Quando il disturbo del linguaggio cela un grave disagio psicoaffettivo

Quando il disturbo del linguaggio cela un grave disagio psicoaffettivo

Autrice: Santina Meli - Psicologa

Anamnesi

Francesco è un bambino che, al momento di iniziare la psicoterapia presso il Centro Studi Logos di Messina, aveva tre anni e presentava importanti disturbi psicoaffettivi. Per quanto riguarda il suo sviluppo, dall’anamnesi si evince che il bambino non aveva gattonato ed aveva iniziato a deambulare autonomamente verso i sedici mesi. Inoltre, Francesco non aveva ancora raggiunto il controllo degli sfinteri, infatti aveva bisogno del pannolino sia di giorno che di notte; dormiva ancora nel letto dei genitori e chiedeva spesso il ciuccio. All’età di due anni la madre si era preoccupata a motivo dello sviluppo molto ridotto del linguaggio verbale. Il bambino è stato visitato presso il reparto di Neuropsichiatria infantile del Policlinico di Messina, dove è stata fatta diagnosi di ritardo specifico del linguaggio ed è stata consigliata la logoterapia. Al momento della prima visita presso il nostro Centro, Francesco presentava notevole angoscia quando si cercava di allontanarlo dalla figura materna ed altre paure, le quali si palesavano durante la notte tramite incubi. Inoltre, il bambino pronunciava solo cinque parole, qualche sillaba ed effettuava qualche verso di animale; tuttavia, riusciva ad esprimere i suoi bisogni tramite la comunicazione non verbale ed era in grado di comprendere le richieste altrui.

 

 

 

Infatti, nonostante il linguaggio fosse notevolmente ridotto, il suo sviluppo intellettivo appariva normale. Nella sfera affettivo-relazionale il bambino presentava un’iniziale timidezza e difficoltà nell’interazione sociale; a questo proposito, dalla storia del bambino, si evince che potrebbe aver sofferto a causa di un contrasto con un coetaneo avvenuto quando aveva due anni e da allora era stato sempre un po’ timoroso nei confronti dei bambini, soprattutto piccoli.

Presentava, infatti, gravi problemi di socializzazione ed integrazione soprattutto con i coetanei. Francesco a volte manifestava la sua rabbia gridando, colpendo e spingendo le persone che gli erano vicine. Inoltre, se si agitava troppo, presentava manifestazioni fisiche dell’ansia con problemi gastrointestinali, come il vomito. Per quanto riguarda le attività quotidiane del bambino, emergeva che Francesco trascorreva molto tempo davanti alla tv (due-tre ore al giorno).

 

 

 

Il bambino a settembre aveva iniziato a frequentare la scuola materna e gli insegnanti avevano notato che non presentava soltanto una grave carenza nello sviluppo del linguaggio, ma soprattutto disturbi di natura psicoaffettiva. Infatti mostrava un attaccamento abnorme verso la madre: quando veniva accompagnato alla scuola materna il distacco era molto doloroso, si aggrappava fortemente a lei e piangeva in maniera inconsolabile ed angosciosa per molto tempo; si consolava quando l’insegnante si rapportava soltanto con lui, con giochi ed attività da lui scelte. Il bambino dimostrava un minore attaccamento nei confronti del padre, infatti quando veniva accompagnato da quest’ultimo il distacco era meno sofferto e piangeva solo all’inizio.

Il suo minor coinvolgimento nei confronti del padre si evidenziava anche quando entrambi i genitori si recavano a prenderlo all’uscita: Francesco abbracciava affettuosamente la madre, mentre respingeva il padre. Durante la permanenza alla scuola materna il bambino appariva molto nervoso, rifiutava di interagire con i coetanei e sembrava avere paura anche degli insegnanti; solo se si rapportava in modo duale con la maestra provava piacere nelle attività, ad esempio colorare; rifiutava, invece, le attività di gruppo e quelle che si svolgevano in luoghi affollati, come la palestra, luogo dove spesso il bambino rimaneva in disparte. Aveva, inoltre, paura dei rumori forti: se sbatteva la porta, se la maestra alzava la voce o se sentiva il fischietto, il bambino piangeva.

Da quanto descritto, si evince che il  contesto scolastico si presentava come ansiogeno e pauroso per il bambino; quindi, allo scopo di farlo abituare gradualmente all’ambiente, gli insegnanti avevano proposto di diminuirne il tempo di permanenza, per poi aumentarlo quando il bambino si fosse sentito più tranquillo.

 

 

Psicoterapia tramite il gioco libero autogestito

Presso il Centro Studi Logos di Messina il bambino ha iniziato una psicoterapia tramite gioco libero autogestito, il quale segue il principio della libertà di scelta, da parte del bambino, degli interessi, delle modalità di gioco e di interazione. Il gioco, quindi, viene condotto dal bambino ed egli può scegliere se coinvolgere il terapeuta o meno.  La presenza del terapeuta è, quindi, molto discreta, in modo tale da non invadere lo spazio fisico e psicologico del bambino.

Se viene coinvolto, il terapeuta interagisce con lui nel rispetto incondizionato dei suoi bisogni e delle sue preferenze. Solo attraverso tale modalità di interazione, il bambino, pian piano, inizierà a fidarsi degli adulti per lui significativi, nei confronti dei quali potrà sviluppare una fiducia di base che gli consentirà, in seguito, di aprirsi e stabilire relazioni funzionali con il mondo sociale più ampio.

Nella psicoterapia sono stati coinvolti anche i genitori, in modo che potessero osservare, apprendere ed attuare in prima persona tale modalità di interazione che rispettasse i bisogni e i tempi di sviluppo di Francesco.

 

 

 

Obiettivi

 

Andamento dello sviluppo psicoaffettivo nel corso delle sedute di psicoterapia

Per permettere a Francesco di acquisire la giusta serenità psicologica, fu consigliato ai genitori di interrompere la frequenza della scuola materna, consiglio che è stato accolto dai genitori.

Nelle prime visite, dal racconto dei genitori, emergeva che il bambino presentava dei momenti di rabbia in cui tendeva a gridare e a gettarsi per terra; inoltre mostrava aggressività verso la nonna paterna, alla quale era stato affidato in qualche breve occasione, per cui durante tale esperienza, probabilmente, il bambino aveva sperimentato un sentimento di abbandono da parte della sua principale figura di attaccamento.

Ai genitori fu spiegato che l’espressione della rabbia e dell’aggressività era funzionale ed adattiva, in quanto aiutava il bambino a scaricare la sua tensione interiore; per questo fu consigliato di non rimproverarlo e non bloccarlo in tali situazioni, ma al contrario di favorirne la libera espressione e di parteciparvi trasformando l’aggressività in un’attività ludica, per esempio giocando a gridare tutti insieme. Anche presso il Centro Francesco appariva nervoso e si rifiutava di interagire con il terapeuta.

Nelle relazioni sociali mostrava notevole timore, timidezza ed insicurezza, infatti ricercava costantemente la presenza della madre e presentava molta difficoltà nelle situazioni in cui erano presenti altri bambini: si allontanava e rimaneva in disparte ad osservare ciò che accadeva intorno a lui o giocava da solo; riusciva a socializzare solo con un bambino in particolare. Le sue insicurezze relazionali erano evidenti anche ogniqualvolta giungeva al Centro: Francesco aveva difficoltà ad adattarsi al nuovo ambiente e si mostrava spesso capriccioso, al punto da non voler entrare, e rimaneva aggrappato alla madre per buona parte della visita, tenendo sempre il ciuccio in bocca.

Durante il gioco libero autogestito il bambino interagiva principalmente con la madre, mentre il padre rimaneva più in disparte. L’atteggiamento che i genitori avevano verso il figlio era diverso, in quanto la madre si mostrava maggiormente coinvolta nel gioco e nelle manifestazioni di affetto, mentre il padre aveva con lui un’interazione più cauta e rigida, occupandosi poco dell’aspetto emotivo della relazione. Per quanto riguarda la relazione con il terapeuta, se il Dottore cercava di interagire con lui, Francesco rifiutava il contatto e  ricercava la madre.

Il rapporto di coppia si mostrava abbastanza teso, in quanto l’arrivo del bambino aveva modificato gli equilibri familiari. La moglie aveva rivolto quasi tutte le attenzioni al bambino, facendo avvertire al marito trascuratezza nei suoi confronti. Quest’ultimo colpevolizzava la moglie per la sua assenza, ritenendola responsabile della disgregazione familiare che si stava quasi per realizzare.

La moglie riferiva uno stato di stress accumulato in seguito a mesi di preoccupazioni e tendeva ad colpevolizzarsi a sua volta, ma in alcune occasioni accusava anche il marito poiché non instaurava un adeguato rapporto con il figlio, bensì tendeva ad arrabbiarsi facilmente di fronte ai suoi “capricci”. Inoltre la donna aveva pensato anche ad un possibile allontanamento, andando a vivere in abitazioni separate, ma per il bene del bambino aveva poi tralasciato l’idea.

 

 

Ad ogni visita, con il trascorrere del tempo presso il Centro, Francesco iniziava ad assumere un atteggiamento più rilassato e sereno, abituandosi alla presenza di altre figure non familiari, ma il permanere fisico dei genitori era di fondamentale importanza per la sua tranquillità.

I genitori cercavano di venirsi incontro reciprocamente per rinsaldare il rapporto e, in qualche occasione, il marito si mostrava empatico nei confronti della moglie e sensibile alle sue sofferenze, ma allo stesso tempo, era interessato ad acquisire il posto che riteneva di meritare all’interno della sua famiglia. Tuttavia il loro rapporto si è mostrato spesso altalenante, per cui in altre occasioni il marito tornava ad accusare la moglie per la sua eccessiva ansia e la moglie, da parte sua, tornava all’idea della separazione, mostrando insofferenza per le continue colpe che le venivano attribuite.

Dopo qualche mese, sia da quanto riferito dai genitori, che da quanto osservato presso il Centro, Francesco si mostrava più aperto nei confronti del resto dell’ambiente e di qualche figura familiare diversa dai genitori, ad esempio i nonni materni. La socializzazione con altri bambini era, invece, ancora quasi del tutto assente.

Presso il Centro Studi Logos di Messina, anche se all’inizio di ogni visita ricercava ancora il supporto iniziale della madre, successivamente riusciva a rimanere per qualche breve periodo nella stanza dei giochi senza la presenza dei genitori e desiderava permanere al Centro anche a fine seduta. Iniziava a stabilire contatti permanenti, costanti e piacevoli con una figura diversa dai genitori, infatti interagiva con il terapeuta ricercandolo, imitandolo nell’esecuzione dei giochi, comunicando con lui tramite le espressioni del viso, i gesti, il sorriso ed accettando anche qualche gesto di affetto nei suoi confronti.

La madre notava come nell’ambiente domestico il figlio mostrasse maggiore collaborazione ed autonomia rispetto a prima, quando aveva bisogno sempre della sua costante presenza accanto a sé. Anche lo sviluppo linguistico del bambino denotava dei miglioramenti, infatti Francesco apprese nuove parole.

 

Non mancavano i comportamenti esplosivi, infatti i genitori riferivano che si presentavano ancora occasioni in cui il bambino manifestava la sua rabbia e la frustrazione buttando i giocattoli per terra, rompendoli, mostrando un atteggiamento capriccioso e lanciando in aria i pezzi del puzzle nel momento in cui non riusciva. Anche presso il Centro, in questa fase, Francesco mostrava comportamenti quali distruggere con forza ciò che aveva precedentemente ordinato e lanciarlo in aria ridendo a crepapelle. Tali comportamenti erano indicativi del fatto che permaneva ancora un certo malessere interiore, dal quale il bambino sentiva il bisogno di liberarsi.

 

A un certo punto del percorso psicoterapico il bambino mostrò un periodo di regressione, tornando anche a manifestare enuresi per qualche settimana. Probabilmente eventi che coinvolgevano il suo ambiente più prossimo (l’acuirsi del conflitto tra i genitori) e una temporanea condizione di malessere fisico avevano inciso negativamente sul suo funzionamento psicologico ed emotivo. Inoltre, pur iniziando un approccio con i pari, Francesco continuava ad avere delle remore nel relazionarsi con gli estranei, a meno che non venisse stimolato adeguatamente.

Superata tale fase, il bambino esibiva comportamenti indicativi di un progressivo benessere psicologico; tra questi l’abbandono del ciuccio. Inoltre, se incontrava qualche coetaneo verso cui provava simpatia riusciva ad interagire tranquillamente, “dimenticandosi” dei genitori.

In concomitanza con un altro episodio di malessere fisico, il bambino si mostrò momentaneamente capriccioso ed aggressivo, ma nel corso della visita riuscì ad aprirsi, ad interagire con il terapeuta e a relazionarsi positivamente anche con la madre. Una volta che si fu ripreso dall’influenza, il bambino tornò ad essere sereno.

 

 

 

Situazione attuale

 

Attualmente Francesco, ha raggiunto una buona serenità psicologica, grazie alla quale si mostra molto più aperto nei confronti del mondo esterno, è più disponibile all’interazione con i coetanei, mostra curiosità, è desideroso di sapere i nomi degli oggetti e ha sviluppato buone capacità mnestiche. È, inoltre, riuscito ad avvicinarsi e a permanere nell’ambiente della scuola materna in brevi occasioni in cui il contesto era poco affollato, il bambino si è sentito a suo agio, ha giocato e colorato tranquillamente con alcuni compagnetti. In seguito all’esperienza serena che ha vissuto, adesso il bambino la mattina prende lo zainetto dicendo alla madre che vuole andare all’asilo.

Anche nel momento dell’arrivo presso il Centro il bambino si mostra sorridente, allegro e disponibile ad un piacevole interscambio con gli operatori. A livello linguistico si osserva il desiderio di comunicare con il mondo esterno, infatti ha ampliato il suo vocabolario, compone brevi frasi, ripete le parole che sente pronunciare anche dai coetanei, ascolta attentamente le conversazioni dei genitori ed interviene.

Inoltre, il bambino è riuscito a creare un maggior equilibrio tra le manifestazioni di aggressività e quelle di affetto. Durante la psicoterapia tramite Gioco Libero Autogestito il bambino è rilassato, gioca serenamente con il terapeuta, sorride, è aperto all’interazione a tal punto da scherzare, mostrarsi generoso e manifestare felicità durante gli scambi affettuosi. L’attaccamento nei confronti della madre appare più adeguato alla sua età, infatti il bambino non è più inglobato alla figura materna, riesce ad allontanarsi da lei e il contatto fisico tra i due si è notevolmente ridotto.

La relazione di coppia si mostra ancora altalenante, infatti i coniugi alternano momenti di maggiore serenità e sintonia a periodi in cui i loro conflitti e le colpevolizzazioni reciproche si acuiscono.

Infatti il marito tende ad accusare la moglie sia per averlo messo da parte che per i suoi atteggiamenti iperprotettivi e permissivi nei confronti del figlio, invece la moglie lo accusa del suo atteggiamento disfunzionale nei confronti del figlio, in quanto il padre è ancora poco coinvolto e, a volte, perde facilmente la pazienza. Alla luce di tale situazione è stato loro consigliato di intraprendere una psicoterapia di coppia.

 

 

 

 

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