Quale influenza ha la vita psichica dell’individuo sulla nascita dei sentimenti e dei comportamenti aggressivi e violenti?
Poiché come dice Dacquino (1994, p. 309): “La pace è un sintomo, cioè la conseguenza esterna di un armonioso stato psichico interno”, dobbiamo necessariamente approfondire che cosa sia e come questo “armonioso stato psichico” viene a essere turbato e a volte sconvolto.
La reazione psicogena
La causa più semplice e immediata, capace di alterare e turbare il normale equilibrio psichico è la reazione psicogena. Questa si attiva quando uno stimolo ambientale negativo, che contiene un’intensa carica affettiva e un profondo coinvolgimento emotivo, come possono essere un’aggressione fisica, un commento crudele, un insulto offensivo, una critica feroce o peggio, un tradimento scoperto, si abbatte in maniera improvvisa e ingiusta su una persona. In questi casi la reazione di aggressività e collera che ne consegue è spesso immediata, intensa, coinvolgente, poiché manca o è molto scarso il freno dato dal giudizio o dalla riflessione razionale[1]. Le conseguenze delle reazioni psicogene possono essere anche molto gravi, proprio perché impetuose e scarsamente controllate e controllabili. Tuttavia, quando si riesce a gestirle adeguatamente, sia la collera sia l’aggressività sono di breve durata e scompaiono rapidamente.
Questo tipo di reazioni sono frequenti nei bambini. In questi con facilità si scatenano rabbia e collera ogni volta che i loro genitori o gli altri adulti, in maniera maldestra e inopportuna, interrompono un loro gioco o li costringono ad adempiere, senza un’adeguata preparazione, un determinato compito. In questi casi si scatena in loro una reazione emotiva fatta di rabbia e collera che, per fortuna, dopo poco tempo sfuma, cosicché tra i piccoli e i loro genitori si ristabilisce un’affettuosa, tenera pace. Questo tipo di reazioni è frequente anche negli adulti, quando non riescono a controllare parole e frasi con le quali si rivolgono ai loro partner o quando è messa in crisi in modo grossolano la fiducia riposta nell’altro, soprattutto nel campo della fedeltà e della coerenza.
Lo stress
Diversa è la condizione quando sull’individuo agiscono situazioni stressanti. In questi casi la reazione emozionale, che può essere anche di tipo aggressivo, è provocata da una serie di stimoli esterni che mettono in moto risposte fisiologiche e psicologiche di natura adattativa. Gli stimoli stressanti possono essere di vario tipo, ma di solito gli stress sono di origine ambientale, solo occasionalmente sono il risultato d’impedimenti costituzionali non riconosciuti[2].
Gli stress possono derivare da eventi fisici, psicologici e sociali.
Gli stress fisici possono riguardare, ad esempio, gli eccessivi sforzi muscolari, il freddo, il caldo, l’impegno eccessivo, la stanchezza, la mancanza di alimentazione regolare, la fame o la sete.
Gli stress psicologici sono di solito causati da intensi o frequenti stimoli emozionali[3]. Ad esempio, il dover affrontare con difficoltà e pena, giorno dopo giorno, le richieste delle persone che vivono accanto a noi, come datori di lavoro o capi ufficio eccessivamente esigenti, che non tengono conto della resistenza alla stanchezza dei loro sottoposti. In altri casi questi stress nascono quando si è costretti a confrontarsi con colleghi di lavoro poco disponibili e accettanti o quando vi è la necessità di affrontare e risolvere situazioni familiari eccessivamente difficili, penose e conflittuali: malattie, lutti, comportamenti inopportuni da parte dei figli o del coniuge e così via.
Stress sociali. Questi stress si attivano quando si è costretti a scontrarsi con situazioni particolarmente complesse, caratterizzate da difficoltà interpersonali, sociali, individuali: un improvviso licenziamento, la riduzione dello stipendio, la necessità di affrontare degli impegni economici notevolmente onerosi e così via[4].
Uno stress può essere ben retto e gestito, quando non è troppo frequente, non è eccessivamente intenso, ma anche quando la persona che lo vive è abbastanza forte, solida e matura, per riuscire a sopportarlo. Quando gli sforzi del soggetto falliscono, perché lo stress supera le capacità di risposta, l’individuo è sottoposto ad una vulnerabilità nei confronti delle malattie fisiche e psichiche.[5]
Spesso gli stress eccessivi subìti durante l’infanzia, si ripercuotono anche nell’età adulta. A questo riguardo possono essere importanti i precoci stimoli ambientali negativi: come la separazione precoce del bambino dai genitori; l’aver dovuto subire frequenti e gravi episodi conflittuali all’interno della famiglia; la depressione o l’ansia genitoriale; il cattivo rapporto con alcuni insegnanti o con dei coetanei. Questi e altri vissuti difficili e conflittuali sono in grado di alterare in senso negativo la sensibilità dell’individuo quando questi è costretto ad affrontare altri stimoli stressanti durante l’età adulta. Pertanto in epoche e momenti successivi, anche stimoli molto modesti e banali possono causare una notevole tensione e ansia interiore.
La gravità del danno procurato dagli stress eccessivi, è in rapporto all’età, alla frequenza e alla situazione psicologica precedente l’impatto stressante. Pertanto, più piccolo è il bambino, minori saranno le possibilità di ben gestire i fattori stressanti [6]; maggiore è la frequenza e la durata dell’elemento stressante, più grave sarà il danno provocato nella psiche del soggetto. Inoltre se l’individuo è psicologicamente sano e robusto, più facilmente riuscirà a far fronte agli stress. Al contrario, se la persona è fragile e disturbata, più facilmente resterà vittima delle situazioni stressanti[7].
Per tali motivi uno stress lieve, su una persona che ha l’età, la maturità e la robustezza psicologica sufficiente per affrontarlo e sopportarlo, produce scarse conseguenze negative o addirittura può offrire effetti positivi, come una maggiore gratificazione personale, dovuta al piacere di affrontare con buoni risultati, un cammino impervio e difficile. Se invece la situazione stressante si ripete frequentemente, è troppo intensa, o agisce su un soggetto già provato da stress precoci ed eccessivi, l’individuo, nonostante la sua buona volontà e tutti i tentativi utilizzati per ben affrontare la richiesta, non riuscendo nell’intento sarà costretto a cedere e subire gli effetti negativi dello stress, con pesanti ripercussioni sul piano fisico e psicologico [8].
Per tali motivi quando i livelli di pressione psicologica sono notevolmente elevati, le persone che riescono a resistere senza cedere sono molto poche.
Questo tipo di stress con effetti negativi è definito distress.
Il distress prolungato nel tempo produce disturbi organici, come l’incremento del ritmo cardiaco, l’aumento della pressione arteriosa e del ritmo respiratorio, il deficit del sistema immunitario, la diminuzione delle capacità di ragionamento e quindi una maggiore difficoltà ad affrontare i problemi che di volta in volta si presentano al soggetto. Il distress produce inoltre effetti psicologici negativi, come una maggiore facilità alla stanchezza, alla depressione, la tendenza all’irritabilità e alla reattività, mentre saranno compromesse la memoria e la percezione della realtà esterna all’individuo[9].
La frustrazione
Questa viene definita da Galimberti [10] come una situazione interna o esterna che non consente di conseguire un soddisfacimento o di raggiungere uno scopo. Proviamo quindi questo sentimento quando un'attesa risulta vana, quando qualcosa o qualcuno ci delude. L'attesa e la delusione, possono riguardare un atteggiamento, un comportamento, una risposta a un nostro bisogno che abbiamo immaginata e pregustata ma non siamo riusciti ad ottenere. Si prova frustrazione anche quando ciò che abbiamo immaginato si è attuato, ma non è riuscito a soddisfare il nostro desiderio e le nostre aspettative più profonde e vere.
Il non raggiungimento di uno scopo e il non soddisfacimento sono in relazione non solo alle carenze presenti nel nostro ambiente di vita, ma anche alle problematiche psichiche presenti nella nostra personalità, ad esempio, quando è attivo in noi un Super - Io troppo esigente che non ci permette di ottenere un soddisfacimento da quello che facciamo, poiché lo ritiene ingiusto o riprovevole.
La reazione alle frustrazioni dipende molto dalle esperienze del passato. Ad esempio, un bambino che sia sistematicamente criticato e svalutato dai genitori, più facilmente da adulto potrà dare risposte aggressive, giacché crescerà ipersensibile alle critiche e alle umiliazioni. Al contrario, chi ha avuto un buon rapporto con i genitori e si sente da loro costantemente sostenuto e gratificato, tenderà a valutare positivamente e ad avere fiducia nei comportamenti delle persone con le quali si relazionerà durante la sua vita. L’ambiente familiare ha, dunque, un ruolo importante nelle percezioni e nel controllo delle emozioni, in particolare dell’aggressività[11].
Le motivazioni che portano alla frustrazione possono essere di vario tipo:
- Motivazioni economiche. Ad esempio, un soggetto adulto sicuramente proverà una sofferenza difficilmente gestibile che si trasformerà in acredine, se non in violenta aggressività, nel momento in cui, pur avendo lavorato duramente per una certa ditta per molti anni, si troverà inaspettatamente e ingiustamente licenziato e, pertanto, sarà costretto ad affrontare gravi problemi finanziari.
- Motivazioni affettive. Non sono da meno le frustrazioni affettive: “Finalmente avevo trovato la donna / l’uomo dei miei sogni, con tutte le qualità che cercavo e invece … dopo pochi mesi, mi ha lasciato senza un valido motivo”; “Pensavo che essere padre/madre fosse una cosa bellissima e per essere un buon padre/ una buona madre, ho sacrificato tutta la mia vita, e invece … i miei figli non mi guardano nemmeno, intenti come sono ad andare in giro per il mondo e spassarsela con gli amici”; “Ho fatto tanto per la mia amica durante gli anni trascorsi insieme all’università e lei mi ripaga parlando male di me con tutti”. Come afferma Bonino [12]: “… vi sono oggi grandi difficoltà a tollerare la frustrazione affettiva e a farvi fronte in modo non aggressivo”. Queste difficoltà rimandano all’imperativo, così forte nella nostra cultura, di essere sempre persone di successo, in tutti i campi, primo fra tutti quello affettivo.
- Motivazioni sociali. Ad esempio: “Sognavo una famiglia solida, sana e armonica come quella dei miei genitori, con una brava moglie, dei figli e una casetta tutta mia e invece ho visto distruggere e annullare le mie aspirazioni, solo perché mia moglie si è invaghita di quel pessimo soggetto!”.
Le frustrazioni non eccessive favoriscono una maggiore presa di coscienza, danno in maniera più chiara e netta il senso del limite all’Io, stimolano e intensificano la forza, la determinazione e l’impegno del soggetto nel ricercare la soluzione del problema o della meta da raggiungere. Ciò migliora le capacità della persona nell'adattarsi al mondo che la circonda, stimolandola a trovare le strategie più idonee a superare le delusioni.
Le frustrazioni eccessive o durature, invece, possono portare a una disorganizzazione psichica, la quale si evidenzierà con sintomi come la tensione, la conflittualità, l’ansia, le paure, l’inibizione, l’aggressività, la facile irritabilità, la disistima di sé, degli altri e del mondo nel quale il soggetto vive.
Una frustrazione è o non è eccessiva in conformità a molteplici fattori personali e ambientali. In generale è più facile che essa sia ben retta e gestita quando non è frequente, non è eccessivamente intensa, ma soprattutto quando la persona che la vive è abbastanza forte, solida e matura per riuscire a sopportarla.
Le frustrazioni possono essere acute o croniche, a seconda che gli eventi che non ci hanno permesso di raggiungere uno scopo o un soddisfacimento si svolgano in un periodo di tempo breve oppure prolungato. Sia i bambini, sia gli adulti, affrontano meglio le frustrazioni acute, rispetto a quelle croniche, poiché, nelle frustrazioni acute, dopo la delusione, la rabbia e la collera, si cerca un rimedio, una mediazione, un aiuto o un sostegno esterno, che ci potranno sostenere nel superare il dolore e la delusione. Nella frustrazione cronica, invece, le possibilità di difesa sono progressivamente demolite, poiché l’ambiente in cui viviamo continua nel tempo a limitare il soddisfacimento dei nostri bisogni e desideri. Spesso, purtroppo, gli effetti della frustrazione cronica, che sono quelli più frequenti e numerosi, non creano allarme sociale o familiare, nonostante incidano negativamente in modo considerevole sulla psiche dell’individuo.
La frustrazione, dopo la sofferenza iniziale, può provocare tristezza e in seguito, anche la chiusura nei confronti delle situazioni o delle persone chi ci hanno deluso. Tuttavia questa chiusura può non limitarsi soltanto alle persone o alle situazioni che hanno provocato la frustrazione, ma può espandersi a tutto e a tutti. Come dire: “Se questa persona, se questo sentimento, se questa istituzione, ad esempio, il matrimonio, mi ha deluso, io non solo non voglio avere a che fare con questa persona, con sentimenti come questi o con l’istituto del matrimonio, ma chiudo e difendo la mia vita anche nei confronti di tutto ciò che queste cose rappresentano: l'amicizia, l'amore, la speranza, l’impegno, la fiducia, il piacere e così via”.
Come nello stress anche nella frustrazione è importante l’elemento soggettivo. Pertanto lo stesso episodio può essere vissuto da persone diverse, in modo diverso, in base alle caratteristiche di personalità e ai vissuti del momento. Come dice Bonino [13]:
“La gravità della reazione aggressiva è in proporzione al grado di motivazione e investimento emotivo presente ma è anche in proporzione alle capacità resilienti di una persona. Vi sono pertanto degli uomini e delle donne capaci di resistere più facilmente alla frustrazione trovando in sé nuove e diverse strade più creative per raggiungere i propri scopi, nonostante gli ostacoli e altre persone che si abbattono e si deprimono oppure reagiscono con aggressività in seguito a frustrazioni anche minime.
Tuttavia, non sempre la reazione che consegue ad una frustrazione è la totale chiusura. Vi possono essere altri tipi di risposte, più reattive rispetto alla passività e alla chiusura, come la rabbia, la collera e l’aggressività. Naturalmente le frustrazioni più gravi sono quelle di natura affettivo – relazionale. Queste tendono a durare nel tempo, tanto che possono persistere anche per tutta la vita.
Queste considerazioni hanno notevoli implicazioni e spiegano perché le delusioni subìte nella prima infanzia possono portare nel bambino a dei quadri sintomatologici molto gravi, sia d’instabilità psicomotoria che di chiusura, mentre nell’età adulta la sofferenza subita nell’infanzia può comportare la presenza di sentimenti e manifestazioni aggressive.
Il trauma psichico
Diverso dalle frustrazioni e dagli stress è il trauma psichico. Così come il trauma fisico, può determinare una ferita o una lacerazione del corpo, allo stesso modo il trauma psicologico può provocare una lesione dell’organismo psichico per effetto di eventi che irrompono bruscamente in modo distruttivo senza che il soggetto sia in grado di rispondere in modo adeguato. Tale lesione può essere determinata da un unico evento o da un accumulo di eccitazioni singolarmente tollerabili che il soggetto non riesce a sopprimere o far defluire (abreazione) sfogandosi o elaborandoli.[14]
Per lo stesso autore[15]:
“L’effetto traumatico dipende dalla suscettibilità del soggetto, dalle condizioni psicologiche in cui si trova al momento dell’evento, dalle situazioni di fatto che impediscono una reazione adeguata, e dal conflitto psichico che impedisce al soggetto di integrare l’esperienza che gli sopraggiunge dall’esterno”.
Conseguenze dei disturbi psicologici
Tutte le esperienze notevolmente stressanti, o peggio traumatiche, così come le deprivazioni affettive provocano, a livello psicologico, delle alterazioni e delle disfunzioni neuronali, che stimolano, tra l’altro, intensi sentimenti e comportamenti di ribellione e acredine, sia nei confronti delle singole persone, che in qualche modo riteniamo siano state o siano ancora causa della nostra sofferenza, sia nei riguardi della vita o del mondo che ci circonda. Tanto che i soggetti psicopatici giustificano spesso i loro comportamenti adducendoli all’ingiustizia di cui sono stati vittime (Pasini, 1993, p. 27). Scontrandosi con i problemi della vita, l’individuo può riuscire a trovare una soluzione realistica e positiva ai suoi problemi interiori, oppure dovrà affrontare il fallimento dei suoi tentativi. In questo caso egli cercherà di limitare gli effetti nocivi della frustrazione e del conflitto oppure si limiterà a scaricare la tensione mediante azioni irrazionali. Nel caso in cui questi tentativi dovessero fallire, sarà costretto a subire gli effetti di una disorganizzazione e di un crollo psichico[16].
I sentimenti e gli eventi negativi presenti nell’ambiente, tendono in ogni caso a lasciare, nell’animo sia dei minori sia degli adulti, delle tracce indelebili, che possono generalizzarsi, ampliarsi e allargarsi non solo nello spazio ma anche nel tempo. Quando durante la vita ritroviamo attorno a noi sentimenti di gioia, di amore o di fiducia, questi si allargano e si espandano anche a persone e ambienti sconosciuti. Allo stesso modo sentimenti frustranti, dolorosi, tristi, ansiosi o paurosi possono essere proiettati su persone, animali o cose assolutamente innocenti e innocui. Lo stesso avviene per quanto riguarda il tempo. Se ci accorgiamo che la nostra fiducia e stima verso gli altri sono state ben riposte, accettate, riconosciute e ricompensate, questo sentimento positivo si amplierà e si proietterà anche nel futuro. Se invece la nostra disponibilità e apertura verso il prossimo ci hanno lasciato nell’animo disillusione e sofferenza tenderemo e ci aspetteremo che gli stessi eventi si ripetano anche in futuro e ciò ci potrà stimolare a chiuderci in noi stessi o a guardare con diffidenza gli altri.
Naturalmente più la persona è piccola e più è stata gravemente ferita, più facilmente si realizzerà e si manterrà nello spazio e nel tempo l’ampliamento dei suoi vissuti interiori negativi. Per tali motivi ritroviamo sentimenti e comportamenti reattivi e aggressivi in molti disturbi psicologici presenti nell’infanzia (sindromi autistiche, sindrome oppositiva provocatoria, instabilità psicomotoria, disturbi del comportamento) ma anche nell’adolescenza e nell’età adulta (disturbi borderline di personalità, schizofrenia e così via). Tutte queste patologie spesso alterano profondamente il rapporto con gli altri, fino a metterlo in crisi o in serie difficoltà. Infatti, anche se solo il 10% delle persone violente ha chiari problemi psichiatrici, non vi è dubbio che la sofferenza psichica provochi frequentemente, anche se non sempre, sentimenti e comportamenti aggressivi.
La rivalsa
A volte la reazione aggressiva o violenta è giustificata dal senso di giustizia. La persona che ha subìto un torto o che ha assistito a un torto, avverte il bisogno di far pagare questo torto al colpevole di ciò. Anche in questo caso le persone più irritabili, reattive e vendicative sono anche le più disturbate sul piano psicologico, poiché vivono con angoscia ogni torto, fino a quando non riusciranno a consumare la loro vendetta.
Spesso questi soggetti, proprio perché hanno molto sofferto, sentono il bisogno di rivalersi nei confronti degli altri. Nel caso dei bambini, poiché la realtà esterna a loro è molto limitata e ristretta soltanto ai genitori e a qualche familiare, quando qualcuno di questi, con i propri comportamenti li ha fatti soffrire, poiché queste persone rappresentano per loro il mondo intero, è il mondo intero che viene inconsciamente o consciamente accusato di aver provocato la loro sofferenza ed è quindi nei confronti del mondo intero, senza alcuna distinzione, che viene proiettata a volte la chiusura, altre volte l’aggressività, il rancore e il desiderio di vendetta e rivalsa. Allo stesso modo è da ogni rapporto con il mondo intero che il soggetto vorrebbe gustare il piacere sadico di far del male a qualcosa o a qualcuno.
La maggiore sensibilità, suscettibilità e reattività
Un altro aspetto da non sottovalutare, che incide molto sui comportamenti aggressivi, è la conseguenziale presenza di un’accentuata sensibilità ed una spiccata suscettibilità ad ogni parola, gesto, commento che può essere inteso come una critica o un’accusa. Da ciò nasce una più facile, immediata e intensa reattività, nei confronti di ogni pur minimo atteggiamento disturbante o irritante proveniente dagli altri. Per Guèguen[17], la capacità di sopportare i giudizi e i commenti negativi è nettamente inferiore nei soggetti che sono stati o sono sottoposti a sofferenza, traumi o eccessivi e insopportabili situazioni stressanti. Insieme a ciò prevale anche una forte esternalità e impulsività.
Per Hacker [18] esistono persone ipersuscettibili giacché, essendo inconsciamente aggressive, proiettano la propria aggressività sugli altri. In definitiva sono iperaggressive in quanto, non rendendosi conto di questa proiezione, si sentono continuamente aggredite dagli altri.
Anche per Pasini[19],: “Le persone rabbiose e vendicative sono anche le più facilmente suscettibili. Proprio perché incapaci di contatto con il prossimo, si esprimono in comportamenti distruttivi e collerici. Si tratta d’individui vulnerabili che nella rabbia cercano sollievo al dolore procurato da ferite narcisistiche del presente e del passato”.
In definitiva le persone che nella loro infanzia o comunque nella loro vita hanno, per motivi diversi, molto sofferto, sono spesso estremamente sensibili ai giudizi e ai comportamenti negativi degli altri, pertanto con facilità si offendono e si arrabbiano, reagendo con aggressività ad ogni minima contrarietà o atteggiamento irritativo proveniente dall’esterno. E ciò non solo perché tendono ad ingigantire gli atteggiamenti critici da parte degli altri, ma anche per la presenza di un minor controllo delle proprie pulsioni.
La difficoltà a perdonare
Le persone psicologicamente appagate, serene e tranquille non solo accettano più facilmente le critiche e le contrarietà ma anche, con più facilità, perdonano e dimenticano gli sgarbi e le offese ricevute. Invece le persone che hanno molto sofferto, più facilmente tendono a criticare gli altri, non accettano i loro scherzi, i loro giudizi critici e, se offesi, si chiudono in se stessi. In definitiva, i loro rapporti sociali sono scarsi, difficili e conflittuali [20].
Per lo stesso autore [21]:
“…le persone e i gruppi coinvolti in episodi o situazioni di violenza verso se stessi o gli altri hanno un tratto comune estremamente specifico: sono sostanzialmente incapaci di reggere le situazioni di grave contrarietà”. Questi soggetti presentano in definitiva una carenza conflittuale cioè una: “…mancanza di quelle componenti personali e sociali che ci consentono di percepire il contesto critico come sostenibile e non come una minaccia o un pericolo”. “La persona con grave carenza conflittuale manifesta un comportamento violento anche in assenza di particolari tensioni e senza seguire la logica dell’escalation”.[22] Basta poco per avere un comportamento violento. In questi soggetti, anche se non è presente alcuna situazione di conflitto, vi può essere lo stesso una risposta violenta. Per lo stesso autore: “Il violento, quindi, non è un litigioso. Al contrario, è una persona intollerante al litigio, dominato dall’idea che nessuno lo deve turbare”[23].
Le difficoltà nelle relazioni di coppia
Da quanto abbiamo detto è facile comprendere che, nelle relazioni di coppia, la presenza di un animo sereno, fiducioso, allegro, affettuoso e disponibile, favorisce l’intesa amorosa, mentre al contrario l’esistenza di disturbi psicologici, specialmente se importanti e coinvolgenti, rende più difficili, se non impossibili, non solo una buona comprensione reciproca ma anche i più elementari e semplici momenti di sereno dialogo. In particolar modo sono alterate profondamente proprio le relazioni con le persone con le quali questi soggetti vorrebbero stabilire un rapporto intimo, pieno e profondo. Pertanto, le giornate di queste coppie sono frequentemente costellate da continui battibecchi, che non risolvono nulla e da litigi che nascono per futili motivi. Questa intrinseca difficoltà porta a dividere e allontanare sempre più gli elementi della coppia. Tanto che alcuni mariti o mogli preferiscono restare a lavorare fuori casa, piuttosto che soffrire ascoltando i continui rimbrotti e le continue accuse e lagnanze del coniuge.
I sentimenti di tristezza e depressione
L’altro elemento, spesso evidente, è legato ai sentimenti di tristezza se non di vera depressione che facilmente insorgono a causa delle sofferenze subìte da queste persone nel loro passato. Questo malinconico e triste modo di avvertire e vivere gli altri, le proprie esperienze e il mondo circostante, possono stimolare le persone che ne soffrono a chiudersi in un mondo fatto di apatia, astenia, sensi di colpa e indegnità. Mentre, in altri casi e in altri momenti, vi possono essere dei tentativi di ricercare qualche raro, effimero piacere. Il poter esprimere collera e violenza permette loro di uscire dalla nera depressione e oppressione nella quale vivono costantemente, sentendosi, almeno per qualche momento, più vive e vitali. Entrambi questi comportamenti tuttavia spingono gli altri ad allontanarle, giudicandole pigre e apatiche oppure a reagire negativamente verso di loro. Ciò, in definitiva, peggiora il malessere psicologico e accentua i comportamenti irritanti e aggressivi di queste persone.
I sensi di colpa
Un altro elemento da non sottovalutare è il senso di colpa, conscio e inconscio, frequentemente avvertito quando il soggetto cerca in tutti i modi di reprimere o cancellare le pulsioni e i desideri aggressivi nei confronti delle persone che avrebbe dovuto o che dovrebbe amare e rispettare, come possono essere i propri genitori, il proprio consorte o i propri figli. Per diminuire tali sensi di colpa spesso le persone psicologicamente disturbate utilizzano degli atteggiamenti irritanti e arroganti, pur di sollecitare l’altro a dei comportamenti violenti e aggressivi nei loro confronti. In tal modo cercano di contribuire a bilanciare, almeno in parte, i loro sensi di colpa cosicché possano sentirsi in pace con la propria coscienza. Come dire: “Io non sono cattivo, sono gli altri che lo sono; il mio comportamento è strettamente connesso agli atteggiamenti aggressivi degli altri”. Il caso classico è quello del tradimento. Per lo stesso motivo a volte la persona che tradisce irrita il partner fino a fargli perdere le staffe, così da poter giustificare a sé e agli altri il proprio comportamento.
La difficoltà di dialogo
Tutti i disturbi psichici rendono difficile il rapporto e il dialogo con gli altri, oltre che con se stessi. Non potendo dare ciò che non si è avuto, si alterano o diminuiscono, insieme al dialogo, anche le capacità di cura e tenerezza che, ricordiamolo, insieme alla sessualità, sono i collanti delle relazioni di coppia. È difficile, a causa dei problemi personali, ascoltare e accettare l’altro. È difficile rendersi disponibile nella cura dell’altro. Allo stesso modo è difficile riuscire a mediare con l’altro, valorizzare l’altro o ricercare la soddisfazione nell’altro. Inoltre, spesso queste persone con disturbi psichici, non riuscendo a valorizzare l’uso delle parole, per risolvere le controversie preferiscono andare a vie di fatto.
L’accentuazione dei bisogni
I bisogni di una persona che ha molto sofferto, oltre che difficilmente comprensibili, sembrano infiniti. Pertanto non possono in alcun modo essere tutti soddisfatti. In questi casi è un continuo lamentarsi di ciò che l’altro dà o non dà; fa, non fa, o del modo con il quale l’altro si comporta. Per capire questa fame inesauribile di comportamenti adeguati bisogna riflettere sul fatto che nessuno può ridare ad un figlio o ad una figlia l’amore o il rispetto per i loro bisogni ed esigenze che sono stati loro negati durante l’infanzia. Nessuno può ridare ad un figlio un padre e una madre poco presenti, se non totalmente assenti. Nessuno è in grado di dare l’accoglienza e l’ascolto mai avuti. Pertanto le richieste sono non solo numerosissime, ma tendono a protrarsi indefinitamente nel tempo.
Le difficoltà sessuali
Quando sono presenti delle evidenti problematiche psicologiche si accentua l’insoddisfazione nella relazione di coppia, anche perché spesso, nelle patologie psichiche, è coinvolta la sessualità. Questa può assumere aspetti inusuali o patologici. Nell’uomo è spesso presente l’eiaculazione precoce o l’impotenza che alterano o rendono impossibile una sessualità ricca e soddisfacente. Nella donna può presentarsi la frigidità, che rende insopportabile ogni approccio relazionale che abbia, anche minimamente, delle componenti sessuali. Inoltre, se un qualche rapporto è accettato, piuttosto che viverlo con gioia e gratitudine è giudicato sporco e sconveniente o addirittura frutto di violenza. Inoltre in entrambi i sessi, la sessualità può essere vissuta in maniera patologica per la presenza di parafilie che se accettate sia dall’uomo sia dalla donna possono essere gratificanti e unire i due partner ma se, come spesso succede, sono desiderate e richieste solo da uno dei due, sono vissute dall’altro come degli insopportabili atti di violenza.
Il piacere nel far e ricevere del male
(comportamenti sadomasochistici)
Alcune persone con problematiche psicologiche, nella loro ricerca di momenti di serenità hanno bisogno di liberarsi della loro tensione e del loro malessere interiore mediante comportamenti pungenti, irritanti se non chiaramente aggressivi e distruttivi. Si dice spesso che queste persone trovano la loro identità nell’aggressione. Io direi che è più esatto dire che queste persone ricercano, mediante l’aggressione esterna, dei momenti di serenità e pace interiore. L’aggredire, l’irritare, il creare scompiglio, l’usare un tono polemico, esasperante, su ogni parola che l’altro dice o su ogni cosa che l’altro fa o non fa, serve a scaricare e a ridurre la loro tensione interiore, che risente dei problemi o delle carenze del passato, senza spesso avere alcuna relazione con la realtà attuale la quale, in definitiva, “ viene usata” per raggiungere lo scopo di cui sopra. Tuttavia il loro partner investito dall’aggressività, a volte motivata solo da minimi pretesti, se non totalmente ingiustificata, ha difficoltà ad essere indifferente, per cui risponderà con risposte altrettanto aggressive e irritate. S’instaura così una relazione sadomasochistica nella quale sono usati tutti i mezzi di difesa e di offesa. Pertanto viene sconvolta la relazione di coppia, con esiti sicuramente disastrosi. Pertanto il dialogo, anche se inizialmente era presente e valido, se alcune volte s’interrompe per breve tempo, nei casi in cui i momenti di esasperazione diventano frequenti rischia di interrompersi per sempre.
La diminuzione o il crollo dell’autostima
Se una persona, proprio per i problemi che l’affliggono, non si piace, non si stima, non ha fiducia in se stessa, difficilmente può amare e aver stima dell’altro. Per tale motivo le relazioni amorose appena iniziate finiscono molto presto mentre, in altri casi, non cominciano neanche. Tuttavia queste persone che hanno scarsa autostima, se a volte si chiudono in sé e rinunciano a cercare delle relazioni amorose, altre volte insistono ed esasperano i partner che li hanno rifiutati e allontanati, non accettando il loro rifiuto.
Tratto dal libro di Emidio Tribulato: “Ti odio!”- Conflitto e aggressività e violenza tra i sessi”.
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[1] Galimberti U. (2006), Dizionario di psicologia, Roma, Gruppo editoriale L’Espresso, Vol.3, p. 310.
[2] Wolff S. (1970), Paure e conflitti nell’infanzia, Roma, Armando Armando Editore, p. 37.
[3] Galimberti U. (2006), Dizionario di psicologia, Roma, Gruppo editoriale L’Espresso, Vol. 3, p. 553.
[4] Galimberti U. (2006), Dizionario di psicologia, Roma, Gruppo editoriale L’Espresso, Vol. 3, p. 554.
[5] Galimberti U. (2006), Dizionario di psicologia, Roma, Gruppo editoriale L’Espresso, Vol. 3, p. 553.
[6] Meazzini P. (2006), L’ira di Achille, come dominare la collera, quando è necessario, Milano, Giunti, p. 32.
[7] Meazzini P. (2006), L’ira di Achille, come dominare la collera, quando è necessario, Milano, Giunti, p. 32.
[8] Meazzini P. (2006), L’ira di Achille, come dominare la collera, quando è necessario, Milano, Giunti, p. 33.
[9] Meazzini P. (2006), L’ira di Achille, come dominare la collera, quando è necessario, Milano, Giunti, p. 39.
[10] Galimberti U. (2006), Dizionario di psicologia, Roma, Gruppo editoriale L’Espresso, Vol. 2, p. 203.
[11] Andreoli, V. (1995), La violenza – dentro di noi, attorno a noi, Fabbri editore Corriere della sera, Milano, p. 70.
[12] Bonino S., (2012), “L’assurdità delle punizioni fisiche: Ti picchio per insegnarti a non picchiare”, Psicologia contemporanea, gennaio-febbraio, p. 15.
[13] Bonino S., (2012), “L’assurdità delle punizioni fisiche: Ti picchio per insegnarti a non picchiare”, Psicologia contemporanea, gennaio-febbraio, p. 14.
[14] Galimberti U. (2006), Dizionario di psicologia, Roma, Gruppo editoriale L’Espresso, Vol. 3, p. 639.
[15] Galimberti U. (2006), Dizionario di psicologia, Roma, Gruppo editoriale L’Espresso, Vol. 3, p. 640.
[16] Ackerman N. W. (1968), Psicodinamica della vita familiare, Boringhieri, Torino, p. 71.
[17] Guèguen N. (2009), “Aritmetica della coppia”, Mente e cervello, n° 53, maggio p. 98.
[18] Hacker F., (1971), Aggressività e violenza nel mondo moderno, Edizioni il Formichiere, Milano, p. 148.
[19] Pasini W. (1993), Volersi bene, volersi male, Milano, Arnaldo Mondatori Editore, p. 47.
[20] Barberi M., (2016), “Conflitti senza violenza”, Mente e cervello, n. 135, marzo, p. 38.
[21] Barberi M., (2016), “Conflitti senza violenza”, Mente e cervello, n. 135, marzo, p. 38.
[22] Barberi M., (2016), “Conflitti senza violenza”, Mente e cervello, n. 135, marzo.
[23] Barberi M., (2016), “Conflitti senza violenza”, Mente e cervello, n. 135, marzo.