Quando si discute dell'uomo-padre, raramente si parla dei suoi compiti specifici. Si preferisce fare un elenco di come quest'uomo dovrebbe comportarsi rispetto ai bisogni, spesso mutevoli e contraddittori, della donna o della donna - madre.
Si dice intanto che il padre deve partecipare alla preparazione al parto insieme alla moglie, per poi assisterla in quelle ore cruciali.[1] Ma siamo certi che serva alla moglie e al bambino in gestazione un padre che assista al parto?
In quasi tutte le società del passato la gravidanza, la maternità ed il parto erano considerate cose da donne. Cose dalle quali veniva escluso l’uomo.
Siamo certi che tutte le società sbagliassero in questa prassi mentre solo noi cittadini delle moderne società occidentali siamo nel giusto? Che la presenza del marito in certi momenti faccia bene alla moglie è possibile, anche se molte donne ci hanno confidato di essere molto imbarazzate per quella presenza, ma che questa prassi faccia bene al marito e alla futura vita di coppia abbiamo molti dubbi.
La sessualità e la maternità hanno bisogno di mistero e pudore. Non è piacevole per un uomo assistere ad uno spettacolo spesso molto cruento e angoscioso senza poter agire direttamente e personalmente. Non vi è dubbio che questa partecipazione, non sempre volontaria, ma spesso estorta per piacere alla moglie o per adeguarsi a quello che è “giusto fare”, possa rendere poi più difficile la ripresa della vita affettiva e sessuale con la moglie.
Viene inoltre imposto all’uomo padre di riuscire ad essere tenero e materno con il piccolo appena nato. E l’uomo, spinto dai dettati degli psicologi e dalla consorte, fa di tutto per essere tenero e materno. I “mammi,” così come vengono chiamati, sono capaci di cambiare il pannolino al bambino in un battibaleno, sanno cullare e quietare il pupo quanto e più delle loro mogli. Non parliamo poi della capacità nel dare il biberon o nel preparare le pappine: essi sono maestri nell’arte della culinaria infantile. Non vi sarebbe nulla di male nell’acquisire capacità tipicamente materne se non vi fosse il rischio di sottovalutare, non utilizzare o peggio di perdere, le capacità e le qualità prettamente paterne. Cosa che verrà immediatamente dopo rimproverata a questi padri dalle stesse mogli e dall’ambiente sociale.
Il ruolo del padre, quando è in arrivo un nuovo essere umano, dovrebbe essere un altro.
Durante l’attesa di un figlio, specie del primo, la madre è particolarmente fragile e delicata. Questa nuova e sconosciuta esperienza la rende spesso più ansiosa, paurosa ed insicura di quanto non lo sia normalmente. Il suo animo già fragile e delicato lo diventa ancora di più. Ella teme per la sua vita e per quella del bambino. Tra i timori vi è quello di non essere in grado di affrontare la gravidanza, il parto o il puerperio. Teme la morte del bambino che porta in grembo per svariati motivi ma anche, il che è peggio, per colpa sua: “Saprò farlo nascere?” si chiede. Teme che il frutto del suo ventre possa avere delle tare ereditarie o nascere malformato ( paura dell’handicap).
Le risposte rassicuranti a questa maggiore fragilità, emotività, all’ansia, e alle paure possono venire sicuramente dalla parte più forte e solida del proprio Io, come possono venire dalle esperienze, consigli e sostegno della madre e delle altre donne che le sono vicine. Non bisogna però sottovalutare il fatto che buona parte della serenità e della sicurezza della donna dovrebbe essere affidata al padre del bambino.
Se questa figura c’è, e purtroppo oggi non sempre è presente, se si è assunta tutte le responsabilità della paternità e se si è attivata nel modo corretto e quindi in modo maschile, con la sua presenza, con l’esempio e con le parole riuscirà a rassicurare, stabilizzare, rasserenare, confortare e sostenere la madre.[2] Questa, appoggiandosi al marito come ad un solido e valido sostegno, si può permettere di regredire a livello del neonato o del bambino piccolo, in modo tale da essere estremamente delicata, tenera, sensibile e pronta all’incontro col nuovo essere, in caso contrario o sarà preda dell’ansia e delle preoccupazioni o, cercando solo in lei la forza necessaria per affrontare questi avvenimenti, evidenzierà la sua parte maschile che in quel momento non è né voluta, né desiderata e apprezzata da parte del nuovo essere umano.
Pertanto il padre, poiché l’ambiente in cui si sviluppa il bambino è la madre, ha il compito di creare nella madre e attorno alla madre un clima di serenità, sicurezza, tenerezza e calore, in modo tale che la gestante possa più facilmente entrare in quell’atmosfera particolare, in quell’intimità speciale indispensabile per iniziare il fondamentale rapporto empatico con la sua creatura.
Deve inoltre metterla al riparo, con il suo lavoro e le sue attenzioni, da attività faticose e da ambienti inquinanti o stressanti che potrebbero danneggiare il prodotto del concepimento.
Oggi, purtroppo, nelle società occidentali non sempre accanto ad una donna in attesa vi è un uomo pienamente disponibile a svolgere il suo compito fondamentale. Spesso, anche quando accanto ad una donna vi è un uomo, questi non ha né le caratteristiche, né la cultura, né la maturazione necessaria ad assumere questo ruolo.
Molte volte, l’educazione poco valida ricevuta, non solo non è servita a formare un uomo maturo e responsabile, spesso non è riuscita neanche a formare un uomo.
Il prodotto di un’educazione permissiva, attenta più a sfumare che a sottolineare e valorizzare le caratteristiche maschili, è spesso un essere fragile, emotivamente instabile, insicuro ed incostante, incapace di essere punto di riferimento, sicurezza, sostegno e baluardo per la sua donna e per la sua famiglia.
Inoltre anche se l’uomo c’è ed ha caratteristiche maschili adeguate, frequentemente, a causa di impegni lavorativi, sociali, politici e ludici, ha ben poco tempo ed energie da utilizzare per restare vicino alla propria donna e al bambino che si sta sviluppando.
Non essendoci sempre un rapporto matrimoniale manca spesso, da parte di questi padri, il presupposto essenziale per un impegno serio, continuativo e stabile. Si stanno, infatti, diffondendo sempre di più delle relazioni nelle quali l’uso della sessualità completa tra i giovani è la norma e non la triste eccezione. Si diffondono, inoltre, rapporti di convivenza nei quali, per esplicito o implicito bisogno di uno dei due o di entrambi i partner, l’impegno e la responsabilità dell’uno verso l’altro sono limitati o ridotti al minimo.
Altre volte questo aiuto, questo sostegno non viene neanche richiesto né, se offerto, viene ben accettato, in quanto la “parità dei sessi” esige che la donna non si mostri all’uomo debole e bisognosa di assistenza ma forte, decisa e autonoma. “Una donna che non deve mai chiedere nulla.” Questo non chiedere nulla, piuttosto che rafforzare la donna le impedisce di condividere ansie, timori e paure con un uomo che sappia ascoltarla e sostenerla. Tutto ciò, naturalmente, la rende ancora più fragile ed insicura e quindi ancora più preda della depressione e dell’ansia.
Ma anche dopo la nascita il padre ha molteplici funzioni non sempre messe in chiara luce dalla psicologia. Paparella le sintetizza così: “Nella figura del padre l’accoglienza è sempre legata alla prescrizione, la norma è sempre congiunta alla capacità di perdonare, la giustizia è sempre aperta alla misericordia. Il rapporto con il padre apre all’alterità, spinge alla novità, orienta verso l’esterno; non recide la tradizione, che anzi viene valorizzata, non esclude la memoria, che anzi viene coltivata, non smorza il desiderio, che anzi viene canalizzato e reso produttivo, ma libera dall’immobilismo, dalla sosta, dalla nostalgia e dalla ripetitività.”[3]
Quando il bambino comincia ad affacciarsi al mondo esterno la figura del padre diventa sempre più pregnante ed importante.
- “Intanto l’interazione del bambino con il padre compendia la prima separazione del bambino dalla madre e il suo primo adattamento ad un estraneo(…) prepara il bambino al contatto sempre più ampio con il mondo esterno, con l’universo sociale che si estende al di là della famiglia.”[4] Egli ha quindi il compito di interrompere gradualmente, mediante una serie di interventi sul piano educativo, il rapporto troppo intimo, “fusionale” tra la madre e il figlio, che potrebbe continuare anche dopo la nascita, in modo tale che per il figlio si apra la strada della socialità.
- Già dopo qualche mese dalla nascita le modalità educative, di cura e dialogo, date dal padre, serviranno a stimolare nel bambino potenzialità come l’autonomia, la forza, il coraggio, la determinazione, la sicurezza, il controllo motorio e dell’emotività, un dialogo più stringato e diretto, dei comportamenti più lineari e responsabili.[5]
- Un padre ha il compito di alimentare nel figlio la necessaria grinta, il dinamismo, la intraprendenza, la determinazione. Se uno dei principali compiti della madre è stato quello di proteggere il bambino, il principale compito del padre, dopo i primi mesi dalla nascita, è quello di infondergli forza, coraggio, determinazione, sicurezza e ardimento, mediante dei giochi e delle attività che rafforzino il suo carattere, che lo rendano più sicuro e determinato. Le sfide che gli propone, le finte lotte che effettua con lui, hanno questo scopo. Il bambino incontra nella figura paterna un mondo più rude ma eccitante, più fermo ma coinvolgente, più sicuro e solido di quello vissuto con la madre. Scopre con il padre le possibilità offerte dal suo corpo, dai suoi muscoli, dai suoi riflessi. Scopre dentro di lui la passione e la determinazione nel raggiungere gli obiettivi prefissati.
- La figura paterna ha lo scopo di inserire nell’animo e nei comportamenti della prole i valori legati alla virilità. Questi valori di tipo virile sono utili anche alle femminucce ma sono indispensabili soprattutto ai maschietti. Tra questi ricordiamo: la fermezza, il coraggio, la linearità, la rapidità nel prendere delle decisioni, la forza, il senso dell’onore, l’orgoglio, la lealtà, il rispetto per le regole e norme e quindi per l’autorità. Per quanto riguarda quest’ultimo valore se, all’interno della famiglia l’autorità del padre viene svilita o offuscata vi è il rischio che anche il senso e lo scopo dell’autorità, di tutte le autorità, venga svilito ed offuscato. Così come non è riconosciuta l’autorità del padre, non sarà poi riconosciuta l’autorità degli insegnanti, dei tutori dell’ordine, delle persone anziane, degli amministratori e così via. Ciò naturalmente può provocare un grave danno alla società in quanto, il non riconoscere alcuna autorità, mina le fondamenta stesse del vivere civile e spinge a comportamenti ed atteggiamenti anarchici e delinquenziali.
- Il padre ha il compito di far germogliare il senso del dovere. Dovere verso la propria sposa, verso i figli e la famiglia, verso l’umanità in genere. Dovere verso la società, verso lo Stato , verso la comunità allargata. Sia il bambino, sia la bambina potranno fare propri e utilizzarli quando è necessario, questi apporti maschili. Basta riflettere alle varie, numerosissime situazioni della vita che è necessario affrontare con realismo, determinazione, coraggio, forza e linearità, per capire come questo patrimonio maschile sia fondamentale nello sviluppo della personalità del bambino e poi del giovane e dell’adulto.
- Il padre fa crescere nel figlio la necessità di illuminare le proprie azioni ed i propri comportamenti mediante le esperienze del passato e le necessità e prospettive future. Lo aiuta a guardare quindi non soltanto all’oggi, ma ad utilizzare e valorizzare l’esperienza del passato per proiettare le conseguenze delle proprie azioni e delle proprie decisioni anche in un lontano futuro. Lo stimola, inoltre, a non limitare i suoi interessi esclusivamente alla sua persona e alla sua famiglia, ma ad allargare i propri orizzonti anche agli altri, alla città, alla nazione, al mondo intero.
- Il padre inserisce nell’animo dei figli e fa crescere, la necessità e la serena accoglienza di norme e regole indispensabili al vivere civile, come anche la valorizzazione e la difesa del mondo dell’economia e dei servizi.
- Il bambino scopre con il padre il coraggio di maturare rapide ed immediate decisioni.
- Scopre con il padre la gioia della conquista, il controllo del dolore e delle emozioni, l’orgoglio di osare.
Così come la donna anche l’uomo, quindi, ha un suo immenso patrimonio da trasmettere. Patrimonio prezioso ed insostituibile che purtroppo, oggi, è confuso con gli eccessi o con le patologiche espressioni presenti in alcuni uomini. Aggressività, violenza, incapacità di comprendere le necessità dell’altro non sono “difetti maschili”, sono invece patologiche espressioni di personalità disturbate o deprivate. Sono la conseguenza di una educazione poco attenta e coerente. Sono l’effetto di un rapporto conflittuale tra i generi. Oggi, da parte femminile, si avverte la carenza del ruolo paterno soprattutto nell’adolescenza: per la Cristiani“Ecco perché oggi l’adolescente è particolarmente a rischio, non solo perché mancano percorsi istituzionali pensati per accompagnarlo, come succedeva nelle società tradizionali, ma perché la maternalizzazione della famiglia prima e della scuola poi, apparentemente appiana la crescita ma in realtà, emarginando o svalutando i valori paterni centrati sullo sviluppo delle capacità e dell’autonomia, rende gli adolescenti fragili e disarmati di fronte alle sfide che pone loro il sociale.” E ancora la stessa autrice: “Sembra quindi essere piuttosto il padre a dover sostenere l’adolescente, maschio o femmina che sia, alle prese con il debutto sociale, rassicurandoli non con la riproposta di sicurezze infantili, ma piuttosto con l’ascolto e la valorizzazione delle risorse da mettere in gioco per la realizzazione del vero sé. Egli inoltre, a differenza della madre, che non sa reggere il conflitto, quando è necessario saprà opporsi tollerando la solitudine comportata dal dire di no a rivendicazioni improprie o troppo rischiose.”[6] Se, quindi, l’adolescente è debole, fragile, immaturo, è perché viene da un’infanzia nella quale la figura paterna non ha dato o non ha potuto dare, i suoi indispensabili apporti di forza, sicurezza e determinazione.
Questi apporti materni e paterni andranno a beneficio sia dei maschi che delle femmine anche se poi ogni sesso li utilizzerà con caratteristiche diverse, fondendoli con gli altri elementi genetici e ambientali legati alle diverse configurazioni personali e sessuali. Tutto ciò potrà avvenire se ogni genitore sarà portatore di caratteristiche sessuali diverse. In caso contrario al bambino arriveranno solo i messaggi personali. Ognuno di noi, infatti, ha un suo bagaglio personale diverso da quello degli altri, ma è un bagaglio incompleto se è privo di quella ricchezza che solo due genitori con caratteristiche sessuali e ruoli diversi possono dare.
In definitiva fare del padre, come spesso si cerca di fare, una “quasi madre” o un’aiutante della madre, non solo è inutile, ma è dannoso nei confronti dei figli, della famiglia ed in definitiva della società. Per Lidz, infatti, “Diventa sempre più evidente in termini scientifici, come è sempre stato in termini di buon senso, che i figli hanno bisogno di due genitori i quali, per provvida legge di natura, sono di sesso opposto nel temperamento e nell’aspetto, ma che insieme costituiscono un’entità unica in cui si integrano e si completano a vicenda.”[7]
Tratto dal libro "L'educazione negata" di Emidio Tribulato. Per richiedere questo libro clicca qui.
[1] I padri hanno assistito al parto: nel Nord Italia l’88,4%, al Centro il 70,6%, al Sud il 30,3%
[2] N. W. ACKERMAN, Psicodinamica della vita familiare, p.209.
[3] N. PAPARELLA, “La famiglia e la educazione alla legalità”, in La famiglia, 1992, 154, p. 26.
[4] N. W. ACKERMAN, Psicodinamica della vita familiare, p.210.
[5] E. TRIBULATO, L’educazione negata, EDAS, MESSINA, 2005, P.67.
[6] C. CRISTIANI, “Vecchie e nuove dinamiche”, in Famiglia oggi, 2002, 11, p.11-13.
[7] T. LIDZ, Famiglia e problemi di adattamento, Boringhieri, Torino, 1977, p.41.