DA CHI DIPENDE IL MONDO AFFETTIVO?
Così come la capacità e funzionalità di una ditta è strettamente dipendente e legata agli altri: dirigenti, impiegati, operai, fornitori, allo stesso modo la funzionalità del mondo affettivo relazionale è in rapporto alla possibilità e capacità degli adulti che circondano il bambino.
È il mondo interiore degli adulti che prepara, attiva ed aiuta lo sviluppo del suo mondo affettivo.
Questa funzionalità, solo in piccola parte dipende dal soggetto stesso, perché non è il bambino che può gestire la rete affettiva o trovarsi un ambiente a lui favorevole: sono gli altri che devono cercare e offrire queste cose. La responsabilità di noi adulti è pertanto notevole.
Il cucciolo dell’uomo non è in grado di cercarsi una madre buona, presente. affettuosa, serena, non è in grado di trovarsi un padre attivo, autorevole, affettuoso, dialogante, come non è in grado di trovare una famiglia che viva con serenità e gioia buona parte dei momenti della sua giornata.
Solo in un secondo momento, quando già la sua personalità si è quasi completamente formata, avrà capacità di scelta e di gestione. Solo in un secondo momento potrà discernere ed avvicinarsi agli amici e alle persone che lo fanno sentire bene, che lo accettano, comprendono e valorizzano o, al contrario, potrà allontanarsi dalle persone che lo fanno soffrire o gli rendono la vita difficile.
Le sue capacità nella gestione del mondo affettivo sono pertanto minime alla nascita; aumentano lentamente e gradualmente con gli anni e solo nell’adulto vengono pienamente esplicitate.
COME SI SVILUPPANO QUESTI DUE MONDI
Come tutte le potenzialità umane: motilità, linguaggio, capacità logico - percettive, autonomia, ecc. anche la capacità di saper vivere e gestire il mondo degli affetti, si sviluppa mediante l’educazione. E’ l’educazione che rende concreto e palpabile il progetto di sviluppo presente nei nostri geni.[1]
Così come ogni costruzione necessita oltre che di un progetto preciso che faccia da guida e da riferimento, anche di ingegneri, architetti, operai e muratori, che trasformino quel progetto in pilastri, mura, pavimenti, anche lo sviluppo affettivo, il cui progetto è già scritto nei nostri geni, ha bisogno, per diventare realtà concreta, di un apporto ambientale adeguato e di educatori preparati ed impegnati a tale scopo. L’uomo ha la possibilità di esprimere la sua umanità solo se altri uomini si impegnano ed investono buona parte delle loro energie per questo obiettivo.
D’altra parte, così come alla fine della costruzione di una casa, se questa risulterà invivibile o con i muri pericolanti come la torre di Pisa, è al binomio progetto ed ambiente che daremo la responsabilità e non soltanto ad uno solo degli elementi, anche per l’alterato o patologico sviluppo affettivo - relazionale è nel binomio patrimonio genetico e ambiente che dovremo cercare le cause del fallimento.
Per ambiente intendiamo il luogo e la casa dove nasciamo e muoviamo i primi passi, ma soprattutto le persone che guideranno e accompagneranno questo progetto nella sua realizzazione. Anche l’ambiente fisico e sociale ha la sua importanza: vi è un ambiente che facilità questo lavoro dei genitori, vi è un ambiente che l’ostacola o lo rende impossibile.
Aver raggiunto un certo grado di benessere economico e materiale è sicuramente utile in quanto, se le difficoltà economiche sono eccessive, ne risente in maniera negativa anche il benessere affettivo. Ma anche un benessere materiale eccessivo, così com’è attualmente per larghe fasce delle popolazioni del mondo occidentale, può creare problemi allo sviluppo affettivo del bambino, sia perché l’eccesso di benessere non rappresenta la palestra migliore per sviluppare nell’essere umano la forza e la grinta necessarie per affrontare la vita, sia perché l’abbondanza di denaro conduce spesso i genitori a comportamenti educativi permissivi e, nel minore, stimola il disimpegno, l’apatia, l’abulia, il vizio, l’abuso di alcool o un più facile uso di sostanze stupefacenti.
E’ un grave errore pertanto puntare, come viene fatto attualmente, ad un continuo costante aumento del PIL (Prodotto Interno Lordo). A questo indicatore del livello medio della ricchezza disponibile per abitante si associa il concetto di benessere di una data popolazione. Concetto fondamentalmente falso in quanto, non è assolutamente dimostrato che i popoli più ricchi siano anche i più felici. “Nel settembre 2006 è stato il Governo cinese a incaricare l’Ufficio nazionale di statistica di elaborare un “indice della felicità” del popolo, da affiancare al PIL per rilevare il benessere collettivo e adottare politiche efficaci. Sarà perché, nonostante il boom economico senza pari e i redditi medi pressoché triplicati, uno studio ha dimostrato che la soddisfazione del cinese medio è oggi più bassa rispetto al 1994 ”[2]
Se una madre cucina ottimi pranzetti per i suoi familiari il PIL non aumenta, se invece compra gli stessi cibi nella rosticceria più vicina il PIL aumenta; ma dubitiamo che aumenti il benessere suo, del marito o dei figli. Se un bambino viene curato e assistito dai suoi genitori o dai nonni disponibili il PIL non aumenta ma, se viene affidato alle cure prezzolate di una baby-sitter o di un asilo nido, il PIL aumenta. Ma siamo certi che aumenterà anche la gioia e la serenità di quel bambino? Se una donna o un uomo anziano viene amorevolmente assistito dal marito, dalla moglie o dai figli, il PIL non aumenta, se invece si occupa di lui o di lei una badante o il personale di un gerontocomio il PIL aumenta; ma dubitiamo molto che aumenti anche il benessere dell’anziano. Se giovani ed adolescenti restano a casa a leggere un buon libro o escono con gli amici per fare una bella salutare passeggiata il PIL non aumenta, se spendono cifre notevoli per andare in discoteca il PIL aumenterà; ma chi può dire che per molti di questi giovani abbrutiti dall’alcool, dalle droghe, dalla promiscuità sia aumentato il benessere?
Se la ricchezza globale è alta, così come è alta nel mondo occidentale, il problema non consiste nel cercare di aumentarla ancora di più, ma soltanto di distribuirla più equamente.
Per quanto riguarda il periodo nel quale avviene lo sviluppo affettivo, è sicuramente nei primi mesi e anni di vita che si gioca buona parte della partita. Ciò non toglie che sono importanti anche i vissuti e gli incontri degli anni successivi che potranno dare, oppure no, apporti specifici per la buona costruzione e conservazione di un valido e funzionale mondo affettivo - relazionale.
Così come in una casa sono proprio i primi lavori quelli durante i quali vengono approntate le fondamenta, che assicureranno oppure no la stabilità e la sicurezza dell’edificio, è nei primi anni di vita che si forma la personalità dell’individuo, che può pertanto essere serena o ansiosa, gioiosa o triste, adeguata o inadeguata, responsabile o irresponsabile, dolce o aggressiva, accogliente o reattiva, sana o disturbata, in rapporto a come sono stati vissuti questi primi anni.
Ma, così come per la casa, futuri avvenimenti o disastri ambientali potranno intaccarne le strutture e anche la sua solidità in ogni momento, anche per le personalità più forti e ben strutturate, esperienze e avvenimenti negativi e traumatizzanti potranno incidere in maniera negativa e demolitiva in ogni fase della vita, anche nell’età adulta o nella vecchiaia.
I RESPONSABILI DEL MONDO AFFETTIVO
Come abbiamo detto questi due mondi pervadono le giornate, la mente ed il cuore di uomini e donne di tutte le età; essi possono produrre ricchezza o povertà, possono portare gioia o dolore, possono portare miseria materiale e miseria morale e quindi possono fare stare bene o male tutti i cittadini di uno Stato . Dovremmo a questo punto chiederci chi sono i responsabili dell’uno e dell’altro mondo. Per responsabile intendiamo qualcuno che ha caratteristiche, competenza e preparazione specifica, nello studiare, favorire, difendere, sviluppare, realizzare, diffondere l’una e l’altra realtà. Un ruolo che gli viene affidato e riconosciuto da parte della società; un ruolo che viene valorizzato e preparato.
Nel mondo dell’economia e dei servizi vi sono, a livello istituzionale, vari responsabili: il ministro dell’industria e del commercio, il direttore della banca d’Italia, il ministro dell’economia, il ministro per le attività sociali, il ministro della pubblica istruzione, quello della difesa, della sanità e così via, dopo di loro, una miriade di sottosegretari, funzionari e impiegati, dirigenti d’azienda, sindacati. Tutta una schiera di personaggi che lavorano e si attivano per meglio organizzare e sviluppare le rispettive istituzioni. Buona parte di questo personale era, e lo è ancora, maschile. Pertanto questo mondo veniva e viene gestito fondamentalmente dagli uomini, con uno stile, una cultura, dei valori e delle modalità, prettamente maschili. L’altro sesso, anche se sono sempre più numerose le dirigenti d’azienda, viene utilizzato per lo più se e quando serve, ma soprattutto deve far propri i valori e gli stili del mondo economico, se vuole far bene il proprio lavoro.
Del mondo affettivo non se ne occupa alcun ministero specifico, né vi sono dirigenti impegnati in questo campo. Nonostante forse, mai abbia avuto, a livello istituzionale, nessun organo statale che se ne sia occupato, questo particolare e fondamentale universo per migliaia di anni ha funzionato lo stesso benissimo. Come mai? Il segreto di questo suo ottimo funzionamento sta in una parola: “donne”.
Mentre il mondo economico e dei servizi ha la necessità di una serie di responsabili, organizzati in modo piramidale, impegnati e occupati nel difendere, nel promuovere, studiare, coordinare e gestire al meglio questa multiforme e complessa realtà, il mondo affettivo ha enormemente semplificato il tutto attuando una gestione estremamente parcellizzata che è affidata e coordinata dalle donne. Niente ministri, sottosegretari o dirigenti, ma donne. Donne madri, donne nonne, donne zie, donne cugine, donne figlie, sono riuscite, per millenni, a far funzionare perfettamente il mondo affettivo-relazionale utilizzando una cultura specifica, che veniva tramandata di generazioni in generazioni da madre a figlia, da nonna a nipote, da sorella maggiore a sorella minore, da amica ad altra amica.
Sono state le donne che hanno studiato, difeso, promosso, approfondito, costruito, valorizzato, organizzato e perfezionato nei secoli un sistema per far funzionare al meglio il mondo affettivo-relazionale, utilizzando anche gli uomini, (padri, mariti, zii), quando era necessario e funzionale agli scopi prefissati dal clan femminile.
L’impegno diverso e specifico dei due sessi nei confronti del mondo economico e di quello affettivo, è servito a bilanciare le necessità e i bisogni dell’uno nei confronti delle necessità e dei bisogni dell’altro, in modo tale che ogni realtà avesse un suo spazio e un’appropriata valorizzazione, con un consequenziale buon equilibrio complessivo.
LA PREPARAZIONE AL MONDO AFFETTIVO
La preparazione al mondo economico e dei servizi è abbastanza ben strutturata, anche se sono molte le lamentele a questo riguardo da parte delle associazioni industriali[3] che vorrebbero un impegno più massiccio e coordinato da parte della scuola per la preparazione all'impiego tecnico e manageriale.
Per la verità, il numero di ore che la società, mediante le scuole, dedica a questa preparazione è notevole. In Italia, nei nostri istituti, è resa disponibile per i contenuti culturali, professionali e tecnici, una quantità di tempo impressionante. Anche se la funzione della scuola di base dovrebbe essere, per legge, di tipo formativo e quindi dovrebbe essenzialmente sviluppare tutte le potenzialità umane del bambino, se questo almeno inizialmente, nella scuola materna ed elementare avviene, per cui la preparazione affettiva e quella culturale vanno di pari passo, successivamente, negli altri ordini scolastici, prevalgono nettamente gli aspetti culturali su quelli affettivo – relazionali e formativi.
Ma anche nella famiglia, l’utilità della preparazione al mondo affettivo è oggi nel mondo occidentale, spesso misconosciuta nonché ampiamente sottovalutata. Si è orgogliosi dei propri figli, nipoti e familiari che hanno conseguito un diploma o meglio ancora una laurea o un dottorato che li porterà ad essere validi professionisti della medicina, della psicologia, dell’ingegneria o della meccanica, come si rimane profondamente delusi quando i propri rampolli non raggiungono gli agognati traguardi. Nel giudizio verso i propri figli e nipoti manca invece, in molti genitori e nonni, sia l’orgoglio sia la delusione per quanto riguarda le loro buone o modeste capacità affettivo – relazionali. Viene ampiamente sottovalutato il fatto che avere buone capacità in questo campo, significa avere in futuro buoni e onesti cittadini, bravi mariti e buone mogli, buoni padri e buone madri.
Né viene correttamente accettato che, dal punto di vista sociale, per il futuro dell’umanità, sia molto più utile un buon padre o una buona madre, un buon marito o una buona moglie, piuttosto che un ottimo scienziato o un grande professionista.
Tenere in braccio un bambino; capire, accogliere e soddisfare le sue esigenze; allattarlo, cullarlo e dialogare serenamente con lui; saper affrontare con coerenza e correttezza i problemi educativi, di cura ed assistenza, presenti nelle varie età della vita; saper gestire le molteplici e varie situazioni, a volte drammatiche, nelle quali una famiglia può ritrovarsi (figli ammalati, figli disturbati, figli con handicap, figli disadattati); trasmettere i valori fondamentali e la cultura di base dell’umanità, sono tutte queste attività ed impegni molto più complessi di quanto non si creda, che richiedono, nonostante l’aiuto dell’istinto, notevoli e precise doti naturali, ma anche una preparazione attenta, lunga e accurata.
Lo stesso si può dire per quanto riguarda la preparazione e la gestione dei rapporti verso l’altro sesso. In qualunque modo si manifestino questi rapporti: se con amicizia, con amore, o ancor meglio se vi sono progetti comuni di lunga durata, come il matrimonio e la famiglia; questi rapporti, questi impegni, contemplano una notevole dose di problemi ai quali i giovani dovrebbero essere preparati fin dall’infanzia. Pertanto, la gestione corretta dei comportamenti e dei sentimenti è notevolmente complessa e non dovrebbe essere affidata solo ad estemporanee e contraddittorie indicazioni.
Finalità dell’educazione affettiva.
Per quanto riguarda le finalità, l’educazione all’affettività e alla relazione dovrebbe dare al bambino e poi al ragazzo, al giovane e al futuro uomo, benessere interiore, insieme a buone capacità in varie aree: nell’area del dialogo e della comunicazione; in quella sessuale e sentimentale; nella corretta gestione della vita della coppia; nell’integrazione e conduzione della rete affettiva e familiare; nello sviluppo delle capacità materne e paterne.
Strumenti e metodi
Per effettuare una buona educazione affettivo – relazionale e sessuale è necessario innanzitutto rispettare i bisogni specifici del bambino, del ragazzo e poi del giovane. Bisogni di cure e attenzioni; bisogni di ascolto e dialogo; bisogni di comprensione e formazione. Inoltre è indispensabile rispettare in modo scrupoloso modi e tempi della sua maturazione ed evoluzione. Per Ackerman infatti: “Quando un individuo matura, conquista un’identità che è insieme individuale e sociale, e questi due aspetti non si possono separare nettamente.”[1]
Nel momento in cui il mondo della produzione costruisce un oggetto può, mediante l’esperienza e le nuove conquiste tecniche, modificare i progetti o le modalità di esecuzione che portano al prodotto finito, accelerando il più possibile alcune fasi della lavorazione, utilizzando nuove macchine, nuovi materiali e diversi e più efficienti procedimenti. Si può inoltre modificare il tipo di personale addetto alla produzione, cercando, mediante alcune strategie, di diminuirlo al massimo. La stessa cosa non è possibile fare nell’educazione affettivo – relazionale. Questa, come tutti gli altri tipi di educazione, ha dei bisogni imprescindibili e immodificabili.
Non possono, attualmente, essere modificati i progetti contenuti nei geni. Non possono essere modificati o sostituiti impunemente gli attori o se volete “i tecnici e specialisti” addetti a questo tipo di produzione. Non possono essere modificati le metodologie e gli strumenti impiegati, né i tempi ed i modi di produzione.
Uno dei principali danni causati dal prevalere del mondo economico è stato quello di aver immaginato e cercato di utilizzare per il mondo degli affetti la stessa filosofia e le stesse regole del mondo economico e dei servizi. Nulla di più errato. Nulla di più illusoriamente dannoso.
La quantità.
Intanto per quanto riguarda la quantità, ogni bambino che nasce, in base alla sua età e alle sue caratteristiche, ha dei bisogni imprescindibili: ha bisogno di una certa quantità di carezze, di dialogo, di esempi validi, di serenità, di parole affettuose, di presenza, di accoglienza, di vicinanza, di tenerezza, di dolcezza. Non è possibile, senza provocare danni, privare l’essere umano degli stimoli affettivi necessari al suo sviluppo. Al di sotto di una determinata soglia di privazione, si rischia di fargli del male, compromettendo il suo benessere psicologico attuale, ma anche, se la situazione di deprivazione dovesse permanere, il suo equilibrio futuro. Per ottenere, quindi, uno sviluppo affettivo “normale” bisogna soddisfare una certa quantità di bisogni, pena i sintomi da carenza.
Come il nostro corpo ha bisogno di una certa quantità di cibo per crescere e ben svilupparsi, anche il nostro cuore necessita di una certa quantità di cibo per crescere, rinforzarsi e maturare.
Il cibo del cuore è fatto di carezze, coccole affettuose, giochi, abbracci, tenerezze, sorrisi, parole, attenzioni particolari, dialogo.
Così come la carenza di cibo porta nel corpo segni specifici: dimagrimento, anemia, minori difese immunitarie, rachitismo ecc., anche la carenza affettiva, quando è importante e duratura, comporta la comparsa di segnali e poi di sintomi specifici, come il pianto, l’irritabilità, l’instabilità, la tristezza, l’aggressività, le paure, i tic e nei casi più gravi la chiusura, la depressione, la regressione o la fissazione ad un certo stadio di sviluppo del bambino. Così come la carenza o la non corretta alimentazione può predisporre o facilitare l’insorgenza di malattie acute o croniche, allo stesso modo la mancanza o la carenza affettiva può portare a malattie psichiatriche più o meno gravi e durature.
La qualità.
Per quanto riguarda la qualità, così come il cibo di un neonato è diverso da quello di un bambino di un anno e, a sua volta, questo è diverso da quello di un bambino più grandetto o da quello di un adulto, e quindi l’alimentazione del bambino passa dal latte della madre agli omogeneizzati, alla pastina e poi al normale uso di alimenti, così la qualità e la quantità degli apporti affettivo - relazionali dovranno essere necessariamente diverse, adeguandosi all’età del bambino, ma anche alle sue peculiarità individuali.
Di conseguenza gli apporti affettivi ed educativi dovranno , inoltre, possedere certe caratteristiche peculiari. Devono essere rassicuranti, sereni, privi di ansia, di paure o peggio, di angosce.
La presenza degli “operatori” addetti a questo tipo di “produzione“ deve garantire stabilità, sicurezza, calore, morbidezza, vicinanza, accoglienza.
Il bambino vive male ogni presenza sporadica, ansiosa, fredda, distaccata, aggressiva, con scarse capacità di dialogo e di comprensione dei suoi bisogni e dei suoi problemi. Pertanto, non devono essere delle presenze che portano ansia o che provocano ansia. Non devono essere delle presenze rigide, distaccate. Non devono essere delle presenze bellicose, litigiose o peggio, violente. Non devono essere delle presenze irritanti, stressanti o con disturbi nella comunicazione.
Vi è un continuo e costante scambio tra ambiente sociale e individuo. Se l’ambiente sociale si attiva in modo adeguato, ne riceve grandi vantaggi. Allo stesso modo se si attiva male, disordinatamente, sporadicamente o limitatamente, ne ha un grave danno.
Ad esempio quando una madre sa accogliere il bambino, sa allattarlo, cullarlo, curarlo e sa entrare in un dialogo intimo con lui, fa molte cose e tutte di estrema importanza per la futura vita affettiva di quel bambino, ma fa anche molte cose importanti per la relazione che sta instaurando con quel nuovo essere umano e quindi anche per la propria vita futura. Se quel bambino diventerà irritante, scontroso, aggressivo, o piagnucoloso e quindi diventerà di peso e fastidio se non di grave problema per lei stessa come per il marito e gli altri familiari, molto dipenderà da come è stato attuato e vissuto il rapporto iniziale.
Le caratteristiche individuali di ogni bambino possono far variare in quantità e qualità i singoli bisogni. Vi sono dei bambini più spartani e altri che hanno necessità di continue coccole. Vi sono bambini che piangono offesi per un rimprovero o un atteggiamento lievemente aggressivo e altri che sopportano meglio le frustrazioni. Anche di questi bisogni individuali specifici i genitori e gli educatori dovranno tener conto nell’aiutare lo sviluppo delle capacità affettivo – relazionali.
E’ importante però che questa variabilità individuale non diventi un alibi per coprire le nostre manchevolezze. Come dire: “Io mi sono poco occupato di mio figlio perché pensavo che, per il suo carattere, lui non volesse o avesse bisogno di molte coccole, di molte parole o della mia presenza”
Questi alibi riportati con frasi del tipo: “Io pensavo che,” io non credevo che”, “io mi illudevo che”, sono oggi numerosissimi e costanti. “Io pensavo che il bambino si annoiasse a casa da solo o con la vecchia nonna ed è per questo che l’ho inserito nell’asilo nido dove avrebbe incontrato tanti altri bambini e giovani educatori.” “Io credevo che per lui fosse più divertente andare a scuola con il pulmino nel quale avrebbe trovato molti compagni piuttosto che essere accompagnato da noi genitori.” “Io mi illudevo che questi suoi comportamenti piagnucolosi e lamentosi fossero dovuti al fatto che stava mettendo i dentini e non ai continui bisticci di noi genitori.”
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Tratto dal libro di Emidio Tribulato "Il bambino e l'ambiente"
Per scaricare gratuitamente tutto il libro clicca qui.
[1] N. W. ACKERMAN, Psicodinamica della vita familiare, Boringhieri, Torino, 1968, p.79.
[1] E. TRIBULATO, L’educazione negata, EDAS, MESSINA, 2005, P.53.
[2] R. BIFFI, “La ricerca della felicità”, in Famiglia cristiana, n° 9, 2008, p.38.
[3] Le imprese nel nostro paese sono circa 5 milioni, con un rapporto di 1 impresa ogni 11 abitanti.
Tratto dal libro: "Mondo affettivo e mondo economico" DI Emidio Tribulato