Il desiderio di predominio di un sesso sull'altro
Nella specie umana, come in molti animali, è ben presente l’istinto e il desiderio di predominio dell’uno sull’altro, il bisogno di primeggiare o la gioia della rivincita dell’uno sull’altro.
L’uomo però, a differenza degli animali i quali usano solo una parte dell’ambiente esterno per proteggersi o per alimentarsi, non si è creato una nicchia di supremazia e sicurezza in un territorio più o meno vasto, ma ha cercato, quando e se possibile, di conquistare in tutti i modi e con tutti i mezzi nuovi spazi e nuove terre, sottomettendo, sfruttando o uccidendo altri uomini e popoli.
Il desiderio di conquista e di supremazia è una caratteristica insita nella specie umana. Questo desiderio è legato alle sue notevoli capacità intellettive che gli permettono di vedere oltre. Oltre le siepi e le colline; oltre i fiumi e le montagne; oltre le immense pianure e le foreste. Così com’è infinita la sua brama di spazio è infinita la sua brama di potere. Molti grandi condottieri: da Giulio Cesare a Carlo Magno, da Napoleone a Hitler, non riuscivano ad accontentarsi di quanto erano riusciti a conquistare. Nonostante avessero portato le loro armi vittoriose su terre sconfinate, nonostante avessero sottomesso moltitudini di gente e conquistato enormi ricchezze, continuavano a sentire insoddisfatta la loro brama di potere.
Come spinti da una sete insaziabile questi e molti altri condottieri, si impegnavano in guerre di conquista sempre più lontane dai loro territori d’origine, cercando qualcosa di più, qualcosa di meglio, da aggiungere a quanto conquistato. Non riuscivano ad essere consapevoli del fatto che la brama smodata di potere porta alla rovina le singole persone, come porta alla rovina interi popoli e splendide civiltà.
Perché meravigliarsi allora se uomini e donne nel corso della storia hanno cercato di sottomettersi a vicenda? Perché stupirsi se uomini e donne hanno cercato e cercano sempre qualcosa di più per il proprio sesso, a scapito dell’altro?
Quest’istinto è però molto maggiore, più evidente e distruttivo, quanto gli uomini e le donne si attivano sullo stesso piano.
Se i due sessi si impegnano su piani diversi, così com’è avvenuto per millenni in moltissime civiltà: la donna nel “mondo affettivo relazionale” e l’uomo nel “mondo economico e dei servizi”,[1] l’aggressività reciproca, il bisogno di possesso e il desiderio di schiacciare e sottomettere l’altro, si riducono notevolmente, mentre si accentua l’interesse e la cura per il benessere del partner.
Se, invece, uomini e donne si attivano, come avviene oggi nel mondo occidentale, sullo stesso piano, aumenta la conflittualità sia quella nascosta che quella manifesta.
In questa, come in tutte le situazioni concorrenziali, l’uno cerca di banalizzare, di colpevolizzare e quindi di rallentare o impedire il successo dell’altro in una competizione tanto più insidiosa quanto più sotterranea, irrazionale e istintiva.
Se ad affermarsi nel campo del mondo economico e dei servizi è la donna, se è lei che guadagna più di lui, se è lei che nell’ambiente sociale ed istituzionale è più valutata e rispettata, è molto facile che l’uomo senta questo successo come una minaccia e quindi diventi più aggressivo, esigente e sfuggente nei confronti dell’altro sesso.
Vi è una realtà ancora peggiore di quanto abbiamo descritto, che è quella di sentirsi talmente umiliati nel proprio orgoglio maschile da rinunciare e rifiutare ogni impegno, ogni aiuto e ogni disponibilità nei confronti dell’altro sesso, come nei confronti della famiglia e della società.
E’ quello che succede presso i popoli nei quali le donne, a detta dei mass media, hanno raggiunto nel campo professionale progressi considerati mirabili, tanto da superare gli uomini.
In un mio recente viaggio in Russia avevo notato, protagoniste quasi assolute nel campo del lavoro, le donne: donne che guidavano i convogli ferroviari, donne carpentieri, donne per la pulizia delle strade, donne nei musei, donne a guardia dei supermercati e naturalmente donne nei lavori di segreteria e negli alberghi. Donne ovunque c’era da lavorare ed impegnarsi. Avendo anche come guida una donna, giovane, bella ma triste, mi è venuto spontaneo chiedere: “Katia, mi scusi, abbiamo visto nel nostro giro turistico sempre donne che lavoravano dappertutto, ma gli uomini dove stanno?” Mi colpì molto la sua risposta, data con un’espressione del viso e con un tono malinconico e sfiduciato: ”Gli uomini sono a casa e dormono perché hanno da smaltire la sbornia della sera, mentre le loro donne lavorano anche per loro”.
Non credo che fosse proprio così, rifiuto di credere che in Russia non vi siano uomini operosi, però Katia aveva evidenziato una verità misconosciuta a molti ma che i sociologi hanno notato anche in altre società: quando le donne si impegnano nei settori prettamente maschili in modo sostanziale e quindi a tempo pieno, guadagnando in denaro ed in stima sociale quanto e più degli uomini, questi ultimi, umiliati e depressi per aver perduto il piacere e l’orgoglio di provvedere loro alla moglie e alla famiglia, non solo perdono il gusto del lavoro, in quanto lo ritengono superfluo, ma si chiudono in un bozzolo di apatia, di auto - ed etero- aggressività e distruttività, utilizzando gratificazioni molto povere e scadenti.
Questa reazione depressiva auto ed etero distruttiva è anche un modo per inviare un messaggio che difficilmente è compreso ed accettato: “Se le mie capacità e possibilità non sono adeguatamente valorizzate, non solo non le utilizzo al massimo ma volontariamente le limito e le distruggo per vendicarmi della castrazione che su di me è stata operata”.
Nelle donne invece, la conquista di maggior potere comporta qualcosa di diverso ma di altrettanto grave. Esse, attualmente, si attivano, si preparano, sognano, aspirano ad entrare nel mondo del lavoro e dei servizi come gli ebrei si preparavano, sognavano e aspiravano a raggiungere la terra promessa dal Signore. Per questo ruolo bramato, desiderato e atteso sacrificano i loro anni migliori e più fecondi, dal punto di vista biologico ed affettivo, sui banchi di scuola e sui libri. Frequentano le scuole, le università, i corsi di aggiornamento e i master con buoni risultati, ma sempre più spesso sono costrette a rinunciare ad un amore profondo, al matrimonio e alla famiglia. E anche quando questo non avviene, per cui molte donne riescono, anche se tardi, a sposarsi e ad avere dei figli, spesso sono costrette a mettere in secondo piano o ad abdicare al loro ruolo materno, delegando gli altri negli specifici compiti di cura, educazione e assistenza, in quanto hanno acquisito le qualità e i valori caratteristici del mondo economico e dei servizi ma hanno perduto le competenze necessarie a gestire correttamente e bene il mondo affettivo-relazionale. Di questa perdita ne sono consapevoli gli operatori del campo medico, pedagogico e sociale i quali si ritrovano spesso a relazionarsi con donne e madri scarsamente consapevoli di quanto avviene nell’animo dei loro figli ma anche poco disponibili ad impegnare il loro tempo e le loro migliori energie nella cura e nell’allevamento della prole.
[1] TRIBULATO, E., (2008), Mondo affettivo e Mondo economico, Centro Studi Logos, Messina.