In alcuni casi troviamo nei racconti la presenza di parole o frasi di contenuto osceno e/o volgare. Questo è un comportamento compulsivo presente nei soggetti che presentano problematiche psicologiche importanti: sindrome di Tourette, autismo, gravi disturbi psicoaffettivi. In queste persone, l’uso di parole o disegni volgari nasce dal bisogno di esprimere e manifestare, mediante tali parole, il proprio grave disagio interiore. I termini usati spesso riguardano gli escrementi, la sessualità e gli organi genitali. In altri casi essi associano le persone alle quali si rivolgono ad animali considerati brutti, viscidi o sporchi, come i serpenti, i maiali, i topi o gli scarafaggi.
Bisogna tuttavia distinguere tali comportamenti da quelli frequentemente in uso nella nostra moderna società occidentale, nella quale è purtroppo ampiamente accettato, da parte di tanti educatori e genitori, l’uso di parole e gesti volgari. Contribuiscono ampiamente a quest’uso i mezzi di comunicazione di massa: libri, giornali, film, telefilm, video-giochi, programmi di intrattenimento.
Queste particolari modalità espressive sono più frequenti nell’età adolescenziale e la loro incidenza tende a decrescere con gli anni. Spesso questo gergo volgare è utilizzato per il piacere di imitare i compagni più scavezzacolli, i conduttori radiofonici o gli attori dei film e telefilm visti.
Per tale motivo quando siamo in presenza di soggetti che non presentano altri particolari sintomi, le parole, i disegni e le espressioni volgari o oscene non hanno alcun valore diagnostico, almeno per quanto riguarda la realtà psichica.
Un esempio di coprolalia lo ritroviamo in Katia. Una bambina di nove anni, che presentava importanti disturbi psicoaffettivi che si manifestano con manierismi verbali e nel comportamento, chiusura e timidezza, paure e fobie, presenza di comportamenti infantili, incubi notturni e anancasmi. La bambina, che tendeva ad utilizzare termini coprolalici nel periodo nel quale la sua patologia psichica era più grave e la sofferenza psichica era notevole, in seguito al graduale ma rapido miglioramento delle sue condizioni psicologiche, nonostante non vi fosse stata alcuna censura da parte degli operatori che la seguivano, smise di usare quel tipo di espressioni.
Katia - Primo racconto
Cacca vera o finta?
C’era una volta Erika che aveva ordinato su Amazon la cacca finta. Gliel’anno mandata a casa e quando ha aperto il pacco era una cacca vera. Erika non sapeva che era vera, allora cominciò a giocarci e quando la riposò si accorse che era la cacca (vera).
Katia, per rendere il suo personaggio ridicolo, nonostante sapesse ben disegnare, imbruttisce molto la donna nel volto e le inserisce delle braccine molto corte.
Katia - Secondo racconto
Una bambina di nome Maialona
C’era una volta una bambina di nome Maialona. Sua mamma vide che si era appena svegliata e sembrava una pipì e andò a scuola e tutti la chiamavano Caccona Puzzolente. Poi ritornò a scuola e tutti la chiamarono Cipolla. Ritornò a casa e sua mamma gli disse: “Com’è andata Cipollotta” e lei disse: “Bene” e vissero felici e contenti.
Katia - Terzo racconto
Una dottoressa chiamata Coscarafaggia
C’era una volta una dottoressa che si chiamava Coscarafaggia e aveva 23 anni e allora era innamorata di un dottore che si chiamava Marco Faccio. Un giorno gli chiede di diventare il suo fidanzato, e lui risponde che gli facevano schifo gli scarafaggi. Allora disse Coscarafaggia: “Non centra niente”. Invece Marco Faccio disse: “Centra perché il tuo nome assomiglia al nome di uno scarafaggio”. Allora lei rimase molto triste e visse per sempre felice e contenta con il suo amico Toposcar.
Anche Francesco, di dieci anni, il quale soffriva di disturbo dello spettro autistico, quando il suo mondo interiore era ancora gravemente disturbato e le sue capacità nell’organizzazione dei pensieri erano minime, tendeva ad utilizzare frequentemente frasi ed espressioni coprolaliche. L’uso di questi termini scomparve con il miglioramento dei propri vissuti interiori.
La mamma e il papà
La mamma: da pianto, da nonna, un mostro, una bestia, un’agendina, un serpente che fa schifo.
Papà: si fa tutta la cacca addosso, è brutto e piscione e nel culetto esce cacca e pipì.
Riccardo, un bambino di sette anni che presentava disturbo dello spettro autistico, nel periodo di maggiore gravità, utilizzava parole volgari. Questi termini scomparvero in seguito al miglioramento della sua patologia psichica. Questi tre racconti sono suoi.
Riccardo - Primo racconto
Due mamme
È un bambino che è nato con il corpo così e si chiama Memme e tifa per la Juventus. Gli manca una gamba. La mamma gioca con lui. Ha due mamme: una si chiama Cacca e una si chiama Memme.
Riccardo - Secondo racconto
La mamma ride davanti al figlio morto
Un bambino si è rotto due braccia e i piedi che sono piccoli. È senza compagni. La casa si è rotta. L’ambulanza lo porta all’ospedale. Il bambino si chiama Luca e fa la cacca addosso. Luca morì; era pazzo, lo portano al cimitero. Arriva la mamma e fa: “Ha! Ha! Ha! Ha!”. (ride), Arrivano i bambini piccoli per guardare Luca ed erano tristi perché avevano sangue che poteva uscire da lui.
Riccardo - Terzo racconto
Il mare si è rotto
C’era una volta il mare che si è rotto perché c’erano tanti pesci. C’era un bambino gigante che gli ha fatto male la medusa ed esce sangue. Il bambino piangeva, poi ha fatto la pipì addosso al mare. Poi andò sott’acqua, arrivò la balena e se lo mangiò. Nella bocca della balena il bambino stava male, perché la balena lo masticava. Poi l’ha sputato. Al bambino usciva sangue da tutto il corpo ed è morto.
Il bambino, per dare l’idea della pericolosità di questo suo immaginario mare che si era rotto, nel disegno che accompagna il racconto (figura 30), rende il mare molto grande, mettendo in cima alle onde una piccola nave.
Anche Debora nei suoi racconti utilizzava termini coprolalici.
Bimba e baby – sitter
C’era una baby-sitter che chiama una bambina per giocare. Questa bambina faceva la cacca fuori dal gabinetto. Però poi è morta, perché si era staccata la spina dorsale e si era operata. Ma la prima parola che ha detto è stata: “cacca”.
In tutti questi racconti i gravi disturbi psicologici degli autori si evidenziano non solo dall’uso di parole e immagini coprolaliche ma anche dalla presenza di immagini truculente e per i contenuti non ben collegati tra loro se non totalmente sconnessi.
Tutti questi bambini, quando i loro vissuti interiori si normalizzarono, smisero di utilizzare tali espressioni volgari.
Le stesse considerazioni fatte sull’uso delle parole volgari possono riguardare i disegni. In questi, la presenza, ad esempio, di organi genitali è rara nei bambini normali, mentre può essere presente nei soggetti con importanti disturbi psicologici.
Tratto dal libro di Emidio Tribulato: "I bambini raccontano - Interpretazione