“C’era una volta un bambino che andava scrivendo su tutti gli alberi che incontrava “ciao”, perché si sentiva solo e non aveva amici. Quello che faceva era un modo per fare amicizia con gli alberi anche se sapeva che non si doveva fare. Un giorno lo incontrò un taglialegna e con la scusa che pure lui aveva a che fare con gli alberi, gli diede qualche consiglio. Questo taglialegna gli servì come amico per confidarsi e per esprimere tutto quello che aveva dentro, così con calma affrontarono questo discorso e questa persona lo convinse che era una cosa sbagliata sia per lui che per gli alberi. Il taglialegna non si fermò qua, ma andò a dirlo a tutte le persone che conosceva per trovare qualche amico al bambino. Così organizzò una festa e invitò tutti gli amici e i parenti ed ebbe tanti amici”.
Questo racconto è indicativo su cosa desiderano i bambini. Essi hanno bisogno di amici e se hanno difficoltà a trovarli si accontentano anche di “amici alberi”, ma è solo quando qualcuno li aiuta a trovare amici veri, in carne e ossa, che essi sono veramente felici e soddisfatti.
Un cuore in cielo
Una ragazzina di dieci anni che a causa di gravi carenze affettive ed educative da parte di entrambi i genitori, viveva in un istituto di suore insieme ad un altro fratello ed un’altra sorella, vede soltanto in Gesù, nella Madonna e nei Santi la possibilità di avere amore e attenzioni:
“C’era una volta un cuore che stava in cielo. Era grande e bello e rosso d’amore. Questo cuore era di una persona femmina, piccola, che aveva due anni, era una bambina e si chiamava Alessia, che si era fidanzata con Gesù e gli aveva dato il suo cuore. Alessia aveva una famiglia e i suoi genitori erano contenti che si era fidanzata con Gesù. Gesù era contento e la mamma Maria e i discepoli gli buttavano fiori sul cuore e a lui gli faceva piacere stare con loro, era contento…I suoi genitori erano contenti che si era fidanzata con Gesù”.
Certamente il vivere in un istituto di suore ha avuto il suo peso nel racconto della ragazza che sceglieva di fidanzarsi con Gesù. Ma quello che colpisce in questo racconto è la sua identificazione con una bambina piccola di appena due anni, mentre la ragazza ne aveva dieci. È come se la ragazza desiderasse regredire ad un’età nella quale si immagina che tutti i bambini siano felici. Accanto a questo desiderio di essere molto piccola, desiderio dovuto alle gravi carenze affettive presenti nella sua famiglia, vi è, in questo racconto, anche un desiderio di fuggire dalla triste realtà nella quale la ragazza si trovava a vivere.
Una bimba nella tomba
“C’era una volta una bambina che si chiamava Tindara. Un giorno morì perché i suoi genitori non la volevano più. Quando l’hanno messa nella tomba lei era viva, ma poiché non riusciva a liberarsi morì.”
Questo racconto è della stessa ragazza. In questo caso esprime nel modo più truce le sue reali sofferenze (un giorno morì perché i suoi genitori non la volevano più), ma anche gli incubi più terribili (Quando l’hanno messa nella tomba lei era viva, ma poiché non riusciva a liberarsi morì). Ci chiediamo: liberarsi da cosa? Probabilmente si riferisce al bisogno di scacciare da sé il peso terribile che opprime i bambini affetti da carenze affettive!
I racconti di Luigi
Un figlio chiamato Gesù
C’erano una volta due contadini che vivevano in una caverna perché non avevano una casa, perché erano poveri. Quando pioveva erano contenti così maturavano i frutti. Un giorno sono arrivati i soldati e hanno ucciso il marito: l’anno messo in croce perché sono malvagi. La ragazza piangeva, non si è mossa più di casa e ha fatto un figlio di nome Gesù. E vissero non sempre felici e contenti. Giuseppe è morto. Gesù l’anno messo pure lui in croce. La mamma piange e nel mondo non si sente più parlare di loro, tranne che in chiesa.
Il cane e la pecorella
Mio zio che ha le galline, le mucche e le pecore. Un giorno la pecorella scappò e fu mangiata dal cane. Mio zio non trovò la pecorella e chiese al cane: “Dov’è la pecorella?”. Il cane disse: “Me la sono mangiata”. Lo zio lo legò e tutte le pecorelle non furono più mangiate e vissero felici e contenti.
L’albero morente
C’era una volta un albero bello che stava per morire perché non aveva acqua. Un giorno un contadino lo vide un po’ appassito e gli mise dell’acqua. E così rivisse e fece tanti frutti: le mele.
Questo ragazzo di dieci anni veniva descritto sia dai genitori sia dagli insegnanti come un ragazzo con gravi disturbi del comportamento con la presenza di negativismo, litigiosità, suscettibilità, facile perdita del controllo, bugie, linguaggio scurrile, atteggiamenti provocatori, ostili, furti ecc.
Tuttavia solo i suoi racconti ci permettono di cogliere quel qualcosa in più che è fondamentale per una buona e corretta comprensione del caso.
Questi racconti ci permettono di entrare nel suo mondo interiore nel quale è sicuramente presente tanta violenza ma vi è anche tanta povertà affettiva (Un giorno sono arrivati i soldati e hanno ucciso il marito: l’anno messo in croce perché sono malvagi). (vivevano in una caverna perché non avevano una casa, perché erano poveri.)
Inoltre, come si può evidenziare dalla storia dell'albero morente, è presente in questo ragazzo anche una chiara e forte richiesta di amore, che egli sente essere indispensabile per la sua serenità e per il suo buon equilibrio interiore. (C’era una volta un albero bello che stava per morire perché non aveva acqua.) Egli sa che questo amore gli potrà permettere di acquisire tutta la serenità e la maturità che attualmente egli non ha, così da "resuscitare" psicologicamente e socialmente.
A sua volta lo stare psicologicamente meglio gli potrà permettere di offrire alla sua famiglia e alla società tutto ciò che questa si aspetta da lui. (E così rivisse e fece tanti frutti: le mele).
Tratto dal libro di Emidio Tribulato:
"I bambini raccontano - Interpretazione