"Voglia di crescere"
- è un programma per lo sviluppo logico e cognitivo.
Il suo scopo principale è quello di migliorare le capacità logico-percettive e cognitive dei bambini disabili o normali in modo graduale ed interessante. Nato per i soggetti con ritardo mentale, come vedremo può essere utilizzato anche per problematiche diverse da quella per cui era stato studiato e preparato.
- è un programma che copre un’ampia fascia di età.
Questo programma attualmente è formato da undici livelli, uno per ogni anno di età, tranne il livello zero, adatto a bambini di sette – otto mesi, e il livello dieci utilizzabile da ragazzi di dieci anni e oltre, ma anche da giovani e adulti che volessero migliorare le proprie capacità intellettive. Questa ampia fascia di utilizzazione permette all’educatore, tenendo conto della realtà del bambino, una grande possibilità di scelta.
7- 8 mesi - 10 anni e oltre
- è un programma aperto.
“Voglia di crescere” è un programma nato oltre venti anni fa, ma che consideriamo sempre aperto: aperto a nuove idee; aperto a nuove acquisizioni e sperimentazioni; aperto ad ogni suggerimento che può venire dai bambini, dai genitori o dagli operatori del campo. L’apporto di tutti questi soggetti, a cui va il nostro ringraziamento e la nostra gratitudine, è stato nel tempo determinante per migliorare un metodo e uno strumento a cui abbiamo già dedicato tante fatiche ma che necessita di ulteriori aggiustamenti, arricchimenti e perfezionamenti.
PARAMETRI DI BASE PER L’APPRENDIMENTO
I criteri a cui ci siamo ispirati e che crediamo fondamentali affinché nei materiali e nei programmi sia facilitato al massimo lo sviluppo logico e cognitivo sono diversi:
1° La molteplicità degli stimoli.
3° La controllata ripetitività.
8° La sistematica verifica e valutazione dell’efficacia del programma.
Questi parametri dovrebbero essere sempre tenuti nella massima considerazione sia dagli insegnanti, che da chiunque si preoccupi di studiare, preparare e diffondere materiale didattico, specie se indirizzato a bambini piccoli o disabili.
Molteplicità di stimoli significa che le attività proposte devono riguardare contemporaneamente i vari settori di quella multiforme realtà che noi chiamiamo intelligenza; quindi, la stimolazione del linguaggio deve andare di pari passo con quella logico-percettiva, con quella cognitiva, con quella della memoria, della psicomotricità ecc.
Quando si forniscono, infatti, soltanto pochi tipi di stimoli, lo sviluppo avviene in maniera disarmonica: maggiore nel settore che noi abbiamo stimolato, minore, molto minore, negli altri campi che abbiamo trascurato. La diffusione da un settore all’altro e l’integrazione di un settore con l’altro, si ottengono infatti solo parzialmente e molto limitatamente, specialmente quando il ritardo è più evidente.
Si ottiene quindi o una curva di sviluppo a campana molto stretta o delle punte di sviluppo che impediscono al bambino di essere e di presentarsi di fronte ai problemi globalmente più maturo.
In “Voglia di crescere” per applicare il principio della molteplicità degli stimoli sono presenti schede riguardanti vari aspetti: la memoria, le capacità associative e percettive, il linguaggio nei suoi duplici aspetti della comprensione dei contenuti linguistici e dell’espressione verbale e ancora la coordinazione occhio-mano, le attività di pregrafismo, l’orientamento e le direzioni spaziali, l’arricchimento culturale ecc
Questo abbiamo fatto per migliorare e stimolare più aree e settori di sviluppo e quindi evitare, con la settorializzazione degli stimoli, dei miglioramenti parcellari o irregolari.
Mancano certamente alcuni settori come la psicomotricità, l’autosufficienza e altri, sia perché esistono in commercio ottimi testi che affrontano i temi suddetti, sia perché abbiamo notato come molto spesso, se non vi è un danno neurologico specifico, le migliori capacità intellettive ottenute con il programma stimolino in modo efficace anche queste aree.
I principi da rispettare in questo campo sono numerosi e non sempre sono tenuti nella giusta considerazione, cosicché nascono facilmente degli errori.
Corretta sequenzialità degli stimoli
Elemento fondamentale della gradualità è la corretta sequenzialità degli stimoli, pertanto, come in una scala, allo stimolo più semplice deve seguire quello più complesso che, a sua volta, sarà seguito da uno ancora più difficile.
Di ciò siamo tutti convinti, in quanto qualunque tipo di accrescimento o di allenamento, presuppone una gradualità nelle conquiste. Nessuno si sognerebbe, per esempio, d'allenare un atleta del salto in alto portando l’asticella da un metro e cinquanta centimetri ad ottanta centimetri e poi a due metri; quindi a cinquanta centimetri e così via.
Pur essendo consapevoli di ciò, l’applicazione di questa regola è molto difficile da ottenere, sicché non sempre viene rispettata. Succede, infatti, che la corretta sequenzialità non viene ottenuta mediante la sperimentazione sul campo e quindi sui bambini, ma viene ipotizzata da noi e viene attuata tenendo conto soltanto della nostra esperienza e delle nostre conoscenze.
Ma queste non bastano. Il graduare senza effettuare le dovute sperimentazioni, comporta degli inevitabili errori che sembrano piccoli e insignificanti per noi adulti e normodotati, ma che sono enormi e molto limitanti per i bambini piccoli o in difficoltà.
La sequenzialità deve essere pertanto ottenuta da sperimentazioni effettuate con bambini piccoli e normali.
Questo perché solo i bambini che non hanno problemi, ci possono dare delle indicazioni sulle difficoltà di ogni scheda e di ogni stimolo.
I bambini disabili dovranno essere inseriti nella sperimentazione durante la fase successiva, quando bisognerà verificare che la gradualità, sperimentata con i bambini normali, sia la migliore possibile anche per loro.
Perché graduare gli stimoli?
Il nostro corpo e la nostra mente, che abbiano o no capacità di base normali, sono capaci di affrontare problemi sempre maggiori se vengono presentati attraverso una perfetta sequenzialità.
Se ciò non succede, nasce nel bambino, come nell’atleta, un senso di frustrazione perché si accorge di non riuscire e quindi si blocca, di fronte a richieste eccessivamente complesse o comunque, in quel momento, lontane dalle sue capacità.
Un’errata sequenzialità comporta, infatti, sentimenti negativi di rifiuto sia verso l’operatore, visto come colui che crea dif-ficoltà, sia verso il materiale e il compito da effettuare.
Appiattimento della gradualità.
É l’errore opposto al primo. In questo caso gli stimoli proposti non sono a difficoltà crescente, ma sono per lo più tutti dello stesso livello. È un errore in cui è facile cadere in quanto è consolatorio per l’educatore osservare che il bambino effettua con piacere e senza alcuna difficoltà il compito richiesto. Purtroppo dopo un certo tempo si noteranno, con gli sbadigli, i classici segni della noia, ma soprattutto avremo tradito la sua fiducia e quella dei suoi genitori in quanto mancherà quella crescita nelle capacità del soggetto che è il nostro obiettivo primario. Ritornando all’esempio precedente è come se per allenare un atleta del salto in alto, noi lasciassimo l’asticella sempre alla stessa altezza.
In questo caso lo sportivo non aumenterà le sue capacità e dopo un po’, stanco e annoiato, abbandonerà l’allenamento.
Eccessive differenze nella sequenzialità degli stimoli.
Vi può essere una giusta sequenzialità ma con intervalli di difficoltà troppo ampi e quindi eccessivi tra uno stimolo o una sequenza di stimoli e l’altra.
É come proporre al bambino di salire degli scalini che sono sì tutti graduati e della stessa altezza, ma sono troppo alti per le sue gambe.
Ritornando all’esempio dell’atleta che vogliamo allenare a saltare sempre più in alto è come se mettessimo l’asticella prima a un metro, poi a un metro e mezzo, poi a due metri, e quindi a due metri e mezzo, saltando gli altri gradini intermedi indispensabili per ogni buona preparazione atletica.
Anche in questo caso il compito dell’allenatore fallirà proprio perché i passaggi, tra un tipo di prova e l’altra, risultano eccessivi.
L’esperienza di questi anni ci fa pensare al bambino ritardato non come a qualcuno che non può camminare, ma come a un soggetto che ha gambe molto piccole, per cui non riesce a salire scale i cui i gradini sono molto alti.
Per spezzettare le difficoltà e far diventare la sua strada più agevole, per rendere la sua crescita più sicura, affinché il suo apprendimento sia più stabile, sono pertanto necessari molti stimoli, molti di più di quanto servano ai soggetti normali, molti di più di quanto normalmente non vengano proposti.
La scala che noi gli proponiamo di salire dovrà avere, quindi, gradini molto bassi e agevoli. Ma non fanno forse la stessa cosa i buoni architetti, come il Bernini, il quale dovendo realizzare per i palazzi vaticani una scala comoda e facile da salire anche da persone di una certa età e stazza, come spesso sono i papi, la progettò con gradini estremamente bassi?
Ci siamo chiesti quale può essere il motivo per cui, questi criteri di cui abbiamo parlato, non siano tenuti nella giusta considerazione.
La prima causa a cui possiamo pensare è che noi operatori e studiosi del settore crediamo o ci illudiamo di ottenere più rapidamente il nostro scopo quanto più direttamente proponiamo la meta da raggiungere. Trascuriamo il fatto che le strade più diritte sono le più rapide ad essere percorse solo sui “tragitti piani”. Quando invece si tratta di stimolare una crescita, di effettuare quindi un “percorso in salita”, le strade più diritte non sono affatto le più rapide!
Il secondo motivo è di tipo pratico. Dare molti stimoli significa, nel nostro campo, ricorrere a strumenti ponderosi, fatti di moltissimo materiale cartaceo o non. Ne consegue che gli autori dovranno avere il coraggio di presentare alle case editrici un materiale difficile da pubblicare perché costituito da numerosissime schede. Le case editrici, d’altro canto dovranno avere la capacità di affrontare seriamente il problema della stimolazione del bambino disabile con strumenti adatti, con metodologie efficaci, anche se appaiono inizialmente antieconomiche, proprio per la loro mole.
Per quanto riguarda la gradualità, dovendo scegliere un criterio per inserire le schede in un gruppo e quindi affinché siano adatte ad una certa età mentale, nel momento in cui abbiamo strutturato “Voglia di crescere” abbiamo pensato di selezionare per ogni livello solo le schede che avessero determinate caratteristiche: fossero effettuate da almeno il 50% dei bambini normali dell’età corrispondente, ma non più dell’80%. Sono state pertanto escluse, per essere poi provate ad età superiori, le schede con un numero di errori nel gruppo di controllo superiore al 50%. Al contrario si è fatto con le schede effettuate correttamente da oltre l’80% dei soggetti normali dell’età corrispondente. Queste, considerate troppo facili, sono state scartate per essere riprovate ad un’età inferiore.
Tutto ciò al fine di rendere gli esercizi di ogni livello non tanto difficili da impedire la loro utilizzazione ma neanche troppo facili da renderli inutili o superflui per raggiungere l’obiettivo dello stimolo all’accrescimento delle capacità intellettive.
All’interno di ogni gruppo e livello, a sua volta, le schede sono state graduate per difficoltà. Pertanto è come aver creato, nell’ambito della stessa età mentale, una scala con diversi gradini a difficoltà crescente. Tutto ciò affinché tutti i bambini, anche quelli con “piccole gambe”, potessero salirla agevolmente.
Ciò, naturalmente, ha richiesto per ogni scheda un lungo lavoro di sperimentazione prima di inserirla definitivamente nel livello corrispondente. A questo lavoro hanno collaborato molte scuole e molti operatori: direttori didattici, presidi, pedagogisti, insegnanti, psicologi, che non finiremo mai di ringraziare per il loro prezioso aiuto e sostegno.
Collegato al discorso precedente è quello della ripetitività controllata degli stimoli.
Tutti noi siamo convinti del detto latino “Repetita iuvant”. Che, cioè, ripetere l’esecuzione di un compito aiuta l’apprendimento.
Ciò è vero, ma fino a un certo punto. Sappiamo infatti che il processo di saturazione avviene rapidamente. Per tale motivo lo stesso stimolo, se ripetuto in maniera eccessiva, non facilita, ma anzi blocca e limita l’apprendimento. Ciò avviene perché subentra la noia e l’avversione verso qualcosa che ci appare irritante e oppressivo. Di questo purtroppo sono spesso vittime i bambini in cui, l’apprendimento è proprio più difficile : i bambini disabili.
Per tale motivo non è affatto un bene ripetere, specie nei bambini piccoli o con ritardo, “mille volte la stessa cosa”. L’ideale da raggiungere, volendo proporre uno slogan, sarebbe addirittura che gli strumenti e le attività che abbiamo a disposizione fossero così graduati, vari e brevi che ci permettessero di “ripetere mille cose una volta sola”.
In “Voglia di crescere”, per evitare la noia ed il disinteresse, ogni scheda risulta diversa dalle altre anche se affronta lo stesso argomento o ha le stesse finalità.
Il numero delle ripetizioni necessarie per ottenere l’apprendimento della singola scheda, dipende soprattutto dalla gravità del ritardo e dalle capacità dell’operatore nell’ampliare, arricchire e rendere più vicino al bambino il singolo apprendimento.
In ogni caso, a causa dell’alto numero di stimoli, esso risulta, nella pratica clinica e riabilitativa, molto ridotto e viene normalmente ben accettato da parte del minore.
Il bisogno che noi abbiamo di parlare di un argomento in maniera esauriente, non ci può esimere dalla necessaria brevità e gradualità, pertanto, nell’affrontare un argomento complesso, dobbiamo necessariamente tenere presente questi principi.
D’altra parte non è possibile effettuare stimoli brevi se questi non sono numerosi. Poiché, infatti, i contenuti da proporre sono molteplici, dovendo spezzettare le difficoltà, ed evitare le ripetizioni, il numero delle schede non potrà che essere molto alto.
La brevità non toglie nulla a un discorso complesso che può e deve essere effettuato sia ampliando e arricchendo il tema proposto dalla singola scheda, che collegando e mettendo insieme schede simili. In questo modo è ugualmente possibile fornire al bambino un quadro ampio e completo.
In “Voglia di crescere”, il problema della brevità è stato affrontato in maniera radicale. Tutte le schede possono essere effettuate in pochi secondi. Ciò le rende idonee anche a bambini molto piccoli o con problematiche psicologiche. Questi bambini, infatti, avendo soltanto brevi momenti di attenzione, avrebbero notevoli difficoltà ad effettuare un compito lungo e com-plesso.
Uno stimolo può essere adeguato per il suo contenuto, ma può non essere chiaro. Invece i bambini, specie se piccoli o in difficoltà, hanno bisogno di stimoli estremamente chiari e “puliti” sia nell’aspetto grafico che nei contenuti.
Uno stimolo è chiaro quando:
Gli elementi presenti sono pochi.
Più elementi noi inseriamo, più la richiesta diventa poco chiara perché il loro esame, ad opera dei centri corticali di analisi, viene disturbato dall’affollarsi di molti dati da esaminare e valutare.
La grafica e il disegno sono puliti e lineari, essenziali ma completi, senza elementi disturbanti, inutili o distraenti.
In “Voglia di crescere” per ottenere il massimo della chiarezza , abbiamo cercato di dare ad ogni disegno e alla scheda nel suo complesso un’impostazione grafica la più semplice possibile, riducendo al massimo gli elementi grafici e le richieste.
É risaputo che per un facile apprendimento e per una più rapida e completa memorizzazione, gli stimoli devono essere ricchi d’interesse.
Uno stimolo è ricco d’interesse quando l’apprendimento :
• non è troppo difficile è quindi è adatto all’età mentale del bambino
• la sua gradualità è corretta in tutti i suoi aspetti;
• è proposto sotto forma di gioco, come il cercare, l’indovinare, lo scoprire o il capire;
• le immagini sono accattivanti;
• la persona che lo propone è interessante.
Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, sappiamo che l’operatore che propone l’apprendimento è un tramite e un veicolo positivo o negativo per l’apprendimento stesso.
Un educatore è efficace quando :
• utilizza una relazione ricca di elementi relazionali validi e quindi affettuosi e gratificanti;
• manifesta disponibilità a comprendere ed a porsi in ascolto dei bisogni del minore, dei suoi desideri, dei suoi momenti di stanchezza o di tensione e sa modificare rapidamente il suo intervento adattandolo e adattandosi;
• quando riesce ad instaurare un dialogo e un ascolto ampio e profondo. Pertanto tra lui e il bambino si stabilisce una comunicazione continua ed efficace, fatta di parole ma soprattutto di gesti e manifestazioni di amicizia, affetto e comprensione reciproca
Per questi motivi gli operatori che attuano il programma, siano essi insegnanti, psicologi o pedagogisti vengono preparati e seguiti dal nostro Centro Studi Logos, affinché sappiano intraprendere con il bambino una relazione che sia innanzitutto psicologicamente efficace, sia nei confronti del bambino che dei suoi genitori.
Inoltre in “Voglia di crescere” l’interesse viene mantenuto vivo in ogni momento dalla varietà delle richieste e dal fatto che queste hanno sempre le caratteristiche di un gioco, in cui bisogna cercare, trovare, indovinare, scoprire, capire. Per tale motivo questa attività viene vista, dai numerosissimi bambini a cui è stata sottoposta, come un simpatico momento da trascorrere insieme ai genitori o all’educatore e non come un compito gravoso da effettuare.
L’inserimento in un programma di stimolazione dovrebbe avvenire soltanto quando è stata verificata attraverso strumenti idonei l’età mentale del bambino.
Se, attraverso dei test o mediante le scale di sviluppo, si è riusciti ad evidenziare l’età di sviluppo del bambino, è consigliabile iniziare il programma dal livello appena inferiore.
Pertanto, ad esempio, se l’età mentale del bambino è di quattro anni è bene iniziare dal terzo livello e non dal quarto. E questo per due buoni motivi: il primo nasce dal bisogno di mettere a proprio agio il bambino il quale, il più delle volte, è stato soggetto a frustrazioni a causa di richieste troppo complesse per le sue capacità.
Il secondo motivo nasce dal bisogno di recuperare, anche se rapidamente e velocemente, quegli apprendimenti non ancora perfettamente recepiti.
Nel caso in cui non si fosse in possesso dell’età mentale si può verificare immediatamente e semplicemente la sua possibilità di utilizzazione, facendo effettuare come prova d’entrata le prime dieci schede del livello più vicino alle supposte capacità del bambino. Nel caso in cui egli riesca ad effettuare almeno otto schede su dieci senza alcun problema si può procedere con le schede successive in caso contrario è bene provare con il livello inferiore. Con il“Demotest di Voglia di crescere” ed un computer a disposizione, invece, l’esame del bambino risulterà più affidabile. Poiché in ogni gruppo del Demotest sono state inserite le schede più difficili di ogni livello, basta far effettuare tutte le schede iniziando dal primo livello o da quello a lui facile da effettuare e prendere come punto di riferimento il gruppo che il bambino è costretto a ripetere più volte senza riuscire a superarlo. Il livello da cui si potrà iniziare sarà pertanto o quello non superato o ancora meglio, per i motivi che abbiamo detto prima, quello appena precedente.
Verifica e valutazione dell’efficacia.
Ogni programma educativo, riabilitativo o di stimolazione necessita di un momento dedicato alla verifica e alla valutazione della sua efficacia.
Mentre per i bambini normodotati, la verifica può avere come punto di riferimento la programmazione individuale, di classe o le indicazioni dei programmi ministeriali, nel caso dei bambini con disabilità i parametri devono necessariamente essere diversi.
Noi preferiamo utilizzare, con le opportune modifiche, la metodologia proposta dal Doman già molti anni fa, che ricordiamo brevemente.
Questo illustre autore aveva già evidenziato la scarsa utilità di una verifica generica di tipo medico la quale a volte si presenta con domande del tipo: “Come sta il bambino attualmente”?
Siffatta verifica, infatti, non ci dà contezza, in maniera analitica, delle difficoltà del bambino e non quantifica i suoi progressi o regressi.
Altrettanto da scartare è la verifica che consideri gli apprendimenti effettuati confrontandoli con le acquisizioni di partenza senza tener conto del tempo trascorso. “Il bambino prima (ma quando: un mese fa? Un anno fa? Quattro anni fa?) non conosceva nessuna lettera dell’alfabeto, adesso (ma dopo quanto tempo?) ne conosce tre.” “Il bambino prima diceva tre parole, adesso ne pronuncia dieci.”
Questo tipo di valutazione troppo generica non risponde ai nostri bisogni perché, tranne che il soggetto non sia colpito da un deterioramento progressivo, o da un a regressione psicologica, tutti i bambini che hanno un ritardo mentale, hanno dei progressi solo che vi sia una qualche stimolazione, anche non specifica.
É essenziale invece la quantificazione di questi progressi, in rapporto al tempo trascorso. Solo questo confronto: quantità delle acquisizioni espressa in mesi, fratto il tempo trascorso, ci può permettere di valutare l’efficacia della stimolazione effettuata.
É necessario pertanto registrare:
l’età cronologica iniziale (E.C.I.): che è semplicemente l’età del bambino espressa in mesi al momento dell’osservazione iniziale
l’età di sviluppo iniziale (E.S.I.): che è la quantificazione dello sviluppo in mesi, sia globalmente, che delle aree che ci interessano: cognitiva,
affettiva relazionale, linguistica, sensoriale, motoria, dell’autonomia ecc. (Il Doman la chiama età neurologica iniziale);
Il rapporto di crescita iniziale (R.C.I.): che è il rapporto tra l’età di sviluppo nell’area o nelle aree interessate alla valutazione e l’età cronologica;
Al momento della verifica è necessario rilevare invece:
l’età cronologica attuale (E.C.A.): che è l’età, sempre espressa in mesi, del bambino nelle verifiche successive alla prima;
l’età di sviluppo attuale (E.S.A.): che è la quantificazione dello sviluppo globale e/o delle aree interessate, espressa in mesi nelle verifiche successive alla prima;
il rapporto di crescita attuale (R.C.A.): che è il rapporto, nelle successive osservazioni, tra lo sviluppo ottenuto tra una verifica e l’altra e il tempo trascorso sempre fra una verifica e l’altra;
la differenza nel rapporto di crescita (D.R.C.): che si ottiene sottraendo l’ultimo rapporto di crescita ( R.C.A) dal rapporto di crescita iniziale (R.C.I.).
Questo dato conclusivo è quello che quantifica l’efficacia o meno dell’azione educativa nei casi in cui la malattia non porti , per sua natura, a un progressivo decadimento delle funzioni.
Ed è ancora questo dato che, insieme ad altri dello stesso tenore o migliori, giustifica e ricompensa la nostra fatica nel preparare il Programma base “Voglia di crescere” e quello dei genitori e degli educatori che, nell’applicarlo con costanza, si sono impegnati con noi in questo affascinante percorso educativo.
Perchè se fosse stato “ 0 “ o con segno negativo, il nostro tempo e quello dei genitori e degli educatori si sarebbe sicuramente potuto utilizzare in maniera più proficua!
Molti elementi, come quelli esposti alla fine del manuale, ci confermano invece, che anche i bambini con ritardo intellettivo notevole, crescono e crescono in fretta se l’impegno educativo dei genitori e degli educatori si accompagna ad un programma idoneo.
Valutazione dell’efficacia.
Il programma “Voglia di crescere” è efficace ma in maniera diversa per molti casi di ritardo mentale, capacità intellettive ai limiti della norma, dislessia, sordità.
A patto che:
• venga effettuato il corretto inserimento nel programma attraverso una delle due prove di cui abbiamo parlato sopra o attraverso test e scale di sviluppo che valutino l’età mentale del soggetto;
• l’attività di stimolazione sia attuata ogni giorno per almeno un’ora;
• vengano tenuti nella giusta considerazione le indicazioni date.
Tratto dal libro di Emidio Tribulato "Voglia di crescere" Guida per i genitori e gli operatori.
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