Numerosi e non meno importanti sono gli apporti che la rete familiare, affettiva ed amicale può dare per una buona intesa della coppia.
Gli apporti di natura economica.
Mentre i genitori dovrebbero provvedere alla dote per i figli, i parenti e gli amici della coppia dovrebbero contribuire con i loro doni alla costruzione della nuova realtà familiare. L’apporto di queste figure, piccolo o grande che sia, è importante, in quanto permette agli sposi di poter affrontare, dal punto di vista economico, con più serenità il futuro.
Era molto bello quello che avveniva, e forse ancora avviene, nelle piccole comunità rurali e montane dove, quando una nuova coppia si formava, nell’attesa del matrimonio, tutta la comunità partecipava alla costruzione materiale della casa dove avrebbero abitato i futuri sposi. Molti componenti la piccola società urbana, mettevano a disposizione quello che avevano e che potevano. Vi era allora chi offriva gratuitamente il suo tempo e le sue capacità di muratore, di pittore, di falegname o di elettricista. Come vi era chi offriva la calce ed i mattoni. La comunità, nel suo insieme, collaborava unita al fine di consegnare il giorno delle nozze ai nuovi sposi il dono più prezioso e indispensabile: una casa; simbolo di impegno, aiuto e accoglienza nei confronti della famiglia che stava per nascere.
Apporti di natura affettiva.
Il dialogo, il sostegno, il conforto, la possibilità di sfogo, le attenzioni particolari che genitori, parenti ed amici offrono agli sposi, dovrebbero essere finalizzati ad un miglior controllo dell’ansia, al sostegno e all’incoraggiamento indispensabili nei momenti di crisi.
Gli apporti di natura educativa.
Fondamentale è il modo con il quale le due famiglie hanno educato i figli.
Le due famiglie hanno preparato i figli ad assumere i nuovi importanti ruoli di marito e moglie, di padre o di madre oppure hanno pensato bene di occuparsi solo del loro futuro professionale? I genitori degli sposi hanno valorizzato questo passo importante oppure lo hanno sminuito ai loro occhi, pensando egoisticamente di perdere qualcosa o una parte della figlia o del figlio nel momento in cui questi sarebbe andato all’altare? I familiari hanno facilitato, aiutato e sostenuto la coppia nelle sue difficoltà e nelle sue perplessità oppure l'hanno lasciata sola o peggio hanno lavorato per dividere e non per unire, con l’intento di riprendersi quel figlio o quella figlia che consideravano perduta?
Se la formazione alla vita di coppia e all’assunzione dei ruoli di marito e moglie, di padre e madre è attuata in modo precoce, attento, costante ed efficace sin dall’infanzia, per proseguire poi con gradualità, mediante opportuni aggiustamenti, durante il periodo dell’adolescenza e della giovinezza, i risultati saranno nettamente migliori e più validi di quando, invece, l’attività formativa non è attuata o è effettuata in modo sporadico e non coerente, in una fase tardiva della vita dell’individuo. Come afferma Albisetti: “Credere che un buon matrimonio non richieda fatica, che sia facile o che avvenga per miracolo, per fortuna, gratuitamente, è una grande illusione, non appartiene alla realtà”.[1]Come giudicare allora le società e gli Stati che non solo non si attivano nell’aiutare le coppie e le famiglie in questa fondamentale opera educativa ma permettono, mediante gli strumenti d’informazione di massa, sia pubblici sia privati, l’invio dentro ogni casa di immagini e contenuti che non solo non hanno alcun valore formativo ma trasmettono contenuti ed esempi altamente diseducativi proprio sugli aspetti più delicati riguardanti la vita sentimentale, sessuale e familiare?
Per portare un’auto o una moto, nel traffico cittadino o extraurbano, è necessaria una patente che si ottiene dopo lunghi e impegnativi studi, prove ed esami. Lo stesso avviene nei mestieri e soprattutto nelle professioni. Purtroppo per quanto riguarda il ruolo di uomo o di donna, di marito o di moglie, di padre o di madre, di nuora o genero;,di zia o zio, di nonno o nonna, non solo non vi è un corso specifico ma neppure vi sono degli insegnamenti e degli esempi validi e costanti.
Negli ultimi decenni anzi, sembra si faccia a gara per sminuire l’importanza di un’educazione specifica. Perché educare le donne a saper riordinare la casa, cucire, cucinare, curare i figli ed il coniuge, gestire la rete familiare? Si rischia, in tal modo, di trasformarle in cuoche, colf, baby-sitter, se non in schiave dedite ai bisogni e ai capricci dei pargoli e dei maschi. Perché educare gli uomini a responsabilizzarsi come capi famiglia, come principali responsabili del benessere economico e dell’indirizzo educativo e sociale? C’è il rischio di far perdurare nei maschi un antiquato atteggiamento autoritario incompatibile con i movimenti di liberazione della donna, con il nuovo diritto di famiglia e con i nuovi ruoli all’interno della coppia.
Eppure un’educazione specifica è essenziale. Ne va dell’armonia, dell’intesa e della gioia, se non della felicità di intere generazioni, in quanto il conflitto tra i coniugi non si ferma a loro ma si allarga ai figli, alle famiglie d’origine e all’ambiente sociale nel suo complesso.
Ogni disarmonia coniugale grava di notevoli conseguenze negative la società. Questa, come un lago chiuso, può avere degli apporti che provengono da sorgenti di pure acque cristalline capaci di rendere sano e pulito l’habitat a favore di tutti i suoi abitanti; può invece ricevere, come purtroppo spesso avviene oggi, l’apporto di acque putride e maleodoranti che inquinano e intorbidano le acque, rendendo l’ambiente del lago pericoloso e invivibile per tutti gli esseri viventi che contiene.
L’educazione ai ruoli sessuali, all’amore, alla vita di coppia e alla famiglia è, quindi, essenziale. Anche l’amore ha bisogno di bravi insegnanti, di ottimi programmi didattici, di validi tirocini come di molti esempi positivi.
Se, come per tutte le altre aree educative, i migliori insegnanti sono i genitori, questi devono necessariamente esserci entrambi; devono essere disponibili a questo difficile compito; devono essere capaci di effettuare questo tipo d’educazione e, infine, devono potersi e sapersi attivare nel miglior modo possibile.
Abbiamo detto che devono esserci entrambi in quanto, nell’età infantile, nell’adolescenza come nella giovinezza, il padre e la madre devono dare ai figli le conoscenze e gli apporti educativi specifici. Per Di Pietro “La presenza della doppia figura genitoriale è necessaria non solo nelle prime fasi della vita ma anche durante tutto il corso dell’età evolutiva…”[2]
Una figlia dovrebbe imparare dalla madre il mestiere di donna e di moglie. Una madre deve riuscire a far capire alla figlia che cos’è un uomo, quali sono i suoi bisogni, quali le sue possibilità e potenzialità ma anche quali sono i suoi limiti. Allo stesso modo un padre deve riuscire ad educare un figlio per prepararlo ai ruoli futuri, in modo tale che sappia ben rapportarsi con la moglie e con i nuovi nati.
Vi sono degli elementi educativi indispensabili alla vita di coppia e familiare. Quando questi elementi sono stati efficacemente sviluppati, le possibilità di vivere bene l’una e l’altra condizione aumentano notevolmente. Al contrario, quando l’educazione non è finalizzata ad un armonico ed equilibrato rapporto con il partner ma ha come obiettivi la conquista della propria individualità, libertà e autonomia, i sacrifici e le rinunce presenti nella vita di coppia e familiare appariranno insormontabili.
Purtroppo nel campo educativo non solo come dice Dacquino la generazione dei quarantenni non ha tempo o non è capace di educare i figli, in quanto troppo impegnata tra carriera, lavoro e attività ludiche[3] ma la sfiducia e la disistima tra i due sessi, che sono montate enormemente in questi ultimi decenni, inviano, sia con l’esempio sia con le parole, messaggi fuorvianti. Sono messaggi fatti di sospetto, acredine e aggressività nei confronti del sesso opposto e di conseguenza anche nei confronti della funzione materna, paterna e del ruolo genitoriale.
Spesso, inoltre, i genitori di oggi sempre più alle prese con vecchi e nuovi amori, fanno partecipi i figli dei loro travagli sentimentali e delle loro delusioni, instaurando con i minori dei rapporti d’amicizia e confidenza che nulla hanno a che fare con le funzioni di guida e sostegno che dovrebbero essere appannaggio della funzione genitoriale. Molto spesso si invertono i ruoli e pertanto, dovrebbero essere i figli a consigliare, guidare e sostenere i genitori e non viceversa. Cosa evidentemente impossibile e deprecabile, perchè deleteria.
[1] ALBISETTI, V., (1994), Terapia dell’amore coniugale, Paoline, Milano,1994, p.44.
[2] DI PIETRO, M. L., (1994), “Educare alla differenza sessuale in famiglia”, in La famiglia, 164, anno 28, marzo – aprile, p. 46.
[3] DACQUINO, G.,(1996), Che cos’è l’amore, Mondadori, Milano, p. 55.