I racconti che invitiamo ad esprimere possono contenere, in modo parziale o totale, oltre che il prodotto della fantasia dei bambini, anche storie, favole e temi da loro conosciuti in ambito scolastico, familiare o amicale. A volte si tratta di racconti letti da loro stessi o dai loro genitori. In altri casi i contenuti che i bambini riportano sono tratti dalla visione di qualche film o cartone animato. Inoltre, nella nostra società ipertecnologica, sempre più frequentemente i racconti dei bambini sono influenzati dalle storie presenti nei video-giochi che, dagli anni ottanta, si sono capillarmente diffusi in tutte le famiglie e in tutti gli strati sociali. Questi giochi apportano nella mente e nella fantasia dei bambini storie e personaggi, alcuni positivi e altri nettamente negativi che ritroviamo nei loro racconti.
A volte le avventure presenti nei videogiochi sono riportate in maniera fedele, in altri casi sono invece trasformate, alterate e interpretate dai bisogni interiori del bambino. Per tali motivi possiamo ricavare indicazioni sui vissuti interiori del minore in esame, solo dal tipo di video-gioco scelto nel racconto e dalle modifiche che egli vi ha apportato.
Un disegno emblematico di come spesso oggi la famiglia sia condizionata e stretta come in una ragnatela dagli strumenti elettronici. In questo disegno tutti i componenti della famiglia sono davanti alla Tv. Ognuno di loro ha in mano il telecomando o l’inseparabile telefono cellulare.
Nulla di strano, quindi, che un bambino riporti quanto visto o ascoltato, se ciò si verifica durante i primi incontri e, quindi, solo all’inizio di una relazione terapeutica. In questa fase il minore può non avere ancora scoperto il piacere e la possibilità di creare, inventandole, delle storie tutte sue, nate dalla propria fantasia. All’inizio della terapia questo comportamento del minore può essere semplicemente un modo prudenziale di iniziare con gradualità un rapporto di dialogo con una persona appena conosciuta, come può essere un terapeuta o un insegnante.
Di solito però gli stessi bambini, nel tempo, tendono a modificare, anche se solo parzialmente, i contenuti di quanto letto, visto o ascoltato poiché, quasi sempre, emerge il bisogno interiore di comunicare qualcosa di più intimo e personale ad una persona che sentono amica. Per tale motivo, se questo comportamento dovesse persistere, è doveroso chiedersi se il nostro rapporto con il bambino si sta evolvendo in maniera positiva oppure è rimasto ad uno stadio superficiale. In questo caso è indispensabile mettere in discussione il proprio approccio nei confronti del minore e cercare di migliorarlo.
Se escludiamo questa possibilità, l’altra possibile motivazione potrebbe risiedere proprio nella psiche del nostro piccolo utente. Può accadere che un bambino molto chiuso e diffidente eviti, anche se messo pienamente a proprio agio, di comunicare anche dopo mesi, le proprie emozioni e i propri sentimenti.
Questi comportamenti, che possono essere presenti in soggetti che possiedono una personalità molto rigida e una scarsa fiducia nei confronti del prossimo, potrebbero essere superati attuando una relazione molto più libera, accettante e gioiosa, come quella presente nella tecnica del Gioco Libero Autogestito[1]. In questo tipo di gioco l’intesa che si riesce a stabilire tra l’adulto e il bambino diventa con più facilità profonda e piena, giacché quest’ultimo viene accolto nei giochi e nelle attività in una condizione di massima libertà.
Nel caso più frequente in cui il bambino, dietro la spinta dei suoi impulsi interiori, modifichi un racconto conosciuto, dovremmo provare a scoprire e capire sia la quantità, sia la qualità delle modifiche che egli vi ha apportato. Queste modifiche saranno preziose per comprendere il mondo interiore del minore, con il quale abbiamo intrapreso un cammino terapeutico.
Le modifiche possono riguardare:
- I personaggi del racconto. A volte il bambino altera le caratteristiche dei vari personaggi, dando ad essi un sesso, un’età o delle caratteristiche di personalità diverse da quelle descritte dall’autore. Altre volte inserisce personaggi di fantasia o addirittura mette sé stesso come protagonista.
- La trama del racconto. Le alterazioni e le modifiche possono interessare anche la struttura stessa del racconto, la quale può essere dal bambino sconvolta, edulcorata o resa più aggressiva, tragica, ansiosa e inquieta.
- Il finale del racconto. Anche le parole che concludono il racconto possono essere modificate in senso positivo o negativo. Ad esempio, inserendo un finale tragico al posto di uno lieto o viceversa.
Sebbene le cause di queste modifiche possano essere dovute a difficoltà nella comprensione di quanto letto, visto o ascoltato, in molti casi le alterazioni presenti nella trama del racconto, nelle caratteristiche dei personaggi, nonché nell’ambientazione in cui questi si muovono, sono dovute all’emergere di personali bisogni interiori.
È la sua personale realtà familiare e sociale, sono le sue emozioni, le sue ansie, le sue paure, i suoi desideri e aspirazioni, che spesso si fanno strada e si impongono nella mente e nella fantasia del bambino, stimolandolo ad apportare dei cambiamenti al testo originale del racconto. In definitiva, molto spesso i cambiamenti manifestano o interpretano i bisogni, i desideri, le carenze o le difficoltà del minore.
Un esempio di quanto detto sopra lo troviamo in Salvatore (nome di fantasia), il quale racconta un’avventura tratta da un famoso personaggio dei video giochi: Super Mario.
Un video-gioco
C’era una volta Mario, che è un mostro. Era nel videogioco, poi è uscito, sale su una corda in equilibrio e sotto c’era uno squalo, che se lo voleva mangiare, però lui ha fatto una sfera magica, gliel’ha buttata addosso e si è salvato.
Il bambino racconta molto bene l’avventura di Super Mario che sale sulla corda mentre sotto vi è un coccodrillo, tuttavia, stranamente, lo descrive come un mostro (C’era una volta Mario, che è un mostro). È questo elemento personale che può essere di nostro interesse e può darci degli input interpretativi.
I Minions rapinano le Banche
C’era una volta un gruppo di Minions che rapinavano le banche per guadagnare. Facevano molte missioni e assassinavano molte persone, rubavano macchine. Poi arrivarono i poliziotti e gli hanno sparato. Però chiamarono l’elicottero e scapparono.
Un ragazzino di undici anni, che presentava sintomi depressivi, ansia, ed era turbato da intense, numerose fobie e incubi notturni, riporta abbastanza fedelmente i temi dei video giochi che utilizzava ma si sofferma sulle tematiche aggressive e violente. Il suo racconto dovrebbe farci riflettere sulle conseguenze che possono insorgere quando i minori sono lasciati a giocare con dei video-giochi violenti e aggressivi.
Cenerentola rivisitata
C’era una volta un castello in pianura, con clima caldo, e gli abitanti erano una bimba di nome Sara, che stava nel castello con la matrigna sposata con il padre. Il padre non c’era nel castello, perché morto, ma c’erano due sorelle e la matrigna che la trattava male, facendole fare tante cose. E anche il gatto era cattivo. Sara parlava con gli animali. Un giorno arriva una lettera a casa, cioè un invito ad un matrimonio. Ma la matrigna non voleva. Ordina tanti lavori in casa, affinché non possa andare. Lei stava facendo un vestito aiutata dagli animali. Entra in una stanza, vede un vestito e se lo mette, che gli avevano fatto per lei, da una serie di indumenti delle sorelle. Le sorelle lo strappano e poi lei piange. Arriva una fata, che le fa un incantesimo con la carrozza, il vestito…lei va alla festa e balla con il principe. Le sorellastre sono invidiose e la matrigna è incuriosita. Lei perde la scarpetta, nel frattempo il principe fa indossare la scarpetta. Alle sorellastre, invece, la fa provare a Sara e si sposano.
Nel racconto di Luisa sono contenuti, anche se in modo poco lineare e armonico, i contenuti della favola di Cenerentola. Nel disegno che accompagna il racconto, sono evidenti nel castello numerose guglie, con le quali la bambina ha voluto evidenziare l’aggressività della matrigna nei confronti di Cenerentola. Da notare anche l’uso di colori freddi e tristi, sia per il castello che per il sole.
Un esempio di favola riportata meno fedelmente è quella proposta da Federica (nome di fantasia), una bambina di otto anni.
La vispa Teresa
La Vispa Teresa stava tra l’erbetta e incontrò una farfalletta; di soppiatto si avvicinava per catturarla. Senza accorgersene la farfalletta la catturò in fretta, prendendola dalle ali: che male che fu! La farfalletta, disperata, chiese se la faceva volare. Dispiaciuta Teresa, la furbacchietta, l’aveva liberata poggiandola su un fior. La farfalletta la perdonò e furono amiche per sempre.
Se paragoniamo questo testo alla filastrocca originale di Luigi Sailer, notiamo varie differenze. Alla piccola Teresa viene aggiunto un nomignolo: furbacchietta, non presente nell’originale. Questo nomignolo, probabilmente, è quello che i suoi genitori o qualche altro adulto avevano affibbiato a Federica, a causa di qualche suo comportamento birichino. Allo stesso modo l’accenno che la bambina inserisce sul perdono e su una futura amicizia rivela un suo bisogno personale (Dispiaciuta Teresa, la furbacchietta, l’aveva liberata poggiandola su un fior. La farfalletta la perdonò e furono amiche per sempre).
E come se Federica dicesse a sé stessa: “Quando, come spesso mi capita, faccio soffrire o arrabbiare un’altra persona, se poi mi pento, posso benissimo riallacciare il rapporto e ricostruire l’amicizia o l’amore messo in crisi”.
Da notare nel disegno la difficoltà, ancora presente nella bambina, di eseguire il soggetto di profilo.
Un figlio chiamato Gesù
C’erano una volta due contadini che vivevano in una caverna, perché non avevano una casa, perché erano poveri. Quando pioveva erano contenti, così maturavano i frutti. Un giorno sono arrivati i soldati e hanno ucciso il marito: l’hanno messo in croce, perché sono malvagi. La ragazza piangeva, non si è mossa più di casa e ha fatto un figlio di nome Gesù. E vissero non sempre felici e contenti. Giuseppe è morto. Gesù l’hanno messo pure lui in croce. La mamma piange e nel mondo non si sente più parlare di loro, tranne che in chiesa.
In questo caso le alterazioni del racconto della vita di Gesù e della sua famiglia sono notevolmente alterate dal pessimismo e dalla tristezza che pervade l’animo di questo bambino. Egli descrive un mondo nel quale non vi è alcun elemento positivo: un mondo di povertà (due contadini che vivevano in una caverna perché non avevano una casa, perché erano poveri); un mondo malvagio (l’anno messo in croce perché sono malvagi); un mondo nel quale la morte è sempre incombente (hanno ucciso il marito - Gesù l’anno messo pure lui in croce); un mondo nel quale predomina il dolore (La mamma piange). Infine, è presente, nella psiche del bambino, un’intima visione pessimistica sulla sensibilità delle persone di fronte a dei gravi avvenimenti, quando afferma che il ricordo di quei drammatici avvenimenti non sarà conservato nel futuro ma andrà perduto (non si sente più parlare di loro, tranne che in chiesa).
Anche Martina (nome di fantasia), una bambina di sei anni, ci offre un esempio di racconto molto modificato rispetto all’originale.
Cappuccetto rosso
C’era una volta una bambina che andava ogni giorno da sua nonna. Un giorno la nonna gli disse: “Cappuccetto Rosso, vai dalla zia, che ti deve dare la pasta per il cane: pasta con la salsa”. Cappuccetto Rosso disse: “Nonna, vado immediatamente e torno”. E la nonna disse: “Prima chiudi il cane, se no scappa”. Cappuccetto corse subito dalla zia, senza chiudere il cancello. Il cane, quando lei era già dalla zia, usci dal cancello e si mangiò tre pecore, che erano pure di Cappuccetto Rosso. Era come se aveva uno zoo. Quando il cane finì, se ne andò via correndo. In quella strada c’era un cattivo lupo: ecco perché la nonna voleva che Cappuccetto Rosso chiudesse il cancello. Il cagnolino pensava che era un altro cane e il lupo se lo mangiò in un boccone. Cappuccetto Rosso, quando tornò, mise la pasta al cagnolino dicendo: “Dov’è finito Bolly? Gridando e correndo, Cappuccetto Rosso andò dalla nonna e gli disse: “Nonna, dov’è finito il cagnolino?” “Perché non hai chiuso il recinto?” disse la nonna. “Perché non mi hai ascoltato? Tu dovevi ascoltarmi, perché in questi boschi c’è un lupo. Può essere che non se l’è mangiato, perché il cane era bravissimo a correre”.
Cappuccetto Rosso si mise subito il cappuccio e andò a cercare il cagnolino, ma non l’ha visto. Correndo e piangendo andò dalla nonna: “Nonna, non l’ho trovato il cagnolino!” La nonna con una faccia dispiaciuta disse: “Significa che se l’è mangiato. Andiamo subito al mercato e compriamo un cagnolino nuovo” “Va bene, nonna”. “Ho visto un cane che andava proprio da quella parte: era Bolly. Il lupo si era mangiato solo le tre pecore. (Bolly) Era dall’altra parte del bosco e non l’aveva visto”. Il papà, quando tornò dal lavoro, fece una gabbietta con la legna e gli mise le cose del cagnolino. Così il cagnolino poteva correre e giocare all’aria aperta. Cappuccetto Rosso imparò a chiudere sempre il recinto.
La bambina modifica in maniera sostanziale la classica favola di “Cappuccetto Rosso”, inserendo diversi e nuovi elementi che provengono non solo dai suoi vissuti reali ma anche, e soprattutto, dai propri timori e problemi interiori.
In questo racconto gli elementi modificati sono tanti: ad esempio, non vi è la madre di Cappuccetto Rosso che chiede alla bambina di andare dalla nonna ma è la nonna che chiede alla bambina di andare dalla zia. Inoltre, il “lupo cattivo” non mangia la nonna e Cappuccetto Rosso, ma sfoga la sua fame e la sua aggressività nei confronti delle pecore e del cagnolino. Sono presenti anche delle contraddizioni. Mentre inizialmente dice che le pecore sono state mangiate dal cane (Il cane, quando lei era già dalla zia, usci dal cancello e si mangiò tre pecore,). In seguito, afferma che le tre pecore le ha mangiate il lupo (Il lupo si era mangiato solo le tre pecore.)
Da notare, tuttavia, che quando la nonna cerca una soluzione per la nipotina, decidendo di comprare un altro cagnolino, il bisogno interiore di Martina diventa predominante, cosicché modifica in maniera sostanziale il racconto, tanto da alterare ciò che aveva detto un momento prima, pur di salvare il cagnolino (Il lupo si era mangiato solo le tre pecore. (Bolly) Era dall’altra parte del bosco e non l’aveva visto).
Un altro racconto molto modificato ce lo propone Federico (nome di fantasia).
Pinocchio?
C’erano una volta due signori: marito e moglie. Mentre passeggiavano nella loro città, di nome Panzipo, la moglie doveva partorire. Allora andarono in casa a prendere la macchina e poi andarono all’ospedale. Il parto andò bene, era un maschio e lo chiamarono Emmanuele. Lo curarono e quando diventò grande dovettero partire. Andarono in un paesino. Lì trovarono una casa, al bambino trovarono una scuola e tutto andò bene. Un giorno, mentre il papà lo accompagnava a scuola, Emmanuele non entrò e andò in un teatro. C’era un burattinaio e gli chiese se poteva guardare lo spettacolo. Lui gli disse di no, perché si doveva comprare il biglietto. Allora Emmanuele andò a comprare il biglietto, che costava cinque euro e non aveva soldi. Ha venduto tutte le cose della scuola per recuperare i soldi e si comprò il biglietto. Alla fine dello spettacolo il burattinaio prese il burattino e se lo portò con lui.
Emmanuele non sapeva che era cattivo ed andarono nel suo castello, fatto tutto di fuoco. Il burattinaio lo fece lavorare sempre e un giorno, mentre stava raccogliendo la frutta, incontrò una volpe e un gatto. Gli chiese loro aiuto per scappare e gli fecero fare un puzzle e quando lo completò arrivò il burattinaio. Allora se ne scappò, perché ha capito che erano cattivi, ma il gatto e la volpe erano più veloci. Lo presero e gli fecero tante torture e lo riportarono dal burattinaio. Una famiglia gli diede un altro lavoro: di fare la guardia al loro giardino, ma di notte lui voleva scappare. I cani della famiglia lo seguirono. Lo presero e lo portarono di nuovo alla famiglia. Lui si difese e disse che voleva scappare perché era stato terrorizzato dal burattinaio. Allora lo riaccompagnarono a casa, i genitori gli chiesero che è successo e lui disse una bugia.
In questo racconto notevolmente alterato, il bambino vi inserisce molti elementi violenti e aggressivi, legati alla sua storia personale.
[1] Tribulato E. (2013), Autismo e gioco libero autogestito, Milano, Franco Angeli.
Tratto dal libro di Emidio Tribulato: "I bambini raccontano - Interpretazione