Il mondo del bambino inizialmente è limitato alla propria casa e ai propri genitori, per tale motivo è diverso dal mondo degli adulti che è ampio, perché fatto di numerosi e complessi rapporti familiari, amicali, professionali e di mille conoscenze. Compito degli adulti dovrebbe essere pertanto quello di dargli un mondo pacifico anche se non dell'Eden; invece, quando avverte tra loro conflitto, freddezza, aggressività, tutto il suo essere è pervaso, sconvolto e squassato dal conflitto, dall'aggressività, dalla tensione; pertanto ogni disturbo della relazione dovrebbe essere ”curato” o con l’aiuto di persone mature e responsabili o mediante specialisti nella terapia della coppia e della relazione.
D’altra parte, anche quando la separazione è già avvenuta, le conseguenze e le tensioni non diminuiscono di molto. Per tutti questi motivi, nel caso di separazione o di divorzio, è raro che entrambi i genitori riescano a seguire e curare l’educazione e la crescita dei figli in maniera adeguata, a causa della mancanza di stima, affetto, apertura e disponibilità reciproca e a motivo della perdita d’autorevolezza. Inoltre, lo scontro tra i genitori, che spesso si trasforma in guerra aperta, coinvolge anche i figli che sono costretti a schierarsi con l’uno o con l’altro.
In genere questi tenderanno ad allearsi con il genitore al quale sono stati affidati, in quanto è il genitore più vicino, quello che li cura di più, ma anche quello che ha tutta la possibilità di parlare male dell’altro, senza che quest’ultimo possa difendersi.
Lo schierarsi, porta inevitabilmente ad una perdita di stima e quindi di autorevolezza nei confronti del genitore avvertito come colpevole. A sua volta, quest’ultimo, non sentendosi più amato e rispettato, tenderà a rispondere con altrettanta acredine o con freddezza.
Il rapporto genitori – figli, pertanto, si deteriora rapidamente, e molto spesso anche definitivamente.
Da ciò nasce quella “lacerazione interna” di cui parlano i figli dei separati o divorziati. Lacerazione in quanto, ogni figlio vorrebbe apprezzare e amare entrambi i genitori.
Dalla lacerazione discende il frequente vissuto di colpa.
Non è raro, come conseguenza di quanto abbiamo detto, il rifiuto del figlio di restare anche per poche ore con il genitore non affidatario, sia per sfuggire al senso di colpa e alla tensione interiore, sia per l’acredine reciproca, che spezza rapidamente i legami affettivi preesistenti.
Più raramente, specie nel periodo adolescenziale, con la fine della fase edipica, può accadere che il genitore accusato, diventi quello con cui il figlio convive. Ciò è facilitato dall’atteggiamento polemico e contestatore caratteristico di quest’età e dalla necessità, da parte del genitore affidatario, d’interventi educativi tendenti a limitare o reprimere i comportamenti e gli atteggiamenti più problematici.
L’adolescente tenderà allora a manifestare aggressività, irritabilità ed atteggiamento dispettoso ed irrispettoso nei confronti del genitore che si cura di lui e che vorrebbe, anche per questo, tutta la sua solidarietà e comprensione. La risposta di quest’ultimo, a tali accuse ed aggressività che ritiene assolutamente illegittime ed ingiuste, scatena spesso altrettanta aggressività e rifiuto verso il figlio ritenuto immeritevole di tanti sacrifici.
Manca spesso inoltre, in queste situazioni, un dialogo efficace.
Questo, che dovrebbe essere continuo e spontaneo, è limitato per il genitore non affidatario alle poche ore settimanali concesse dal giudice, spesso in un clima di sospetto e diffidenza reciproca. Per il genitore affidatario, invece, la difficoltà nasce soprattutto dalla carenza di una figura che l’aiuti, l’accompagni, e lo collabori nell’attività educativa, ma anche dall’essere costretto ad assumere un doppio ruolo, maschile e femminile, di padre e di madre.
Inoltre, per accaparrarsi l’amore del figlio conteso, è frequente la tendenza, in entrambi i coniugi, ad essere più permissivi di quanto si sarebbe voluto e si dovrebbe; come conseguenza di ciò si ha, nei figli, una frequente presenza di comportamenti capricciosi ed infantili.
E’ nota, inoltre, l’utilizzazione di questi con lo scopo di aggredire l’altro coniuge. Tale aggressività e bisogno di vendetta possono durare molti anni: se c’è qualcosa di duraturo nella coppia separata o divorziata è la loro reciproca aggressività, capace di durare per tutta la vita. I figli sono spesso utilizzati come arma impropria per minacciare, colpire, sfruttare, assoggettare, difendersi dall’ex marito o moglie. Nel momento della separazione, frequentemente, ognuno dei coniugi cerca di togliere qualcosa all’altro, di ferire, sminuire e far del male all’altro. Da ciò la frase abusata, ma vera, che “i genitori separati litigano a colpi di bambino”, cioè utilizzano il bambino per farsi del male.
Le minacce sono spesso del tipo: “Se non mi dai più soldi non ti faccio vedere i figli.” “Se mi chiedi troppo, ti tolgo il figlio più amato” ecc.. I minori spesso avvertono di essere usati come arma o mezzo di scambio e ricatto per cui la stima nei confronti dei genitori, intesi come adulti responsabili, forti, equilibrati, fonte di sicurezza, serenità e amore, non può che risultare gravemente compromessa.
Il coinvolgimento dei parenti e degli amici, nei casi di separazione o di divorzio, è frequente. Anche loro, vuoi spontaneamente, vuoi perché trascinati nella contesa, si sentono moralmente costretti a schierarsi, dividendosi per l’uno o l’altro fronte. Con ciò, alimentando e accentuando gli elementi di rottura ed inimicizia, privando così, sia l’uno che l’altro coniuge, dell’apporto amicale.
Ricco poi di complesse problematiche interiori è, per i figli, l’accettare la presenza di un’altra persona accanto al proprio padre o alla madre.
E’ molto facile, infatti, che la solitudine, il bisogno di dialogo, di affetto e di una vita sessuale normale, spinga alla ricerca di un nuovo partner. Ciò disturba notevolmente l’immagine che ogni figlio tende a farsi dei propri genitori e della propria famiglia. Il genitore per i figli è circondato da un alone di serietà e purezza particolare. Un padre non si fidanza: lo ha già fatto una volta con la mamma e basta. Non corteggia, non s’innamora, non ha rapporti sessuali, non si sposa con altre donne. Per il figlio queste realtà possono solo riguardare il passato, ma non il presente. Nel suo immaginario i rapporti sessuali sono accettati già con molta difficoltà solo nei confronti della propria madre o padre, con estranei sono visti e giudicati come una cosa impudica e sconcia.
Tra l’altro, oggi, vi è la tendenza, da parte di genitori sempre più infantili, di far partecipare i figli delle proprie esperienze amorose. Per cui, mentre prima l’amante era presentato come un amico, fino a pochi mesi prima del matrimonio, oggi i figli sono costretti a partecipare a tutta la vita amorosa e sessuale dei genitori. Da ciò un accentuarsi del disagio interiore e del giudizio negativo verso di loro e gli adulti in genere.
Anche in questo caso si prospetta, come risolutore del problema, “l’adattamento.” Si dice: “I figli, come i coniugi, si devono adattare alla nuova situazione.” Ma a quale prezzo? Vale, anche in questo caso ciò che abbiamo detto prima sull’adattamento.
Con il nuovo matrimonio o convivenza vi è l’inserimento di nuove figure che si pongono come paterne o materne.
Se si tengono in giusto conto le caratteristiche così particolari di unicità, globalità, indissolubilità del rapporto genitore - figlio, si comprenderà bene come l’inserimento di figure che dovrebbero aggiungersi o sostituire quelle che lui conosce e che si sono profondamente radicate nel suo animo, sia traumatico e fonte di conflittualità interiore notevole. Spesso quest’inserimento porta a dei giudizi severi da parte dei figli: “Perché lo ha fatto, forse io non gli/le bastavo?”
Il nuovo compagno difficilmente sarà accettato pienamente e quindi non potrà avere, nei confronti dei figli non propri, quella dignità, quell’autorità e responsabilità che sono appannaggio del vero genitore.
Se poi, come spesso avviene, con il nuovo matrimonio si aggiungono anche altri figli di precedenti unioni, le dinamiche relazionali si complicano ulteriormente. Questi, infatti, sono portatori non solo di un diverso patrimonio genetico e un diverso cognome, ma anche di diverse esperienze educative. Portano, nella nuova famiglia, tutta una rete di dinamiche affettive e relazionali che è difficile gestire in maniera corretta. I rapporti tra fratelli sono molto conflittuali per loro natura. Questa conflittualità non può che aumentare nelle famiglie così dette “allargate o multiple”, giacché le diverse appartenenze dei fratellastri accentuano le gelosie, le invidie, le rivalità.
Diminuisce quindi il senso di appartenenza familiare e il grado di sicurezza ed integrità nei confronti del mondo esterno.
Si sono paragonate questo tipo di famiglie alle parentele spirituali dei padrini e delle madrine o alle famiglie patriarcali. Nulla di meno vero di questo. Le famiglie patriarcali avevano dei saldi e inequivocabili legami di stile educativo e di sangue, che le tenevano unite attorno all’anziano patriarca, cosa che manca completamente in questo tipo di unioni, nelle quali l’elemento disgregante è prevalente ed i genitori non solo non hanno il carisma del patriarca, ma somigliano piuttosto a dei giovani naufraghi in cerca di una tavola su cui aggrapparsi. Né si possono paragonare alle parentele spirituali date dalle madrine e dai padrini, poiché queste nascono da scelte, operate dai genitori, di persone che s’impegnano a restare vicini ai minori nei loro bisogni spirituali. Quindi sono persone di aiuto e supporto ad una famiglia chiaramente definita e stabile nella sua composizione.
Molto spesso i conflitti si evidenziano già prima che si sia formato un nuovo vincolo. Alcuni figli lottano per restare con i nonni o altri parenti. Altri preferiscono defilarsi dalla nuova situazione vivendo da soli, piuttosto che con il nuovo patrigno o matrigna o con gli altri fratellastri. Il nuovo venuto, ed i suoi parenti, sono visti come figure minacciose pronte a sottrarre loro il vero genitore o come ladri desiderosi di rubare loro il suo affetto.
In molti casi il nuovo fidanzato o la nuova fidanzata, i loro figli ed i loro parenti sono vissuti come persone che sconvolgeranno un equilibrio interiore che con tanta fatica erano riusciti ad conquistare.
Altri figli infine, pur rimanendo in apparenza nel nuovo nucleo familiare cercano e trovano all’esterno, nel branco, negli amici, nei coetanei o in qualche altro adulto, quella serenità, continuità e stabilità che ogni minore desidera ardentemente.
La presenza nella stessa casa di persone che non presentano lo stesso patrimonio genetico, nuovi genitori, fratellastri, sorellastre, fa aumentare il rischio di promiscuità, violenze sessuali ed incesto, all’interno della famiglia.
I figli dei separati e dei divorziati, in ogni caso, sono costretti a farsi carico di responsabilità eccessive e sproporzionate, spesso non gestibili in maniera efficace e serena. Ciò in quanto, il genitore che è rimasto solo a dover affrontare i mille nuovi problemi di sopravvivenza e per giunta in un clima di conflittualità, facilmente avverte il bisogno d’appoggiarsi all’affetto e al consiglio del figlio per far fronte ad un futuro incerto ed oscuro; tenderà, allora a trattare il figlio come se fosse un sostituto dell’ex coniuge. Ciò spinge il minore ad assumere il ruolo di capofamiglia e di confidente dei problemi economici o sentimentali del genitore.
D’altra parte il figlio, venendo a contatto con l’infelicità genitoriale, è obbligato a diventare precocemente adulto per sostenere e rassicurare il proprio genitore –bambino.
Questi avvenimenti segnano per sempre in modo negativo lo stato psichico dei minori.
Conseguenze psicologiche.
Più aumenta il numero delle persone con immaturità, o con disturbi psichici, più si deteriora il tessuto sociale attuale, mentre viene compromesso il futuro stesso della società.
Le conseguenze psicologiche di quanto abbiamo detto possono essere, nei minori di famiglie separate o divorziate, molto gravi e numerose. L. Cian evidenzia: “ …la presenza di carenze affettive, la mancanza di equilibrio e di formazione di una identità personale stabile (la cosa sembra più grave se vi è differenza di sesso fra il genitore affidatario ed il bambino), sensibili deficit cognitivi nell’apprendimento, minore efficacia nell’interiorizzazione dei modelli normativi, solitudine, depressione, difficoltà a mettersi in relazione, più elevato rischio di comportamenti devianti, maturazione precoce in qualche modo forzata (specie se il genitore affidatario è molto assente dal nucleo familiare).”
Lo stesso autore evidenzia che a scuola gli insegnanti constatano in questi bambini di genitori separati “ tristezza, depressione, condotte asociali o antisociali, pigrizia e mancanza d’impegno, fenomeni d’autocolpevolizzazione rispetto alla separazione dei genitori.”
Altri autori evidenziano: ansia per il futuro, solitudine, confusione, depressione, aggressività, disturbi dell’apprendimento e del comportamento, senso di perdita e del lutto. Più grave quando vi è un figlio unico che quando vi sono più fratelli e sorelle.
“ Per un bambino è inconcepibile vivere separato dalla propria famiglia, poiché in quell’ambiente trova le radici del suo esistere, il significato della sua appartenenza, il senso del divenire persona adulta.”
Ciò evidentemente aggrava, in maniera esponenziale, le problematiche della comunità in quanto più aumenta il numero delle persone con immaturità, o con disturbi psichici, più si deteriora il tessuto sociale attuale, mentre viene compromesso il futuro stesso della società.
Nel caso dell’adolescente è facile che tenda a cercare al di fuori della famiglia e dell’ambiente di vita, quella serenità, quelle attenzioni, quella gioia di cui è stato privato, purtroppo, a volte, affidandosi ad altri giovani o adulti che non solo non sono in grado di dare un aiuto efficace, ma tendono a proporre comportamenti e stili di vita gravemente a rischio.
Si è cercato di quantificare il rischio corso dai figli di genitori separati, il cui padre è assente sul piano educativo e si è visto che è triplo il rischio di difficoltà scolastiche e nella socializzazione; doppio il rischio per quanto riguarda il subire violenze, abusi, l’uso di droghe, di fumo e d’alcool.
Tratto dal libro di E. Tribulato"L'educazione negata" Edizioni E.D.A.S.