Il Gioco Libero Autogestito come trattamento delle gravi difficoltà emotivo – relazionali e dell’apprendimento

Il Gioco Libero Autogestito come trattamento delle gravi difficoltà emotivo – relazionali e dell’apprendimento

 Autrice: Sabrina Iantormo

 

 

Anamnesi

Roberta arriva al centro all’età di 5 anni e 6 mesi. I sintomi che la bambina manifestava erano: oppositività, irritabilità, aggressività, iniziali difficoltà scolastiche, problematiche relazionali che si manifestavano sia con gli adulti sia con i coetanei, paure, fobie e una bassa stima in sé stessa. In seguito ad un’attenta anamnesi emergeva che lo sviluppo della bambina era stato caratterizzato da una serie di eventi stressanti e traumatici sul piano fisico,  psicologico e sociale. 

Roberta era nata da parto cesareo tre settimane prima rispetto il termine della gravidanza e dopo la nascita era stata tenuta in incubatrice per diversi giorni, sotto osservazione. Nel primo mese di vita i medici avevano riscontrato una patologia renale e, pochi giorni dopo, era stata ricoverata per un addensamento polmonare. Tuttavia, la problematica organica più importante era stata rilevata verso i cinque mesi, in quel periodo la bambina presentava un volume del cranio al limite della norma, provocato da un versamento del liquor cerebrospinale. Questa patologia le provocava difficoltà a mantenere il collo in posizione eretta e a rimanere seduta senza cadere in avanti. In particolare, a causa della macro-crania, Roberta era stata sottoposta a continui esami strumentali e visite specialistiche. All’età di sei mesi aveva iniziato un percorso di psicomotricità, riuscendo a deambulare verso i 14 mesi. La bambina, per diversi anni, continuò ad effettuare abilitazione motoria, con un miglioramento delle sue capacità grosso-motorie. In seguito a questi miglioramenti la bambina era stata inserita nella scuola materna all’età di due anni e mezzo, non mostrando iniziali problemi di adattamento. Tuttavia, dopo alcuni mesi, venne affiancata da un’accompagnatrice, la quale si occupava di condurre la bambina in bagno a causa di diversi episodi di “enuresi” che Roberta mostrava durante le ore scolastiche. In quel periodo la bambina, quando rientrava a casa, appariva particolarmente nervosa e aggressiva. Roberta pertanto, venne sottoposta a visita presso un neuropsichiatra infantile, il quale riscontrò: “impaccio motorio, disturbo dell’equilibrio con note di oppositività e inibizione sul piano comportamentale”. Quando Roberta iniziò a frequentare la prima elementare, le maestre osservarono difficoltà sul piano della produzione linguistica, che si manifestavano tramite dislalie, nell’apprendimento, in particolare per i numeri, oltre che un’immaturità nelle capacità comunicative.

Sul piano della socializzazione la bambina presentava alcune difficoltà relazionali: non riusciva ad istaurare relazioni con gli estranei verso i quali si mostrava diffidente. A scuola il rapporto con i compagni era molto limitato infatti, la bambina veniva spesso emarginata nel gioco sociale. Inoltre, Roberta presentava intense paure per il sangue, il buio, gli insetti, i ragni e i lupi. Per questa serie di elementi i genitori chiesero una visita presso il Centro Studi Logos di Messina soprattutto a causa della notevole oppositività di Roberta a ogni loro richiesta. Inoltre, esprimevano la loro preoccupazione per le sue difficoltà scolastiche.

In seguito all’incontro con lo psicologo i genitori decisero di iniziare un percorso terapeutico presso il Centro.

Quando la bambina arrivava al Centro, sul suo viso e nei suoi occhi si denotavano elementi di tristezza, appariva timorosa e diffidente, inizialmente si nascondeva dietro i genitori; solo dopo essersi ambientata e grazie alla presenza della sorellina, si recava nella stanza dei giochi.

Mediante  una scheda di osservazione sono state raccolte maggiori informazioni sulla bambina per avere un quadro quanto più completo possibile della situazione familiare e ambientale e della sintomatologia della bambina.

 

Dall’osservazione e dalla storia di Roberta emergeva:

  • L’assenza della figura paterna nella quotidianità della bambina;
  • Un rapporto di coppia genitoriale scarsamente armonioso e ottimale;
  • Un rapporto negativo con le maestre e i coetanei nel contesto scolastico;
  • La presenza di comportamenti aggressivi e oppositivi;
  • La difficoltà a relazionarsi con l’altro;
  • Una scarsa produzione linguistica anche se, Roberta, sul piano della comunicazione non mostrava particolari difficoltà;
  • Un’alterata capacità a mantenere l’attenzione e la concentrazione in quanto, la bambina si stancava facilmente e diventava distraibile;
  • Un comportamento verso gli stimoli esterni lievemente distraibile;
  • Un comportamento motorio sostanzialmente normale anche se erano evidenti delle difficoltà nella coordinazione dei movimenti, soprattutto fini-motori;
  • Una coscienza lucida;
  • Capacità immaginative modeste;
  • Un rapporto con i genitori privo di apparenti conflitti, ma con assenza di manifestazioni affettive tra madre e figlia.
  • Un umore tendenzialmente malinconico.
  • Assenza di ritardo intellettivo. Le sue difficoltà scolastiche, pertanto, non avevano un’origine intellettiva ma erano dovute a problematiche di natura psicoaffettive di grado medio.

Non potendo effettuare una diagnosi categoriale a causa della molteplicità dei sintomi l’ipotesi principale elaborata presso il Centro è stata quella di un disturbo psicoaffettivo che provocava in Roberta una serie di sintomi sulla sfera emotivo - relazionale e sul rendimento scolastico.  

 

 

ObiettivI:

 

 

Per il raggiungimento di tali obiettivi Roberta ha iniziato una terapia basata sul “Gioco Libero Autogestito”.

 

Come si evince alla base di tale terapia vi è il “gioco”, elemento importante nello sviluppo dei bambini. Tramite il gioco, oltre a vivere l’esperienza piacevole del gioco in sé stesso, i bambini possono esplorare e conoscere l’ambiente circostante, migliorare la coordinazione motoria e la spazialità, sviluppare l’immaginazione e le capacità creative, stimolare il pensiero e il linguaggio. Inoltre, il gioco rappresenta lo strumento attraverso cui i bambini iniziano a comunicare e a relazionarsi con gli altri, sperimentano le emozioni principali come gioia e tristezza, assumono specifici ruoli e entrano in una dimensione che consente loro di esibire i propri sentimenti. È grazie al gioco che manifestano il loro mondo interiore e affettivo che può essere caratterizzato da sentimenti positivi o come spesso accade, per bambini con problemi psicologici, da emozioni e sentimenti negativi, quali aggressività e rabbia. Questa modalità di terapia non consiste solo nel gioco ma come si evince dal termine stesso, da un gioco “libero” oltre che “autogestito”. La libertà della scelta del gioco consiste nel dare la possibilità ai bambini di scegliere la tipologia di gioco, senza guida da parte degli adulti o del terapeuta. Sono i bambini i protagonisti dell’attività ludica, non vengono indirizzati dall’adulto ma seguono quelle regole che essi stessi formulano durante tale attività. Tramite l’autogestione, invece, i bambini sono liberi di gestire e condurre il gioco come meglio credono. Pertanto, il compito dell’adulto o del terapeuta è quello di assecondare pienamente i bisogni dei bambini in quella specifica seduta. La difficoltà principale che spesso gli adulti incontrano è il non riuscire a favorire in pieno il gioco scelto dai bambini poiché tendono ad interferire indirizzando il bambino a svolgere l’attività da essi proposta piuttosto che lasciarli pienamente liberi. In tal modo si invade lo spazio dei bambini, non rispettando la loro scelta. Tramite il gioco libero autogestito invece, sono i bambini a decidere se inserire l’adulto o il terapeuta all’interno dell’attività di gioco, se ciò non avviene, è necessario rispettare la loro scelta al contrario, se ciò avviene è indispensabile assecondare a pieno il gioco scelto senza apportare modifiche.

 

PRIMO MESE (fase dell’inibizione)

 

 

 

Nelle prime visite presso il Centro, i genitori riferivano che Roberta mostrava spesso comportamenti aggressivi soprattutto nei confronti della figura materna. Infatti la bambina, a detta della madre, era oppositiva e scontrosa, non riusciva a svolgere i compiti in sua compagnia in quanto si innervosiva facilmente e iniziava ad essere aggressiva non solo fisicamente ma anche verbalmente; tali comportamenti esasperavano la madre che spesso adottava delle strategie di intervento negative per bloccare il comportamento della figlia, ottenendo come reazioni urla e pianto. Un altro elemento importante era la mancanza della figura paterna nella quotidianità della bambina; nonostante il rapporto con il padre venisse descritto come buono, l’uomo dedicava poco tempo alla relazione con la figlia, investendo le sue energie quasi totalmente nel lavoro. Un altro elemento importante era il rapporto di coppia. I genitori descrivevano il clima familiare come sereno e ottimale per lo sviluppo della bambina tuttavia, durante i colloqui emergevano degli scontri che denotavano un clima differente, caratterizzato da punizioni eccessive nei confronti della bambina e opinioni controverse tra i genitori sulle migliori modalità di interazione con Roberta. La madre chiedeva, inoltre, una maggiore presenza del marito all’interno del contesto familiare. In particolare, si riscontrava che le reazioni dei genitori, al pianto e all’irritabilità manifestati dalla figlia, erano caratterizzate da modalità aggressive sul piano fisico e verbale, questo si traduceva in un circolo vizioso per la bambina, la quale apprendeva che le difficoltà potevano essere risolte soltanto mettendo in atto comportamenti aggressivi. Pertanto, quando Roberta si trovava a vivere una situazione per lei stressante o frustrante reagiva con altrettante aggressività. Infine, la madre riferiva che i problemi principali si riscontravano a scuola. Le maestre venivano descritte da quest’ultima come incompetenti e incapaci nel relazionarsi con la figlia. Ciò provocava delle tensioni nella bambina che peggioravano la sua vita psichica. .

Per rendere la bambina maggiormente serena è stato consigliato ai genitori di mettere in atto varie strategie:

  1. Impegnarsi per modificare l’interazione con la figlia così da ridurre l’aggressività della bambina.
  2. Gestire meglio le attività lavorative così da permettere una maggiore presenza della figura paterna;
  3. Intervenire nel contesto scolastico attraverso un colloquio con le maestre mirato a renderle consapevoli delle problematiche di Roberta, in modo da aiutare la bambina ad inserirsi positivamente in quest’ambito;
  4. Ridurre il tempo che Roberta dedicava allo svolgimento dei compiti, intervallandolo con attività ludiche sia con il padre che con la madre, così da migliorare il rapporto con i genitori.

Durante il primo mese di terapia è stato possibile osservare che, sul piano comportamentale, la bambina, non mostrava l’aggressività riferita dai genitori. Tuttavia, durante le attività di gioco, Roberta appariva molto triste, chiusa, non interagiva con gli operatori e mostrava scarse capacità immaginative e creative. Il suo gioco preferito era creare dei coriandoli con la foratrice rimanendo spesso in disparte. Presso il Centro compito degli operatori e dello psicologo è stato quello di rispettare i suoi spazi senza invadere la sua attività di gioco e senza forzare la relazione. Grazie a questo atteggiamento è stato possibile ottenere dei piccoli miglioramenti sul piano relazionale: la bambina appariva più serena e propensa ad interagire anche se, ancora molto inibita.

 

SECONDO MESE (fase delle imposizioni)

 

Durante il secondo mese di terapia i cambiamenti apportati, a casa e a scuola, hanno assicurato dei maggiori miglioramenti. In particolare, grazie all’attenzione dei genitori verso i bisogni della bambina e a un ritmo meno frenetico e stressante, era migliorato notevolmente il clima familiare. Inoltre, la figura paterna era diventata molto più presente così da aiutare Roberta soprattutto nello svolgimento di compiti. Grazie a tali cambiamenti la bambina veniva descritta dai genitori più serena e collaborativa. A scuola, in seguito al colloquio con le maestre, Roberta si sentiva maggiormente accettata, tuttavia le sue difficoltà linguistiche e di apprendimento rimanevano fonte di disagio per la bambina che veniva spesso esclusa dai suoi coetanei. Per risolvere le difficoltà linguistiche, veniva suggerito ai genitori di parlare utilizzando un linguaggio molto chiaro, scandendo bene ogni parola.

Tramite il Gioco Libero Autogestito, l’elemento nuovo che emergeva era il desiderio di impartire degli ordini al terapeuta, esercitando in tal modo una sorta di potere. Ciò le consentiva di manifestare, mediante il gioco, l’aggressività repressa verso gli adulti che le imponevano determinati comportamenti. Questo tipo di gioco l’aiutava ad acquisire maggiore fiducia in sé stessa e negli altri che erano disponibili ad accettare i bisogni che emergevano dal suo animo.  

 

TERZO MESE (fase del “chiudi gli occhi”)

Durante i colloqui avvenuti con i genitori nel terzo mese venivano confermati i cambiamenti positivi di Roberta: l’aggressività si era notevolmente ridotta, la bambina appariva più rilassata, collaborativa e non mostrava più comportamenti oppositivi. I miglioramenti della bambina venivano notati anche nell’ambito scolastico: progressi importanti nella lettura e nella comprensione del testo. La serenità della bambina era notevolmente apprezzata dai genitori, i quali sostenevano che il miglioramento di Roberta avesse inciso sul clima familiare nel suo complesso, ora descritto come maggiormente armonioso. L’iniziale circolo vizioso era stato sostituito da un circolo virtuoso, in quanto i cambiamenti positivi che avevano inciso sul comportamento della bambina, provocavano un clima di maggiore serenità nella coppia genitoriale, di cui la bambina stessa ne traeva beneficio.

 

 

 

Presso il Centro, Roberta inizia una fase che ho definito del “chiudi gli occhi”, in quanto per diversi incontri la bambina mostrava un’unica richiesta allo psicologo, quella di chiudere gli occhi per tutto l’incontro. Nonostante ciò, la bambina interagiva con il terapeuta tramite l’operatrice che assisteva all’incontro. Pertanto, l’interazione con il terapeuta non avveniva in prima persona ma la bambina utilizzava l’operatrice come tramite per comunicare con lo psicologo. Questa forma di relazione indicava che erano presenti ancora delle difficoltà ad aprirsi all’altro e che non era stata ancora acquisita una piena fiducia negli adulti.

Nell’ultimo incontro avvenuto alla fine del terzo mese, emergono dei cambiamenti nel contesto scolastico: la maestra con cui la bambina aveva più difficoltà a relazionarsi era stata sostituita da una nuova maestra. Quest’ultima, a detta dei genitori, risultava essere più severa rispetto a quella precedente tuttavia, a seguito di un colloquio con la madre, si mostrava maggiormente disponibile ad aiutare sul piano accademico la bambina, consigliando ai genitori delle tecniche di gioco con cui far apprendere soprattutto i concetti numerici. In particolare, il padre osservava che la figlia si innervosiva per motivazioni differenti rispetto al passato, ad esempio non le procurava malessere svolgere i compiti in sé ma piuttosto, non portarli a termine, sottolineando l’importanza della figlia nell’essere preparata a scuola. Questo indicava probabilmente che la bambina veniva gratificata positivamente e ciò la rendeva più sicura delle sue capacità, tanto da non accettare il fallimento.    

 

QUARTO MESE (fase delle pulizia e dell’ordine)

Durante il quarto mese di terapia, i genitori si mostravano entusiasti dei miglioramenti della figlia, non solo nel contesto familiare ma anche a livello scolastico e relazionale. Roberta nell’ambito scolastico migliorava notevolmente, grazie anche all’aiuto della nuova maestra che risultava essere più collaborativa e aperta a continui incontri con i genitori. Inoltre, la bambina si mostrava più socievole e aperta alle relazioni con i compagni, partecipava maggiormente alle attività scolastiche riuscendo ad inserirsi nel gioco con i coetanei. Il cambiamento avvenuto nella bambina era sicuramente il risultato di un impegno costante da parte dei genitori, i quali sottolineavano di adottare delle modalità diverse nell’approcciarsi a Roberta, non solo fornivano una maggiore attenzione ai comportamenti positivi ma gratificavano la figlia con manifestazioni affettuose che miglioravano il legame con la bambina.

 

 

Presso il Centro, Roberta per alcune settimane, mostrava dei comportamenti quasi ossessivi verso l’ordine e la pulizia. L’interazione con lo psicologo non avveniva se prima non sistemava i giochi e gli oggetti presenti nella stanza. Il tempo dedicato alla sistemazione era ampio pertanto solo alla fine degli incontri avveniva qualche scambio relazionale con il terapeuta, basato su brevi conversazioni sul rapporto con i compagni, con la maestra o con la sorellina. Probabilmente questa necessità di Roberta esprimeva il suo profondo bisogno di mettere ordine nel suo mondo interiore. Sistemare l’ambiente esterno diventava una modalità per controllare il caos presente nel suo mondo psichico. Il difficile compito del terapeuta, durante la terapia, consisteva nel lasciare svolgere l’attività alla bambina senza interferire con il suo gioco, rispettando i suoi silenzi e assecondando le sue richieste. Questa modalità ha aiutato Roberta a comprendere che i suoi bisogni più profondi venivano rispettati totalmente e che era libera di giocare come preferiva.

 

 

 

SITUAZIONE ATTUALE

Durante gli ultimi incontri i genitori si mostrano ancora più sereni e positivi nei riguardi della figlia sul piano familiare, sociale e scolastico. Presso il Centro sono state apportate modifiche al setting terapeutico, inserendo i genitori durante la terapia, in modo da osservare le loro modalità di interazione con Roberta. Quindi, i genitori sono stati invitati a partecipare  attivamente agli incontri e il comportamento della bambina è sensibilmente migliorato. In particolare, la presenza della madre rende la bambina più sicura, infatti riesce a comunicare maggiormente, è più serena e soprattutto coinvolge i genitori nell’attività ludica. L’isolamento mostrato negli incontri precedenti viene sostituito da un gioco partecipativo e la bambina riesce a dedicare spazio all’attività ludica senza mostrare preoccupazione per l’ordine e la pulizia. 

La situazione attuale di Roberta è caratterizzata da notevoli miglioramenti a più livelli:

 

Gli obiettivi formulati all’inizio del percorso terapeutico non sono ancora stati del tutto raggiunti tuttavia, la bambina continuerà un percorso presso il Centro con l’auspicio che possa ritrovare la serenità interiore e raggiungere un pieno sviluppo psicoaffettivo, elementi che dovrebbero caratterizzare la vita di ogni bambino.

 

 

CONCLUSIONI

 

 

 

La terapia, basata sulla libera gestione di un’attività importante e fondamentale come il gioco, ha permesso a Roberta di comprendere che i suoi bisogni venivano ascoltati e accettati senza imposizioni da parte del mondo esterno. Questo ha consentito alla bambina di acquisire fiducia nei confronti dell’altro, considerato ora come accettante e non più giudicante e/o opprimente. In seguito a tale fiducia riposta nel mondo esterno, Roberta ha incrementato la stima in sé stessa e nelle sue capacità, oltre ad aver raggiunto un maggiore benessere interiore.   

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