La personalità e le esperienze familiari degli sposi sono fondamentali per la riuscita d’un matrimonio. Per Albisetti “La personalità è una realtà molto complessa. E’ il risultato di migliaia di processi psichici per lo più legati a esperienze e ricordi infantili, a sensi di colpa e a sensi di inferiorità”.[1]
Quando la personalità è alterata si manifestano numerose patologie come il disturbo antisociale di personalità, le caratteropatie, le nevrosi o peggio, le psicosi. Aumentano notevolmente le dipendenze: da fumo, alcool, sostanze stupefacenti, gioco d’azzardo. Queste patologie non solo sono deleterie nei confronti della prole, ma spesso mettono in crisi o in serie difficoltà il rapporto di coppia.
Per quanto riguarda le nevrosi, la vecchia e abbandonata definizione indicava come persone nevrotiche quelle che soffrivano molto, ma che molto facevano soffrire anche gli altri. Questa doppia sofferenza interna ed esterna la si ritrova frequentemente nei soggetti che lamentano questo tipo di conflittualità interiore che porta ad una serie di sintomi i quali, non solo disturbano la persona interessata, ma alterano anche le relazioni, specialmente le relazioni intime e profonde come quelle di coppia e familiari.
La persona soffre perché non sta bene con se stessa; soffre a causa d’un amore materno o paterno mai avuto o avuto male; soffre perché turbata dall’ansia, da acuti ed intollerabili sentimenti di colpa o depressione; soffre torturata dalle paure o peggio, dalle ossessioni.
Vi è la fame del corpo ma anche quella del cuore, cioè dell’affetto. Questo tipo di fame riguarda i tossicodipendenti, i barboni, gli emarginati ma anche le persone che conducono una vita apparentemente “normale”.
Nessuno può, infatti, ridare ad un figlio o ad una figlia l’amore o il rispetto per i suoi bisogni ed esigenze che gli sono stati negati durante l’infanzia. Nessuno può ridare un padre o una madre assente. Nessuno è in grado di dare l’accoglienza e l’ascolto mai avuti. Si accentua l’insoddisfazione nella relazione di coppia anche perché, nei disturbi nevrotici, spesso è coinvolta la sessualità che può assumere elementi patologici: impotenza, frigidità, eiaculazione precoce, parafilie. Inoltre, non potendo dare ciò che non si è avuto, risultano alterate o diminuite le capacità di dialogo, cura e tenerezza.
A sua volta la nevrosi fa soffrire gli altri in quanto, i vissuti patologici hanno un impatto negativo sulle persone con le quali essi entrano in contatto. In particolar modo è alterata la relazione con le persone con le quali essi vorrebbero stabilire un rapporto intimo, pieno e profondo. Queste persone, volenti o nolenti, sono coinvolte da questa sofferenza e soffrono anch’esse.
Come non rimanere coinvolti dall’ansia che, come un vento impetuoso, agita e sconvolge l’animo di chi ci sta vicino? Ansia che si manifesta nella vita d’ogni giorno con immotivate paure per una molteplicità di eventi e situazioni che lasciano le persone sane assolutamente indifferenti?
Come non essere coinvolti quando la malinconia, la tristezza, l’apatia e l’astenia si allargano come un fiume vischioso e nero in una relazione affettiva o peggio in una famiglia che avrebbe bisogno, invece, di luce, calore, gioia e vivacità?
Come non essere coinvolti quando l’aggressività, la disforia, l’irritabilità e l'estrema variabilità d’umore, presenti nei soggetti con labilità psichica rendono difficile, se non impossibile, il dialogo, l’ascolto e la relazione?
Alcuni nevrotici non stanno bene con se stessi se non aggrediscono qualcuno. Essi trovano la loro identità nell’aggressione.[2] L’aggredire, il creare scompiglio, l’usare un tono polemico, esasperante, analitico, su ogni cosa che l’altro dice o fa, serve loro a scaricare e a ridurre la tensione interiore che risente dei problemi o delle carenze del passato ma che non ha alcuna relazione con la realtà attuale la quale, in definitiva, “ viene usata” per raggiungere lo scopo di cui sopra. Investiti dall’aggressività, a volte motivata solo da minimi appigli se non totalmente ingiustificata, è difficile essere indifferenti.
Questo tipo di comportamento non può non provocare una reazione negativa dell’altro, fatta di altrettanta aggressività, chiusura o allontanamento. Si instaura così una relazione conflittuale nella quale sono usati tutti i mezzi di difesa e di offesa, con esiti sicuramente poco costruttivi. In ogni caso vengono ad essere sconvolti la serena relazione ed il dialogo. Quest’ultimo molte volte si interrompe per breve tempo. Vi è però il rischio, nel caso in cui l’esasperazione diventi frequente e notevole, che il dialogo si interrompa per sempre.
Importante è, inoltre, l’autostima. Se una persona non si piace, non si stima, non ha fiducia in se stessa, non può amare e aver stima dell’altro.
Tutti i disturbi psichici rendono difficile il rapporto ed il dialogo con gli altri oltre che con se stessi, anche perché spesso accentuano i bisogni, che diventano infiniti, difficilmente comprensibili e quindi non possono in alcun modo essere soddisfatti. In questi casi è un continuo lamentarsi di ciò che l’altro dà o non dà; fa, non fa, o del modo con il quale l’altro si comporta.
Anche se litigare non vuol dire non amarsi e anche se, a volte, il litigare è liberatorio, il permanere d’un comportamento litigioso è, sicuramente, indice d’una patologia nel rapporto, ma il più spesso è indice della patologia d’una o di entrambe le persone che vivono questo rapporto.
Tutte le problematiche psichiche sono in netto aumento nell’attuale ambiente sociale, a causa delle notevoli carenze educative e a motivo del mancato rispetto della fisiologia del bambino durante la sua crescita. Queste problematiche psicologiche sono soprattutto in aumento nelle coppie in quanto, nel momento in cui si formano le unioni affettive, manca il filtro familiare e sociale che dovrebbe impedire ai soggetti affetti da problematiche psichiche di legarsi con altri, nel vincolo coniugale.
Questo filtro era presente ed agiva quando i matrimoni, in tutto o in parte, erano combinati, guidati o comunque controllati dai genitori o dall’ambiente sociale. Faceva da filtro la voce popolare che, conoscendo le caratteristiche di personalità dei giovani, indicava chi era in grado di gestire una famiglia e un rapporto di coppia e chi no. Fungevano da filtro i genitori e i parenti dei due giovani i quali, essendo ritenuti responsabili della riuscita del legame e delle caratteristiche dei figli che proponevano per il matrimonio, erano stimolati a selezionare chi, dei loro figli, era in grado di sposarsi e chi non era conveniente che facesse questo passo importante.
Questi due filtri, quello sociale e quello familiare, sono oggi totalmente assenti, in quanto sono i giovani che si cercano, si scelgono, decidono se avere o non rapporti sessuali ma anche quale tipo d’unione stabilire tra loro: se di convivenza, di matrimonio o di semplice affettuosa amicizia.
A volte si spera che la vita di coppia curi l’immaturità o i disturbi psicologici. Ciò è vero, ma solo in parte. Un buon rapporto amoroso può migliorare un lieve problema psicologico ma certamente non lo elimina, né lo risolve.
[1] ALBISETTI, V., (1994), Terapia dell’amore coniugale, Paoline, Milano, p.38.
[2] ALBISETTI, V., (1994), Terapia dell’amore coniugale, Paoline, Milano, p.112.