Molti di noi, se non proprio tutti noi, desidereremmo avere qualità e capacità speciali ed eccezionali. È difficile accettare i nostri limiti fisici e psicologici. Pertanto i video-giochi, i fumetti, i film e i telefilm dov’è presente qualche super eroe sono seguitissimi non solo dai bambini ma anche dagli adulti che rimangono estasiati nel vedere le incredibili performance di queste donne e questi uomini più vicini e simili agli dei che non ai comuni mortali. Per lo stesso motivo il bisogno di avere qualità “super” non fa disdegnare a molti, soprattutto se giovani, di indossare qualche maglietta con immagini di Batman, Superman,Wonder Woman Spiderman, forse sperando che qualcosa del loro eroe preferito passi sul loro corpo.
Se poi dai mezzi di comunicazione di massa ci viene suggerito quotidianamente che le nostre potenzialità sono molto ma molto maggiori di quelle che normalmente utilizziamo nella vita di ogni giorno, il gioco è fatto: noi siamo certi di poter fare sempre di più e sempre meglio e guai a chi cerca di ridimensionare i nostri sogni e le nostre aspirazioni suggerendoci di fare “poche cose e bene, piuttosto che tante cose e male”.
Ciò vale per entrambi i sessi ma da qualche decennio vale soprattutto per le donne, le quali per tanti giornalisti e commentatori della tv, avrebbero tante e tali qualità da permettere loro di affrontare una moltitudine d’incombenze quotidiane senza alcun problema. Il cosiddetto “genio femminile” a dire di questi consentirebbe loro di affrontare con la stessa grinta e naturalmente con loso e senza particolari difficoltà, una molteplicità di attività, impegni e interessi.
A dire di questi giornalisti e commentatori ogni donna potrebbe tranquillamente occuparsi dei propri figli seguendoli attentamente nei vari momenti della loro vita: allattandoli con amore quando sono piccoli; educandoli negli anni della loro crescita; seguendoli negli apprendimenti scolastici; aiutandoli nei momenti di difficoltà della loro esistenza.
Le stesse donne, contemporaneamente, sarebbero anche in grado di essere figlie attente e affettuose verso gli anziani genitori, nonché consorti, compagne o fidanzate appassionate nei confronti dei loro uomini, così da offrire a questi ultimi non solo l’ascolto e le attenzioni necessarie ma anche l’amicizia e l’instancabile sostegno per affrontare insieme le avversità della vita. Inoltre, sempre le stesse donne, se ben motivate, fuori dalle loro case e dalle loro famiglie, sarebbero in grado di dedicarsi in maniera instancabile, con intelligenza e capacità a qualunque tipo di lavoro da loro scelto, così da offrire alla società il proprio prezioso apporto.
Se, ad esempio saranno chiamate a svolgere in una scuola il lavoro di docenti saranno sicuramente pronte ad ascoltare, insegnare e seguire per molte ore al giorno con amore, pazienza e dedizione gli alunni a loro affidati. Se invece il loro impegno lo vorranno dedicare alla produzione o a qualche ufficio pubblico o privato, non mancheranno certo di offrire alla società il prodotto delle loro mani e del proprio ingegno. Se poi vorranno svolgere dei compiti ancora più ardui, stressanti e fisicamente impegnativi, compiti che un tempo erano assegnati solo al sesso forte, come pilotare un aereo, o condurre da militari qualche importante, pericolosa missione, non si tireranno certamente indietro e utilizzeranno tutte le loro personali doti fisiche e psichiche per portare a buon fine ogni missione ad esse affidata. Insomma a ogni donna tutto sarebbe possibile e tutto potrebbe far bene, se solo da parte della società venisse loro concesse disponibilità, fiducia e sostegno.
Lo stesso discorso potrebbe valere per gli uomini, se solo questi riuscissero a scrollarsi di dosso una certa innata pigrizia e la nostalgia del bel tempo antico che tenderebbe a legarli e restringerli ad antichi e sorpassati ruoli.
Anche loro, come le donne, potrebbero contemporaneamente essere in grado di allevare ed educare i bambini anche piccoli; cucinare e attivarsi in tutti i lavori di casa; essere entusiasti e ottimi compagni per le loro donne; non mancherebbero di assistere amorevolmente i propri genitori oltre ad offrire, naturalmente il loro ingegno anche nel campo del lavoro, nell’agone politico, nel sindacato e perché no anche nel volontariato.
Le aspettative
I benefici dovuti a una molteplicità d’impegni dovrebbero essere molti:
- dalle tante e diverse occupazioni tutti noi potremmo attingere maggiori gratificazioni ;
- si potrebbe produrre maggiore ricchezza così da offrire alla società e alle nuove generazioni migliori possibilità culturali, sociali ed economiche;
- dai numerosi incontri offerti dalla varie attività intraprese, ci si potrebbe maggiormente arricchire umanamente e culturalmente
La realtà
Nonostante questi benefici sembrino, a prima vista, concreti e a portata di mano, tuttavia non sempre le cose procedono come desiderato, cercato e sperato. I motivi sono tantiInnanzi tutto il tempo necessario per fare tutto quanto si vorrebbe e si è stimolati a fare, spesso non c’è e quando si riesce a ritagliarlo, si ha spesso la netta sensazione che si tratti appunto di “ritagli”, che ci si affanna a dedicare a volte a se stessi, altre volte ai figli, ai vecchi genitori, al lavoro, alla politica, alle amicizie, agli amori ecc. E con i ritagli, lo sanno bene le sarte, è difficile confezionare un vestito che si rispetti, tranne che non si voglia fare un ridicolo abito di arlecchino, buono soltanto a far ridere durante le feste di carnevale.
Inoltre spesso, quando le nostre occupazione e i nostri impegni sono numerosi ed eccessivi, quando rincorriamo il tempo che tuttavia avvertiamo sfuggirci di mano, notiamo, e dentro di noi ci disperiamo, accorgendoci che le nostre azioni mancano di entusiasmo, spessore e ricchezza, così che non riusciamo ad andare oltre la superficie delle cose e elle relazioni. Questo è più evidente quando siamo costretti ad occuparci più di persone che non di oggetti.
In questi casi non è raro essere ben consapevoli di non avere il tempo necessario per tessere relazioni profonde, dialoghi veri, attenzioni proficue, giacché la stanchezza e lo stress accumulato giorno per giorno ci impediscono di ascoltare con la necessaria chiarezza e pazienza. Stress e stanchezza e fretta ci rendono inoltre difficile approfondire e meditare sui problemi che di volta in volta dovremmo saper affrontare e risolvere.
Ci accorgiamo ben presto che le gratificazioni sperate vanno frequentemente in fumo, giacché gli altri, prima o poi, ci faranno notare le nostre carenze: l’ansia, la fretta eccessiva e la superficialità con la quale cerchiamo di affrontare i vari impegni. C’è lo fanno notare i nostri figli: “Perché mamma corri sempre anche quando sei a casa e non parli e giochi mai con me?” “Perché papà è sempre in ufficio fino a tardi e non lo vedo se non la sera per il bacio della buona notte?” “Perché quando la mattina ci alziamo gridate sempre e ci fate tanta premura?” C’è lo fanno notare i nostri partner: il marito, la moglie, il nostro compagno, la nostra compagna, la fidanzata, il fidanzato: “Non ti vedo mai e quando sei con me sei sempre di fretta e hai la testa ad altre cose. Perché tieni sempre tra le mani questo tuo maledetto Smart fon? Non vedi che accarezzi più lui che me! Perché pensi sempre al tuo lavoro, anche quando siamo insieme?”.
Si lamentano anche i nostri anziani genitori che ci supplicano con le lacrime agli occhi di essere un po’ più presenti così da alleviare la loro solitudine. C’è lo fanno notare in ufficio i nostri superiori che ci scoprono spesso disattenti, stanchi, ansiosi o con la mente che vaga lontana dal lavoro che dovremmo svolgere e per cui siamo pagati. Tanto che sono costretti a riprenderci: “Cos’ha? Perché mi guarda e non ascolta quanto le dico? Come mai ha commesso tanti imperdonabili errori per i quali meriterebbe il licenziamento?” Se insegnanti gli alunni lo fanno notare ai loro genitori: “Oggi mamma, la maestra era nervosissima e sgridava tutti. Non capisco perché. Anch’io ho pianto tanto sentendola gridare come una pazza”. Se medici c’è lo fanno notare i nostri pazienti. “Io le parlo dei miei malanni e lei dottore non mi visita, non mi guarda neppure e pensa solo a scrivere ricette”.
D’altra parte la speranza e il sogno di maggiori entrate economiche spesso va in fumo in quanto per i datori di lavoro, avendo a disposizione una marea di richieste di lavoro, è fin troppo facile diminuire gli stipendi e offrire retribuzioni da fame.
La realtà che non vogliamo prendere in considerazione e non accettiamo, è che le nostre energie fisiche e psichiche sono limitate. Pertanto quando abusiamo di esse e cerchiamo di strafare negli impegni, è molto difficile se non impossibile fare tutto e bene, in quanto lo stress, la fatica e l’ansia che dobbiamo gestire ci blocca e limita in modo inesorabile. Molto spesso fingiamo, prima di tutto davanti a noi stessi e poi di fronte agli altri, di saperci occupare di tutto, quando invece riusciamo a fare male anche le cose più semplici.
Le difese
Sono numerose le difese che spesso mettiamo in atto pur di non accettare che ci stiamo impegnando al di sopra delle nostre possibilità e dei nostri limiti.
La prima difesa, per altro molto utilizzata anche se pochi sono disposti ad ammetterlo, è quella di fingere di occuparsi di tante cose e persone, mentre in realtà, consciamente o inconsciamente abbiamo fatto delle precise scelte, delle quali però ci vergogniamo e che non siamo disposti ad ammettere. Per tale motivo utilizziamo buona parte delle nostre energie fisiche e psichiche per affrontare alcune situazioni, ad esempio il lavoro, mentre trascuriamo la famiglia o, al contrario, dedichiamo le nostre migliori energie alla famiglia mentre trascuriamo il lavoro o gli altri impegni. In questi casi spesso utilizziamo il sistema delle deleghe.
Noi siamo padri e madri ma i nostri figli sono curati, ascoltati, assistiti ed educati da altri: dalle baby sitter, dal personale dell’asilo nido, della scuola materna e poi dall’insegnante di doposcuola ecc. Noi siamo figli che dovrebbero occuparsi dei loro anziani genitori ma affidiamo alle badanti l’assistenza e le cure di questi. Dovremmo cucinare ma non abbiamo tempo e compriamo i cibi già cotti. Oppure al contrario siamo anche impiegati dello stato ma cerchiamo in tutti i modi di non andare al lavoro utilizzando mille espedienti.
Siamo impiegati in un qualche ditta privata ma sappiamo come far fare il lavoro a qualche novellino trimestrale che darebbe l’anima per essere riassunto mentre noi ci distendiamo giocando e chattando al computer o con lo Smart - fon.
La seconda difesa consiste nel colpevolizzare gli altri delle nostre carenze e delle nostre responsabilità. In questi casi i più bersagliati sono le persone che ci stanno accanto: moglie o marito; compagna o compagno, figli o genitori, colleghi di lavoro o superiori. Tutti questi, accusiamo ingiustamente di essere indolenti, pigri e poco avvezzi a mettersi in gioco nelle mille occupazioni quotidiane, ma anche poco disponibili a sostenerci, aiutarci o sostituirci quando serve e quando riteniamo sia necessario.
Pertanto se siamo sposati o conviventi la frase più frequente è: “Io potrei fare tutto e bene se soltanto lui o lei mi collaborasse di più”. Se si è separati questa difesa è ancora più facile: ”Non riesco a fare tutto e bene a causa del mio ex o della mia ex che pensa solo a divertirsi con la sua nuova compagna e non si occupa affatto dei nostri figli”. In altri casi la responsabilità è accollata a questi ultimi: ai propri figli, che non collaborano con il necessario impegno e l’indispensabile sollecitudine, figli che non ubbidiscono, sono indolenti, ci costringono a rallentare ogni attività che vorremmo intraprendere. L’accusa può essere rivolta anche ai propri genitori, in quanto è risaputo che “i nonni sono sempre troppo permissivi ma anche incapaci di ben educare i nipoti che sono loro affidati”.
Se proprio non si vuole accusare nessuno, si può utilizzare una difesa più sottile, che attualmente è molto in auge. Si può tranquillamente utilizzare l’avvallo della scienza, anzi della “pseudo scienza”. Questa negli ultimi decenni viene generosamente in soccorso alle singole persone o alle famiglie molto problematiche. Se, ad esempio qualcuno ci fa notare che i nostri figli sono trascurati; se non imparano a leggere e scrivere bene; se crescono come bulli; se le paure, le ansie, la depressione e l’angoscia li fanno stare male; se sono diagnosticati bambini con disturbo oppositivo – provocatorio, dislessici, autistici, depressi, con la sindrome ADHD o soggetti con disagio adolescenziale, la difesa più frequente è quella di spostare l’origine del problema ad altre cause che escludono noi, la nostra stanchezza, il nostro tempo molto limitato, le nostre carenze o il nostro inadatto impegno. In tutti questi casi la pseudo – scienza ci aiuta immancabilmente a trovare, come cause del problema, qualche gene specifico o mancante che causa il disturbo o le patologie dei nostri figli.
La stessa pseudo scienza ci rassicura sul nostro mancato o inadatto impegno dicendo che probabilmente vi sarà un’area cerebrale che per qualche motivo non rilevabile, non fa il proprio dovere come dovrebbe. Oppure che la patologia rilevata è dovuta a qualche strano collegamento con l’indiscutibile inquinamento dell’aria e del mare. Per non parlare delle possibili influenze delle vaccinazioni o di qualche alimento verso il quale i nostri figli sarebbero intolleranti che con molta probabilità causerebbe questi disturbi!
L’inganno
Non è difficile trovare gli autori dell’inganno, cioè le persone che ci spingono a impegnarci sempre più in tante svariate occupazioni. Il maggior interesse a questo tipo di comportamento c’è l’hanno sicuramente chi spera di aumentare a dismisura gli introiti derivanti da un maggior consumo dei beni da loro prodotti. E ciò, sia a causa delle maggiori possibilità economiche degli utenti, sia per l’aumento dell’ansia e dall’inquietudine delle persone sottoposte a un maggior stress che li spingerà inevitabilmente a cercare maggiori gratificazioni materiali per compensare l’ansia derivata sia dalle conseguenze del super lavoro e dalle maggiori frustrazioni alle quali sono sottoposte le persone.
Quello a cui non pensano però questi operatori economici è che, a lunga andare, i conti non torneranno, giacché le persone che stanno male hanno bisogno, da parte dello stato, di maggiore assistenza e aiuto e pertanto sono necessarie una quantità di risorse sanitarie e assistenziali sempre crescenti che faranno inevitabilmente aumentare il prelievo fiscale a carico dei singoli ma anche a carico delle aziende. Insomma è il classico caso del cane che si morde la coda.