Come affrontare la sindrome autistica

Come affrontare la sindrome autistica

La sindrome autistica è, senza dubbio, una delle patologie che più dividono e confondono. Ci si divide tra gli specialisti, su quali sintomi siano indispensabili per fare questa diagnosi; ci si divide sulle cause di questa patologia e, soprattutto, ci si divide su quali siano le terapie più idonee ed efficaci. Le infinite discussioni anche acute, hanno coinvolto le varie organizzazioni sanitarie e si sono poi allargate all’opinione pubblica. Purtroppo queste dispute hanno reso oltremodo perplessi e insicuri i genitori, su come considerare i gravi disturbi presenti nei loro figli e su quali siano i migliori e più efficaci interventi da attuare per affrontare e se possibile sconfiggere questa patologia, così sfuggente e difficile da comprendere.

Di fatto i soggetti con sintomi di autismo presentano delle anomalie e delle caratteristiche paradossali che ci sorprendono continuamente.[1]  

Alcuni di loro, ai test più comuni, risultano mentalmente ritardati, mentre altri, con la stessa diagnosi[2], hanno delle conoscenze così minuziose e precise su argomenti di loro interesse; hanno delle idee ed effettuano dei calcoli così complessi che ci sbalordiscono e ci fanno pensare di essere in presenza di persone geniali.

In alcuni casi tendiamo a vederli come fossero dei robot, poiché la loro bellezza fisica e le loro capacità intellettive contrastano con le enormi difficoltà emotive e relazionali.[3] Invece, in altri momenti o in altri bambini con la stessa diagnosi, scorgiamo un solido e profondo attaccamento con le persone che riescono a capirli, accettarli e, soprattutto, a rispettarli.

Lo stesso avviene per quanto riguarda i luoghi: alcuni di loro sembrano essere indifferenti al posto nel quale si trovano, per altri invece non è affatto così. Dice la Grandin,[4] una donna con autismo: ‹‹Ritornare in un luogo dove è successo qualcosa di gradevole o osservare un oggetto associato a emozioni positive ci aiuta a rivivere quelle sensazioni piacevoli››. Ciò fa capire chiaramente come, in molti di questi bambini, anche l’ambiente fisico sia importante per il loro benessere o malessere psicologico, poiché ogni ambiente può richiamare nel loro animo delle esperienze, che sono state vissute, in alcuni casi con gioia e piacere, mentre in altri casi hanno provocato in loro angoscia e terrore.

A volte sono descritti come fossero degli alieni provenienti da una galassia lontana, che per caso o per avventura sono capitati sulla nostra terra e si muovono nelle nostre case e nelle nostre scuole.[5] E invece, quando il miglioramento dell’ambiente di vita e una relazione efficace riescono a modificare in meglio il loro mondo interiore, si scopre la loro meravigliosa umanità, fatta di un’acuta sensibilità e di un’intensa emotività, che è desiderosa di vicinanza e tenerezza, così come avviene con tutti gli altri bambini. Si scopre insomma il loro profondo e caldo desiderio di comunicare, scambiare e offrire con gioia le tante potenzialità della loro mente e del loro cuore.

In molte occasioni noi adulti non sopportiamo e ci innervosiamo, quando li scopriamo chiusi e difesi, come dietro un muro invisibile che sembra non permettere alcun contatto con la parte più intima della loro personalità. Ancora peggio, spesso li osserviamo guardare in modo vacuo non le persone ma “attraverso” le persone,[6] tanto che sembrano non ascoltare nulla di quello che diciamo, per poi scoprire, in altri momenti e in altre occasioni, che non solo hanno ascoltato attentamente le nostre parole ma che le ricordano perfettamente e danno a queste il giusto significato e peso.

Viene spesso ripetuto che questi bambini non sono capaci di valutare le intenzioni dietro il comportamento degli altri. Ciò tuttavia contraddice le tante esperienze che abbiamo avuto, sia con soggetti in età evolutiva che con adulti che soffrono di tali disturbi. Abbiamo potuto tante volte constatare come questi si leghino intensamente a tutte le persone dalle quali si sentono pienamente accolti, capiti e accettati, mentre si allontanano e rifiutano, come è logico e naturale che sia, le persone nervose, ansiose, irrequiete o che hanno difficoltà nel saper ascoltare con empatia i loro problemi e accogliere i loro bisogni.

Un’altra delle tante stranezze si può notare a livello sensoriale. Alcuni di loro sembrano avere un’ipersensibilità a determinati stimoli sonori, olfattivi, visivi o dolorosi, altri o gli stessi, in altre occasioni e in altre situazioni, al contrario, sembrano avere una sensibilità molto ridotta, rispetto a quella presente nei soggetti normali, tanto da sopportare, senza affatto lamentarsi, odori nettamente ripugnanti o sensazioni molto intense, spiacevoli e anche dolorose.

Per quanto riguarda la gravità nel tempo di questa patologia, alcuni di loro sembrano rientrare perfettamente nella definizione di soggetti con autismo, quando sono piccoli ma non quando crescono. Altri, al contrario, da piccoli non mostrano una sintomatologia che li fa rientrare in questa patologia, cosa che invece avviene da adulti.[7]

Inoltre non è difficile fare un lungo elenco di sintomi, spesso molto gravi, presenti in questi soggetti, tuttavia i parametri che si analizzano, per evidenziare se vi sia o no una lesione cerebrale od organica, sono frequentemente negativi: esami genetici, indagini metaboliche, risonanza magnetica, elettroencefalogramma, valori del sangue, tutto o quasi tutto appare normale in loro.[8]

Altra caratteristica che sorprende è il constatare che non vi sono due bambini autistici uguali: l’uno è diverso dall’altro, non solo per la gravità dei sintomi, ma anche per il loro modo di esprimerli. Tanto che nello studio di Camberwell (citato da Frith, 2019) l’autore annota e descrive almeno tre tipologie di autismo, sostanzialmente diverse l’una dall’altra, che denomina: “Il riservato”, “Il passivo” e “Lo strano”. [9]

  • Il riservato: è un bambino ritirato in se stesso: non risponde agli approcci sociali o al linguaggio, rifiuta di essere coccolato, non usa il contatto oculare, non cerca conforto quando è addolorato, rimane concentrato per ore su un gioco al computer, ma rifiuta di giocare con gli altri bambini.
  • Il passivo: è un bambino che accetta in modo indifferente gli approcci sociali da parte degli altri, fa quello che gli viene detto, è molto condiscendente, sa parlare e risponde sempre alle domande volentieri e con totale sincerità. Purtroppo è spesso vittima di beffe o bullismo. Egli non sembra consapevole di poter ricevere aiuto dai suoi insegnanti e genitori, ha un comportamento da bonaccione, tuttavia, se vi è un cambiamento nella routine giornaliera, questo cambiamento può provocare delle violente risposte emotive, con pianto incontrollato o attacchi d’ira.
  • Lo strano: è un bambino cui piace stare con gli altri. Ama toccare ed essere toccato, gode nel farsi coccolare anche dagli estranei, tanto che va incontro a persone sconosciute e non teme di chiedere a queste quello che a lui serve. È un bambino che chiacchiera continuamente, fa domande ripetitive, ma non nota quando il proprio comportamento diventa inopportuno e spiacevole agli occhi degli altri.[10] Pertanto oggi, che la rete internet permette dei facili contatti mediante i vari social, egli invia continuamente richieste di amicizia e ricerca momenti di dialogo anche con persone sconosciute.

Queste tre categorie già sono notevolmente diverse l’una dall’altra, tuttavia, chi ha esperienza e frequenta giornalmente questi bambini, potrebbe tranquillamente aggiungerne molte altre o potrebbe accorgersi, perplesso, che un bambino inserito in un gruppo si può ritrovarlo in un momento diverso, ad esempio quando è migliorato il suo mondo interiore o quando si relaziona con altre persone, in un altro gruppo!

Pensiamo che per capire tali e tante altre stranezze presenti in questi bambini e soprattutto per prevenirle e curarle adeguatamente, non basta osservare ed elencare i contraddittori e particolari sintomi che essi manifestano per poi provare a correggerli o eliminarli, mettendo in campo tutta una serie di terapie abilitative e riabilitative.

Crediamo sia invece necessario qualcosa di molto diverso, anche se più impegnativo.

È necessario scoprire, prendere atto e impegnarsi a migliorare ciò che vive, si agita e pulsa nel cuore e nella mente di questi bambini. Pertanto abbiamo la necessità di conoscere molto bene i loro vissuti interiori, i loro bisogni, le loro angosciose paure, i motivi della loro rabbia e delle loro esplosioni di collera, i loro limiti e le difficoltà ed infine, ma non meno importanti degli altri, dobbiamo riuscire a riconoscere e valorizzare le loro capacità. Le quali sono tante, ma sono come congelate dentro di loro.

Abbiamo il dovere di fare ciò allo scopo di modificare e adattare ai loro bisogni l’ambiente nel quale essi trascorrono la vita di ogni giorno e quindi la famiglia in cui essi vivono, la scuola dove trascorrono molte ore del giorno, la palestra che frequentano, ma anche tutti gli altri luoghi nei quali hanno l’opportunità di avere degli incontri sociali. Dobbiamo fare tutto ciò al fine di rendere questi luoghi e soprattutto le persone con le quali essi vengono giornalmente in contatto, adeguati alle loro esigenze e ai loro bisogni più reali e profondi.

Solo a queste condizioni ci accorgeremo che questi bambini sono pronti e disponibili ad abbattere le mura che avevano costruito attorno a loro, in un precoce, particolare momento della propria vita, per difendersi da un’insopportabile sofferenza. Contemporaneamente ci accorgeremo delle loro possibilità e capacità nell’instaurare delle relazioni efficaci, sia con gli adulti sia con i coetanei, con caratteristiche simili, se non perfettamente uguali, a quelle che consideriamo “normali”. Nello stesso tempo, vedremo sciogliersi, come neve al sole, i tanti, variegati sintomi, che erano nati come difesa nei confronti della sofferenza, ma anche come conseguenza del loro triste isolamento.

In definitiva solo quando riusciremo e rapportarci con questi bambini, così come essi si aspettano che facciamo, ci accorgeremo non più dei loro limiti, ma delle loro potenzialità e capacità.

 

Tratto dal libro di Emidio Tribulato: "Bambini da liberare - Una sfida all'autismo".

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[1] Frith U. (2019), L’autismo – Spiegazione di un enigma, Economica La terza, Milano, p. 3.

[2] I talenti speciali sono stati rinvenuti in circa il 10% dei soggetti autistici.

[3] Frith U. (2019), L’autismo – Spiegazione di un enigma, Milano, Economica La terza, , p. 37.

      [4] Grandin  T. (2001 – 2006), Pensare in immagini, Trento, Erikson, p. 102.

[5] Frith U. (2019), L’autismo – Spiegazione di un enigma, Economica La terza, Milano, p. 3

[6] Frith U. (2019), L’autismo – Spiegazione di un enigma, Economica La terza, Milano, p. 8.

[7] Frith U. (2019), L’autismo – Spiegazione di un enigma, Economica La terza, Milano, p. 82.

[8] Mazzone L. (2015), Un autistico in famiglia, Milano, Mondadori, p. 60.

[9] Frith U. (2019), L’autismo – Spiegazione di un enigma, Economica La terza, Milano, p. 80.

[10] Frith U. (2019), L’autismo – Spiegazione di un enigma, Economica La terza, Milano, p. 80-81.

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