L’aggressività può essere espressa in vari modi.
Aggressività indiretta
In questi casi la persona da colpire viene attaccata in modo obliquo. Per recarle del male si usa la maldicenza, la calunnia, l’ironia, le insinuazioni e le critiche denigratorie con lo scopo di porre quella in cattiva luce, sminuendone le qualità o cercando di colpevolizzarla.
Lo spostamento dell’aggressività
Non sempre le manifestazioni aggressive sono indirizzate contro la o le persone che le hanno provocate. Vi sono delle persone che è molto difficile odiare e tantomeno aggredire, giacché questo comportamento potrebbe generare dei conflitti interiori, dei sensi di colpa molto intensi oppure un danno personale o sociale. Pertanto l’aggressività viene trasferita su un bersaglio più sicuro e socialmente accettabile. In questi casi non potendo o sapendo reagire adeguatamente, si finisce con lo sfogare la rabbia non sul reale oggetto che l’ha provocata, ad esempio i genitori, il capufficio o la persona importante che non si ha il coraggio o non è conveniente affrontare, ma su un obiettivo meno temibile e più facilmente raggiungibile, che fa da capro espiatorio.
Quest’obiettivo può essere di volta in volta il proprio marito o la propria moglie, i figli, gli insegnanti o le persone di diverso colore, lingua, etnia: gli stranieri, gli emigranti, i rom ecc. Anche gli oggetti e gli animali possono subire le conseguenze dell’aggressività dislogata. Per tale motivo il maltrattamento degli animali può spesso far prevedere in un futuro anche episodi di violenza nei confronti delle persone[1]. Per Hacker [2]: “L’aggressività che non si osa manifestare nei confronti del più forte viene sfogata contro il più debole. Si urla con i figli perché si è presa una sfuriata dal capufficio senza aver avuto il coraggio di rispondergli per le rime”.
Rimozione dell’aggressività
L’aggressività può essere rimossa nell’inconscio da parte del super Io per evitare conflitto con l’ambiente. Tuttavia l’eccesso di aggressività rimossa a livello inconscio può generare a sua volta angoscia che tende a sfogarsi e scaricarsi in maniera esplosiva e regressiva [3].
E ancora lo stesso autore [4]:
“Il controllo voluto dell’aggressività che si ottiene manipolando l’angoscia con punizioni e minacce può, attraverso l’angoscia e per causa sua, diventare motivo e causa dell’aggressività. L’angoscia porta alla rimozione; la rimozione eccessiva produce l’angoscia incontrollata che si manifesta con l’apatia, con l’aggressività esplosiva, con una combinazione di letargo e ansia o con continui risentimenti e sintomi nevrotici”.… “ “A seconda delle circostanze, dunque, l’angoscia causa o controlla l’aggressività, la inibisce o la scarica”.
La dissociazione dell’aggressività
Un’altra forma di reazione aggressiva è la dissociazione descritta da Freud. In questi casi, una parte della personalità nascosta nega che l’evento aggressivo sia veramente accaduto, mentre, contemporaneamente, un’altra parte della personalità continuerà a crederci.
La rabbia e la collera
In entrambi i sessi, le manifestazioni più clamorose dell’aggressività si evidenziano mediante la rabbia e la collera. Per quanto riguarda la distinzione tra rabbia e collera, la prima è un’emozione, mentre la collera è il comportamento conseguente a questa emozione. Pertanto si prova rabbia e si agisce in modo collerico. Quando giudichiamo assolutamente inaccettabile il comportamento durevolmente prevaricatore, frustrante o aggressivo degli altri nei nostri confronti, l’istinto di sopravvivenza fa attivare delle intense emozioni rabbiose che esplodono in manifestazioni improvvise, travolgenti ed eclatanti di collera.
La rabbia mobilita tutte le energie fisiche necessarie a difendersi, minacciare e colpire chi si ritiene nemico o avversario. In questi casi il corpo è posto in una posizione di difesa e di offesa, teso e pronto a scattare e a scatenare una lotta per eliminare o rendere innocuo l’avversario. Per ottenere ciò, durante tutto il tempo della reazione emotiva, sono stimolate le ghiandole che portano alla produzione degli ormoni adrenalinici e noradrenalinici, i quali provocano un aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca. In tal modo tutto l’organismo è pronto a far fronte alla straordinaria e improvvisa richiesta energetica.
Questa reaziona primordiale si manifesta visibilmente con dei cambiamenti nel volto, nella postura, nel tono e nell’intensità della voce. In questi casi il viso, a volte rosso, in altri casi chiaramente paonazzo, è sconvolto dalla tipica espressione rabbiosa: la bocca, i denti e le mani, stretti per l’aumento della tensione muscolare, sono pronti ad aggredire, mordere o colpire la persona o le persone che si ritengono avversari minacciosi. Anche gli occhi iniettati di sangue comunicano a chi ci sta di fronte biasimo e desiderio di repressione e violenza, così da fargli capire di essere pronti ad attaccare. Picozzi [5] così la descrive: “Il soggetto che la prova si presenta con sopracciglia abbassate e ravvicinate, rughe verticali, sguardo fisso, palpebre superiori abbassate, labbra strette e con gli angoli diritti o abbassati, muscolatura tesa, pugni serrati”.
La rabbia è più intensa quando si attribuisce all’altro la volontà di ferire, quando si ha la sensazione che la persona che ci fa stare male commetta un sopruso o una mancanza di riguardo nei nostri confronti.
Nella reazione collerica sia del bambino sia degli adulti, è presente spesso una cieca irrazionalità. Questa spinge a comportamenti che difficilmente sarebbero stati attuati in una situazione di tranquillità e serenità interiore. Il bambino, ad esempio, nei momenti di collera prende a pugni e quasi vorrebbe e desidererebbe l’eliminazione e la distruzione dell’ostacolo frapposto all’esaurimento del suo desiderio, anche se si tratta di una persona che in quel momento è per lui fondamentale e molto amata, come potrebbe essere un genitore. Anche l’adulto è spinto a pronunciare frasi e parole e a compiere gesti dei quali, in un momento successivo, amaramente si pente, giacché li giudica assolutamente sproporzionati e fuor di luogo.
Purtroppo in questa condizione particolare, la mente, accecata dall’odio e dal bisogno di far del male, mira soltanto a scegliere la migliore strategia di difesa o di offesa, trascurando le conseguenze degli atti aggressivi che si stanno per compiere. Per tale motivo le capacità razionali sono molto ridotte, tanto che in un momento successivo siamo incapaci di spiegare le nostre ragioni con chiarezza. Inoltre, sconvolti dal risentimento, sopravvalutiamo le offese e i comportamenti, gli atteggiamenti e le caratteristiche negative dell’altro, mentre sottovalutiamo ampiamente quelli positivi. In definitiva, accecati dall’ira, si rimane preda di una spirale distruttiva ma, a volte, anche autodistruttiva. Solo in seguito, ristabilita una maggiore serenità, ci si pente per quanto desiderato, pronunciato e manifestato in quei momenti. Tuttavia la rabbia non è soltanto un’espressione negativa da cancellare; rappresenta anche una risposta a una minaccia, alla frustrazione, e ci aiuta a combattere per la nostra sicurezza, fornendoci l’energia emotiva e fisica per risolvere un problema[6].
Sia le emozioni della rabbia sia le sue manifestazioni di collera, diminuiscono notevolmente quando riusciamo a scaricarle sulla persona che le ha provocate. Solo allora, solo quanto rispondiamo e scarichiamo l’aggressività attaccando la persona che avvertiamo come fonte di minaccia psicologica e causa del nostro grave malessere, la tensione diminuisce e ritroviamo uno stato di momentaneo e parziale benessere. Quando ciò non è possibile o non è conveniente, queste emozioni e manifestazioni possono essere dirette su animali, persone o cose assolutamente innocenti.
Pertanto le manifestazioni aggressive producono, almeno momentaneamente, delle sensazioni piacevoli e gratificanti. Abbiamo sottolineato almeno momentaneamente, poiché, in un momento successivo, “a mente fredda”, spesso ci vergogniamo per quanto abbiamo detto e fatto e, potendo tornare sui nostri passi, in molti casi cancelleremmo o modificheremmo molti dei nostri atti provocati e gestiti dalla rabbia.
Certamente sono importanti gli stimoli negativi che hanno scatenato la rabbia, ma è altresì importante anche il cervello che elabora questi stimoli. Per tale motivo ogni persona reagisce con un suo particolare modo agli stimoli negativi e stressanti che provengano dal mondo esterno, in base alla sua personalità e ai suoi vissuti del momento. Pertanto sia la rabbia, sia le manifestazioni di collera hanno notevoli caratteristiche di soggettività.
Le manifestazioni della collera
La collera disinibita si manifesta immediatamente dopo un evento sgradevole in modo esplosivo, mentre la collera inibita o collera silenziosa, come la chiama Meazzini [7], si accumula nel tempo, rischia di trasformarsi in odio gelido e implacabile e si può esprimere in modo violento con scoppi d’ira, solo in un momento successivo. Quest’ultimo tipo di collera è presente soprattutto nelle persone molto attente al rispetto formale o alle reazioni negative degli altri. Queste persone riescono a tenere a bada o a mascherare e inibire la rabbia per un periodo più o meno lungo, pur di non compromettere la loro immagine. Tuttavia questa emozione violenta non scomparendo, si accumula nell’animo, fino a quando l’individuo non è più capace di contenerla. Quando la tensione raggiunge livelli troppo alti, esplode in atteggiamenti d’ira agitata e scomposta, a volte anche per piccole offese. Insomma in queste persone apparentemente controllate è la goccia quella che fa traboccare il vaso.
Per quanto riguarda l’intensità, la collera si può manifestare con molte gradazioni. Il Meazzini [8] riporta la scala di Potter Efron R. e Potter Efron P. i quali distinguono vari livelli di collera:
- Nel primo livello la collera si esprime in modo apparentemente sereno e tranquillo.
- Nel secondo livello la persona che si sente ingiustamente colpita o offesa, ignora l’altro e risponde alle sue domande con un prolungato silenzio. Come dire: “Sono molto seccato con te, lasciami in pace”.
- Nel terzo livello la persona offesa cerca di far sentire in colpa e vergognare l’altro per quello che le ha fatto.
- Nel quarto livello sono presenti litigi con grida e ingiurie verso l’altro.
- Nel quinto livello sono lanciate verso l’altro delle vere e proprie minacce.
- Nel sesto sono attuati dei veri atti persecutori.
- Nel settimo livello è presente una violenza controllata nella quale rimane un barlume di razionalità.
- Nell’ottavo livello, il più grave, è presente la cosiddetta rabbia cieca, che è anche la più primitiva. In questa condizione scompare ogni barlume di razionalità.
Le conseguenze della collera
Se le manifestazioni dell’aggressività sono rare e sono sollecitate da gravi motivi, hanno una funzione positiva giacché servono a proteggerci dalle prevaricazioni degli altri. Se invece si mostrano frequentemente o in modo eccessivo sono di grave nocumento alla persona, agli altri e alla società e dovrebbero costituire un campanello dall’allarme per le persone che stanno loro vicine. Queste dovrebbero riuscire a capire le cause più vere e profonde di tali eclatanti manifestazioni e trovare i rimedi più utili.
Nonostante le manifestazioni aggressive producano a volte piacere e gratificazione, queste non solo creano dipendenza come la maggior parte degli stupefacenti ma non sono innocue per l’organismo, come a volte si pensa. Il corpo, sottoposto a un costante e notevole stato d’allarme, rischia di subire delle ripercussioni negative, soprattutto nell’apparato cardiovascolare. Inoltre l’individuo sarà inevitabilmente costretto ad affrontare le conseguenze, spesso molto gravi dei suoi comportamenti aggressivi: la perdita delle relazioni con i simili e con l’altro sesso; l’insorgere di sensi di colpa e d’indegnità. Inoltre sarà costretto a rispondere dei suoi atti in sede legale e sociale.
Tratto dal libro di Emidio Tribulato: “Ti odio!”- Conflitto e aggressività e violenza tra i sessi”.
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[1] Bèque L. (2014), “Dalla crudeltà alla violenza”, Mente e cervello, n. 113, maggio p, 89.
[2] Hacker F., (1971), Aggressività e violenza nel mondo moderno, Edizioni il Formichiere, Milano, p. 147.
[3] Hacker F., (1971), Aggressività e violenza nel mondo moderno, Edizioni il Formichiere, Milano, p. 147.
[4] Hacker F., (1971), Aggressività e violenza nel mondo moderno, Edizioni il Formichiere, Milano, p. 148.
[5] Picozzi M., (2012), “Mente e Cervello”, n. 90, giugno p. 29.
[6] Picozzi M., (2012), “Mente e Cervello”, n. 90, giugno p. 29.
[7] Meazzini P. (2006), L’ira di Achille, come dominare la collera, quando è necessario, Milano, Giunti, pp. 8.
[8] Meazzini P. (2006), L’ira di Achille, come dominare la collera, quando è necessario, Milano, Giunti, pp. 10 – 11.