Famiglie estese e famiglie ridotte: il figlio unico

Famiglie estese e famiglie ridotte: il figlio unico

 

 

Famiglie estese e famiglie ridotte

Si è notato come il benessere fisico e psichico dei minori sia direttamente proporzionale al numero e alla qualità delle persone legate a questi da stabili vincoli affettivi e di parentela. Quando accanto ad un cucciolo d'uomo sono presenti, nei suoi bisogni materiali, nelle necessità affettivo – relazionali, ma anche nei suoi giochi e nelle sue scoperte, degli esseri umani numerosi, qualitativamente validi, e a lui legati da vincoli affettivi stabili, le attenzioni, la quantità e la qualità del dialogo, i contatti capaci di apporti positivi aumentano in modo considerevole.

 Per Lidz[1]:

 “Quando la famiglia nucleare composta da genitori e figli, non è nettamente separata dall’ampio contesto dei parenti (nonni, zii e zie, cugini ecc.), le varie funzioni della famiglia vengono divise fra i parenti. I genitori sono aiutati nell’allevamento dei figli i quali, a turno, possiedono molti genitori “sostituti”. Gli effetti delle anomalie e delle deficienze dei genitori, e quindi l’influenza della loro personalità, sono fortemente diminuiti”.

Per Zattoni e Gillini[2]: quando il bambino entrava in un contesto di famiglia allargata fatto di cascina, cortile o persino di paese “…i piccoli erano un bene comune, senza che questo venisse proclamato a parole; se il bambino combinava qualche guaio, veniva redarguito dagli adulti presenti; così come, se faceva sfoggio di qualche capacità, aveva un naturale “pubblico” adulto che gli batteva le mani”. Ciò non avviene quando la rete sociale e parentale è molto ridotta o, come spesso avviene nel mondo occidentale negli ultimi decenni, è quasi assente. In questa condizione è facile che i piccoli dell'uomo soffrano di carenze in molti momenti della loro crescita e del loro sviluppo. Soffrono nel momento dell'attesa e della nascita, in quanto le ansie dei genitori non saranno affrontate e quindi placate o ridotte da persone più mature ed esperte che potranno consigliare, rasserenare e accogliere le paure sia della madre sia del padre. Soffrono nei primi mesi di vita, in quanto mancherà ai loro genitori una guida autorevole e serena che li indirizzi sulle tante problematiche da affrontare in questo periodo, che è anche il momento più delicato e decisivo per l'instaurarsi di un sano e felice rapporto e legame genitori-figlio. Soffrono quando questi genitori sono costretti ad affrontare in solitudine i numerosi malanni o disturbi psichici e somatici dei figli. In questi casi l'intervento del pediatra o dello specialista non sempre è sufficiente a sedare le ansie di papà e mamma. E per finire, i bambini soffrono quando avrebbero bisogno di iniziare a socializzare con i fratelli o con i cugini, con i quali vi è un’antica e prolungata frequenza e invece sono costretti a confrontarsi, in ambienti affollati, con gruppi di coetanei sconosciuti, vocianti e spesso irritati e irritabili, in quanto frustrati a causa della lontananza dai genitori e dalle rassicuranti mura domestiche. Per tali motivi tutti i piccoli dell'uomo, come quelli di molti animali, dovrebbero avere la fortuna di crescere in ambiti familiari ricchi di capacità umane ma anche estesi.

Il figlio unico

Nell’essere figlio unico vi sono certamente dei vantaggi. Non è necessario dividere con altri fratelli l’amore dei genitori. Questi, se vogliono, possono tranquillamente dedicare tutte le affettuosità e tutto il tempo che hanno a disposizione, a questo figlio. Inoltre, se si è più piccoli, evi sono più fratelli, è facile dover subire le angherie del fratello maggiore. Ma anche quest’ultimo sarà costretto a sopportare le prepotenze del fratello minore quando questi, approfittando della maggiore protezione dei genitori che gli è accordata, potrà impossessarsi dei suoi giocattoli o fumetti, scappando subito dopo, per nascondersi dietro la gonna della mamma e così farsi proteggere. Questa mamma, d’altra parte, difendendolo, non mancherà di dire l’odiosa, aborrita frase: “Tu sei grande, accontenta tuo fratello che è piccolino”. Sarà, inoltre, più facile per i genitori accontentare il figlio unico nei suoi bisogni e nei suoi desideri costosi, in quanto le finanze della casa non devono essere ripartite tra due o tra tanti elementi.

 

 

Accanto a questi aspetti positivi ve ne sono, però, molti altri negativi. Essere figlio unico significa:

  •   rinunciare a molti stimoli di tipo competitivo, nel conquistare e poi mantenere l’affetto dei genitori mediante i comportamenti più opportuni, affettuosi, dialoganti e collaboranti;
  •   perdere precocemente il piacere e le esperienze ottenute mediante i giochi infantili in quanto, giocando e dialogando spesso con persone adulte, i figli unici sono stimolati a diventare precocemente adulti negli atteggiamenti e nei comportamenti;
  •   essere costretti a confrontarsi molto presto con il mondo degli adulti senza aver prima sperimentato il rapporto protetto con altri minori con i quali si è già stabilito un legame affettivo e di sangue;
  •   non avere la possibilità di comparare esperienze, idee, riflessioni e pensieri con altri minori, diversi per età e per sesso ma che vivono gli stessi valori familiari;
  •   non avere la possibilità di trovare nei fratelli maggiori dei fondamentali modelli di riferimento, da imitare ed introiettare;
  •   non poter giocare con minori che vivono e partecipano dello stesso clima familiare, che hanno un analogo stile di comportamento e che condividono i medesimi valori;
  •   non poter utilizzare e godere di una realtà e di una presenza calda e rassicurante, nel momento in cui i genitori sono assenti per lavoro, quando uno di loro viene a mancare o nei momenti di crisi della famiglia. Crisi che può sopravvenire a causa di gravi conflitti coniugali o, peggio, per la frattura della coppia genitoriale;
  •   dover affrontare la genitorialità senza aver avuto preziose esperienze educative e di cura di bambini piccoli. Per Winnicott:[3] “…ogni bambino che non sia passato attraverso questa esperienza e che non abbia mai visto la madre allattare, lavare e curare un bambino piccolo, è meno ricco del bambino che è stato testimone di questi avvenimenti”;
  •   confrontarsi frequentemente con dei genitori permissivi o ansiosi. I genitori dei figli unici, vivono con più apprensione e paura il loro ruolo. Hanno timore che al loro unico erede capiti qualcosa di grave, e poiché hanno anche ansia e timore di perdere il suo affetto, hanno difficoltà a porre in essere comportamenti autorevoli, in quanto temono che lui reagisca negativamente e distruttivamente di fronte ad atteggiamenti educativi severi;
  •   non essere rafforzati, mediante la nascita del fratellino, dall’idea che i genitori si vogliono ancora tanto bene da scommettere sul futuro, arricchendo la famiglia di un nuovo elemento;
  •   fare esperienze di ruoli diversi, così da prepararsi a vivere in gruppi più vasti, e alla fine, nel mondo:[4]
  • avere difficoltà ad allontanarsi dalla famiglia in quanto schiacciati e legati dalla responsabilità di dover lasciare dei genitori che, in mancanza di altri figli, rimarrebbero soli.

 

Tratto dal libro: "Mondo affettivo e mondo economico-Conflitto o collaborazione" Di Emidio Tribulato

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[1] Lidz T., (1977), Famiglia e problemi di adattamento, Torino, Editore Boringhieri, p. 30.

[2] Zattoni M.,  G.Gillini, G., (2003), “Di mamma non ce né una sola”, Famiglia oggi, N°2, Febbraio, p. 12.

[3] Winnicott D.W., (1973), Il bambino e la famiglia, Firenze, Giunti e Barbera, p. 146.

[4] Winnicott D.W., (1973), Il bambino e il mondo esterno, Firenze, Giunti e Barbera, p. 148.

 

 
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