nostro equilibrio, la nostra maturità. Ma è anche dall’incontro con queste donne e questi uomini che derivano molte delle nostre tristezze, sofferenze e angosce.

 

Queste persone possono essere per noi importanti e fondamentali, come i genitori, i fratelli, i familiari, gli amici, con i quali condividiamo i pensieri più intimi, le gioie più profonde, i dolori più laceranti ma non sono affatto da sottovalutare tutti gli altri esseri umani con i quali, in qualche modo, siamo in contatto durante il giorno. Anche quelli, quindi, con i quali scambiamo solo un freddo saluto o un garbato “buongiorno”. Anche questi, sebbene in modo molto minore, sono importanti per il nostro benessere o malessere psicofisico.

Molte di queste persone non sono da noi scelte: non sono scelti i genitori e tutti i familiari con i quali si è instaurato un legame di sangue o di appartenenza; non sono scelti gli insegnanti, i compagni di scuola o di sport, così come non sono scelti i colleghi di lavoro o di studio.

In alcuni casi, invece, abbiamo la possibilità e la fortuna di selezionare noi, con cura, le persone con cui rapportarci. Scegliamo gli amici più cari con i quali condividere parte della nostra vita. Scegliamo gli amori più importanti e profondi con i quali vivere duraturi sentimenti teneri e caldi o anche dei progetti importanti.

Per quanto riguarda la frequenza, con alcuni abbiamo dei rapporti quasi quotidiani, con altri i contatti sono più sporadici, con altri ancora i rapporti sono rari. Quando le relazioni sono frequenti e intime, accettiamo più facilmente le frustrazioni che da queste persone possono venire, giacché sono compensate dalle gioie e dalle gratificazioni che abbiamo avuto o che speriamo di avere in contraccambio. Siamo, invece, più sensibili e reattivi nei confronti delle persone sconosciute o da poco conosciute. Da queste ci attendiamo almeno un rispetto formale.

Variano anche i sentimenti che proviamo o che scambiamo. Con alcuni esseri umani scambiamo amore, con altri risentimento e odio, con altri desideri e passioni, mentre alcuni ci sono in parte o in tutto indifferenti.

Persone sono, anche quelle che ascoltiamo e vediamo alla radio, alla TV, mediante il computer su Internet. Persone sono quelle che ci hanno preceduto e che hanno lasciato con i loro scritti e con le loro parole, pensieri, storie, fantasie, riflessioni, opinioni. Persone sono quelle che con le varie arti: musica, pittura, scultura, architettura, comunicano a noi, anche dopo secoli e millenni, bellezza, armonia, piacere, gioia, ma anche malinconia, angoscia e tristezza. Tutti questi esseri umani, anche se non li abbiamo mai conosciuti direttamente o sono morti da migliaia di anni, hanno lo stesso la capacità di commuoverci, divertirci, istruirci e farci apprendere verità fondamentali. Anche questi esseri umani hanno il potere di farci crescere, renderci più sereni e forti o, al contrario, nonostante il trascorrere del tempo, hanno ancora il potere di turbarci, affliggerci; hanno il potere di farci, in definitiva, del male.

Ma l’ambiente esterno non è fatto solo di esseri umani. Gli animali, le piante e anche gli oggetti e l’ambiente fisico nel suo complesso, possono contribuire molto sia al nostro benessere sia al nostro malessere psicologico.

Ad esempio, non è indifferente il tipo di casa che ci accoglie. Così com’è piacevole entrare e vivere in una casa soleggiata, pulita, ordinata, calda, ampia e solida, al contrario è sicuramente sgradevole condurre la propria esistenza in una casa umida, fredda, sporca, buia o diroccata.

Non è indifferente vivere accanto a strade asfaltate nelle quali corrono auto rombanti e camion puzzolenti oppure avere la possibilità di abitare in un parco verde e tranquillo o in una campagna odorosa, così da godere della ricchezza, della bellezza, dei profumi e dei colori della natura.

Persone, animali, piante, oggetti, ambienti naturali, tutti sono fondamentali per la nostra vita fisica e psichica in quanto tutti sono in grado, anche se in modo diverso, di migliorare o peggiorare il nostro mondo interiore e quindi sono capaci di creare e promuovere il nostro benessere oppure di spingerci verso il malessere.

Dei due ambienti: quello interno e quello esterno, sappiamo che l’uno condiziona l’altro, l’uno è legato all’altro, l’uno è capace di essere modificato in senso positivo o negativo dall’altro.

Sofferenza o gioia possono nascere dalla nostra costituzione genetica (patrimonio di base di natura genetica), [1] dai disordini biochimici e ormonali o dalle malattie che ci possono colpire in qualunque momento della nostra vita. Allo stesso modo però, sofferenza e gioia possono nascere dal rapporto positivo o negativo, facile o difficile, normale o disturbato, caldo o freddo, intenso o raro che abbiamo avuto e che abbiamo ogni giorno con il mondo esterno a noi, con il quale ci relazioniamo.

Per AJURIAGUERRA ‹‹Non esiste sviluppo comprensibile al di fuori del suo ambiente.››[2] FREUD ribadì con forza l'evidenza che le radici della nostra vita emotiva risiedono nell'infanzia e soprattutto nella prima infanzia. Ma anche BOWLBY afferma: ‹‹Il punto di vista che sostengo, come si potrà notare, si basa sulla convinzione che gran parte dei disturbi psichici e dell'infelicità siano dovuti ad influenze ambientali su cui siamo in grado di intervenire e che possiamo modificare.››[3] E ancora lo stesso autore: ‹‹L’esperienza clinica e una lettura delle prove lascia pochi dubbi sulla veridicità dell’affermazione che molti disturbi psichici siano il risultato di un lutto patologico o che tali disturbi comprendano molti casi di stati d’angoscia, di depressione ed isteria, e più di un tipo di disturbi del carattere.››[4]

Per ACKERMAN ‹‹L’eredità fissa dei limiti al potenziale sviluppo della personalità, ma a darle una forma concreta è l’esperienza sociale.››[5]

Pertanto, tutto e tutti possono provocare delusioni cocenti, conflitti laceranti, angosce opprimenti; come, per fortuna, tutto e tutti possono essere apportatori di serenità e gioia, piacere e benessere, calore e apertura.

Nonostante queste conoscenze siano ben note fin dall'antichità, ciclicamente, nei vari periodi storici e nelle diverse società, l’accento viene posto a volte su una causa, a volte su un’altra. In alcune epoche ed in alcune culture è sottolineato il ruolo dell’ambiente interno, mentre in altre epoche ed in altre culture viene prevalentemente proposta all’attenzione l’influenza dell’ambiente esterno. A volte si evidenziano soprattutto le influenze legate al nostro patrimonio genetico, altre volte sono le malattie causate da microbi, virus e batteri ad essere in primo piano. In altri periodi storici ed in altre culture si pone l’accento sulle patologie legate ad una alterazione dell’assetto ormonale o biochimico, in altre per quelle dipendenti dalle condizioni economiche e sociali.

Non vi è dubbio che delle molteplici realtà che accompagnano e si attivano in senso positivo o negativo sulla formazione del benessere o malessere dell'essere umano negli ultimi decenni gli elementi genetici siano stati ampiamente sopravvalutati a scapito delle componenti sociali, ambientali e relazionali.

 

Continuamente l'opinione pubblica viene informata della scoperta di un nuovo gene che avrebbe una marcata influenza su questa o quella malattia, su questo o quel disturbo o comportamento abnorme o eccessivo. Ciò ha sviluppato nella mentalità comune la falsa opinione che buona parte delle malattie e dei disagi di tipo psicologico di cui soffriamo noi adulti ma anche i nostri figli come le nevrosi, le dipendenze, l'autismo, l'instabilità psicomotoria, i disturbi del carattere o del comportamento, le psicosi depressive e quelle dissociative, l'omosessualità ecc., siano su base genetica e, pertanto, incurabili fino a quando gli studiosi non siano riusciti a modificare i geni interessati, così da curare i nuclei e le aree cerebrali geneticamente alterate. La fiducia e le aspettative poste in queste ricerche da parte di un’opinione pubblica poco informata, diventano enormi e incongrue, perché è da questi studiosi, dai farmaci o dalle tecniche da loro prodotti e non dai nostri comportamenti personali, di gruppo e sociali che si attende la o le soluzioni dei tanti gravi problemi che ci assillano.

Ciò mette in scarsa luce e svilisce quanto constatato e studiato dagli illustri studiosi dell’animo umano.

Per AJURIAGUERRA ‹‹Senza alcun dubbio esistono dei pattern caratteristici di ogni specie, trasmessi per via ereditaria, che si manifestano sotto forme equivalenti in un insieme di individui della stessa specie. Ma i pattern possono essere attivati dall’ambiente, dagli stimoli tattili, visivi, uditivi, etc., (disinnesti sociali) - o modificati per l’assenza o per l’azione qualitativamente o quantitativamente inadeguata degli apporti dell’ambiente.››[6]

Per ISAACS ‹‹Possiamo affermare che, in genere, quanto più i piccoli di una determinata specie animale hanno bisogno di assistenza e quanto più a lungo rimangono dipendenti dai genitori, tanto più sono dotati di intelligenza e di spirito di adattamento, tanto meno vivono seguendo le regole fissate dalle leggi dell’ereditarietà e dalla genetica.››[7] Per OSTERRIETH ‹‹In breve, qualunque sia l'importanza e il peso dei fattori ereditari, l'uomo non è condizionato soltanto da questi: lo è altrettanto dalle condizioni in cui vive e in cui il suo sviluppo è avvenuto.››[8]

E ancora lo stesso autore: ‹‹Si può senz'altro affermare che le circostanze della vita e le esperienze dell'individuo determinano in larga misura il modo in cui la sua struttura ereditaria troverà espressione.››[9] E ancora: ‹‹Si sottovaluta che il più delle volte si trasmettono non malattie ma predisposizioni verso certe malattie piuttosto che altre. Si trasmette una maggiore o minore sensibilità ai traumi psichici piuttosto che disturbi o malattie psichiche. Anche perché perfino nei gemelli veri non vi è un uniforme comportamento per cui parecchie attitudini e tratti del carattere si trovano nell'individuo in quanto sono stati incoraggiati dall'ambiente, mentre altri sono stati costantemente inibiti.››[10] 

e WINNICOTT: ‹‹Al giorno d’oggi parliamo molto spesso di bambini disadattati: ma i bambini disadattati sono tali perché il mondo non è riuscito ad adattarsi correttamente a loro all’inizio e durante i primi tempi.››[11]

Se un bambino è sereno e sicuro oppure infelice e non in armonia con la società, dipende in gran parte dall’adeguatezza o meno delle prime cure che ha ricevuto.[12] E ancora WOLFF: ‹‹Le esperienze dell’infanzia non vanno perdute. Quando esse sono positive, l’individuo raggiunge la maturità conservando intatte le sue potenzialità riguardo ai rapporti umani, al lavoro, alla felicità. Egli risponde all’ambiente in modo realistico e sa adattarsi al mutare delle circostanze. Quando le esperienze infantili lo stressano in modo schiacciante, si ha un arresto dello sviluppo della personalità e può essere messo in movimento uno schema di comportamento disadattato, che si ripeterà per tutta la vita. Esso, come un destino malvagio, impedisce per sempre all’individuo di realizzare appieno le sue potenzialità nella vita adulta.[13] Arresto nello sviluppo non significa, però, che da quel momento tutto diverrà statico ma che vi sarà una deviazione della personalità con un ritardo nelle manifestazioni di cambiamento che caratterizzano il corso normale dello sviluppo di un minore.››

Sempre lo stesso autore ‹‹Certe circostanze possono essere dannose per i bambini, non per ciò che esse procurano, ma per ciò che non procurano: esse possono privare i bambini di essenziali esperienze di apprendimento.››[14]

Purtroppo però nell’attesa che le ricerche genetiche diano i loro frutti, si trascurano, sia nell'ambito della prevenzione, sia nell’ambito degli interventi terapeutici lo studio degli aspetti ambientali e relazionali. Per cui, come ben dice OSTERRIETH,  ‹‹La nozione fatalistica di ereditarietà incoraggia facilmente ad astenersi da ogni sforzo di educazione e da ogni tentativo per modificare l'ambiente nel quale il bambino cresce; essa costituisce, come ha detto qualcuno, un imponente guanciale di pigrizia pedagogica.››[15]

 

Questo atteggiamento spinge a considerare molte malattie psichiche come malattie croniche da fronteggiare soprattutto con gli psicofarmaci o con terapie abilitative e riabilitative fino a quando un improbabile, futuro intervento genetico potrà affrontarle ed eliminarle. Nel contempo siamo tutti assolti. Sono assolti i genitori che trascurano i loro figli e li costringono, con i loro incongrui ed egoistici comportamenti, ad innumerevoli sofferenze. Sono assolti i politici e gli amministratori che possono impunemente utilizzare i soldi pubblici ed indirizzare buona parte delle risorse per migliorare il benessere economico o peggio per costruire sempre più strumenti di guerra, trascurando il benessere sociale, quello familiare e di coppia e, quindi, l'ambiente di vita del bambino, come del giovane, dell'adulto o dell'anziano. Sono assolti i servizi presenti sul territorio, ai quali non si chiede l’efficacia dei loro interventi ma soltanto la quantità delle visite effettuate.

Inutile dire che è un messaggio sostanzialmente falso e fuorviante in quanto, se l'umanità ha sempre compreso e accettato la presenza della componente genetica nello sviluppo umano, nel contempo si è sempre attivata a che le componenti ambientali fossero le migliori possibili, al fine di evitare l'insorgenza o l’aggravarsi delle malattie del corpo e della psiche. Ed è proprio in queste ultime che prevalgono nettamente le componenti affettivo – relazionali e quindi prevalgono la comunicazione, il dialogo e lo scambio emotivo.

Altrettanto falso e fuorviante ci appare l'assunto per il quale nelle malattie prevalentemente o esclusivamente genetiche o organiche la disabilità che ne consegue porti automaticamente alla sofferenza del soggetto interessato e della sua famiglia, mentre è ampiamente dimostrato che la disabilità genetica od organica è solo una delle componenti che interagiscono su un substrato molto più complesso e variegato. Pertanto, così come la perfezione fisica non porta necessariamente gioia, equilibrio e serenità interiore, non è scontato che la disabilità si accompagni sempre a persone e famiglie infelici, tristi e angosciate. 

 

 Influenza dell’ambiente

 

Se un seme che porta in  sé, nei suoi geni, un progetto di vita che può essere quello di un grande maestoso albero, nei primi giorni della sua esistenza sarà circondato da un caldo, umido, leggero humus che, come un nido lo avvolgerà, lo riscalderà, lo aiuterà a germogliare e lo nutrirà sufficientemente e se poi nei riguardi di questo germoglio, gli insetti, gli animali ma anche le persone che lo circonderanno saranno benevoli e gli daranno ciò che gli serve per crescere, possiamo ben sperare che da questa piccola vita, quasi solo un progetto, si sviluppi una robusta piantina che avrà maggiori capacità nell’affrontare le insidie dell’ambiente. Ma se al contrario, un seme che porta lo stesso patrimonio genetico è circondato da un ambiente ostile come quello dato da una scarsa umidità, da un freddo intenso o da eccessivo calore, mentre nel contempo gli animali o gli esseri umani attorno a lui, piuttosto che a proteggerlo saranno intenti a schiacciarlo e calpestarlo, il risultato sarà sicuramente lesivo per quel seme tanto che quella speranza di vita cesserà di esistere.

 

Ma l’ambiente interviene anche quando il seme si è trasformato in alberello. Infatti, quando nella foresta la sua piccola tenera cima svetterà insieme a quelle degli altri alberi, se gli insetti, i vermi e gli animali grandi o piccoli che vivono e prosperano attorno a questo alberello saranno pronti ad accoglierlo e a scambiare elementi di vita, le possibilità che cresca alto, rigoglioso e forte, così da dare, a tempo giusto, i suoi fiori ed i suoi frutti, aumenteranno sensibilmente. Al contrario, se l’ambiente che lo circonderà sarà portatore di ferite laceranti o di traumi eccessivi non è difficile che prevarranno, insieme alla sofferenza, elementi di malattia, di deformità, se non di morte, qualunque sia il suo patrimonio genetico.

In ogni caso, però, quest’essere vivente ha già subìto, nel bene o nel male, le modifiche dell’ambiente attorno a lui, ma anch’egli ha contribuito a modificare, con la sua presenza, l’ambiente che lo circonda.

Pertantonell’ambito degli esseri viventi, ma anche in quello degli oggetti dell’ambiente fisico, l’influenza reciproca è la regola e non l’eccezione.

 Il tempo e l’ambiente

Nei riguardi degli esseri viventi lo scambio con l’ambiente non è sempre costantemente favorevole o sfavorevole. Questo scambio può essere in certi periodi ed in certi momenti positivo, mentre in altri periodi ed in altri momenti può risultare negativo. Se, però, l’elemento sfavorevole agisce quando l’essere vivente è piccolo e fragile, le conseguenze negative non potranno che essere ben più gravi che non quando le stesse condizioni lesive o negative agiranno quando l’essere vivente è già grande e robusto.

Vi è un’ulteriore componente legata al tempo.

Il contadino sa che vi è un periodo adatto alla semina, per cui, per essere certo di non sbagliare, guarda e si attiene al calendario ed è attento alle fasi lunari. Lo stesso contadino sa anche che vi è un tempo adatto a concimare, un tempo adatto alle potature e un tempo nel quale le piantine vanno ben protette per evitare che i venti e le tempeste impetuose li sradichino o rompano i loro teneri rami. Ed infine sa che vi è un tempo nel quale raccogliere i frutti maturi.

Come tutti gli esseri viventi anche gli esseri umani hanno dei tempi biologici che non possono essere misconosciuti o trascurati. Non è indifferente il periodo della propria vita nel quale mettere al mondo un figlio, come non sono indifferenti il tipo di cure, protezioni ed atteggiamenti e comportamenti educativi che bisogna dare nel modo opportuno e durante le varie fasi della sua crescita.

Tratto dal libro di Emidio Tribulato "Il bambino e l'ambiente" -(Volume unico)

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[1]  J, DE, AJURIAGUERRA, Manuale di psichiatria del bambino, Masson, Milano, 1993, p. 11.

[2]  J. DE, AJURIAGUERRA, Manuale di psichiatria del bambino, Masson, Milano, 1993, p. 116.

[3] J. BOWLBY, Costruzione e rottura dei legami affettivi, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1982, p. 22

[4]  J. BOWLBY, Costruzione e rottura dei legami affettivi, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1982, p. 61.

[5]  N.W. ACKERMAN, Psicodinamica della vita familiare, Boringhieri, Torino, p. 69.

[6]  J. DE, AJURIAGUERRA, Manuale di psichiatria del bambino, Masson, Milano, 1993, p. 116.

[7]  S. ISAACS, La psicologia del bambino dalla nascita ai sei anni - Figli e genitori, Roma, Newton, 1995, p. 20

[8]  P. A. OSTERRIETH, Introduzione alla psicologia del bambino, Firenze, Giunti e Barbera, 1965, p. 19.

[9]  P. A. OSTERRIETH, Introduzione alla psicologia del bambino, Firenze, Giunti e Barbera, 1965, p. 19

[10]  P. A. OSTERRIETH, Introduzione alla psicologia del bambino, Giunti e Barbera, Firenze, 1965, p. 18

[11]  D. W. WINNICOTT, Il bambino e la famiglia, Giunti e Barbera, Firenze, 1973, p. 130.

[12]  Cfr. J. BOWLBY, Costruzione e rottura dei legami affettivi, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1982, p. 2.

[13] S. Wolff, Paure e conflitti nell’infanzia, Armando Armando Editore,1970, Roma, p. 9.

[14] S. Wolff, Paure e conflitti nell’infanzia, Armando Armando Editore,1970, Roma, p. 10.

[15]  P. A. OSTERRIETH, Introduzione alla psicologia del bambino, Firenze, Giunti e Barbera, 1965, p. 10

 

 

 

 

 

 

 

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