Dialogo efficace ed inefficace

I

Emidio Tribulato - IL DIALOGO EFFICACE ED INEFFICACE

                                                                                                    

DIALOGO EFFICACE

L’efficacia di una comunicazione si misura dalla sua chiarezza, dalla capacità di essere interpretata, dalle risposte che riesce a suscitare e in definitiva dalla maggiore o minore possibilità di soddisfare i bisogni e le aspettative dei singoli e della coppia.

Affinché il dialogo sia efficace, quindi, il linguaggio dovrebbe essere per quanto possibile chiaro, semplice, sincero e trasparente.

    Noi viviamo in un ambiente sociale in cui, molto spesso, una comunicazione ne nasconde un’altra, un bisogno ne camuffa un altro, un’opinione è espressa per nasconderne un’altra. Viviamo in un mondo, dove c’è la tendenza a coprire gli intenti poco ortodossi, poco nobili o credibili, mediante parole tutt’altro che vere e sincere. Ciò porta ognuno di noi, inevitabilmente, ad una sfiducia molto ampia, quasi totalizzante su tutto e tutti.  Se molte persone mentono o non dicono realmente ciò che pensano, c’è il rischio di pensare che tutti mentano e quindi la verità non esiste. Per tale motivo è necessario che la comunicazione sia non solo chiara e sincera, ma che ci sia anche coerenza tra ciò che diciamo e facciamo.

    Attenzione però a non trasformare la sincerità in crudeltà. La sincerità è alla base stessa del dialogo, ma ci sono dei pensieri e dei sentimenti che potrebbero ferire o fare del male e quindi, prima di essere espressi, hanno bisogno di essere vagliati accuratamente, per trovare i modi e i tempi più opportuni per comunicarli. Il dialogo non consiste nel dire tutto ciò che in quel momento passa per la mente, ma nel costruire, attraverso l’amore e il rispetto per la sensibilità altrui, un rapporto sincero e leale. Il dolore, infatti, che si può fare con le parole è notevole, pertanto il loro uso dovrebbe essere sempre attento alla maturazione e alla sensibilità dell’altro.

Il dialogo non dovrebbe giudicare.

Altro è dire: “ Sei uno stupido, un incapace, un cretino ecc.” Altro è dire: “Questo tuo modo di fare potrebbe portare a queste conseguenze”. ” Quest’atteggiamento non lo condivido, mi fa soffrire, non serve allo scopo”.  “Vorrei capire il tuo modo di fare, il tuo modo di essere”.

Il giudicare compromette, infatti, l’apertura, impedisce di esternare il contenuto più profondo dei propri pensieri, spinge alla chiusura, alla difesa, all’aggressività, oppure a dire, mentendo, ciò che l’altro si aspetta di sentire.

Il dialogo dovrebbe avere come base l’accettazione dell’altra persona.

    Accettare, significa accogliere la diversa personalità, realtà sociale, identità sessuale e ruolo, che ognuno di noi ha e porta nella vita di coppia.

E’ da quest’accettazione, infatti, che nasce e si sviluppo un confronto positivo; quando l’accettazione manca, per cui vorremmo che l’altro fosse come noi lo abbiamo sognato e desiderato o avesse sempre le stesse caratteristiche, ci accorgiamo che il dialogo diventa difficile o cessa. Questo non toglie che gli sforzi d’ogni individuo che vive la difficile ma splendida realtà dell’amore di coppia, dovrebbero tendere ad armonizzare ed integrare la propria realtà interiore e i propri comportamenti con i vissuti, i bisogni, i desideri di chi ci sta vicino.

Dovrebbe essere delicato nei confronti dell’altro.

    I modi bruschi, le parole che umiliano, che fanno sentire male, l’eccessiva impulsività, la poca pazienza, l’aggressività, allontanano, spaventano o mettono sulla difensiva, chi ci sta accanto. Anche quando il nostro compagno o la nostra compagna ha torto, è giusto usare quanta più delicatezza possibile per aiutare a capire l’errore e a porvi rimedio.

Dovrebbe avere come prospettiva l’incontro con l’altro. 

    L’incontro, l’intesa, dovrebbero essere gli obiettivi finali del dialogo. Non sempre ciò è possibile, non sempre si riesce a trovare quell’intesa tanto agognata. Questa tensione interiore verso l’incontro dovrebbe esserci in ogni momento ed in ogni situazione.

Dovrebbe avere come base l’uguaglianza con l’altro.

     Uguaglianza come essere umani anche se con identità sessuale e ruoli diversi. Il comportamento e il ruolo del marito o del padre non può essere uguale a quello della moglie e della madre e viceversa. La diversità di ruolo è fondamentale sia per l’educazione dei figli che nell’intesa uomo - donna. I figli hanno bisogno, infatti, di una donna, madre, che porti nell’educazione e nella cura dei piccoli il suo immenso patrimonio d’umanità. Le sue capacità comunicative, l’affettività, l’intensa sensibilità, le tenerezze che riesce a dare, sono fondamentali nell’educazione del minore.

Anche un padre apporta e dà elementi insostituibili di carattere, di intelligenza, d’affettività. La sua forza, la sua linearità, il coraggio, la sicurezza, la coerenza, la fermezza, caratteristiche di un buon padre, sono altrettanto importanti degli apporti materni.

    Per quanto riguarda l’intesa di coppia, l’uomo tende a coinvolgersi intensamente solo se avverte la presenza di certe caratteristiche nella sua compagna. La bellezza esteriore del corpo è sicuramente una di queste. Il corpo della donna, se si appalesa con forme e modi squisitamente femminili, è per l’uomo uno dei maggiori stimoli d’attrazione e la donna lo sa perfettamente, tanto che, istintivamente, fin da piccola, si adopera in ogni modo per piacergli, per cui il suo corpo e il suo abbigliamento sono fonte di continue attenzioni.

    Ma una donna da amare intensamente deve possedere anche delle qualità particolari, in caso contrario i sentimenti e la disponibilità affettiva dell’uomo risultano minime, tanto da limitarsi soltanto a rapporti amichevoli o ad espressioni sessuali puramente istintive e ludiche. Poiché ha bisogno di una donna da adorare, che si faccia adorare, accanto alla bellezza, è per l’uomo fonte di grande ispirazione amorosa la grazia. Questa, che è da distinguersi nettamente dalla bellezza, è una caratteristica dell’animo prima che del corpo, per cui è presente anche in donne non particolarmente belle, le quali, possedendola, assumono un fascino particolare ed irresistibile agli occhi maschili. La grazia femminile esprime, infatti, attraverso lo sguardo, i comportamenti ed il corpo, doti che sono proprie dell’anima e della mente, come la dolcezza, la bontà, la disponibilità, la delicatezza, la finezza, la semplicità, la soavità, il pudore di chi le porta. E queste doti se sono poco interessanti in un rapporto breve ed istintivo, fatto più di sesso che di sentimenti, diventano fondamentali in un rapporto serio in cui l’uomo impegna tutte le sue energie e che considera per la vita.

    Altra caratteristica ricercata dagli uomini è sicuramente la serietà, fatta di pudore, ponderatezza, rettitudine e responsabilità nei comportamenti e nelle parole. La serietà si manifesta e dà garanzie tra l’altro di fedeltà e di maturità nel rapporto e nell’impegno amoroso. Queste ultime sono qualità fondamentali per l’uomo, giacché gli garantiscono che i suoi sacrifici, il suo lavoro ed impegno andranno a favore dei propri figli e non di quelli di un altro. Contemporaneamente gli danno maggiore sicurezza sulla stabilità del rapporto e quindi sulla migliore funzionalità della famiglia.

    Altri elementi ricercati nella sua compagna di vita sono la disponibilità affettiva e le capacità di cure e attenzioni. Affettività, cure e attenzioni gli danno la certezza di trovare, nella sua casa, una donna capace d’ascolto, d’affetto, di tenerezze, ma anche d’aiuto e supporto verso la sua persona e nei confronti dei figli.

L’uomo è disposto a grandi sacrifici per la donna che ama ed ammira profondamente, mentre è disposto a poco o nulla per la donna che non ama, non ammira o stima.

    Anche la donna, nonostante i numerosi anni di femminismo abbiano confuso i suoi bisogni ancestrali, cerca istintivamente un uomo che abbia caratteristiche chiaramente maschili. Cerca un essere il cui pensiero sia logico e lineare per cui segua i concetti in modo tale da arrivare rapidamente al cuore del problema e quindi sia in grado di affrontarli il più efficacemente possibile, senza farsi coinvolgere o distrarre dall’emotività. Cerca un compagno che abbia un’affettività e una sensualità intensa, impetuosa ma responsabile. Sia sentimentalmente capace di tenerezze, ma abbia un animo forte, sicuro e deciso, in modo tale da saper affrontare senza tentennamenti, fughe o abbandoni, i numerosi ostacoli e frustrazioni che la vita, oggi come ieri, non manca di dare ad ogni essere umano. Sia autorevole senza essere autoritario, in modo tale da imporre la sua volontà senza abusarne, senza arroganza, senza astio, senza collera ma anche senza permissivismo. Sappia intervenire con fermezza e determinazione nell’educazione dei figli evitando l’uso della violenza. Rifiuti la tirannia quanto la debolezza, per cui sia capace di ascoltare, ma anche di intervenire efficacemente quando necessario. Non tolleri ingiustizie, abusi, ma eviti anche di farne agli altri.

Dovrebbe basarsi sull’ascolto.

     Quindi il dialogo non dovrebbe consistere in una lotta di parole e argomentazioni per sopraffare i pensieri e le idee altrui, ma un mezzo per capire e mettersi in ascolto. Strumento per avvertire i movimenti dell’animo e per armonizzarsi con chi ci sta vicino. Per tale motivo si dovrebbe riflettere più sui bisogni che l’altra persona esprime, non solo con le parole, ma anche con i silenzi, piuttosto che sulla risposta da dare per sopraffarla.

Il dialogo deve tenere conto delle esigenze e dei bisogni dell’altro.

    I bisogni di un uomo sono diversi da quelli di una donna. I bisogni di ognuno di noi, come individui, possono essere o tradursi in maniera diversa. Di ciò dobbiamo tener conto. Non esistono due persone uguali, con gli stessi gusti, la medesima realtà interiore, gli stessi desideri. Inoltre, spesso, i bisogni fondamentali non sono espressi chiaramente, ma ciò non ci esime dal cercare di capirli e soddisfarli, se riusciamo ad andare oltre i pensieri e le parole chiaramente esplicitate.

    D’altra parte non si può forzare un soggetto ad aprirsi ed a confidare sentimenti, emozioni e pensieri se non si mette nelle condizioni di sentirsi libero di dire tutto ciò che sente, sapendo che non arrecherà un grosso dispiacere o danno.

Dovrebbe sforzarsi di esprimere sentimenti maturi ed essere strumento positivo di scambio con l’altro.

    L’ottimismo, il coraggio, la fiducia, si chiamano sentimenti maturi, poiché aiutano a crescere ed ad affrontare con gioia, con serenità e coraggio sia i momenti positivi sia le avversità della vita.

    I sentimenti acerbi o immaturi, come l’angoscia, l’ansia, la gelosia, l’invidia, l’antipatia, la delusione, spingono alle paure, all’aggressività, alle nevrosi, alla depressione, alla chiusura, poiché caricano l’altro di angoscia e tensione interiore rendendogli difficile la confidenza, l’apertura, la disponibilità. Chi ci sta accanto non è né uno psicologo, né uno psichiatra che ha la capacità e il dovere di ascoltare e accettare i nostri sentimenti più tristi e le nostre emozioni più distruttive, senza battere ciglio. La disponibilità del nostro compagno o della nostra compagna di vita all’aiuto, all’ascolto, hanno dei limiti di cui dobbiamo tener conto e che dobbiamo esattamente valutare.

Deve contenere una carica e una partecipazione affettiva valida.

    Se il dialogo non è fatto d’amore o non ha come base l’amore e l’affetto, ha un’efficacia minima. Partecipare ai sentimenti, ai vissuti, ai valori di chi ci sta vicino, è compito di ognuno di noi. Tale partecipazione può portare nella coppia al coinvolgimento affettivo per cui i desideri dell’altro, diventano i nostri desideri, i suoi bisogni diventano i nostri bisogni, la sua sofferenza diventa la nostra sofferenza. In tal modo si attua una partecipazione e una condivisione dei pensieri, dei sentimenti, delle emozioni che rinsalda l’unione.

   I L DIALOGO INEFFICACE

Da quanto abbiamo detto è facile evidenziare le caratteristiche che rendono poco o per nulla efficace il dialogo.

Il dialogo è inefficace quando diventa solo comunicazione.

La nostra società è giustamente chiamata la società della comunicazione giacché, almeno sul piano tecnico, gli strumenti che possiedono i paesi più ricchi, sono capaci di avvolgere il mondo in una rete telematica. Tali strumenti permettono a ogni persona che s’inserisce nella rete di comunicare ad un’altra parole, pensieri e immagini, in maniera istantanea, in qualunque parte del mondo questa si trovi. I telefoni cellulari e la rete Internet sono simboli e strumenti di questa possibilità. Eppure, mai come oggi, l’essere umano soffre di problemi legati al dialogo. Abbiamo detto, infatti, che la comunicazione diventa dialogo quando l’ascolto empatico dell’altro è elemento portante, ma questo si attua se abbiamo tempo, disponibilità, serenità. Il primo di questi elementi, il tempo, sembra diminuire ogni giorno di più, fagocitato da mille altri impegni: lavorativi, sociali, ludici. Lo stare insieme diventa sempre di più una corsa finalizzata al fare e all’agire piuttosto che al vivere con serenità, tranquillità e pienezza parole, gesti, sentimenti ed emozioni. Alla nozione di tempo, si è collegato il concetto di denaro guadagnato o speso. “ Il tempo è denaro” “Chi ha tempo non aspetti tempo”. “ Tariffe a tempo”. Il tempo ci fa guadagnare, ma ci fa anche spendere. Se, mentre parliamo a telefono ogni secondo utilizzato per dialogare ha un costo, se sappiamo che ogni parola, ogni sentimento che manifestiamo viene da qualcuno conteggiato e tradotto in soldi, siamo portati a trasmettere non emozioni o sentimenti, ma soltanto rapide e concise informazioni che possono servire esclusivamente per informare e rassicurare l’altro o per concludere affari ma sicuramente non risultano efficaci per il dialogo.

La radio, la televisione, il telefono, specialmente il telefonino cellulare, più che aiutare, disturbano la vera comunicazione. Questa, a volte, non può essere neanche iniziata, mentre altre volte non si riesce ad approfondirla in maniera adeguata. Sarà capitato a molti di voi di parlare con qualcuno e di essere interrotti dall’inizio di un programma televisivo, da una canzone trasmessa dalla radio o dallo squillo di un cellulare. Questi strumenti s’inseriscono spesso in maniera invasiva e prepotente nel dialogo appena iniziato, impedendo il suo successivo approfondimento o rompendo, a volte in modo irrecuperabile, quell’atmosfera, quell’emozione e quelle sensazioni che si stavano vivendo.

Inoltre gli strumenti di cui parliamo rischiano di trasformare in virtuale ogni realtà più intima come l’amicizia, l’amore, la fratellanza. Queste diventano solo immagini e voci perdendo con la realtà fisica, le loro caratteristiche emotive, per cui ci sentiamo e ci ritroviamo sempre più soli, in una babele di parole e in un caleidoscopio di immagini.

Il dialogo risulta inefficace quando diventa solo un mezzo per scaricare le nostre ansie e paure, o conflitti interiori sull’altra persona.

    A questo proposito è bene evidenziare che ogni problema interiore e quindi ogni disturbo psicologico di una certa rilevanza, influenza in modo rilevante la comunicazione e quindi il nostro rapporto con gli altri, specie con le persone a noi più vicine.

Nelle persone ansiose, ad esempio, la paura nasce senza un pericolo o una causa oggettiva, oppure è scatenata, e vissuta in maniera abnorme, da situazioni ed avvenimenti che normalmente non dovrebbero provocare tal emozione; se, infatti, la paura per un esame, per una grave malattia o per la morte appare giustificata, l’ansia o la paura che colpisce la persona senza alcun motivo o per i motivi più vari e diversi, anche banali, è segno di problematiche psicologiche che possono alterare il normale rapporto di coppia, il compito educativo e la vita familiare.

    Non sono da sottovalutare inoltre i sintomi depressivi. Nelle persone che soffrono di disturbi dell’umore, la realtà si tinge quasi costantemente di grigio se non di nero, per cui essi avvertono la vita, gli altri, se stessi, il mondo, con pessimismo, chiusura e tristezza. Anche questi soggetti, poiché tenderanno a vedere il lato peggiore e distruttivo d’ogni realtà umana e sociale, avranno gravi difficoltà ad instaurare un dialogo sereno e produttivo, poiché tenderanno a svalutare ogni iniziativa e ogni segnale d’apertura alla vita e al mondo sia da parte del coniuge che dei figli. In altri casi non vi sono evidenti sofferenze psichiche. Pur tuttavia alcuni comportamenti sono pesantemente dettati da problematiche inconsce non risolte, che continuano ad influenzare in maniera negativa parole e azioni dell’individuo, senza che questi si renda conto della sua alterata realtà interiore.

    In tutte queste situazioni, come per tanti altri disturbi della psiche che portano sofferenza al soggetto che ne è colpito e alle persone che gli stanno vicino, si impone, prima del matrimonio, un attento esame psicologico che tenda a valutare la gravità di tali problematiche ed indichi le terapie più efficaci per risolverle.

Ancora risulta inefficace:

•    quando diventa una comunicazione egocentrica, nella quale mettiamo in primo piano noi stessi e quindi ogni parola della persona che ci sta vicino è misurata in funzione della gratificazione o frustrazione data al proprio Io;

•    quando ignora l’altra persona mediante il non ascolto o essendo indifferente ai suoi bisogni o alla sua sofferenza;

•    quando diventa un mezzo di sopraffazione e di dominio. Quindi, mezzo e strumento per cambiare chi ci sta accanto per i nostri fini;

•    quando diventa un monologo.

    Perché accanto a chi parla dovrebbe esserci sempre qualcuno che ascolta e che dovrebbe avere poi la possibilità di intervenire. A volte c’è un vero e proprio monologo a due o collettivo, tutti parlano e nessuno ascolta.

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