L'ANTICO PATTO TRA UOMINI E DONNE
Era quasi sera quando il cacciatore, dopo aver legato con un doppio nodo la preda ad un lungo bastone, fece ritorno al suo rifugio. Il sole lanciava gli ultimi bagliori sanguigni mentre egli avanzava lento, nonostante la sua forza e la sua mole. Gli pesava la stanchezza di una giornata trascorsa fuori dal suo rifugio, a scovare prima, e poi ad inseguire e uccidere le possibili prede. Gli pesava lo stress della lotta con la bestia che finalmente era riuscito ad intrappolare tra due grandi rocce. Gli pesava soprattutto la fatica di averla dovuta squartare con dei mezzi rudimentali come il coltello di selce che teneva nella bisaccia. E poi c’era la profonda ferita che l’animale, in un impeto di rabbia e di collera, aveva provocato con una zampata, alla sua coscia nuda. Ferita che rendeva dolorante e debole ogni suo passo. Nonostante avesse preso solo le parti più appetitose e facili da utilizzare, quella carcassa sembrava ad ogni passo più pesante man mano che dalla ferita della coscia, ad intervalli, il sangue fluiva lentamente ma inesorabilmente mischiandosi a quello dell’animale che colava dalla spalla. Tra la sua tana e il viottolo dove arrancava dolorante, vi era ancora una collina, che la mattina aveva percorso spedito, ma che ora sembrava ergersi immensa e nera a bloccare il suo doloroso e straziante cammino. Pensò di riposarsi, sedendosi su un masso per qualche momento, prima di affrontare la salita, quando vide avanzare verso di lui una femmina umana. Era sola e molto più piccola di lui. Spesso lo vedeva, il gruppo delle femmine, trascinarsi con i loro piccoli a debita distanza dai maschi, per paura della loro violenza. Le vedeva raccogliere le erbe, le radici e i resti delle prede che i maschi disdegnavano. Quel viso non gli era nuovo, l’aveva riconosciuta come una delle donne con le quali si era accoppiato in primavera, sebbene adesso il corpo, piccolo, fragile e minuto, fosse gonfio e deforme per l’imminente nascita di una nuova creatura. Nonostante il dolore atroce della sua ferita pensò, con tristezza, a ciò che probabilmente sarebbe accaduto fra poche settimane. Quella femmina dagli occhi teneri e grandi, era troppo gracile per sopportare le fatiche del parto ed il lungo allattamento. Con molta probabilità sarebbe morta e con lei la creatura che portava in grembo. Lo stesso destino, probabilmente, sarebbe toccato ai piccoli, se ne aveva e se ancora non erano in grado di badare a se stessi. La loro razza, la razza umana, già di numero così modesto, avrebbe perduto ancora una volta alcuni suoi preziosi componenti, mentre gli altri animali, più forti, più veloci, più aggressivi, aumentavano di numero e coprivano, con le loro scorribande, spazi sempre più vasti di territorio. Chissà se qualcuno l’avrebbe seppellita per evitarle l’ultima offesa da parte delle belve. Pensò che, come tutte le femmine in quello stato, le sarebbe stato impossibile per mesi cacciare anche piccole prede, e che l’aveva seguito nella speranza di prendere una parte, anche se non le parti migliori, dell’animale da lui ucciso per sfamare se stessa ed i suoi cuccioli umani.
In un altro momento, tranne che nei periodi dell’accoppiamento, avrebbe scacciato con un urlo quell’essere piccolo e fragile che lo guardava in attesa, ma quella sera doveva risparmiare le sue forze, indispensabili per arrivare alla sua dimora, per cui accettò che gli si avvicinasse. Non temeva che potesse rapirgli la preda. Volendo, anche così ferito, aveva forza sufficiente per ucciderla con una sola mano. Le femmine, più piccole e fragili, si rendevano pericolose solo quando assalivano in gruppo un maschio solitario.
La donna portava una ciotola d’acqua che offrì al cacciatore. Accettò. Non che ne avesse bisogno: anche lui portava sempre con sé un piccolo otre pieno d’acqua. Accettò perché ricordò di essere stato bene con lei nel periodo degli amori. Accettò perché gli occhi di lei, grandi e teneri, non avevano nulla di aggressivo e perché era troppo stanco per far valere la sua forza e la sua capacità di autonomia.
Ma dopo, e questo era la prima volta che gli capitava, acconsentì a che lei pulisse bene e curasse la sua ferita, mettendovi sopra delle foglie cicatrizzanti e disinfettanti. E, dopo, accettò di riposarsi un attimo, ma solo un attimo, nella caverna che era il rifugio di quella donna. Caverna che era nascosta in un anfratto proprio là, vicino al sentiero che percorreva ogni giorno per inoltrarsi nella foresta.
Quando si svegliò dopo un sonno popolato da incubi, invece, il sole era già alto nel cielo ed una lama di luce penetrava dall’ingresso della grotta fino ai suoi piedi. La donna non c’era. Si guardò intorno ma non trovò ciò che immaginava: non trovò lei e non trovò i suoi piccoli. Forse erano tutti fuori, alla ricerca di cibo.
Quando dopo qualche tempo la vide, era sola. Nella caverna semibuia appariva ancora più scarna e minuta, mentre l’addome gonfio sembrava non facesse parte di lei. Solo gli occhi fiammeggiavano come mai gli era capitato di vedere. La osservò, con difficoltà, accoccolarsi a terra, cercando la sua gamba per controllare la ferita. Mentre guardava la donna che con mani esperte e delicate cambiava la medicazione con altre foglie e altre erbe, un pensiero nuovo e diverso si insinuò nella sua mente: un patto.
Sì, voleva proporre un patto a quella donna. Un patto che fosse utile ad entrambi. Un patto di aiuto e sostegno reciproco. Aveva già in mente cosa avrebbe chiesto e cosa era disposto a dare se lei avesse accettato.
Quali furono i termini esatti di quel primo contratto non ci è dato sapere. Sappiamo, invece, gli esiti che produsse. Da quel giorno, ogni volta che il cacciatore tornò nella grotta trovò ad attenderlo un sorriso, un abbraccio ed un bacio. Da quel giorno mani esperte curarono le sue ferite ed il suo corpo martoriato dalla stanchezza, mentre parole e carezze curavano il suo spirito.
Da quel giorno qualcuno cucinò, come mai lui era riuscito a fare, le sue prede. Da quel giorno la sua grotta più pulita e ordinata sembrò anche molto più calda, grande e accogliente.
In cambio, da quel giorno, la donna non fu più costretta ad andare lontano per strappare agli altri animali o rubare agli uomini, un po’ di cibo, cosa che a mano a mano che procedeva la gravidanza, diventava sempre più difficile. Da quel giorno nessuno osò più farle violenza o approfittare di lei, sapendo che aveva come compagno un uomo coraggioso, robusto e forte. E quando, dopo qualche mese, diede alla luce la sua creatura, riuscì ad allattarla senza alcun problema, perché il suo corpo, più robusto e pieno, poteva offrire abbondante nutrimento. Inoltre, giacché in lei non c’era più quell’ansia e quella paura che l’attanagliavano fin da piccola, la nenia dedicata a quel bambino era più dolce ed efficace per procurare sonni sereni e felici rispetto a quella delle altre donne più aggressive, insicure, incerte ed agguerrite.
In seguito, per la prima volta, accaddero altri inattesi eventi. I figli di quella prima coppia, che si era formata ai piedi della collina, stranamente erano non solo più robusti e forti degli altri piccoli umani, come ci si poteva attendere in quanto erano stati nutriti meglio, ma erano anche più intelligenti, sereni, equilibrati e interiormente forti. Meno aggressivi degli altri, utilizzavano, più che la forza bruta, la ragione, nello scovare il cibo o nel difendersi dai nemici. Più socievoli e con più capacità di integrazione divennero, in breve i leader indiscussi del gruppo di umani.
Dopo quel primo contratto riuscito, ne furono stabiliti molti altri che contribuirono a diffondere, su tutto il pianeta, degli esseri umani particolarmente adattabili, intelligenti, coraggiosi ed equilibrati.
Nonostante la riuscita di quel patto, giacché come per tutti i contratti anche quello creava obblighi e limiti sgradevoli che si volevano eliminare, negli anni e nei secoli successivi non si contano i tentativi per cambiare in tutto o in parte alcune clausole. Ma quasi tutti i tentativi fallirono miseramente fino a quando… fino a quando le condizioni ambientali sembrarono tutte favorevoli per un cambiamento epocale e radicale.
Abbiamo voluto raccontare questa piccola storia perché oggi è veramente difficile capire che cosa è successo e perché. E’ difficile capire su cosa si basava il patto che ha legato uomini e donne per migliaia di anni. Tanto difficile che le false storie, su questo antico, primordiale rapporto, attecchiscono molto meglio di una probabile verità. Questo purtroppo avviene non solo tra persone ignoranti ma anche, il che è più grave, tra persone colte.
Tratto da "Uomini e donne al bivio - Quali strade per l'amore?" di E. Tribulato