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Cerebropatia perinatale e ritardo cognitivo globale

Dott. Giovanni  Giannetto ( educatore professionale extrascolastico).


 

“Relazione su un caso di cerebropatia perinatale e ritardo cognitivo globale”

Il bambino in fase iniziale presentava diverse problematiche che spaziavano dalla sfera relazionale a quella specificamente cognitiva. Da quanto evidenziato dal primo colloquio con i genitori, la patologia sembrava derivare da una malattia di natura virale che, colpendo alcune zone cerebrali aveva provocato un ritardo cognitivo grave. In concomitanza con tale patologia, si riscontravano altre problematiche che riguardavano l’area del linguaggio, sia dal punto di vista della produzione che della comprensione. Si notavano, inoltre, notevoli alterazioni del comportamento caratterizzate da chiusura al mondo circostante, degeneranti in atti di autolesionismo, che sembravano essere causati sia da un basso grado di autostima che da un’alterata percezione del sé rispetto al mondo circostante e agli altri.

Inizialmente ho adottato un’ osservazione al fine di potere strutturare una programmazione il cui scopo fosse quello di risolvere le problematiche sopra esposte, creando un clima di serenità. Ciò si poteva ottenere agendo su interessi da lui manifestati; ovviamente la conoscenza della patologia mi permetteva di prendere coscienza delle tematiche da sviluppare ed i limiti da essa postimi. A tal proposito ho agito mediante le seguenti tappe sequenziali:

Stabilire un contatto empatico con il bambino.

Creare un clima di serenità.

Strutturare le attività secondo spazi temporali definiti.

Proporre le attività in modo non invasivo, utilizzando una metodica d’apprendimento di tipo ludico.

Utilizzare un programma di stimolazione logico-cognitiva graduata, in particolare “Voglia di crescere”.

Il primo punto si è ottenuto tramite l’accettazione della mia figura in modo graduale, questo al fine di evitare un rifiuto repentino da parte del bambino.

Il secondo punto è direttamente sequenziale al primo: una volta superato il momento di iniziale diffidenza, si creano i presupposti per una collaborazione e complicità su diversi fronti.

Dal terzo punto entriamo direttamente nella sfera programmatica vera e propria: grazie ai dati desunti durante il periodo di osservazione, ho potuto evincere i suoi interessi e soprattutto l’indice di gradimento di questi ultimi.

Il quarto ed il quinto punto sono tra loro collegati: le attività che ho proposto avevano il fine di sviluppare e/o potenziare la memoria a breve termine, le abilità fini - motorie e le capacità percettive  tramite:

Associazioni di immagini uguali o simili.

Associazioni logiche e di figure geometriche.

Individuazione di particolari mancanti, inerenti ad una determinata figura.

Completamento di labirinti e percorsi.

Denominazione di figure.

Le sedute terapiche hanno una durata di due ore. All’interno di queste si alternano momenti destinati all’apprendimento e momenti in cui il bambino gioca liberamente. Alternare attività e gioco garantisce che il soggetto possa di volta in volta riposarsi adeguatamente, in modo che i livelli di interesse e attenzione siano sempre accettabili. Grazie a verifiche bisettimanali condotte dal dott. Tribulato del Centro Studi Logos di Messina, è stato possibile valutare il grado di incidenza che le diverse attività esercitano sul soggetto. In tal modo ho avuto la possibilità di correggere o inserire altri spunti didattici. Attualmente si riscontrano miglioramenti dal punto di vista relazionale grazie ad un aumento del grado di autostima con una progressiva scomparsa degli atteggiamenti autolesionisti, maggiore competenza dal punto di vista della produzione linguistica, buona percezione del sé rispetto allo spazio circostante.

 

Ritardo mentale

Dott. Rosaria Visalli (Laurea in scienze della formazione).

" Relazione su un caso di bambino con ritardo mentale seguito mediante il programma base per lo sviluppo logico - cognitivo Voglia di crescere"

Durante il tirocinio svolto qualche anno fa presso il Centro ho avuto modo di conoscere il Programma Base per lo sviluppo logico e cognitivo “Voglia di crescere”, sia utilizzandolo personalmente con i bambini da me seguiti, sia attraverso le esperienze degli altri miei colleghi. Ho avuto modo di valutare l’efficacia di tale strumento per la molteplicità degli stimoli presentati, per la gradualità delle schede, per la chiarezza e per l’interesse che suscita nei bambini, nei genitori ed educatori che si trovano ad utilizzarlo.

Il primo caso che ho seguito con questo programma è stato quello di N. un bambino con un ritardo lieve che, dopo aver svolto tutti i livelli del programma ha evidenziato una netta crescita non solo nella sfera logico-cognitiva ma anche nella sfera personale.

Dopo la diagnosi funzionale, accertata l’età mentale del bambino, ho iniziato con il livello più adatto. Gli incontri con il bambino avvenivano in due giorni a settimana per un’ora circa. In quest’ora si lavorava sulle schede che, per la loro struttura, appaiono al bambino come dei giochi divertenti. Ogni scheda veniva esaminata con calma, presentandola come un gioco. Ai primi sintomi di stanchezza ci si arrestava e si svolgeva un’altra attività.

Solitamente le schede di volta in volta sottoposte all’esame del bambino non erano numerose per evitare che si stancasse. All’inizio non viene chiesto un commento verbale. Quando le schede sono effettuate tutte correttamente si chiede di spiegare il perchè di ogni singola associazione.

Dai controlli periodici abbiamo potuto notare come N. crescesse non solo dal punto di vista cognitivo ma anche a livello personale. Il bambino che avevo conosciuto era introverso, insicuro, triste, impaurito, dopo qualche mese già rideva, scherzava, si dimostrava spigliato, sicuro di sé. Il livello di autostima era migliorato molto. La gratificazione nell’eseguire un’attività adeguata alle sue capacità lo faceva sentire “in gamba”. Niente più insuccessi. Finalmente anche lui si sentiva dire “bravo”!

I successi scolastici del bambino hanno avuto un risvolto positivo anche nei genitori che ora si presentavano più sereni e gratificati.

Dopo il primo anno alle verifiche e accertamenti successivi si è potuto rilevare un Rapporto di Crescita Attuale (R.C.A.) superiore a quello di un bambino normale che non avesse effettuato il Programma Base “Voglia di crescere”.

Con questo bambino ho usato solo il materiale cartaceo ma ritengo che l’uso della versione multimediale potrà aumentarne l’efficacia, sia perché i bambini sono molto attratti dal computer, sia per la presenza del colore, della musica e dell’autocorrezione che dà a questa attività ancora di più l’idea di un gioco.

 

 

Disarmonia evolutiva grave e ritardo psicomotorio

Insegnante Simone Guglielmo  (Insegnante di sostegno scuole elementari).

“ Relazione sull’utilizzo del programma base “Voglia di crescere” in un caso di disarmonia evolutiva con grave ritardo psicomotorio e cognitivo associato a persistenti disturbi nella relazione.”

Dal punto di vista funzionale C. è un bambino caratterizzato da marcata iperattività, da una relazione discontinua con l’altro, incapacità di interazione con i coetanei, gli adulti e l’ambiente in generale.

Il suo pensiero non è coerente, ma è legato a rigide logiche interne. Presenta deficit dell’attenzione. Il linguaggio presenta ecolalie di frasi e di parole. Quando accede alla comunicazione presenta segnali di disagio interno scissi dalle emozioni.

Nell’anno scolastico 2000/2001 le insegnanti ritenevano il bambino non gestibile e pericoloso per se stesso e per gli altri. Nell’anno scolastico 2001/ 20002 è stato affidato al sottoscritto.

Il mio primo atto è stato quello di pervenire a conoscenza della storia personale del bambino, dei genitori per quanto possibile e delle strategie e metodologie utilizzate dalle colleghe che mi avevano preceduto, dei comportamenti tenuti nei confronti dell’alunno da tutto l’ambiente scuola.

A questo punto ho accertato il livello di competenze raggiunto dall’allievo, attraverso un’osservazione sistematica, basandomi sulle scale di sviluppo fornite dal Centro Studi Logos di Messina. Quindi mi è stato possibile rilevare per ogni area di sviluppo l’età mentale di riferimento a mezzo di prove graduate di semplice somministrazione.

Pervenuto a conoscenza di quanto sopra detto, visto che il bambino regrediva giorno dopo giorno, ho ritenuto opportuno intraprendere strategie didattiche ed educative e metodologie del tutto nuove rispetto al passato.

STRATEGIE DIDATTICHE

Utilizzo di schede programmate elaborate dal C.S.L. di Messina.

INTERVENTI

Utilizzo del programma base per lo sviluppo logico e cognitivo “Voglia di crescere” fornito dal C.S.L., partendo dal quinto livello per poi proseguire con il sesto e il settimo livello.

METODOLOGIA

Giochi che interessavano il bambino: il milionario, indovinelli, il trenino, il pallone. Lavori di gruppo: dal piccolo al grande gruppo. Recitazione, simulazione, drammatizzazione ecc. Da sottolineare un elemento importante di ogni attività: la gradualità.

In quest’anno scolastico 2001/ 20002 si sono notati vistosi cambiamenti in G. Se all’inizio dell’anno mostrava disinteresse per le attività, non rispettava le regole dell’ambiente e non riusciva a concentrare l’attenzione, adesso G. sa rispettare le regole e mostra interesse per le attività proposte.

Un traguardo importante è stato quello di riuscire ad esprimere verbalmente stati d’animo ed emozioni, che ha coinciso con la scomparsa dei comportamenti aggressivi nei confronti dei compagni e degli adulti.

Dal punto di vista relazionale, invece, G. è passato da un rapporto individuale con l’adulto a un’interazione coi compagni sia nel lavoro in classe che nel gioco libero.

Nell’anno scolastico 2002 / 2003, visto che G. rispondeva in modo attivo alle stimolazioni del sottoscritto ho ritenuto necessario dare una continuità di lavoro con quanto programmato. In codesto anno scolastico ho predisposto in modo particolare un clima sempre più positivo, permettendo a G. di costruire una relazione altamente significativa all’interno della quale il bambino ha lo spazio mentale e fisico per fare esperienze e per sperimentare le sue abilità.

Oggi, anno scolastico 2003/ 2004 G. frequenta la prima media.


Ritardo mentale - disturbi psicoaffettivi e Voglia di crescere

Dott.ssa Cettina Andreolo ( Laurea in scienze della formazione).  


“ Relazione su un caso di ritardo mentale lieve e disturbi psicoaffettivi seguito mediante il programma Voglia di crescere.”

Il bambino di cui voglio parlarvi ha 11 anni e 5 mesi. È seguito da me da un anno e tre mesi. In base alla diagnosi effettuata nella prima visita egli presentava un “Ritardo di tipo lieve e disturbi psicologici che si manifestavano con irrequietezza, facile irritabilità, gelosia nei confronti della sorellina di quattro mesi ed elementi depressivi dell’umore.”

Il padre dal carattere chiuso, facilmente irritabile e reattivo appariva molto impegnato nel suo lavoro e ciò faceva sì che il bambino risentisse della scarsa presenza della figura paterna.

La madre, donna molto ansiosa, aveva sofferto di crisi di panico. Le problematiche psicologiche presenti nei genitori, i numerosi interventi chirurgici subiti dal bambino e la conflittualità familiare in cui viveva, avevano costituito indubbiamente degli eventi traumatici per lo sviluppo della sua personalità.

Nell’ambito scolastico erano presenti difficoltà nell’esecuzione delle attività curriculari con competenze riferibili a un bambino di seconda elementare.

 Visitato presso l’istituto di Neuropsichiatria di Messina è stata fatta diagnosi di: “Disturbi dell’adattamento in soggetto con marginalità cognitiva”.

Dai test effettuati al Centro Studi Logos era emerso:

Matrici Progressive di Raven: Punti 16 – Età mentale al 50° Centile 84 mesi. Rapporto di crescita iniziale (R.C.I.) 0.68.

N.E.M.I. Nuovo test di intelligenza: punti 30 – Età mentale 86 mesi. Rapporto di Crescita Iniziale (R.C.I.) 0.70.

Goodenough: Punti 15 – Età mentale 72 mesi. Rapporto di Crescita Iniziale (R.C.I.) 0.59.

Nella prima verifica effettuata otto mesi dopo, si sono avuti questi risultati:

Matrici Progressive di Raven: punti 18. Età mentale al 50° Centile 96. Rapporto di Crescita Attuale (R.C.A.): 1.50

N.E.M.I. Nuovo test di intelligenza: Punti 37. Età mentale: 100 mesi. Rapporto di Crescita Attuale (R.C.A.): 1.75.

Goodenough: punti 23. Età mentale: mesi 96. Rapporto di Crescita Attuale: 3.

Nella seconda verifica effettuata sei mesi dopo la prima i risultati sono stati:

Matrici Progressive di Raven: punti 26. Età mentale al 50° Centile 126. Rapporto di Crescita Attuale (R.C.A.) 5.

N.E.M.I. Nuovo test di intelligenza: Punti 41. Età mentale: 108 mesi. Rapporto di Crescita Attuale (R.C.A.): 1.33.

Per raggiungere questi risultati è stato necessario seguire le linee programmate dal Centro Studi Logos. Fondamentale è stato impegnarsi per raggiungere una buona armonia familiare, il miglioramento dell’autostima, la serenità interiore, il dialogo, e l’ascolto empatico del bambino nel dialogo con i genitori e gli insegnanti. Molto importante è stato anche sviluppare le capacità logiche del bambino per avere un miglioramento generale nello sviluppo psico-fisico.

Per questo abbiamo iniziato a svolgere il programma base per lo sviluppo logico e cognitivo “Voglia di crescere”, partendo dal livello settimo e devo dire con grande entusiasmo che attualmente stiamo svolgendo il decimo livello che, come sapete è adatto a bambini di dieci anni e più di età mentale o cronologica.

Ricordo che il primo giorno, il bambino messo accanto a me dialogava con qualche difficoltà, mentre egli stesso, dopo che gli era stato creato un clima sereno, amichevole ha dimostrato  maggiore sicurezza ed interesse. Così è nato quel rapporto di fiducia e rispetto che io ritengo alla base di qualunque esperienza educativa. Il passo iniziale che ho compiuto con il bambino è stato fargli capire che “fare insieme le schede voleva dire giocare insieme.” E un gioco come tale fa scattare immancabilmente l’entusiasmo, l’interesse e la gioia di fare.

Dai primi incontri ho notato che il bambino era aveva bisogno di attenzione, affetto, fiducia. Manifestava sofferenza nei suoi vissuti interiori che pian piano ha voluto spontaneamente con me condividere. Il bambino non accettava e viveva come ingiusti alcuni metodi “punitivi” che sia i genitori che l’insegnante del doposcuola utilizzavano nei suoi confronti. Il bambino voleva essere ascoltato in modo empatico. Ho cercato di capire le sue necessità, i suoi bisogni, le sue gioie, i suoi momenti di dolore, di tristezza, anche se espressi a volte senza parole ma attraverso dei comportamenti, dei gesti.

Il bambino voleva sentirsi accettato così com’era, amato, valorizzato ed era necessario sottolineare gli aspetti positivi del suo carattere.

Negli incontri che si sono succeduti il bambino ha iniziato a sorridere e ad amare la vita, mostrando voglia di fare ed “imparare”. Non appare più depresso, anzi è molto allegro, ironico ed estroverso. Non sapeva ancora leggere bene; adesso legge in maniera comprensibile e spedita e si denotano un arricchimento linguistico e degli elementi culturali in suo possesso.

Nello svolgere il programma la difficoltà maggiore è stata l’ostilità da parte del bambino di esprimere verbalmente il ragionamento contenuto nelle schede, difficoltà che abbiamo superato in una seconda fase. Attualmente stiamo svolgendo le schede di geometria. Il bambino inizialmente non amava la matematica; adesso dopo le schede sull’aritmetica, questa è diventata la sua passione. Ha molto più scioltezza linguistica e descrive i contenuti delle schede in modo approfondito. Il bambino frequenta la prima media ed è integrato totalmente nella classe, forse anche troppo. Di recente ho parlato con i professori e questi sostengono che lui parla sempre in classe, mentre prima si chiudeva in silenzio. Anche se tale comportamento scolastico non è ammirevole, denota che il bambino è più spigliato, socievole, pronto a relazionarsi senza problemi. Non ha un amore sviscerato per la scuola però va a scuola consapevole di valere e quindi ha una stima di sé decisamente migliore. Il bambino non è più irritabile e geloso della sorellina ma, orgoglioso, la erge quasi a trofeo e da fratello maggiore veglia su di lei. Ha provato le pene del primo amore, a cui adesso non pensa più.

Il consiglio che vi posso dare per quanto riguarda la somministrazione delle schede è che quando il bambino manifesta stanchezza, è opportuno che interrompiate l’attività per non appesantirlo ulteriormente, per poi riprenderla se è il caso dopo averlo fatto riposare un po’. 

Per quanto riguarda il rapporto con lui, fategli sentire la vostra presenza accogliente, rassicurante, disponibile a sostenerlo nelle attività della vita quotidiana.

È molto importante stare vicino ai genitori supportandoli nel loro percorso educativo mediante consigli, suggerimenti e l’ascolto delle loro problematiche.

Come si evince dai test effettuati, questo bambino sta crescendo non solo molto di più di quanto non facesse prima ma anche più di quanto facciano i bambini normali e questo ci gratifica enormemente e ci conforta nel nostro impegno.

Ritardo mentale e Voglia di crescere

Dott.ssa Cettina Andreolo ( Laurea in scienze della formazione).  


“ Relazione su un caso di ritardo mentale lieve e disturbi psicoaffettivi seguito mediante il programma Voglia di crescere.”

Il bambino di cui voglio parlarvi ha 11 anni e 5 mesi. È seguito da me da un anno e tre mesi. In base alla diagnosi effettuata nella prima visita egli presentava un “Ritardo di tipo lieve e disturbi psicologici che si manifestavano con irrequietezza, facile irritabilità, gelosia nei confronti della sorellina di quattro mesi ed elementi depressivi dell’umore.”

Il padre dal carattere chiuso, facilmente irritabile e reattivo appariva molto impegnato nel suo lavoro e ciò faceva sì che il bambino risentisse della scarsa presenza della figura paterna.

La madre, donna molto ansiosa, aveva sofferto di crisi di panico. Le problematiche psicologiche presenti nei genitori, i numerosi interventi chirurgici subiti dal bambino e la conflittualità familiare in cui viveva, avevano costituito indubbiamente degli eventi traumatici per lo sviluppo della sua personalità.

Nell’ambito scolastico erano presenti difficoltà nell’esecuzione delle attività curriculari con competenze riferibili a un bambino di seconda elementare.

 Visitato presso l’istituto di Neuropsichiatria di Messina è stata fatta diagnosi di: “Disturbi dell’adattamento in soggetto con marginalità cognitiva”.

Dai test effettuati al Centro Studi Logos era emerso:

Matrici Progressive di Raven: Punti 16 – Età mentale al 50° Centile 84 mesi. Rapporto di crescita iniziale (R.C.I.) 0.68.

N.E.M.I. Nuovo test di intelligenza: punti 30 – Età mentale 86 mesi. Rapporto di Crescita Iniziale (R.C.I.) 0.70.

Goodenough: Punti 15 – Età mentale 72 mesi. Rapporto di Crescita Iniziale (R.C.I.) 0.59.

Nella prima verifica effettuata otto mesi dopo, si sono avuti questi risultati:

Matrici Progressive di Raven: punti 18. Età mentale al 50° Centile 96. Rapporto di Crescita Attuale (R.C.A.): 1.50

N.E.M.I. Nuovo test di intelligenza: Punti 37. Età mentale: 100 mesi. Rapporto di Crescita Attuale (R.C.A.): 1.75.

Goodenough: punti 23. Età mentale: mesi 96. Rapporto di Crescita Attuale: 3.

Nella seconda verifica effettuata sei mesi dopo la prima i risultati sono stati:

Matrici Progressive di Raven: punti 26. Età mentale al 50° Centile 126. Rapporto di Crescita Attuale (R.C.A.) 5.

N.E.M.I. Nuovo test di intelligenza: Punti 41. Età mentale: 108 mesi. Rapporto di Crescita Attuale (R.C.A.): 1.33.

Per raggiungere questi risultati è stato necessario seguire le linee programmate dal Centro Studi Logos. Fondamentale è stato impegnarsi per raggiungere una buona armonia familiare, il miglioramento dell’autostima, la serenità interiore, il dialogo, e l’ascolto empatico del bambino nel dialogo con i genitori e gli insegnanti. Molto importante è stato anche sviluppare le capacità logiche del bambino per avere un miglioramento generale nello sviluppo psico-fisico.

Per questo abbiamo iniziato a svolgere il programma base per lo sviluppo logico e cognitivo “Voglia di crescere”, partendo dal livello settimo e devo dire con grande entusiasmo che attualmente stiamo svolgendo il decimo livello che, come sapete è adatto a bambini di dieci anni e più di età mentale o cronologica.

Ricordo che il primo giorno, il bambino messo accanto a me dialogava con qualche difficoltà, mentre egli stesso, dopo che gli era stato creato un clima sereno, amichevole ha dimostrato  maggiore sicurezza ed interesse. Così è nato quel rapporto di fiducia e rispetto che io ritengo alla base di qualunque esperienza educativa. Il passo iniziale che ho compiuto con il bambino è stato fargli capire che “fare insieme le schede voleva dire giocare insieme.” E un gioco come tale fa scattare immancabilmente l’entusiasmo, l’interesse e la gioia di fare.

Dai primi incontri ho notato che il bambino era aveva bisogno di attenzione, affetto, fiducia. Manifestava sofferenza nei suoi vissuti interiori che pian piano ha voluto spontaneamente con me condividere. Il bambino non accettava e viveva come ingiusti alcuni metodi “punitivi” che sia i genitori che l’insegnante del doposcuola utilizzavano nei suoi confronti. Il bambino voleva essere ascoltato in modo empatico. Ho cercato di capire le sue necessità, i suoi bisogni, le sue gioie, i suoi momenti di dolore, di tristezza, anche se espressi a volte senza parole ma attraverso dei comportamenti, dei gesti.

Il bambino voleva sentirsi accettato così com’era, amato, valorizzato ed era necessario sottolineare gli aspetti positivi del suo carattere.

Negli incontri che si sono succeduti il bambino ha iniziato a sorridere e ad amare la vita, mostrando voglia di fare ed “imparare”. Non appare più depresso, anzi è molto allegro, ironico ed estroverso. Non sapeva ancora leggere bene; adesso legge in maniera comprensibile e spedita e si denotano un arricchimento linguistico e degli elementi culturali in suo possesso.

Nello svolgere il programma la difficoltà maggiore è stata l’ostilità da parte del bambino di esprimere verbalmente il ragionamento contenuto nelle schede, difficoltà che abbiamo superato in una seconda fase. Attualmente stiamo svolgendo le schede di geometria. Il bambino inizialmente non amava la matematica; adesso dopo le schede sull’aritmetica, questa è diventata la sua passione. Ha molto più scioltezza linguistica e descrive i contenuti delle schede in modo approfondito. Il bambino frequenta la prima media ed è integrato totalmente nella classe, forse anche troppo. Di recente ho parlato con i professori e questi sostengono che lui parla sempre in classe, mentre prima si chiudeva in silenzio. Anche se tale comportamento scolastico non è ammirevole, denota che il bambino è più spigliato, socievole, pronto a relazionarsi senza problemi. Non ha un amore sviscerato per la scuola però va a scuola consapevole di valere e quindi ha una stima di sé decisamente migliore. Il bambino non è più irritabile e geloso della sorellina ma, orgoglioso, la erge quasi a trofeo e da fratello maggiore veglia su di lei. Ha provato le pene del primo amore, a cui adesso non pensa più.

Il consiglio che vi posso dare per quanto riguarda la somministrazione delle schede è che quando il bambino manifesta stanchezza, è opportuno che interrompiate l’attività per non appesantirlo ulteriormente, per poi riprenderla se è il caso dopo averlo fatto riposare un po’. 

Per quanto riguarda il rapporto con lui, fategli sentire la vostra presenza accogliente, rassicurante, disponibile a sostenerlo nelle attività della vita quotidiana.

È molto importante stare vicino ai genitori supportandoli nel loro percorso educativo mediante consigli, suggerimenti e l’ascolto delle loro problematiche.

Come si evince dai test effettuati, questo bambino sta crescendo non solo molto di più di quanto non facesse prima ma anche più di quanto facciano i bambini normali e questo ci gratifica enormemente e ci conforta nel nostro impegno.

Ritardo mentale e ansia prestazionale

Dott.ssa Annalisa Pisano (Laurea in scienze della formazione).

"Relazione su un bambino con  Ritardo mentale di tipo lieve e disagio psicoaffettivo da ansia di prestazione”


C. è un bambino di nove anni che frequenta la classe IV della scuola primaria. E’ un bambino fisicamente ben sviluppato con normale altezza ma con un peso  un po’ eccessivo. C. nasce alla trentottesima settimana di gestazione con parto Cesareo, sottopeso e con problemi respiratori, viene ricoverato in Pediatria Neonatale per quasi un mese. La deambulazione comincia intorno ai nove mesi, la produzione dei primi fonemi si manifesta intorno ai dodici-diciotto mesi. A partire dai tre anni e sei mesi è stata effettuata terapia logopedica durata per circa due anni. Durante la prima infanzia C. è stato sottoposto a continue visite specialistiche e ricoveri, per accertare che il bambino non sia affetto da una malattia a carattere ereditario della quale i parenti paterni sono affetti. Le difficoltà maggiori di C. si riscontrano nell’ambiente scolastico, il bambino ha grosse difficoltà nel seguire il ritmo di apprendimento dei compagni, questo gli provoca ansia, la sua autostima è scarsa e il rifiuto di frequentare la scuola si acutizza.

Le insegnanti consigliano alla madre di richiedere l’insegnante di sostegno, così incomincia la lunga trafila di analisi e visite. Nel 2003 viene fatta diagnosi di “turbe del linguaggio”; nel 2004 “ritardo dell’apprendimento della lettura-scrittura e calcolo, delle competenze grafo-lessiche, immaturità emotivo-affettiva”. Attualmente è seguito presso l’AOU con diagnosi di “dislessia”, segue terapia di gruppo e psicopedagogica tre ore per tre giorni a settimana.

Visitato presso il Centro Studi Logos di Messina è stata fatta diagnosi di  “Ritardo mentale di tipo lieve con disagio psicoaffettivo da ansia di prestazione, a causa soprattutto delle difficoltà scolastiche.” Ai test  l’età mentale rilevata era di sei anni  e sei mesi.

 

Incontro C. per la prima volta nel luglio 2006, scelgo di andare nella sua casa per far sì che il bambino sia il più tranquillo possibile trovandosi nel contesto familiare.

C. mostra molto entusiasmo nel vedermi, giochiamo subito insieme, mi mostra la sua cameretta e comincia a parlarmi dei suoi giochi preferiti. L’esposizione è confusa, parla velocemente omettendo i primi fonemi di molte parole.

 

Comincio a seguire il bambino, in accordo con la famiglia per due giorni a settimana. Ogni incontro aveva la durata di sue ore. Dati i risultati dei test, in collaborazione con  gli operatori del Centro Studi Logos si decide di cominciare il programma Voglia di Crescere dal I vol. del V livello, scegliere un livello inferiore all’età mentale servirà per incoraggiare il bambino a collaborare serenamente alle attività partendo dalle abilità possedute e a sviluppare quelle emergenti.

Comincio l’attività sempre con qualche gioco: paperopoli, tris, braccio-di-ferro, carta-forbici-sasso ecc C. collabora serenamente alle attività, gli piace tanto raccontarmi tutto quello che fa durante la giornata, mi chiede di leggergli delle favole e spesso ne inventa un nuovo finale.

Regolarmente con scadenza quindicinale ci rechiamo al centro per monitorare l’acquisizione del programma, qui il bambino si impegna con serietà nel rispondere alle domande del dottore, per dimostrare tutto ciò che di nuovo ha imparato.

Proseguo il programma con il II e III vol. del quinto livello, C. riesce molto bene nelle sequenze logiche, nell’individuazione delle figure nascoste e nelle associazioni verbali, le difficoltà persistono nella lettura anche di brevi frasi.

Riesco a svolgere il programma contemporaneamente con due livelli differenti poiché le competenze del bambino sono migliori nelle attività logico-matematiche di conseguenza ho adoperato il livello 7° vol. III per la numerazione.

Dopo quattro mesi dall’inizio delle attività su richiesta della madre le ore vengono dimezzate, di conseguenza il programma viene svolto per un’ora due volte a settimana, purtroppo con minor tempo a disposizione molte attività di gioco sono state sospese. Svolgere questo tipo di lavoro a domicilio comporta inevitabilmente sia aspetti positivi che negativi: è positivo perché si ha la possibilità di conoscere l’ambiente familiare, si può interagire con esso, comprendere le dinamiche ambientali e avere a disposizione un quadro completo delle abitudini familiari, inoltre i bambini si sentono protetti se possono lavorare all’interno del proprio ambiente naturale a cui sono legati affettivamente comportandosi di conseguenza in maniera più naturale. L’altro lato della medaglia è un’inevitabile interferenza da parte dei genitori nel lavoro dell’educatore con continui controlli “ a sorpresa”, disapprovazione per le pause di gioco (considerate perdita di tempo) ecc

In concomitanza con l’inizio delle attività scolastiche osservo dei cambiamenti nel comportamento del bambino: si rifiuta di leggere le schede, ha crisi di rabbia, di pianto, comportamenti aggressivi, insonnia, enuresi notturna ed encopresi.

A scuola segue un programma individualizzato, anche se non gli è stato riconosciuto il sostegno. Durante i colloqui avuti con le insegnanti mi viene riferito che il bambino è molto docile, collabora attivamente e con impegno, cerca di essere veloce nel portare a termine le consegne ma spesso non si concentra e commette molti errori, si registrano prestazioni inferiori nell’esposizione sia scritta che orale.

Il rifiuto per la scuola si ripercuote su tutto il comportamento del bambino che vive questo disagio in maniera intensa e generalizzata, a scuola socializza poco coi compagni, rimane tutto il tempo seduto e in silenzio anche durante la ricreazione. L’ansia e la tensione accumulate durante le ore scolastiche C. le scarica in famiglia e nel poco tempo libero.

Questo periodo critico di tensione, rabbia e aggressività da parte del bambino si protrae per circa quattro mesi durante i quali il bambino rifiuta del tutto la mia presenza.

Il mio intervento è stato rivolto alla modifica del comportamento problema, ho fatto leva sulla relazione interpersonale, dedicando del tempo alla conversazione, cercando di far venir fuori gli eventi spiacevoli del giorno e analizzando insieme le sue reazioni alle richieste del mondo circostante (scuola, famiglia, terapisti, educatore…); ho progettato dei momenti di gioco (nascondino) da fare al mio arrivo, in tal modo aspettarmi è diventato un momento ludico, affrontato con allegria, serenità e leggerezza. Per incoraggiare lo svolgimento delle attività sono stati utilizzati rinforzi positivi, premi alimentari (dolcetti, chewing gum), che vengono dati come ricompensa per l’attività svolta, mentre, per rinforzare l’impegno continuativo nel tempo, dopo ogni incontro, il comportamento viene premiato con una stellina di cartoncino che viene messa da parte fino a raggiungere un numero di venti, a questo punto potrà chiedere ai genitori un regalino scelto da lui. C. si diverte a contare le stelline raccolte, questo metodo è ottimo perché rende il bambino capace di monitorare da sé l’andamento delle attività.  

La maturità acquisita dal bambino è osservabile nell’aver appreso strategie di autocorrezione e nel rispondere positivamente anche ai rinforzi sociali.

Attualmente vengono utilizzati il livello 7° vol. I come prosecuzione consecutiva del programma e il livello 6° vol. IV per la produzione sia scritta che orale di frasi semplici.

Nell’ultimo aggiornamento, dopo nove mesi dalla prima osservazione, i risultati ottenuti nei test sono notevolmente migliorati: alle Matrici Progressive il Rapporto di Crescita Attuale (R.C.A.) è ora di 4,19, con una Differenza del Rapporto di Crescita (D.R.C.) rispetto alla prima osservazione di 3,49 ;  nel NEMI il R.C.A è salito a  2,09, con una D.R.C. di 1,44 ; nel TPV il R.C.A. è stato di 1,97 , con una D.R.C. di. 1,29 ; nel Goodenough  si è avuto un R.C.A. di  5,68 , con una D.R.C, di 5,05.

Dinamiche educatore - famiglia

Dott.ssa Linda Fonti ( Laurea in scienze dell’educazione)

Analizzando il complicato mondo dei rapporti fra gli attori della “scena educativa” (Educatore, bambino, genitori), ciò che risulta complicato, è riuscire a gestire la relazione d’aiuto con le persone che ruotano attorno al mondo dei bambini che prendiamo in carico noi Educatori.

Per quanto mi riguarda, ogni volta che prendo in carico un bambino e la sua famiglia, è come trovarmi davanti uno scenario variegato, dipinto con tante tonalità, diversi modi di vivere e gestire la vita che non sempre sono immediatamente comprensibili. Lo scenario però, cambia a seconda di chi lo guarda, di chi agisce e della situazione particolare che in quel momento, io stessa, attraverso. Come dicevo, gli attori principali della situazione educativa sono tre: l'educatore, il bambino, la coppia genitoriale.

Questi attori interagiscono tra di loro, ciascuno portandosi dietro il proprio mondo emotivo, affettivo, la propria esperienza, i propri valori, le proprie conoscenze, i propri “spettri”, le proprie idee, caratteristiche, modalità di reazione di fronte alle situazioni, ciascuno portandosi dietro, insomma quello che si è.

L'interazione che avviene determina delle modificazioni in ciascuno di questi attori. Non si deve trascurare il fatto che ciascuno ha un'influenza sull’altro, inconsapevolmente e consapevolmente, modificando lo scenario. Queste modificazioni sono dei  processi di identificazione reciproca, ossia ciò che io prendo dall'altro e quello che all'altro do, e se non gestiti adeguatamente diventano “pericolosi”,  inficiando il rapporto educativo.

Ad esempio, ciò che io educatore propongo come consigli, usando però un tono di voce impertinente rischio, di farli sembrare delle imposizioni e di  farli rifiutare a priori.

Per cui, bisogna sempre soffermarsi a riflettere sul proprio operato, a scandagliare il proprio animo, cercando di mettere in luce le cose positive che provengono dagli attori a contatto tra di loro; scartando le influenze negative, correggendole pian piano, senza porgerle come imposizioni.

Da quando ho intrapreso questo lavoro, ossia da 3 anni, mi sono resa conto che alcuni genitori di bambini con problematiche di varia natura, talvolta si rifiutano di affrontare certe difficoltà dei propri figli, allontanandole da sé e negando l’evidenza, finché vengono risvegliati dal loro torpore da qualche insegnante che evidenzia anomalie comportamentali o di apprendimento nell’ambito scolastico. Infatti, è durante l’iter scolastico che “i nodi vengono al pettine” e comincia l’affannosa ricerca di soluzioni, “pseudo-soluzioni” e persino, lo “scaricabarile” di responsabilità tra i coniugi e tra i coniugi e le istituzioni.

Sono pochi, secondo la mia modesta esperienza, i genitori consapevoli dei limiti del proprio figlioli disposti a tentare la programmazione educativa, giusto percorso anche se lento e tortuoso, che noi Educatori proponiamo.

Il fatto è che i genitori che hanno un bambino disabile, si trovano ad elaborare un lutto, ossia la morte del loro bambino ideale, che si erano costruiti nella propria fantasia.

È dunque difficile riconoscere il bambino con handicap come figlio proprio e che ci assomiglia. È difficile riuscire a tirare fuori attraverso quello che si ha davanti, il bambino ideale che si ha dentro e accettare la diversità.

Questo è facilmente comprensibile se si pensa quanto sia a volte difficile o impossibile per ciascuno di noi vedere dentro di sé, ammettere in sé delle caratteristiche poco piacevoli o che non ci piacciono.

Allora, come fa un genitore di un ragazzino disabile a identificarsi con le caratteristiche che non si erano immaginate?

Talvolta non ci riesce! Pertanto, uno dei due coniugi può vivere la situazione come una disgrazia, con un senso di colpa incessante, pensando che abbia fatto qualcosa di male per “meritarsi un figlio handicappato”.

Fortunatamente ci sono anche quei genitori che possedendo una buona intesa di coppia ed equilibrio personale riescono ad accettare il proprio figlio così come Dio lo ha mandato e capire per tempo cosa sia meglio fare agendo di comune accordo.

Però, quando i genitori non condividono lo stesso parere e anzi, litigano sul da farsi e si ritrovano su binari opposti, ne conseguono solo danni per il bambino, che disorientato si crea sensi di colpa per aver scatenato disaccordo e discussioni tra mamma e papà, aggravando i suoi problemi.

Ovvio che quando le premesse sono queste il cammino per aiutare il bambino si fa molto più tortuoso per l’educatore che deve fronteggiare e tentare di appianare le divergenze tra i coniugi in merito alla strada da intraprendere per il figlio e optare soluzioni che uniscano la famiglia e non la dividano.

Di solito, quando i genitori approdano al Centro Studi Logos, hanno già avuto molteplici esperienze con altre istituzioni e tentano altre strade perché gli manca un sostegno assiduo. Qui entriamo in scena noi Educatori, disponibili ad aiutare il loro figlio anche a domicilio ed entrando così intimamente, più di quanto faccia la struttura pubblica, nelle loro dinamiche familiari.

Tenendo un contatto diretto e continuo con i membri della famiglia dell’utente, forniamo orientamenti e consigli educativi, per attuare il Programma Educativo o rieducativo del figlio.

Il bambino, perno della relazione, è il soggetto-oggetto principale intorno al quale ruota tutto lo scenario. Evolve con le sue modalità di ragazzino in difficoltà, con problemi, passa attraverso le tappe evolutive con i tempi e i modi che gli sono propri; attraversa una serie di tappe ed evoluzioni che da una situazione di dipendenza pressoché totale, di indifferenziazione, indeterminatezza e completa dipendenza, giunge fino all’individuazione, cioè a sapere chi è, anche se per sommi capi. Evolve  comunque verso l'autonomia. E' quindi un ragazzino che attraversa una serie di processi lenti, faticosi, per alcuni versi più difficili, per altri meno, comunque sta crescendo e va rispettato così com’è senza pretendere di volerlo per forza uguale a noi.

Proprio in riferimento al bambino “problematico”, dobbiamo ricordare, sia nel nostro lavoro col bambino, sia nel lavoro nei confronti dei genitori, che il processo di crescita, per tutti i bambini, non avviene per linea retta, ma è un processo che ha un andamento altalenante.

È indispensabile tenere presente questo, per non cadere in depressione o nella frustrazione, per non rimandare la frustrazione ai genitori, non essere quindi in grado di sostenerli adeguatamente di fronte a comportamenti che potrebbero essere visti e considerati come fallimenti dei piani di lavoro, come regressioni. La regressione è qualche cosa che fa parte della crescita e che quindi non ci deve spaventare.

     Anche il programma “Voglia di crescere” non è da utilizzare o proporre come una sorta di bacchetta magica, che fa miracoli. È un processo lento, costante, che ha bisogno del contributo di tanti ingredienti, primo fra tutti il rispetto dei tempi del bambino, va applicato con metodo e senza mai approfittare dell’entusiasmo dimostrato dal bimbo, interrompendo prima che lui si stanchi e mostri disinteresse, lasciando sempre un margine di curiosità e voglia.

A tal proposito, esaminando il ruolo dell'educatore, è chiaro che è un ruolo diverso rispetto a quello dei genitori, e questo può essere un vantaggio, in quanto c'è un maggiore distacco.

C'è la possibilità di stabilire una relazione col bambino avendo come punto di partenza l’eliminazione di tutti quegli errori educativi fatti dai genitori e sappiamo che verremo ascoltati proprio perché “non siamo i genitori”. Se esaminiamo quindi l'educatore sotto l'ottica della formalità, del ruolo, ci sono delle differenze; ma ci sono anche tante analogie che derivano dal fatto che al di là del ruolo, siamo delle persone, con la propria storia, esperienza, pregi e difetti.

In quanto persone vale quello che si diceva prima per i genitori: anche noi siamo stati bambini, adolescenti e ci portiamo dietro la nostra storia, le emozioni che vengono messe in ballo, volenti o nolenti. Anche per noi ci sono le fantasie sul bambino che prendiamo in carico, su come sarà e su quello che riusciremo a fare, su come ci accoglierà e come diventerà dopo il nostro intervento. Le identificazioni che potremo metteremo in atto, nei confronti del bambino, sono simili a quelle che mettono in atto i genitori, ma sono in ogni caso da evitare.

Alcune di queste convergenze e analogie sono comunque quelle che ci permettono di cucire e allacciare il rapporto col bambino.

Teniamo anche presente che nel rapporto tra l’Educatore e i genitori possono emergere in itinere tutta una serie di divergenze di metodo.

•    La  competizione: - Io sono il genitore e non posso essere meno bravo di te-. Sta nella capacità riparativa che ciascuno di noi mette a fuoco, il trovare una motivazione al proprio lavoro, nonostante ci mettano i bastoni fra le ruote.

•    L'ambiguità dettata da tutta una serie di questioni contrassegnate da rabbia o dolore, amore ed odio che, talvolta inducono uno dei genitori a versartelo addosso quasi inconsapevolmente. È qui che veniamo messi a dura prova,  non accettando le provocazioni, ma comprendendo che si tratta di una fase, in cui il genitore sperimenta l’autenticità del rapporto con l’Educatore.

•    La sfiducia: "Io genitore non mi fido di te, credo di essere l’unica persona in grado di occuparsi di mio figlio, penso che non ci sia qualcuno capace di fare meglio”.

•    Il bisogno di controllo, come quel genitore che tende a spiare il nostro operato.

•    L'aggressività verbale nel momento in cui vorrebbero interrompere il rapporto, ma non sanno come farlo ed allora adottano comportamenti anomali sperando che siamo noi a stancarci.

È chiaro che per questione deontologica non dovremo essere noi a mollare il caso

•    I sensi di colpa: sono sentimenti onnipresenti nel processo educativo, con i quali abbiamo a che fare quasi quotidianamente, che troviamo abbastanza presto nel ragazzino stesso che si dispiace perchè pensa di aver fatto star male la mamma, il papà ecc. D'altra parte è anche sul senso di colpa che cresciamo, impariamo quello che dobbiamo e non dobbiamo fare, quello che si può o non si può fare; è sul senso di colpa che facciamo leva quando diciamo di si o di no ai bambini.

Tutti questi sentimenti arricchiscono i nostri rapporti con i genitori, oltre che con i bambini; complicano e rendono faticosa la relazione, fanno si che spesso questo rapporto ci sfugga dalle mani e ci metta in situazioni in cui non sappiamo più che pesci pigliare, proprio per tutte le connotazioni emotive che ci pervadono e delle quali spesso non ci rendiamo conto.

E' quindi durante l’osservazione interpretativa di un paio di giorni,  che possiamo cercare di prevenire o capire sviluppi futuri. L'osservazione fatta nella vita quotidiana in ambito familiare, non implica nessun intervento attivo da parte nostra; che stiamo ad ascoltare e ad osservare ciò che accade, prima d’intervenire. E credo, inoltre, quanto sia importante nel nostro mestiere, l'umore con il quale andiamo a lavorare, come sia importante essere soddisfatti o no, la modalità con la quale gestiamo la frustrazione e capire perchè uno è arrabbiato in quel momento.

Nel nostro mestiere gioca molto l'emotività, considerando che spesso e volentieri il fare è estremamente limitato, ripetitivo, fatto di piccolissimi passi avanti e riempito di sentimenti che ci passano per la testa, mentre magari siamo lì che, per l'ennesima volta, cerchiamo di fare scrivere bene quel bambino a cui non importa nulla di  scrivere bene, ma che vorrebbe solo l’attenzione di mamma e papà e di essere accettato per quello che è.

In una situazione nella quale con il genitore si può mediare poco con il racconto di ciò che è stato fatto, perchè spesso e volentieri "il fatto" è sempre lo stesso, è facile rendersi conto di come possiamo raccontarlo al genitore evidenziandone, oggi, domani, dopodomani, le differenze importanti, determinate dalla situazione emotiva nostra e dalla situazione emotiva del bambino.

Quello che non dobbiamo dimenticare è che abbiamo a che fare con un genitore di un bambino handicappato, che ha lui stesso un handicap nel non accettare certe situazioni.

Ciò significa che spesso la coloritura dei sentimenti e dei messaggi che passano è una coloritura intensa, forte, densa di emotività. Allora devo pesare le parole, facendo attenzione a non dire né troppo, né troppo poco, per non essere percepiti come freddi e distaccati.

Comprendere dunque, mettendosi nei panni dell'altro, rendendosi disponibile a provare quello che  prova l'altro in una determinata situazione, senza sostituire l'altro, senza fondersi con l'altro, ma mantenendo l’identità che ci permette di ritornare ad essere noi stessi, perchè se ci “mischiamo” entriamo in confusione e perdiamo la professionalità.

In conclusione mettersi in gioco come persone, capire quello che sta succedendo nella relazione educativa con il bambino e i genitori implica una grossa capacità di usarsi che non deriva dalla disponibilità e basta, ma dalle  esperienze, soprattutto negative che abbiamo sperimentato, mettendo a dura prova il nostro autocontrollo e la nostra fermezza, senza perdere di vista il fatto che bisogna far capire ai genitori di avere pazienza e rendergli amabile quel figlio di cui non sanno apprezzare i progressi.           

I fallimenti ci sono. Bisogna tenerli in conto anche se poi è difficile rimettersi in posizione attiva.

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