Gli animali hanno accompagnato l’uomo fin dagli albori della sua esistenza sulla terra. Il rapporto con essi è stato sempre molto stretto, tanto che non sono mai stati soltanto fonte essenziale di cibo ma hanno aiutato l’uomo nel suo lavoro come nella difesa. Gli animali erano e sono, soprattutto oggi, una calda, gradevole compagnia per gli adulti e occasione di gioco per i bambini, poiché apportano emozioni piacevoli e sentimenti teneri e delicati.
Come non intenerirsi accarezzando o solo guardando un tenero micino o un allegro cagnolino? Come non rimanere affascinati dai variopinti pesci, che nuotano lentamente in quel mondo misterioso e affascinante che è il mare o un semplice acquario?
Gli animali sono diventati, per le loro caratteristiche intrinseche o per quelle attribuite loro dagli umani, anche dei simboli: di coraggio o aggressività; di furbizia o alterigia; di tenerezza o allegria; di vivacità o compagnia; di paura o di forza.
Per tali motivi sono molti gli animali presenti nelle storie scritte o raccontate dai minori.
Rosario, un bambino di sei anni, era descritto dai suoi genitori come un “bambino tremendo”, perché si comportava in modo irrequieto, aggressivo, dispettoso, pauroso. Inoltre, era molto selettivo nell’alimentazione. Il bambino piangeva ogni volta che veniva lasciato a forza a scuola. La sua aggressività, sembrava nascere dall’impossibilità di essere compreso dal padre e dalla madre, oltre che dai familiari e coetanei, i quali avevano notevoli difficoltà a comunicare con lui in modo adeguato ai suoi bisogni.
Un feroce coccodrillo
C’era una volta un coccodrillo che non aveva nome. Andava nel mare, incontrava gli altri pesci: squali, delfini, e alcuni se li mangiava, tranne squali e delfini. I pesci scappavano però, perché non si volevano farsi mangiare. Il coccodrillo era andato a cercare altri pesci. Ha trovato un pesce e sé l’è mangiato, ed è stato contento. Dopo sé ne è andato a casa. A casa sua c’era un altro suo amico coccodrillo e insieme hanno mangiato, hanno giocato e poi si sono visti la televisione e poi si sono coricati.
In questo racconto i vissuti interiori di Rosario lo stimolano a identificarsi con un rettile feroce: un coccodrillo, che trascorre buona parte del suo tempo andando in giro ad aggredire, uccidere e mangiare dei pesci (Andava nel mare, incontrava gli altri pesci: squali, delfini, e alcuni se li mangiava, tranne squali e delfini). Questo coccodrillo ha come amico soltanto un suo simile (A casa sua c’era un altro suo amico coccodrillo e insieme hanno mangiato, hanno giocato e poi si sono visti la televisione e poi si sono coricati).
È come se il bambino volesse dirci: “Solo con uno che ha le mie stesse caratteristiche psicologiche e comportamentali potrei andare d’accordo”. Da notare che il bambino a questo coccodrillo non riesce a dare un nome, come se dandogli un nome si esponesse troppo, facendo capire a chi legge e ascolta di essersi identificato con questo animale così feroce.
Nel disegno, eseguito prima del racconto, egli raffigura un’enorme figura poco definita che dovrebbe rappresentare il coccodrillo, mentre i pesci sono disegnati con vari colori. Accanto ai pesci, che il coccodrillo mangia, ha tratteggiato un omino, al quale non ha dato una chiara fisionomia. Osservando il disegno, il timore che abbiamo avuto è che questo coccodrillo famelico non si accontentasse di aggredire e divorare solo dei pesci! È quindi evidente in questo racconto il piacere di poter manifestare la propria aggressività anche nei confronti degli esseri umani.
Angelina parla agli animali
C’era una volta in un paese molto fantastico una bambina di nome Angelina. In quel paese Angelina era molto conosciuta, perché riusciva a parlare con gli animali. Tutti la prendevano per scema, perché la vedevano parlare con gli animali, mentre gli altri non sapevano farlo. Lei, con sua nonna, viveva in un bosco dove c’erano tanti animali. Suo fratello era un animale, perché subì nella guerra dove c’è suo padre, l’hanno trasformato in animale.
Angelina, un giorno andò all’ospedale, per curare una tigre, che era ferita a causa di un cacciatore. Quando gli disse al dottore se poteva curare la tigre, il dottore gli disse come lei voleva curare la tigre. Angelina gli rispose che lei poteva parlare con gli animali. Il dottore non gli ha creduto, come fanno tutti gli altri.
Angelina, mentre andava a scuola, incontrò una signora con un cane, questo cane era sempre arrabbiato. Lei quando l’ha visto in quel modo, disse alla signora che c’era qualcosa che non andava. Infatti, Angelina controllò il cane e trovò una spina sotto il piede, quando gliel’ha tolta il cane è stato bene e ringraziò e, finalmente, capirono che poteva parlare con gli animali.
Un altro giorno con sua nonna passeggiavano per la città e incontrarono un signore con un gatto grossissimo. La bambina ci andò, perché lei ci tiene molto agli animali, e gli disse subito di portarlo in ospedale. Il dottore lo curò e il signore ringraziò Angelina e gli ha creduto pure lui. Ogni giorno incontrava dei signori con degli animali, glieli curava e così le credette tutta la città. Cosi ad Angelina non la prendevano più in giro e lei fu felice.
Federico, un bambino di nove anni, presenta un’altra storia di animali. Il personaggio principale è Angelina, una bambina alla quale nessuno crede e che gli altri prendono in giro, perché dice di capire il linguaggio degli animali e afferma di saperli curare. Anche in questo caso la vera famiglia è come se non esistesse. È evidente che le particolari capacità nel capire e curare gli animali, che Federico attribuisce ad Angelina, sono un mezzo per tentare di migliorare la scarsa stima che gli altri hanno nei suoi confronti. A sua volta Federico immagina che l’amicizia con degli animali gli possa permettere di godere dell’affetto che egli non trova negli esseri umani.
Il disegno che accompagna questo racconto non ha il tema di Angelina ma dell’ecologia. Troviamo pertanto l’invito a usare la bicicletta per evitare l’inquinamento, e il divieto di fumare negli autobus.
Sei lupetti da salvare
In campagna ho trovato dei lupi. Ero grande. Sono andato in campeggio con i miei cani, per andare a pescare con il fucile. Ad un certo punto ho sentito ululare. Ero terrorizzato e volevo tornare indietro, ma sono andato avanti per vedere cosa c’era. Ho trovato sei cuccioli di lupi abbandonati: tre maschi e tre femmine. Prima volevo scappare, poi sono andato a vedere. I cuccioli erano vivi, ma la madre era morta. Me li sono portati a pesca con me. Avevano paura perché avevo il fucile (pensavano che avevo ucciso io la mamma). Si prendevano i pesci da soli, come gli orsi con i salmoni. Io capisco il linguaggio dei cani. I cuccioli mi hanno chiesto la loro storia. Li ho fatti entrare nella famiglia. La sera, quando raccoglievamo la legna andavamo a caccia. Due facevano vedere la foresta perché la conoscevano, altri due sono andati a caccia e sono tornati con un capriolo. Correvano come pazzi perché avevano visto una lepre. Volevano andare a caccia di cinghiali.
Giulio, un ragazzo di tredici anni, che presentava ritardo mentale lieve e disturbi psicologici, in questo racconto immagina di fare amicizia e di saper parlare con sei lupacchiotti da lui salvati. Questi animali avevano grandi capacità: oltre che saper parlare con lui, riuscivano a pescare ma anche cacciare i caprioli, le lepri e i cinghiali. Per tutti questi motivi il ragazzo immagina di farli partecipi della sua famiglia
Poiché Giulio era spesso preso in giro dai compagni di classe, dai quali non riusciva a difendersi e soffriva a causa dei suoi genitori i quali, avendo caratteristiche psicologiche molto diverse, litigavano spesso tra loro, pensiamo che il ragazzo in questo racconto cerchi di vivere con la fantasia una realtà molto più bella di quella che era costretto ad affrontare ogni giorno.
Per tali motivi egli ha voluto immaginarsi come un personaggio coraggioso e paterno nei confronti dei piccoli lupetti, rimasti orfani della madre. Nello stesso tempo ha rappresentato una strana famiglia, nella quale erano presenti soltanto lui e i lupacchiotti che aveva salvato, escludendo quindi la sua vera famiglia che, come abbiamo detto, era molto problematica.
Tratto dal libro di Emidio Tribulato: "I bambini raccontano - Interpretazione