Momenti di scontro e conflitto nell’ambito delle coppie, per fortuna alternati a momenti di intesa, dialogo proficuo, scambi affettuosi, vi sono sempre stati. Ciò che stupisce nelle coppie di questo periodo storico non è la presenza dei conflitti nella vita coniugale, ma il notevole aumento di questi conflitti, la loro maggiore gravità e le tragiche conseguenze alle quali spesso portano. È come se nella vita delle coppie i momenti di quiete e di bonaccia siano diventati sempre più rari, mentre quelli di scontro, più o meno violento, siano sempre più frequenti, quasi la norma. Questi scontri sono fatti di frasi nelle quali gli insulti, le parolacce, le accuse, i rimproveri ed i rimbrotti la fanno da padroni.
Le cause
La conflittualità all’interno della coppia, nel mondo occidentale, ha molteplici cause:
- La maggior frequenza dell’adulterio.
- La presenza di una mentalità consumistica.
- Le differenze eccessive nell’ambito della coppia.
- La non accettazione delle differenze di genere.
- La scelta di partner con personalità non adatte alla vita familiare e coniugale.
- Il vivere la vita affettiva e amorosa con eccessive e fragili illusioni
- Il diverso clima sociale
- La scarsa influenza delle religioni.
- Il deterioramento delle immagini maschili e femminili.
1. La maggior frequenza dell’adulterio
La fedeltà reciproca della coppia è ampiamente sottovalutata sia nell’ambiente politico e sociale sia in quello familiare e personale. Si gioca con i sentimenti. Si gioca con la sessualità. Si gioca con i comportamenti che implicano dei rischi di tradimento, senza tener presente che questo piacevole gioco iniziale ha delle conseguenze deleterie sia sul piano personale dei coniugi, sia sull’intera famiglia, ma soprattutto ha notevoli conseguenze sulla vita dei figli. La maggior frequenza dell’adulterio è dovuta anche al complessivo peggioramento del dialogo nell’ambito della coppia, diventato sempre più raro e difficile, ma anche sempre più aspro, in quanto spesso privo dell’indispensabile intesa, accettazione e comprensione reciproca. Dialogo nel quale si lascia prevalere l’istinto di predominio dell’uno sull’altro, piuttosto che l’accoglienza. Dialogo nel quale si cerca di primeggiare e di sottomettere l’altro, piuttosto che valorizzarlo. Prevale il concetto che all’interno della coppia tutto si può fare e tutto si può dire perché lui/lei se mi ama capirà e accetterà. E ciò senza tener conto della sensibilità del partner.
2. La presenza di una mentalità consumistica
Influenzati dal consumismo imperante che stimola a sostituire e cambiare quanto non corrisponde ai nostri desideri del momento, si è spinti a cambiare partner ogni qualvolta si notano dei difetti nell’altro, ogni volta che avvertiamo una netta diminuzione del sentimento amoroso, o quando abbiamo la sensazione che sia possibile averne uno migliore. Siamo sempre alla ricerca della relazione “perfetta” e dell’uomo e della donna altrettanto “perfetti” che ci facciano vivere in uno stato di perenne innamoramento e gioia, se non addirittura di felicità.
3. Le differenze eccessive nell’ambito della coppia
Un’altra delle cause della conflittualità è da riportarsi alla presenza, nell’ambito della coppia, di caratteristiche di personalità, stili educativi, valori, a volte anche religione e cultura molto, troppo diversi e distanti. Senza tenere conto che le differenze eccessive nel modo di vivere e sentire sono di ostacolo nelle mille decisioni che si è costretti a prendere giornalmente nella vita familiare.
Anche questo tipo di scelte nasce dall’illusione romantica che l’amore supera tutto, che l’amore tutto fa comprendere ed accettare, che l’amore cancella le differenze e le diversità. Purtroppo ciò è vero solo se le diversità non sono numerose e non sono eccessivamente profonde.
4. La non accettazione delle differenze di genere
Mentre si è propensi ad accettare nell’altro anche cultura, carattere, lingua diversa, non si è disposti ad accettare le differenze di genere, in quanto “uomini e donne siamo uguali” e quindi ci si attende che l’altro si comporti e viva le realtà della vita allo stesso nostro modo. Non si accetta la diversa emotività. Non si accetta il diverso modo di vivere e sentire la sessualità, i diversi contenuti e stili nella comunicazione, il diverso modo di esprimere l’interesse e l’amore. Si rifiutano le differenze nel vivere e gestire gli eventi, la diversa prospettiva storica, la difformità nel modo di affrontare le attività educative e le attività lavorative. Questa ricerca dell’uguaglianza a tutti i costi mette in secondo piano il fatto che quando le differenze di genere sono comprese e accettate, sono di notevole aiuto nei rapporti di coppia, nell’educazione dei figli e nella vita familiare. Se invece si cerca di negarle cercando inutilmente, ma anche erroneamente, un’uniformità nei comportamenti e nei vissuti, le differenze di genere sono causa di contrasti notevoli, mentre i figli perdono la ricchezza dovuta proprio ai diversi apporti educativi e formativi.
5. La scelta di partner con personalità non adatte alla vita familiare e di coppia
La personalità e le esperienze familiari degli sposi sono fondamentali per la riuscita d’un matrimonio.
Quando la personalità è alterata da problematiche psicologiche come l’ansia, la depressione, la facile irritabilità e aggressività, le ossessioni, la diffidenza, la povertà affettiva, le difficoltà nella comunicazione, c’è da aspettarsi un notevole aumento dei conflitti coniugali insieme al notevole danno per i figli che nasceranno
6. Il vivere la vita affettiva e coniugale con eccessive e fragili illusioni
Nell’ambito della relazione amorosa le illusioni create dal cinema, dalla Tv e dai romanzi sono tante. Ad esempio:
- credere che esista la donna o l’uomo perfetto;
- credere che i rapporti affettivi rimarranno immutati negli anni;
- credere che esista il partner ideale;
- credere che l’amore sia in grado di far capire e accettare tutto;
- credere che l’altro sia sempre pronto ad esaudire ogni nostro desiderio e a soddisfare ogni nostra esigenza;
- credere che per amore nostro l’altro possa snaturare il proprio carattere fino ad adattarsi interamente a noi;
- credere che l’altro abbia il dovere di renderci felici;
- credere che la sessualità e l’amore siano sempre collegati l’uno all’altra;
- credere che con la persona amata saremo sempre due persone in un’anima sola;
- credere che la coppia sia sufficiente a sé stessa.
7. Il diverso clima sociale
I diversi valori ed il diverso clima sociale presente nelle società occidentali hanno una notevole influenza sulla conflittualità coniugale. Intanto è valutata positivamente, e quindi come valore sociale, la reversibilità delle scelte, cioè la libertà di tornare sui propri passi quando una decisione si mostra troppo vincolante per un soggetto che si vuole e si pensa come assolutamente libero nelle sue relazioni. Pertanto quando una situazione non è molto gradita, piuttosto che affrontare e cercare di risolvere le cause che l’hanno determinata, si è più propensi a ritornare sui propri passi cercando di eliminarla e cancellarla. D’altra parte, per le attuali società occidentali, tutte le scelte individuali, di coppia e familiari sono allo stesso livello (privatizzazione delle scelte). Da parte dello Stato non vi sono, pertanto, interventi di alcun genere sulle scelte individuali, anche quando queste si dimostrino essere notevolmente deleterie per la stessa persona, per i minori e per la società, purché non comportino dei reati penalmente perseguibili.
8. La scarsa influenza delle religioni
La religione, in tutte le epoche e presso tutti i popoli, ha avuto sempre un notevole peso sui comportamenti e sugli atteggiamenti riguardanti la famiglia, l’unione sponsale, l’uso della sessualità. Purtroppo, attualmente, la sua influenza sui comportamenti dei singoli è diminuita notevolmente in quanto gli Stati, sempre più laicizzati, hanno emarginato la religione nel campo delle emozioni e dei sentimenti, per cui essa non riesce più ad influenzare se non in modo marginale la vita delle persone e le scelte individuali e collettive.
9. Il deterioramento dell' immaginario maschile e femminile.
L’immagine dell’uomo agli occhi delle donne e quella delle donne agli occhi degli uomini si è negli ultimi decenni notevolmente deteriorata. Pertanto anche il valore ed il rispetto che si dovrebbe avere nei confronti dell'altro sesso nonché il valore di un sesso per l'altro è, negli ultimi decenni notevolmente scaduto.
Da quando è iniziata la cosiddetta “liberazione femminile”, da quando il clima culturale ha iniziato a legiferare e a lottare per “l’eguaglianza tra i sessi”, l’immagine del maschio è stata sistematicamente deteriorata e svilita.
Gli uomini sono sistematicamente descritti come:
- “immaturi”, “bamboccioni”, “mammoni”, “inaffidabili” nella cura delle loro donne, come dei figli;
- sempre più frustrati e poco capaci dal punto di vista lavorativo, culturale, intellettivo e sessuale.
- schiavisti per millenni nei confronti delle donne che hanno relegato in casa, legandole ai fornelli, ai figli da curare e ai panni da lavare.
- pronti a far violenza, fino ad uccidere le donne che si ribellano al loro dominio o dalle quali sono lasciati
- violenti stupratori che aggrediscono le donne indifese che si ribellano al loro dominio.
- maschi pronti ad assumere le vesti di orchi pedofili pronti ad abusare di piccoli esseri innocenti.
D’altra parte le accuse alle donne, anche se fatte per lo più in sordina sono altrettanto violente e denigratorie:
- oggi le donne hanno un aspetto assolutamente trasandato o portano un abbigliamento e dei vestiti eccessivamente sexy e provocanti;
- le donne si concedono con troppa facilità, per poi piangere disperate e quindi spesso sono considerate di facili costumi ma anche stupide;
- le donne del nostro periodo storico sono incapaci di gestire, non dico la loro casa, ma anche solo se stesse e quindi sono pronte a schiavizzare il marito o il compagno che cade tra le loro grinfie malefiche;
- le donne sono pronte a sacrificare la propria dignità, il marito e i figli per un avanzamento di carriera;
- le donne non sono mai soddisfatte dei loro uomini, pronte a lamentarsi e a lagnarsi di tutti e di tutto;
- le donne sono pronte ad approfittare dei figli e del legame matrimoniale per “lasciare in mutande” il povero uomo che hanno accalappiato, togliendogli tutto: i soldi, la casa, i mobili, i figli, ma anche la sua stessa dignità.
conseguenze
Nelle situazioni di conflitto tra coniugi, la tensione emotiva all’interno della famiglia e della coppia è fatta di gelo e di fuoco. Come il gelo dell’inverno colpisce le giovani gemme dell’albero e le congela, le fa inaridire e marcire, impedendo lo schiudersi delle foglie e dei fiori, allo stesso modo l’atteggiamento freddo tra i genitori impedisce che all’interno della famiglia circoli quel dolce tepore che alimenta e fa sbocciare la vita e con la vita la gioia. Questo stato di tensione è però anche fuoco, simile a quello che nei campi brucia e trasforma in cenere tutto ciò che incontra: insetti e animali, alberi grandi ma anche giovani piantine appena spuntate dalla terra: tutto muore investito dal calore delle fiamme, tutto viene sterminato, distrutto e ridotto in cenere, senza pietà.
L’aggressività, l’intolleranza il conflitto della coppia si espandono nell’ambiente dove questa vive. Per i figli è vivere in una condizione di grave, continuo, insopportabile stress. Tutto ciò non può non avere delle pesanti ripercussioni sul loro benessere e sulla loro vita emotiva e relazionale. Per Paradis e altri,[4] i litigi tra i genitori possono danneggiare l’equilibrio mentale dei figli, i quali da adulti avranno più facilmente e frequentemente disturbi depressivi, uso eccessivo di alcol e droghe, comportamenti antisociali, difficoltà a trovare e mantenere un lavoro.
Lo schierarsi
Lo scontro ed il disagio dei coniugi si allarga poi, quasi sempre, alle famiglie di origine. Nonostante molte di queste facciano sforzi immani per aiutare i loro figli a raggiungere una sistemazione affettiva stabile e duratura, si ritrovano ad assistere, e poi inevitabilmente ad essere coinvolte, in duelli fatti di offese e aggressioni. Duelli nei quali ognuno cerca di ferire e far del male all’altro.
Pertanto è molto facile che le persone attorno ai due contendenti si schierino con l'uno o con l'altro. La scelta a volte è istintiva: “Io, come madre del giovane, non posso certo prendere le difese di quella donna che lo ha lasciato “. Altre volte sono i contendenti stessi a chiedere, anzi a pretendere, un pieno appoggio contro l’avversario, tanto che è visto con sospetto, quasi fosse un altro nemico, chi non si sente di dare un giudizio di parte.
La necessità di schierarsi a favore dell’uno o dell’altro elemento della coppia, innesta delle dinamiche che coinvolgono i figli, gli altri familiari e gli amici. Queste dinamiche spesso hanno come conseguenza la rottura dei legami che sostenevano la rete familiare ed affettiva, con ripercussioni a cascata su ogni nodo della rete. Dove prima vi era fiducia rischia di nascere il dubbio. La o le persone da cui ci si attendeva aiuto e conforto rischiano di diventare fonte di malessere e insicurezza. A questa logica non si sottrae nessuno. Né i figli della coppia conflittuale, né gli altri familiari e gli amici.
Ma cosa significa schierarsi per un figlio? Spesso equivale a bollare di iniquità uno dei due genitori, accettando in tutto o in parte le accuse dell’altro. Significa allontanarsi, sia fisicamente sia psicologicamente, dalla madre o dal padre ritenuto colpevole. Significa costringere un figlio a prendere anche lui delle armi per difendere il genitore che si crede aggredito e, contemporaneamente, cercare di punire il presunto aggressore. Solo in alcuni casi, con la maturità, alcuni figli riescono a giudicare serenamente quanto è avvenuto o avviene nella loro casa, sotto i loro occhi e dentro il loro cuore, evitando di prendere le parti dell’uno o dell’altro. Anzi, soprattutto con la maturità, è facile che siano accusati entrambi i genitori, in quanto ritenuti rei di non aver ottemperato a un loro fondamentale, preciso dovere: rendere il clima familiare sereno e pacifico.
Le alleanze
Alle alleanze non si sottraggono le famiglie d’origine e gli amici. Come è naturale anche questi in genere tendono, per solidarietà, a vedere l’altro e anche la famiglia dell’altro come colpevoli. Non sono però rari i casi in cui la madre o il padre accusano chiaramente ma anche coraggiosamente il proprio figlio o la propria figlia del conflitto esistente. In ogni modo, con la rottura dell’unità familiare, si forma una rete patologica di alleanze, in favore dell’uno o dell’altro. Queste alleanze risultano frequentemente distruttive per l’uno e per l’altro.
Vi possono essere, soprattutto nella fase iniziale del conflitto, degli interventi pacificatori, in quanto, ben a ragione, ognuno dei familiari, in qualche modo, subisce delle perdite ma anche delle sofferenze a causa della contesa in atto. Purtroppo però, frequentemente, i dissidi coniugali fanno riemergere nei familiari e parenti, risentimenti, animosità e gelosie latenti o nascoste che tenderanno a manifestarsi, accentuando la lotta tra i coniugi: “Quell’uomo non mi è mai piaciuto, ero sicuro/a che non faceva al caso tuo. Ho sospettato che non fosse una persona sincera, equilibrata e con dei solidi principi, da quando me l’hai presentato”. “Quella donna si è comportata male dal primo giorno del matrimonio. Non mi sono mai andate a genio la sua alterigia e la sua sfrontatezza”.
Anche i figli, purtroppo, a volte non solo non si impegnano per degli interventi pacificatori ma tendono ad accentuare, con i loro comportamenti, i contrasti tra i genitori, sia per punire il genitore che con i suoi “no”, con le sue decisioni più rigide li ha fatti qualche volta soffrire, sia con la vana speranza che, eliminando dalla propria famiglia e dalla propria vita l’elemento “cattivo”, rimanga soltanto la parte “buona”. Per fortuna, nell’ambito familiare, amicale e nei figli, a volte sono presenti degli elementi più saggi e illuminati, che mettono in moto gli interventi appropriati e utili a rappacificare la coppia. Sono interventi difficili, ma quando sono attuati, spesso sono un toccasana per i contendenti, i quali si vedono in questo modo costretti a riappropriarsi della loro responsabilità genitoriale.
Conseguenze sui figli
“I bambini sono estremamente sensibili al tipo di relazione esistente tra i genitori: quando tra le quinte va tutto bene, il bambino è il primo a rendersene conto e lo dimostra: infatti è palesemente più a proprio agio ed è felice; è anche più facile accudirlo”.[1] Che cosa succede, invece, nell’animo di un bambino quando le persone che dovrebbero, più delle altre, dargli sicurezza e serenità, iniziano tra loro una contesa della quale non si conoscono i risultati, ma si avvertono sicuramente i danni inferti?
Nei bambini, dopo un iniziale stato istintivo d’allarme, sopravviene il bisogno di capire e, se possibile, ricercare delle soluzioni alla sgradevole situazione nella quale la propria famiglia è piombata. Pur tuttavia, nonostante i figli, anche se molto piccoli, siano perfettamente capaci di avvertire immediatamente le caratteristiche positive o negative dell’ambiente attorno a loro, gli stessi hanno difficoltà, invece, a capire esattamente i problemi che sottostanno alle espressioni emotive che li circondano e nelle quali si sentono coinvolti.
Tutti i conflitti, anche i più lontani, risvegliano in noi adulti emozioni fatte di sofferenza ma anche di perplessità e stringenti interrogativi: “Chi sono i contendenti?” “Perché guerreggiano tra loro?” “Chi ha ragione?” Chi ha torto?” “Cosa posso fare io per far cessare questa contesa che procura tante sofferenze e distruzioni?” “Quali strumenti posso utilizzare?” Se queste sono le domande che noi adulti ci facciamo quando dal telegiornale ascoltiamo le notizie di una guerra lontana dalla nostra nazione, dalla nostra terra, dalla nostra casa, quanto più gravi e coinvolgenti devono essere gli interrogativi, ma anche le sofferenze nel caso in cui la guerra sia molto vicina, anzi il conflitto sia proprio dentro la propria casa e tra i suoi genitori, che rappresentano, per il bambino piccolo, tutto il suo mondo!
La prima domanda che forse si fa un figlio è: “Chi sono i contendenti?” Non è facile, come si crede, rispondere a questa semplicissima domanda. Queste due persone non sono degli estranei che si sono scontrati per la via con le loro autovetture in un malaugurato incidente, per cui, con i nervi scossi per la paura di restare coinvolti anche fisicamente e per il danno subìto dalle loro auto, hanno iniziato a litigare. Queste due persone si sono cercate. Queste due persone si sono scelte per amore. Il bambino ha visto tante volte le loro foto nel grande album del loro matrimonio. Ha visto i loro volti raggianti di gioia, ha visto le loro mani ed i loro corpi uniti da gesti affettuosi. Queste due persone si sono giurate aiuto e sostegno reciproco. Pertanto le perplessità del bambino sono numerose e gravi: “Queste due persone hanno giurato di volersi bene sempre, hanno giurato che avrebbero fatto di tutto affinché io stia bene, non soffra, non sia perseguitato da dubbi, da incertezze, da timori, da angosce. Questo è il loro lavoro, questo è il loro impegno quotidiano. Ho sentito gridare mio padre accusando mia madre di essere una poco di buono e mia madre accusare mio padre di essere un despota. Ma può una madre essere una poco di buono e mio padre, il suo uomo, può essere quel violento despota descritto da mia madre?” E ancora: “Minacciano di lasciarsi. Ma che vuol dire lasciarsi? Dicono che è meglio che ognuno vada alla sua casa e per la sua strada. Ma la nostra casa è questa. Io ho visto come e con quali sacrifici l’hanno pagata. Io ho visto come e con quanto amore l’hanno arredata. Il loro lettone non sta forse nella stanza accanto alla mia? E quella stanza e quel letto non sono forse il mio rifugio quando i fantasmi della notte opprimono il mio cuore e lo spaventano? Quella stanza e quel letto non sono forse il nostro campo di giochi preferito la mattina della domenica e delle feste quando, mentre loro stanno sotto le coperte abbracciati, io e mia sorella saltiamo sul materasso e ridendo ci buttiamo sopra di loro e loro si lamentano, felici che li schiacciamo?”
Solo successivamente nascono le alleanze. Per cui Giancarlo Tirendi[2] vede nei comportamenti del bambino quattro stadi.
- Nel primo il bambino appare come semplice spettatore di fronte a qualcosa che lo stupisce, lo spaventa ma non riesce ancora a capire, né sa come comportarsi.
- Nel secondo stadio il bambino si schiera e stabilisce un’alleanza con il genitore che appare vittima del partner. In genere questo genitore è la madre in quanto la donna, con più emotività, mediante il pianto ed i lamenti manifesta meglio e con più impeto la sua sofferenza e le sue accuse.
- Nel terzo stadio il genitore visto come vittima, ottiene la coalizione attiva del figlio.
- Nel quarto stadio le risposte del figlio vengono strumentalizzate al massimo per cui il genitore visto come vittima ha dei comportamenti permissivi verso il figlio, così da rendere stabile e definitiva questa alleanza. D’altra parte l’altro genitore diventa eccessivamente autoritario in quanto avverte anche il figlio come un nemico contro il quale combattere. “Si viene a creare infatti ciò che in termini sistemici viene chiamata triangolazione ovvero una coalizione tra membri appartenenti a due generazioni diverse, contro un terzo ”Giancarlo Tirendi”[3].
L’ansia e la paura che nascono da questi continui conflitti non possono non riflettersi nell’animo dei minori, i quali avranno notevoli difficoltà ad amare e rispettare i genitori. A volte il rancore dei figli si riverserà su entrambi, altre volte solo su uno di essi. In altri casi o in altri momenti l’odio si alternerà all’amore.
Inoltre come potranno questi piccoli esseri umani, diventati grandi, credere ancora nell’amore, quando dopo pochi anni hanno visto l’unione dei propri genitori sfaldarsi e sciogliersi come neve al sole? Come potranno credere nell’istituto del matrimonio, se è proprio all’interno di questo istituto che si è consumata e si consuma la tragedia del conflitto?
D’altra parte il non avere avuto una famiglia serena accanto a loro li spingerà a cercarla, inutilmente, altrove. Inutilmente in quanto qualsiasi altro rapporto instaurato in seguito, non potrà mai riempire il vuoto lasciato da una famiglia conflittuale, né potrà spegnere il dolore ed il risentimento causati da questa condizione.
Purtroppo lo stesso giudizio, imbevuto di odio e d’amore, potrà essere rivolto anche a se stessi, ritenuti, quasi sempre a torto, causa del conflitto stesso. Non è raro constatare come molti motivi di scontro tra i genitori, riguardano le decisioni da attuare e la linea da tenere nell’educazione dei figli. Pertanto questi ultimi si accusano con frasi come queste: “Se io fossi stato più bravo, se io fossi stato più buono, i miei genitori non avrebbero litigato tra loro”. Altri sensi di colpa nascono dai giudizi dati all’uno e all’altro genitore nel corso della propria fanciullezza: “È giusto che in quell’occasione io abbia giudicato male mia madre schierandomi con mio padre?” E viceversa: “È giusto che per tanti anni abbia difeso mia madre quando, obiettivamente, lei ha un pessimo carattere, così che facilmente fa arrabbiare ed esasperare mio padre?” Il senso di colpa può nascere anche per essere stati incapaci di tenere uniti mamma e papà, non intervenendo nelle loro dispute.
Le paure dei figli spesso riguardano anche il proprio futuro ruolo di genitore: “Sarò un buon padre? Sarò una buona madre? Come posso essere certo che con il mio comportamento e con i miei problemi d’ansia non farò soffrire i miei figli?”
Alcuni racconti dei figli che hanno vissuto o vivono i conflitti dei genitori
Marco, di undici anni, viene portato alla nostra osservazione a causa della presenza di incubi, paure, fobie, parziali e momentanei estraniamenti dalla realtà, eccessiva dipendenza dalla figura materna.
L’ambiente nel quale viveva questo ragazzo era fortemente influenzato, da una parte dalle caratteristiche dei genitori: il padre era descritto dalla moglie come nervoso, suscettibile, aggressivo mentre la madre era descritta come una donna insicura, nervosa, molto emotiva, ansiosa, apprensiva, ma soprattutto patologicamente gelosa del marito. I coniugi fin dall’inizio del matrimonio erano in perenne conflitto proprio a motivo della gelosia della donna.
Riportiamo due suoi racconti.
Litigi tra i genitori
C’era una volta una famiglia in cui ancora non avevano deciso di avere un figlio. Quando l’ebbero, decisero di non litigare più. Ma un giorno litigarono e decisero di mandare il loro figlio da amici. Dopo capirono che il loro figlio stava male se loro litigavano e decisero di parlare con lui e dopo averlo capito decisero di non litigare più e vissero felici e contenti.
Dietro la frase “C’era una volta una famiglia in cui ancora non avevano deciso di avere un figlio. Quando l’ebbero, decisero di non litigare più”, è evidente il giudizio severo di Marco, che è poi lo stesso evidenziato da tutti i bambini, verso tutti i genitori che litigano pur avendo un figlio. È evidente il suo disappunto nei confronti dei suoi genitori (Quando l’ebbero, decisero di non litigare più, ma un giorno litigarono e decisero di mandare il loro figlio da amici). Come dire che avevano promesso a se stessi di non litigare per rispetto del figlio, e anche per non far vivere al figlio le conseguenze del conflitto e invece…Sono chiaramente manifesti anche la sua sofferenza (capirono che il loro figlio stava male se loro litigavano); ed infine il suo maggior desiderio (decisero di non litigare più e vissero felici e contenti).
La foresta distrutta dall’incendio e poi ricostruita
“C’era una volta una foresta molto bella, c’erano molti alberi e un lago. Un giorno, non si sa il motivo, la foresta si incendiò. Le persone si rifugiarono in una baita. Grazie all’intervento dei vigili del fuoco alcuni alberi si sono salvati e altri sono stati tagliati e al loro posto sono stati piantati dei nuovi alberi e, in un anno, la foresta diventò di nuovo bella”.
Il ragazzo descrive la sua realtà interiore, che è strettamente legata a quella della sua famiglia, dopo un anno e sei mesi dall’inizio della terapia, in seguito alla quale i rapporti tra i suoi genitori erano nettamente migliorati. Egli rappresenta il conflitto subìto, come un fuoco che brucia e distrugge tutto ciò che incontra (la foresta si incendiò). Il ragazzo non sa il motivo di quello che era avvenuto tra i suoi genitori, però si accorge sia della distruzione sia, in seguito, della ricostruzione avvenuta (Grazie all’intervento dei vigili del fuoco alcuni alberi si sono salvati e altri sono stati tagliati e al loro posto sono stati piantati dei nuovi alberi e in un anno la foresta diventò di nuovo bella).
La casa del sole
Il commento al disegno effettuato da Cettina di anni sette i cui genitori spesso litigavano, è molto esplicativo sia dei suoi bisogni che non venivano ad essere soddisfatti nella sua famiglia, sia della necessità di fuggire dalla realtà angosciante nella quale si trovava a vivere.
“C’era una volta un sole che parlava con i fiori. Gli diceva cose belle:
- Che cosa state facendo?
- Stiamo giocando con il mare e abbiamo visto una barchetta buttata dal mare, poi l’abbiamo presa e l’abbiamo portata a casa per ripararla. Quando è stata bene abbiamo giocato tutti insieme: il sole, i fiori, il mare e la barchetta.
Un giorno la barchetta scappò a casa del sole e allora il sole l’ha detto a tutti i suoi amici. La barchetta è scappata nella casa del sole perché non stava bene a casa sua. Anche i suoi amici allora sono andati nella casa del sole, hanno chiuso la porta a chiave, hanno fatto la festa e dormirono tutti a casa del sole”.
L’interpretazione che abbiamo dato a questo racconto è ancora una volta molto toccante e ci rivela dei sentimenti e dei pensieri molto profondi per una bambina di solo sette anni.
“Nell’immenso mare della vita vi sono delle persone che navigano a loro agio, mentre altre, per motivi vari: in questo caso il conflitto tra i genitori e le caratteristiche di personalità della madre, sono gravemente danneggiate dai marosi tanto che vengono estraniate dalla vita (abbiamo visto una barchetta buttata dal mare). Per fortuna, a volte, qualche persona buona (i fiori), ha cura delle loro ferite. I fiori, infatti, dicono al sole : abbiamo visto una barchetta buttata dal mare, poi l’abbiamo presa e l’abbiamo portata a casa per ripararla. Ma la persona, nonostante stia meglio dopo quanto ha sofferto nella sua famiglia e quindi nella vita reale, piuttosto che ritornare a confrontarsi con le gravi difficoltà nelle quali si è trovata, preferisce fuggire e rifugiarsi in un mondo caldo, luminoso ma irreale (Un giorno la barchetta scappò a casa del sole e allora il sole l’ha detto a tutti i suoi amici. La barchetta è scappata nella casa del sole perché non stava bene a casa sua).
Naturalmente in questo mondo irreale la bambina non vuole restare sola e porta con sé, non i suoi genitori ma solo le persone a lei più care (Anche i suoi amici allora sono andati nella casa del sole), ma da questo luogo ideale esclude tutto il resto del mondo (… hanno chiuso la porta a chiave).
Questo racconto è sicuramente molto più tragico di quanto non appaia a prima vista. In realtà questa bambina, nonostante sia migliorata con l’aiuto della terapia, non si fida affatto di tornare a rapportarsi con una famiglia per lei così traumatica. Preferisce piuttosto chiudersi volontariamente in un suo mondo immaginario.
Salvatore e i suoi genitori separati
La madre di Salvatore, un ragazzo di dodici anni, aveva chiesto il nostro intervento in quanto il figlio presentava disturbi psicoaffettivi di media gravità che si manifestavano con parziale e momentaneo distacco dalla realtà, tendenza alla chiusura, distraibilità eccessiva, scarsa cura di sé, labilità emotiva, notevoli difficoltà scolastiche. Quando abbiamo chiesto a Salvatore di parlarci della sua famiglia egli l’ha descritta in questi termini:
‹‹Papà è normale, tranquillo un po’ impulsivo: quando dobbiamo vederci la partita non avvisa la mamma ma solo me. Lui non telefona per mettersi d’accordo. A volte si arrabbia perché la mamma non è puntuale. Sto spesso dai nonni della mamma, sono simpatici. La mamma è un po’ bugiarda, dice un sacco di bugie e papà si arrabbia.
Ricordo poco di quando la mamma e papà stavano insieme.
Con mia sorella Francesca litigo, mi prende in giro e gli do botte. Canta “Salvatore è scemoooooo!!” Mamma poi rimprovera tutti e due.
Litigo con la mamma per i compiti, per la scuola, perché l’aiutiamo poco. Ma io preparo la tavola e mia sorella non fa niente.
Con i compagni va benissimo, organizziamo le partite, non mi prendono in giro.
La convivente di mio padre mi sta un po’ antipatica, litiga sempre con papà, si arrabbia con me e difende mia sorella. Io ci vado quasi sempre da lei. Francesca quasi mai. Papà si arrabbia perché Francesca non ci va quasi mai.››
In questo racconto sulla propria famiglia con genitori separati notiamo:
I genitori continuano a litigare anche da separati (Papà è normale, tranquillo un po’ impulsivo. A volte si arrabbia perché la mamma non è puntuale. La mamma è un po’ bugiarda, dice un sacco di bugie e papà si arrabbia).
I bambini danno dei giudizi negativi su entrambi i genitori. In questo caso soprattutto sulla madre (Lui non telefona per mettersi d’accordo) ( La mamma è un po’ bugiarda, dice un sacco di bugie e papà si arrabbia).
I figli trovano un’oasi di serenità solo dai nonni e nei giochi con i compagni. (Sto spesso dai nonni della mamma, sono simpatici). (Con i compagni va benissimo, organizziamo le partite, non mi prendono in giro).
La sofferenza provata si trasforma in aggressività tra fratelli (Con mia sorella litigo, mi prende in giro e gli do botte. Canta “Salvatore è scemooooo!!)
Il bambino evidenzia poi i difficili rapporti con il genitore affidatario (Litigo con la mamma per i compiti, per la scuola, perché l’aiutiamo poco).
Non trascura di annotare il difficile rapporto del padre con la nuova convivente (litiga sempre con papà).
Infine è evidente lo scarso amore e attaccamento verso la convivente da parte di entrambi i figli (La convivente di mio padre mi sta un po’ antipatica. Si arrabbia con me e difende mia sorella. Io ci vado quasi sempre da lei. Francesca quasi mai. Papà si arrabbia perché Francesca non ci va quasi mai).
Maria
Primo racconto
Un fiore, un diamante, un cuore e tanta puzza
‹‹ C’era una volta una famiglia. Avevano una casa bellissima e avevano una figlia. La figlia un bel giorno ha guardato un fiore azzurro e ha detto: “Me lo voglio prendere”. Se l’è preso e dopo un po’ di giorni la bimba è diventata grande. E anche il fiore è diventato grande e dentro il fiore c’era un diamante e dentro il diamante c’era il cuoricino della bimba che stava crescendo. La bambina era felice perché aveva un diamante in casa.
Sua madre non se n’è accorta ed ha buttato il fiore con dentro il diamante ed il cuore. La figlia cercava il diamante ma non lo trovava e allora è diventata sempre più piccola, ed è diventata neonata e la mamma ha detto: “Come può essere che è diventata neonata?” Questa bimba neonata parlava e ha chiesto alla madre il diamante e la madre ha detto che era nella spazzatura. Lei (la bimba), l’ha ripreso ed era tutto sporco. Dopo l’hanno pulito, ma faceva puzza di pesce. E la bimba è tornata grande, ma, nonostante questo, è rimasta puzzolente››.
Si rimane stupiti di come una bambina di appena cinque anni abbia potuto descrivere così bene la sua storia ed i suoi problemi attuali.
L’interpretazione di questo primo racconto non è affatto difficile.
Maria si trova a vivere in una famiglia agiata (avevano una casa bellissima). Tutto sembra andare per il verso giusto. Ella è di intelligenza normale, anzi molto vivace, ha una buona stima di se, è vuole crescere rapidamente (La figlia un bel giorno ha guardato un fiore azzurro e ha detto: “me lo voglio prendere". Se l’è preso e dopo un po’ di giorni la bimba è diventata grande. E anche il fiore è diventato grande e dentro il fiore c’era un diamante e dentro il diamante c’era il cuoricino della bimba che stava crescendo). Ma c’è un grande “ma”. La madre, senza accorgersi del male che stava compiendo, mette la bambina in una situazione di grave disagio, la bambina probabilmente si riferisce ai notevoli conflitti con il padre (Sua madre non se ne accorta ed ha buttato il fiore con dentro il diamante ed il cuore). La conseguenza è stata, purtroppo, la regressione della bambina in alcuni settori dello sviluppo (La figlia cercava il diamante ma non lo trovava e allora è diventata sempre più piccola, ed è diventata neonata). La madre accortasi che qualcosa di grave ed importante era accaduto alla figlia ha cercato di capirne il motivo (e la mamma ha detto “come può essere che è diventata neonata?”)
Maria, a questo punto, fa capire in modo esplicito alla madre il suo notevole disagio (Questa bimba neonata parlava e ha chiesto alla madre il diamante e la madre ha detto che era nella spazzatura). La madre, finalmente consapevole di aver commesso degli errori, cerca di affrontare e risolvere i problemi della piccola, accettando un percorso che l’aiuti a risolvere i conflitti di coppia e porta la figlia in un centro di neuropsichiatria, in modo tale che le venga dato l’aiuto necessario per risolvere i suoi problemi. Per fortuna alcuni dei più gravi problemi dei genitori e della figlia vengono risolti (Lei (la bimba), l’ha ripreso ed era tutto sporco. Dopo l’hanno pulito, ma faceva puzza di pesce. E la bimba è tornata grande).
La bambina però si accorge che, nonostante l’impegno dei genitori e degli operatori, non tutti i suoi problemi sono stati eliminati. Qualcosa dei traumi subito mentre aveva assistito per anni alle continue liti dei genitori era rimasto nel suo cuore ( E la bimba è tornata grande, ma, nonostante questo, è rimasta puzzolente).
Il secondo racconto di Maria che riportiamo, evidenzia in modo più evidente la sua più pressante e grave problematica: il conflitto tra i genitori.
I prìncipi litigiosi
‹‹C’era una volta una bellissima principessa che aveva un fidanzato con il quale andava a passeggiare in un prato fiorito. Un giorno hanno deciso di sposarsi e hanno fatto un figlio che si chiamava Davide. Ma litigavano e si volevano lasciare.
La mamma di Davide aveva già partorito ed era molto preoccupata perché non sapeva cosa dire al figlio quando sarebbe diventato grande. I genitori si sono lasciati per forza.
Quando Davide è cresciuto ha chiesto: “Ma io non c’è l’ho un papà?” E la mamma ha detto “Te lo spiegherò quando sarai diventato più grande!” E poi dopo gli ha detto: “Ci siamo lasciati per le (a causa delle nostre) famiglie”. Il bimbo era scappato dalla famiglia e cercava il suo papà e la mamma è andata a cercarlo. Dopo (la madre) ha trovato papà e figlio che passeggiavano e gli ha detto: “Ma tu che ci fai qui!” E ha rimproverato il papà. La mamma era disperata. Dopo hanno fatto tutti pace e vissero felici e contenti.››
In questo racconto ancora una volta Maria mette in evidenza come nella sua famiglia vi fossero tutti i presupposti per un matrimonio felice: la bellezza, la ricchezza, l’amore, un ambiente idilliaco, la nascita di un figlio (C’era una volta una bellissima principessa che aveva un fidanzato con il quale andava a passeggiare in un prato fiorito. Un giorno hanno deciso di sposarsi e hanno fatto un figlio che si chiamava Davide). Purtroppo però questi presupposti non bastano (Ma litigavano e si volevano lasciare). A questo punto è evidente la paura più grande che assilla la bambina: il timore che la separazione dei suoi genitori possa comportare la perdita del rapporto con il papà (Dopo ha trovato papà e figlio che passeggiavano e gli ha detto: “Ma tu che ci fai qui!” E ha rimproverato il papà.)
Come si può evincere da questi racconti i sintomi presentati dalla bambina ci dicono poco o nulla sulle cause dei suoi problemi, né ci fanno comprendere la sofferenza della piccola. Questi problemi, e la sofferenza che ne consegue, diventano evidenti quando le si dà la possibilità di esprimere liberamente i suoi sogni, i suoi desideri, le sue emozioni, i suoi pensieri, mediante l’uso del disegno libero e l’esposizione di qualche racconto anch’esso costruito liberamente. In definitiva noi crediamo che è dalle loro parole, dai disegni e dai loro racconti, che possiamo veramente comprendere il mondo interiore dei bambini e non certo dai loro sintomi.
[1] Winnicott D.W., (1973), Il bambino e il mondo esterno, Firenze, Giunti e Barbera, p. 113.
[2] Tirendi Giancarlo, “Il maltrattamento infantile: semplice violenza o patologia?”, Solidarietà, anno IX N° 24, p. 98-99.
[3] Tirendi Giancarlo, “Il maltrattamento infantile: semplice violenza o patologia?”, Solidarietà, anno IX N° 24, p. 99.
[4] Paradis A. D., et al., (2009), “Long-term impact of family arguments and physical violence on adult functioning at age 30 years: Findings from the Simmons longitudinal study”, Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry, 48 (3), 290-298.
La prevenzione della conflittualità familiare
Se la conflittualità e la disgregazione del nucleo familiare, sono considerate tra le più importanti e frequenti piaghe delle moderne società occidentali, in quanto apportatrici di notevole sofferenza sia per gli adulti sia per i minori, l’impegno individuale, familiare e sociale per combatterle, dovrebbe essere notevole e dovrebbe riguardare i comportamenti dei singoli individui, delle famiglie e delle istituzioni sociali.
Gli impegni dei singoli individui:
a) Per quanto riguarda i singoli individui,nella scelta del partner si dovrebbero seguire dei canoni prevalentemente oggettivi e non solo criteri soggettivi, legati principalmente all’entusiasmo della fase dell’innamoramento. Ciò in quanto, per una buona vita relazionale, sono importanti alcune caratteristiche come la maturità, la saggezza, la serenità interiore, l’equilibrio psichico; sono essenziali buone capacità di dialogo, ascolto e accoglienza; non devono mancare, inoltre, notevoli capacità e disponibilità nel dare amore, calore e affetto all’altro. Per non parlare dell’importanza di qualità come la serietà, la fedeltà, la generosità, le capacità di cura e di sacrificio. Qualità queste indispensabili in un rapporto di coppia stabile e duraturo.
b) Durante il matrimonio l’impegno dei coniugi dovrebbe essere finalizzato a dare con entusiasmo e generosità all’altro il proprio amore, utilizzando gli apporti specifici legati alle proprie caratteristiche personali e sessuali, piuttosto che chiedere sempre di più!
c) Sarebbe importante, inoltre, considerare la famiglia che si è formata, come il luogo migliore nel quale con gioia, attenzione e responsabilità reciproca, è possibile educare i nuovi cittadini di domani, aiutandoli a sviluppare le migliori qualità, che sono di specifico appannaggio dell’essere umano e non soltanto come un’istituzione alla quale chiedere, in ogni momento, piacere, gioia, benessere e felicità.
d) Quando poi compaiono gli inevitabili primi screzi e conflitti, questi dovrebbero essere accolti come una sfida e un’occasione, per meglio comprendere non solo i limiti ma anche i bisogni dell’altro, così da poter accettare i primi e soddisfare gli altri e non dei precisi segnali della fine di un rapporto.
e) Poiché l’adulterio è una delle più frequenti cause di conflitto nella coppia, conflitto che poi si estende in maniera distruttiva anche alle famiglie interessate, compito dei coniugi, delle loro famiglie e delle istituzioni dovrebbe essere la promozione, protezione, e la valorizzazione dell’unione coniugale e della fedeltà di coppia.
f) Infine, giacché le differenze di genere e i diversi apporti sessuali, se ben accolti e sfruttati, sono preziosi per il pieno sviluppo umano, oltre che per le relazioni di coppia, queste differenze dovrebbero essere notevolmente promosse nell’educazione dei minori e dei giovani e giammai, come avviene oggi, soffocate o sminuite.
Gli impegni delle famiglie d'origine
a) Compito delle famiglie d’origine dovrebbe essere quello di preparare fin dall’infanzia i figli, mediante un’educazione specifica, all’assunzione di ruoli particolarmente complessi, delicati e difficili, come quelli di marito e moglie, di padre e di madre. Questa preparazione dovrebbe avere come obiettivi il buon equilibrio psichico dei figli, unito ad una sufficiente maturità e responsabilità. Per tale motivo ogni famiglia dovrebbe sviluppare nei propri figli alcuni valori fondamentali come:
- la gioia del dare;
- il piacere della cura e della disponibilità verso l’altro;
- il massimo rispetto verso chi, in futuro, sarà loro vicino in un progetto di vita in comune. Rispetto, quindi, per le idee, per le diversità, per le convinzioni, per i singoli ruoli, per i bisogni e per le necessità del partner;
L’educazione dovrebbe sviluppare, inoltre, le attitudini empatiche indispensabili per capire e ascoltare i messaggi e i sentimenti più profondi, così come dovrebbe far crescere nell’animo dei minori le capacità di perdonare e di chiedere scusa quando è il caso e di tener fede agli impegni assunti, così da evitare il tradimento delle promesse fatte.
b) Le famiglie d’origine, inoltre, dovrebbero poter dare ai giovani che iniziano una vita in comune non solo il loro aiuto materiale ed il loro tempo, ma anche consigli e supporti ricchi di esperienza, saggezza e maturità.
Impegni delle istituzioni sociali
a) Queste dovrebbero provvedere a favorire la formazione di coppie e di famiglie stabili e funzionali ai loro compiti affettivi, educativi, di cura e assistenza, pur senza sovrapporsi ad esse, pur senza sostituirsi ad esse.
b) Le istituzioni sociali dovrebbero proteggere sia i minori sia gli adulti dall’inquinamento psichico e morale derivante dagli strumenti di comunicazione i quali, diffondendo capillarmente idee, situazioni e immagini, altamente diseducative, volgari e violente, riescono a minare il normale sviluppo della personalità umana, limitando e rendendo vano l’impegno educativo e formativo dei genitori e delle altre agenzie educative.
c) Compito delle istituzioni sociali dovrebbe essere anche quello di proteggere con ogni mezzo il contratto matrimoniale, e quando le disarmonie e i contrasti all’interno della coppia risultano evidenti, dovrebbe essere interesse preminente di tutta la società, oltre che dei singoli, mobilitarsi per affrontare e risolvere questi eventi negativi nella maniera più rapida e corretta possibile, utilizzando i mezzi più opportuni: terapia individuale, di coppia o familiare. Il ricostruire l’armonia dove vi sono contrasti, il ridare gioia dove è presente il dolore, far rinascere la pace dove è scoppiata la guerra, dovrebbe essere uno degli impegni primari di tutte le componenti la società. Non ha senso, come avviene oggi, che lo stato e la comunità civile assistano impotenti al disfacimento della più importante e fondamentale istituzione umana: la famiglia, quando sappiamo benissimo, e le cronache quotidiane drammaticamente ce lo ricordano, che la separazione ed il divorzio sono solo delle pseudosoluzioni che non solo non risolvono i conflitti, ma li esasperano e li accentuano, provocando un danno notevolmente grave ai minori e al tessuto sociale. Danno che può arrivare, come le cronache quotidiane ci ricordano, alle terribili tragedie del cosiddetto “femminicidio”, per cui, alla morte della donna uccisa per mano dell’ uomo, segue la morte fisica di questi per suicidio oppure la sua morte sociale a causa della condanna penale e morale. Non è raro inoltre nelle famiglie conflittuali, disgregate o disfunzionali l’infanticidio ad opera soprattutto della donna, la quale, con questo gesto estremo, cerca di vendicarsi dell’abbandono o del tradimento oppure pensa di cancellare come con un colpo di spugna ogni segno della disgraziata unione.
Tratto dal libro di Emidio Tribulato "Il bambino e l'ambiente"
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