Bisogno di gioia
“C’era una volta una bambina che andò in una casa nel bosco a prendere dei fiori. Quando il proprietario della casa vide che la bambina aveva preso i suoi fiori si arrabbiò tantissimo e la cacciò via.
La bambina aveva l’ombrello con sé, e non appena si mise a piovere la bambina di nome Serena aprì l’ombrello. Il proprietario non era più arrabbiato e la invitò a casa sua. La bambina accettò l’invito, ma non riusciva a passare in mezzo ai fiori. Il proprietario disse alla bambina di cogliere tutti i fiori per poter passare, tuttavia c’era anche un albero che ostruiva il passaggio. Il signore prende allora un coltello e lo dà alla bambina per tagliare l’albero. Tagliato l’albero la bambina decise, in un primo momento, di entrare in quella casa, poi però, avendo smesso di piovere, se ne ritornò a casa sua, cantando una canzoncina. Ritornata a casa la mamma le chiese dov’era stata per tutto quel tempo, e lei rispose che era a casa di una persona. Dopodiché la bambina Serena si preparò la borsa e andò a scuola”.
Da questo racconto possiamo cogliere alcuni elementi molto interessanti per comprendere meglio i vissuti dei bambini che vivono con genitori depressi. Intanto il nome della bambina, Serena, evoca immediatamente il suo più grande desiderio: la serenità dentro e fuori di sé. Inoltre, poiché avverte la tristezza attorno a sé rappresentata dalla pioggia, per sfuggire a questa e per ricercare un minimo di calore e di gioia cerca di prendere dalla vita qualcosa di bello (andò in una casa nel bosco a prendere dei fiori). Purtroppo a lei non è permessa alcuna gioia (Quando il proprietario della casa vide che la bambina aveva preso i suoi fiori si arrabbiò tantissimo e la cacciò via.)
Ma anche quando gli altri sono gentili con lei le difficoltà non cessano e così qualcosa di piacevole come sono dei fiori o degli alberi, diventano degli ostacoli, quasi insormontabili, che è necessario recidere, strappare e tagliare, per potersi fare strada così da raggiungere l’obiettivo. Ma a questo punto quel desiderio di aprirsi agli altri e di socializzare svanisce e alla bambina non resta altro che tornare nella sua casa, dove l’aspetta una madre particolarmente sofferente. Una madre che, presentando le caratteristiche psicologiche sopra descritte, non riesce a dare l’ascolto e, soprattutto, l’aiuto ed il supporto indispensabile (Ritornata a casa la mamma le chiese dove era stata per tutto quel tempo, e lei rispose che era a casa di una persona.) Impossibile dire tutto a questo tipo di madri. Impossibile dire le proprie difficoltà, i propri desideri e bisogni perché non potrebbero dare l’aiuto necessario per superarle. Meglio comunicare solo gli elementi essenziali e superficiali della propria esistenza, e basta.
La stessa bambina raccontò un’altra storia:
"L’arcobaleno rovinato"
“C’era un arcobaleno e brillava tanto. Una volta c’erano dei bambini che andavano a vederlo, e al tramonto loro sono andati a casa. Andavano perché brillava e ci giocavano sotto.
L’altra mattina si mise a piovere e i bambini si preoccupavano perché l’arcobaleno era sparito. Sono andati a vederlo un’altra volta e dissero: “Dov’è l’arcobaleno?” E si accorsero che la pioggia lo aveva rovinato. Questi bambini erano tristi perché non potevano più giocare alla luce dell’arcobaleno. Così andarono dalla mamma e le dissero: “Mamma, perché l’arcobaleno è rovinato?” E la mamma rispose: “Perché la pioggia l’ha spazzato via”. I bambini si preoccuparono, ma il mattino seguente era ricomparso l’arcobaleno e i bambini erano felici che era ritornato: la pioggia non l’aveva spazzato via, ma solo non l’aveva fatto vedere.
Erano così felici che hanno chiamato la mamma e hanno giocato, e si sono accorti che non si deve piangere per una cosa, perché tanto, viene subito”.
In questo secondo racconto effettuato sei mesi dopo, quando già la bambina era in terapia e mostrava segni di miglioramento, si evidenzia ancora una volta quella spinta propulsiva vitale verso la gioia, presente nel DNA di ogni bambino. È bello vivere e giocare alla luce brillante di questa gioia interiore, per poi ritornare carichi di energie positive alla vita di sempre. Ma anche in questo racconto è presente l’atteggiamento pessimistico e distruttivo della madre sofferente di depressione (“Mamma perché l’arcobaleno è rovinato?” E la mamma rispose: “Perché la pioggia l’ha spazzato via”.) Per fortuna, dopo le iniziali preoccupazioni, l’arcobaleno ritorna e cioè gli elementi positivi e gioiosi della vita bussano di nuovo all’animo della bambina, pertanto le è possibile dare al racconto una conclusione ricca di luce e ottimismo (“Erano così felici che hanno chiamato la mamma e hanno giocato, e si sono accorti che non si deve piangere per una cosa (che si immagina perduta), perché tanto viene subito”). Da notare, infine, che alla partecipazione ai momenti di gioia che adesso ella riesce a vivere (l’arcobaleno), la bambina fa di tutto per coinvolgere anche la madre. Si invertono i ruoli: non sono i genitori a scacciare le ombre nere dall’animo dei bambini ma in questo, come in tanti altri casi simili, può avvenire anche il contrario.
Tratto dal libro di Emidio Tribulato:
"I bambini raccontano - Interpretazione