ADULTI

Latest Tips & Tricks About Baby Care

Credibly benchmark worldwide applications before a plug play processes dramatically.

Famiglie sane e famiglie malate

 

In base alle sue caratteristiche di funzionalità la famiglia può essere il punto focale di frustrazioni o di tensioni, oppure può essere la fonte di risorse per risolvere frustrazioni e allentare le tensioni. Può essere causa di malattia e di disagio psicologico o al contrario, può e deve essere il miglior supporto e medicamento a favore di ogni essere umano quando interviene una malattia o un problema sia fisico che psicologico.

LE FAMIGLIE SANE

Le famiglie sane, equilibrate, efficienti e ben funzionali si riconoscono dai risultati che esse raggiungono per i propri membri. In questo tipo di famiglie vengono individuati dagli studiosi alcuni elementi caratteristici:

•    i genitori e gli altri familiari adulti che vivono nell’ambito familiare presentano buone capacità di dialogo, di ascolto e piena disponibilità a dare risposte adeguate ai bisogni relazionali ed affettivi dei minori;

•    i genitori e gli altri familiari adulti hanno maturità e saggezza tale da provare gioia nel dare e sono quindi più disponibili a offrire agli altri che a ricevere, e hanno sviluppato impegno e grande solidarietà nei confronti della rete familiare;

•    i genitori possiedono caratteristiche sessuali diverse, specifiche e complementari e sono stati particolarmente preparati alla cura e all’allevamento dei figli;

•    il ruolo di ogni membro appare chiaro, ben strutturato e definito, accettato e sostenuto dagli altri con continuità e coerenza;

•    ogni ruolo è in sintonia ed in armonia con i bisogni e le attese degli altri;

•    per ridurre al minimo le tendenze disgregatrici sono presenti ruoli diversi ma un responsabile unico.

•    ogni membro della comunità familiare si sente partecipe, coinvolto e solidale con gli altri;

•    l’orientamento della famiglia è molto attento ai valori non materiali;

•    l’amore tra i vari membri è solido, vero e costante, e si manifesta con frequenti momenti di tenerezza e attenzione reciproca;

•    la disciplina è pienamente presente ma riesce a non essere soffocante;

•    viene sistematicamente stimolata e valorizzata la libera comunicazione, mentre nel contempo vengono fatte valere regole e norme chiare e definite con rispetto per l’età, per il sesso e per i ruoli di ognuno;

•    ogni membro della famiglia si preoccupa costantemente delle esigenze psicoemotive e sociali degli altri componenti e si adopera per evitare o prevenire conflitti e frustrazioni;

•    mentre il responsabile della famiglia si mantiene in equilibrata aderenza con le mutevoli e cangianti realtà della vita, nel contempo non dimentica ma valorizza costantemente i tradizionali e sperimentati valori che provengono dalle esperienze del passato.

LE FAMIGLIE MALATE

Le famiglie prevalentemente malate o disfunzionali sono quelle famiglie incapaci di svolgere una o più delle essenziali funzioni familiari. In questo tipo di famiglia prevalgono: ruoli confusi; scarso coinvolgimento ai bisogni degli altri; frequenti esplosioni di aggressività o al contrario fughe dalle responsabilità e dagli impegni intrafamiliari; difficoltà ad instaurare una comunicazione efficace; indifferenza o scarsa attenzione ai bisogni comuni.

Nei bambini i segni della disintegrazione familiare o della scarsa funzionalità della famiglia coprono un ampio e variegato ventaglio di sintomi e patologie psichiatriche e sociali. Frequenti sono le paure, i disturbi del sonno e delle condotte alimentari; le lamentele per i disturbi fisici (cefalea, dolori addominali, vomito); le esplosioni emotive improvvise come il pianto, le crisi di rabbia, il mutismo, l’aggressività verso gli adulti, i coetanei, gli oggetti, e gli animali, fino all’autolesionismo; le difficoltà scolastiche, gli atteggiamenti oppositivi o provocatori e le fughe; i comportamenti immaturi o le regressioni a delle fasi evolutive precedenti.

Anche nei giovani il disagio  familiare si può manifestare con uno o più sintomi come: la chiusura in se stessi o nel branco; il profitto scolastico scadente; le condotte asociali o antisociali; i fenomeni autodistruttivi e di sballo mediante l’abuso di alcool o l’uso di droghe; una vita sessuale ed affettiva senza una reale progettualità e senza alcuna responsabilità sia verso gli altri che verso se stessi; i disturbi del comportamento, delle condotte alimentari o dell’identità e del ruolo di genere.

Sono inoltre presenti comportamenti abnormi come fughe, randagismo, sciatteria e aggressività, senza alcuna evidente motivazione; scarsa progettualità anche solo di tipo lavorativo; scarso impegno verso la famiglia ed i familiari; diminuzione delle ore di sonno o perdita del sonno ristoratore; minore capacità d’attenzione e concentrazione; perdita d’interesse per gli altri esseri viventi; tentativi di suicidio; euforia alternata alla depressione; sensi di colpa o sentimenti d’indifferenza verso gli altri e verso i propri comportamenti; noia, apatia, astenia.

I doveri dello Stato .

Per quanto riguarda la comunità civile e lo Stato , questi dovrebbero fare in modo che all’interno di ogni famiglia vi fosse la presenza costante di un’autorità capace di aiutare, mediare ed indirizzare. Autorità alla quale tutti i membri possano far riferimento, che abbia indiscusse doti di maturità, responsabilità, ascolto e dedizione. Ci sembra opportuno a questo punto precisare che l’autorità deriva il suo prestigio non dal ruolo assunto ma dalla capacità di rendere un servizio valido, efficiente, e dalla capacità di donare con generosità e sacrificio. In questo senso l’autorità di un padre con il ruolo di capo famiglia, non è assolutamente superiore - sostanzialmente - a quella di una madre che sappia esprimere pienamente il suo ruolo materno.

Lo Stato  dovrebbe inoltre provvedere ad emanare leggi che aiutino a strutturare efficacemente un’intesa ed una armonia tra i generi sessuali così che tra di loro vi sia unione e non disunione, vi sia fiducia e non sfiducia e sospetto, vi sia amore e non odio. Leggi che tutelino i singoli ruoli, l’integrità, la stabilità, la solidità del matrimonio, l’armonia dei coniugi e degli altri familiari, le scelte e gli indirizzi educativi dei genitori. Leggi che obblighino ad una residenza comune, e che facilitino il rapporto con la rete familiare. Leggi che impediscano ai mass media di penetrare nel tessuto familiare indebolendolo, disgregandolo, confondendolo.

In caso contrario il rischio è che la famiglia sempre più si trasformi da luogo di trasmissione della vita a luogo di negazione della vita, da luogo di accoglienza, amore e conforto a luogo di competizione, scontro e aggressione. Da luogo di trasmissione dei valori a luogo della diseducazione a causa dei tanti esempi negativi di disobbedienza, illegalità, immoralità e infedeltà. Da luogo di educazione alla fede a luogo dell’indifferenza, dell’agnosticismo, se non dell’ostilità verso la fede. 

 

 

Tratto dal libro: "MONDO AFFETTIVO E MONDO ECONOMICO" DI Emidio Tribulato

Per scaricare gratuitamente questo libro clicca qui.

 

Per avere in forma cartacea il libro "Mondo affettivo e mondo economico- Conflitto o collaborazione?" Clicca qui.

La famiglie e le leggi inadeguate

 

In ogni società civile, fondata cioè sul diritto ( “ubi societas ibi jus) “laddove c’è una società, c’è un ordinamento giuridico”, sono necessari leggi, regolamenti e varie altre norme fra cui quelle riunite e codificate in Testi Unici, Codici, che regolino, in particolare i rapporti fra i consociati: persone, gruppi, istituzioni, Stato, costituendone l’ordinamento giuridico. Queste norme, per loro natura, dovrebbero tendere a migliorare e a rendere più solidi e stabili i rapporti tra le varie componenti della società. Purtroppo non sempre ciò accade. Sempre più spesso, a causa di pressioni provenienti da vari gruppi di potere o da interessi specifici, vengono emanate, ad esempio, leggi che non solo non migliorano i rapporti fra le persone o fra i gruppi sociali, ma spesso accentuano i contrasti, li esaltano e li inseriscono in una spirale perversa di instabilità e distruttività.

Anche per quanto riguarda la famiglia, le norme dovrebbero avere lo scopo di rendere più funzionale questo istituto naturale che è alla base della società, come dovrebbero riuscire a rendere propositivo e ricco il rapporto fra i suoi componenti, fra questi e le istituzioni, fra cui lo Stato.

Quando ciò non avviene, e tutte le statistiche stanno là a dimostrarlo, siamo in presenza di disposizioni non funzionali e non adeguate al loro compito.

Una norma dovrebbe essere giudicata dagli effetti a breve, media e lunga scadenza che determina e non dall’ideologia che la informa o per la quale è nata.

La famiglia è un’istituzione primaria, in quanto nasce naturalmente e storicamente prima di ogni altra istituzione: è dall’essenza e dall’esistenza della famiglia, proto cellula di ogni società, che nascono da una parte lo Stato, come ordinamento, con leggi che lo governano e con cui esso, a sua volta, le impone all’osservanza di tutti i consociati, e dall’altra, la o le Chiese che affiancano lo Stato, e non viceversa. Conseguentemente, le leggi che riguardano la famiglia, questo pilastro fondamentale dello Stato, dovrebbero essere poche e chiare ma, soprattutto, dovrebbero essere attente a proteggerne l’autonomia, l’integrità, la stabilità e il buon funzionamento,

Sicuramente non dovrebbero essere varate delle leggi che inseriscono meccanismi perversi nei rapporti tra i sessi, tra i coniugi, tra questi ed i loro figli, tra la famiglia e le altre istituzioni.

Negli ultimi decenni invece si è voluto imbrigliare le famiglie in un gran numero di leggi e di sentenze che pretendono di dirigere, limitare, organizzare e gestire ciò che invece dovrebbe essere di esclusiva competenza delle famiglie stesse.

Intanto non dovrebbe essere di competenza legislativa stabilire i ruoli o la mancanza di ruoli che i due coniugi devono avere tra loro.

Come fa, ad esempio, a funzionare un’istituzione così complessa e difficile da gestire come una famiglia, nella quale ogni giorno si intrecciano necessità, bisogni e scottanti problemi affettivi, economici, relazionali e sociali se per legge, al contrario di tutte le altre istituzioni, al suo interno non vi devono essere responsabilità diversificate né un unico coordinamento?

Quando vi sono dei ruoli e delle competenze diverse, come quando il marito è responsabile del mondo dell’economia, del lavoro e dei servizi, mentre la moglie è responsabile del mondo affettivo relazionale, la sovrapposizione di competenze è ridotta al minimo. Essendo poi già definito chi è il responsabile ultimo della famiglia, anche quando vi sono delle idee differenti su determinati, argomenti il sapere e l’affidarsi per queste decisioni all’unica figura che ne ha la titolarità, allenta molto la tensione e sopisce l’aggressività reciproca.

Cosa facciamo, infatti, tutti noi, ogni giorno ed in migliaia di uffici o istituzioni, quando nel lavoro abbiamo idee diverse rispetto al nostro capo,(e tutti abbiamo un capo!)? Esponiamo, anche con foga le nostre idee e le nostre riflessioni cercando di convincerlo, con gli argomenti migliori della nostra tesi ma poi, se abbiamo il dovuto rispetto per i vari ruoli, lasciamo la scelta definitiva alla sua responsabilità e torniamo serenamente o al massimo con qualche mugugno, al nostro solito lavoro. Soprattutto, e questo è importante, non ci sentiamo minimamente offesi perché lui non ha accettato le nostre idee, né nutriamo propositi di vendetta nei suoi riguardi.

Non era difficile prevedere quanto sarebbe successo nel momento in cui, con la riforma del diritto di famiglia, sulla spinta di un equalitarismo e liberalismo sessantottino, e per accontentare insieme sia le spinte femministe, sia quelle del mondo economico, si volle di fatto eliminare il ruolo di capo famiglia. Mettere, infatti, per legge, al vertice di questa fondamentale istituzione due persone: il padre e la madre, il marito e la moglie, con “potestà genitoriale” dando cioè ad entrambi pari funzioni, pari peso nelle decisioni familiari, pari responsabilità, ha significato praticamente non mettere nessuno a capo della famiglia.

D’altra parte, perché non provare a mettere, per legge, a capo di ognuna delle istituzioni pubbliche o private che siano, un uomo ed una donna con pari responsabilità e pari funzioni, in modo tale che vi siano due Capi dello Stato , due Presidenti del Consiglio, ma anche due presidenti della Banca d’Italia e così via fino a due Direttori dirigenti in ogni scuola, o due Parroci in ogni parrocchia? Il motivo per il quale non viene attuata questa riforma “democratica” è molto semplice: le istituzioni, dalla più grande alla più piccola, non potrebbero in alcun modo funzionare.

Il vertice, per sua definizione è definito da un punto e non da due, e così il concetto di capo e responsabile rimanda ad una sola persona e non a due. Per Mills 1953 e Strodtbeck 1954 citati da Lidz, infatti, “I piccoli gruppi, anche formati da tre persone, tendono a dividersi in diadi che escludono altri da rapporti e accordi significativi, e indeboliscono e disgregano l’unità del gruppo. Per ridurre al minimo queste tendenze disgregatrici è necessaria l’esistenza di strutture, di norme, e di una leadership.”

Nelle famiglie che non hanno una leadership avviene quanto descritto. Il conflitto provoca delle alleanze: un genitore si allea con tutti i figli contro l’altro genitore; un genitore con i figli dello stesso sesso, contro il genitore ed i figli dell’altro sesso; o al contrario nascono alleanze con il genere opposto, il padre con le figlie femmine, contro la madre alleata con i figli maschi. Ma le alleanze possono coinvolgere amici e parenti dell’uno e dell’altro in un gioco al massacro.

Tra l’altro la responsabilità condivisa viene erroneamente esaltata come “sistema democratico” all’interno della famiglia, mentre la situazione precedente era bollata come “sistema autoritario o tirannico.” E’ noto che il concetto di democrazia (governo del popolo) non stabilisce affatto che tutte le norme debbano essere accettate e rese esecutive dopo che tutti i cittadini si siano pienamente convinti della loro bontà. Anche nelle più antiche democrazie assembleari dei piccoli villaggi valeva il concetto di maggioranza delle decisioni e non di unanimità dei consensi. D’altra parte, quale maggioranza vi può essere quando le persone a cui si rimandano le decisioni sono solo due che, tra l’altro, hanno per loro natura modi notevolmente diversi di vedere e vivere problemi, realtà ed esperienze?

Famiglia democratica non significa mettere ai voti le decisioni o instaurare un sistema permissivo di libertà caotica, ma significa assumersi delle responsabilità nei confronti dei bisogni di ogni persona presente al suo interno, ma anche responsabilità nei confronti della funzionalità dell’istituzione stessa. E questo naturalmente esige limiti e sacrifici individuali nella prospettiva del bene comune.

Una legge che imponga, coma sopra si è detto, una titolarità paritaria di potestà, sembra fatta apposta per alimentare nelle coppie una conflittualità permanente che nel tempo diventa sempre più grave, con evidenti ripercussioni nei confronti delle singole persone, della famiglia e quindi della società.

Per affrontare i problemi che quotidianamente si presentano e per risolverli, viene quasi sempre esaltata l’importanza del dialogo. Attraverso il dialogo la coppia dovrebbe riuscire a prendere tutte le decisioni che sono utili alla vita familiare. Senza negare l’importanza del dialogo e del sereno confronto, se non vi sono diversi settori di competenza e se non vi è un capo che alla fine prenda su di sé la responsabilità delle decisioni più importanti ed incisive, giacché tra due persone non è possibile un sistema a maggioranza, si è costretti a utilizzare almeno una delle seguenti metodologie decisionali.

La decisione viene attuata alternativamente dai due coniugi.

“Una decisione la prendo io, una la prendi tu.” Questo modo di operare non diminuisce il conflitto e la confusione nella vita di famiglia. Non tutte le decisioni, infatti, sono di uguale importanza o hanno le stesse conseguenze per l’economia della famiglia o della coppia. “Che senso ha che tu faccia decidere oggi a me se, per uscire di casa, è bene che nostro figlio metta il cappottino o la giacchetta, dal momento che tu la volta precedente hai deciso, cosa molto più importante per la vita affettiva del bambino, che era meglio iscriverlo all’asilo nido, decisione che io disapprovavo e continuo a disapprovare?” “Che senso ha che io debba decidere se comprare un aspirapolvere oppure no mentre tu hai deciso se comprare o non una nuova auto?” Questa metodologia decisionale rischia di portare la dissociazione di tipo schizofrenico nell’ambito della gestione familiare. Se c’è da decidere se il figlio debba o non andare alla gita scolastica ed è il turno della madre, questa deciderà per il sì, quando poi anche la figlia chiederà di andare alla gita scolastica ed è il turno del padre di decidere, questi, contrario per principio alle gite scolastiche deciderà, ad esempio, per il no, creando tra i figli disparità e sconcerto. Se poi, piuttosto che a discutere in famiglia vi immaginate in un’auto e le decisioni su quale strada prendere nei vari incroci viene presa alternativamente dall’uno o dall’altro coniuge, non è difficile pensare in quale direzione e quale tragitto percorrerà o, meglio, dove andrà a finire questa povera auto con tutti i suoi sfortunati occupanti.

Un’altra possibilità operativa è quella di trovare per ogni decisione una via di mezzo tra la visione dell’uno e quella dell’altro.

Per quanto riguarda questa modalità, quale sicurezza vi è che la decisione intermedia sia la migliore che poteva prendere la coppia? Immaginate, e non è difficile farlo, due genitori che non trovano un accordo sull’orario di rientro serale dei figli: il padre, moderno, comprensivo e aperto, preferirebbe che fosse il figlio, ormai diciottenne, a decidere quando ritornare e casa. Quindi preferisce accettare che di solito egli si ritiri verso le cinque- sei del mattino, quando hanno chiuso le ultime discoteche e sono stati appena sfornati i cornetti caldi alla crema, necessari per fare colazione prima di rientrare a casa.

La madre, molto più attenta ai rischi materiali e morali ai quali un figlio può essere esposto durante le ore notturne, è invece dell’idea che questi debba tornare presto in famiglia, non più tardi delle nove di sera. Se si attua la metodologia di cui sopra, si dirà al figlio che può tornare tranquillamente all’una di notte. In questo modo resteranno sicuramente scontenti il figlio, il padre e la madre. Ma poi, siamo certi che questa sia la decisione migliore?

Tra l’altro, se la coppia accetta questa regola della scelta mediana, il marito, la moglie o entrambi, si faranno rapidamente furbi, cercando di partire da posizioni molto distanti per potere trovare poi una via di mezzo, più vicina ai propri desideri.

Un’altra modalità potrebbe prevedere che tutte le decisioni del giorno vengano prese alternativamente dai due coniugi.

Come dire: “Un giorno decidi tu, un giorno decido io.” Questa modalità può tradursi in pratica in “Un giorno decido io di comprare un’auto di grossa cilindrata, il giorno dopo decidi tu di vendere la stessa auto perché pensi che non ce lo possiamo permettere.” Questa metodologia è la stessa utilizzata in politica quando il governo formato da una determinata maggioranza prende le sue decisioni in pieno contrasto con l’opposizione. Molti, se non tutti i provvedimenti adottati da questo governo saranno revocati o stravolti, dopo le elezioni successive, quando al governo si sarà insediata una nuova maggioranza.

Un’altra modalità potrebbe essere quella di attuare la decisione solo quando entrambi si sono convinti della bontà di una scelta.

Con questa modalità il rischio è che le decisioni saranno il frutto della capacità di un coniuge di riuscire a logorare l’altro fino al punto di fargli dire di sì. Nelle guerre di logoramento vince non chi ha la soluzione migliore o più opportuna del problema, ma chi resiste ed insiste di più.

Nel caso in cui entrambi i coniugi avessero le stesse capacità di tener testa l’uno all’altro con grinta e determinazione, insorgerebbe un rischio, ancora più grave, che è quello dell’immobilismo. Con questa metodologia ogni decisione verrebbe presa dopo chissà quanto tempo, mentre contemporaneamente salirebbe alle stelle l’aggressività reciproca.

In ogni famiglia, ogni giorno, vengono prese decine di decisioni delle quali alcune molto importanti. Com’è possibile gestire queste decisioni quando, per ognuna di questa, i tempi si potrebbero allungare all’infinito?

E adesso chiediamoci: Chi è più portato a vincere in questo braccio di ferro dialettico? E poi: Quale può essere il vissuto ed il comportamento di chi perde?

Intanto è più facile che la vittoria nelle dispute linguistiche sia di chi ha una dialettica migliore. Vi è poi un’altra categoria di persone che non riesce a recedere e ha bisogno di avere sempre l’ultima parola: si tratta di uomini e donne con tratti ossessivi – compulsivi nella loro personalità. Queste persone, proprio perché molto rigide, sono in grado di tener testa per giorni e giorni all’interlocutore, ripetendo fino all’infinito la loro idea ed il loro pensiero, giusti o sbagliati che siano.

Adesso chiediamoci cosa succede nell’animo e quali reazioni mette in essere chi è costretto, suo malgrado a cedere, pur sapendo di essere nel giusto. Intanto vi è un montare del risentimento e dell’aggressività accompagnati da una svalutazione verso chi lo ha messo alle corde. Aggressività che può, in seguito, sfociare in atteggiamenti e comportamenti che, in qualche modo, possono far soffrire o limitare l’altro, anche in campi e per tematiche molto lontani dalla materia del contendere.

La persona costretta a cedere si sentirà in diritto, ad esempio, di negarsi sessualmente, di umiliare l’altro o di approfittare di qualsiasi altra occasione, per boicottare ogni iniziativa del coniuge. Cercherà inoltre, in tutti i modi, di attuare la sua ritorsione costruendo e poi attuando piani per delegittimare agli occhi dei figli, degli amici e dei parenti, chi gli ha fatto violenza. Potrà vendicarsi con il tradimento, visto in questi casi come un mezzo per umiliare l’altro, oppure potrà attuare una parziale o totale fuga dagli impegni familiari.

In questo caso, a volte lentamente ma inesorabilmente, altre volte repentinamente, si allontanerà prima dalla comunione di coppia e poi dalla famiglia, per cercare altrove quelle gratificazioni, quella comprensione, quell’accoglienza che non trova più nella sua casa. I campi dove potrà trovare gratificazione sono tanti: si potrà impegnare fino allo spasimo nel lavoro, in modo tale da riservare all’altro coniuge e alla famiglia il minimo indispensabile di tempo ed energie, oppure potrà maggiormente dedicarsi alle amicizie, agli hobby, alle avventure a sfondo sessuale, oppure andrà in cerca di un nuovo amore che sostituisca il primo.

Il giudice di famiglia.

Il legislatore, poi, prevedendo l’insanabilità di molti conflitti decisionali, ha inserito come ultimo arbitro il giudice di famiglia al quale i coniugi che non sono d’accordo possono rivolgersi. Per fortuna pochi conoscono e utilizzano questa norma che servirebbe soltanto ad allungare indefinitamente i tempi delle decisioni, aumentando nel contempo i già numerosi motivi per i quali viene adita l’Autorità Giudiziaria. Lasciare che altri: avvocati, giudici, tribunali, decidano, non si sa su quali parametri, sulla vita familiare di milioni di famiglie, ci sembra un modo veramente ingenuo per affrontare questi problemi. Su quali parametri infatti può decidere un giudice? Quanto peso ha la bravura dell’avvocato nel trovare tutti gli appigli legali a favore del proprio assistito? Quali i tempi biblici per ogni decisione?

La verità è che questa norma della responsabilità condivisa, presente nel nuovo diritto di famiglia, a parte le belle e pompose parole con la quale è stata salutata ed accompagnata, rende ingovernabili le famiglie, creando un perenne, grave regime di conflittualità tra i coniugi e quel che è peggio, tra il genere maschile e quello femminile.

Questo è quanto è avvenuto. Sono ormai decenni che i mass media amano confrontare e sottolineare le maggiori o minori qualità dei due generi. Ma soprattutto amano mettere in evidenza le conquiste e le migliori qualità del genere femminile, rispetto a quello maschile: “Le donne sono più intelligenti, più brave a scuola, più intraprendenti, più impegnate in famiglia, più disponibili”; mentre gli uomini “ Studiano meno, si impegnano poco nei lavori di casa, sessualmente sono costretti a difendersi e vengono messi in difficoltà dalla intraprendenza femminile, sono violenti, stupratori, pedofili e così via.” Nel contempo vengono emanate leggi e fondate associazioni per difendere le donne dalla violenza degli uomini.

Non ci si rende sicuramente conto che mettendo le donne contro gli uomini si danneggiano entrambi i sessi, in quanto viene minata alla base la fiducia, la stima e quindi l’interesse e l’apertura dell’uno nei confronti dell’altro. Si viene a creare quella che Risè chiama un’ottica di genere. “Ora l’ottica di genere, guardando all’interesse di ognuno dei due coniugi come qualcosa di diverso da quello dell’altro, mina proprio questa coesione e questa solidarietà, questa visione della famiglia come un tutto, nella quale o vincono tutti o perdono tutti assieme, perché è la famiglia stessa a venire negata, e tutti i suoi componenti a essere indeboliti da questa negazione.” 

Se questa legge è stata fatta in buona fede per ottenere quanto dichiarato, e cioè maggior democrazia e migliore distribuzione del potere tra uomini e donne, sarebbe sicuramente la legge più ingenua presente nel nostro ordinamento giuridico, in quanto il legislatore, nell’approntare questa norma, sembra aver completamente dimenticato le elementari caratteristiche della psicologia umana, specie le leggi riguardanti la psicologia dei gruppi e quelle riguardanti la psicologia dei generi sessuali. Avrebbe inoltre ignorato le esperienze di tutte le altre istituzioni pubbliche o private al cui vertice mai vengono inserite due persone che abbiano le stesse prerogative, le stesse responsabilità, le stesse funzioni. Avrebbe ignorato inoltre le esperienze delle famiglie del passato, e quelle del mondo animale, dove il responsabile del gruppo è quasi sempre o un maschio o una femmina.

Il sospetto.

A questo punto nasce il sospetto che l’intento legislativo non fosse affatto quello di rendere più democratico il sistema famiglia o di dare più potere alle donne ma un altro. Il sospetto è che lo Stato , dietro la spinta del mondo economico, mirasse, mediante le sue istituzioni, a diventare molto più forte e che, per ottenere ciò, avesse la necessità di indebolire le altre forze presenti al suo interno, in questo caso la forza delle famiglie.

Molti dati sembrano confermare questo sospetto.

Intanto la tecnica del “divide et impera” è molto antica. E’ stata abbondantemente sfruttata da tutti i conquistatori. Viene sistematicamente utilizzata nelle industrie, nelle università, e in tutte le istituzioni statali e private. Quando si vuole indebolire, senza far molto rumore, il potere di un capo e/o anche della struttura che egli coordina, basta mettergli accanto un’altra persona con le stesse prerogative, le stesse funzioni e gli stessi poteri. Lo scontato, consequenziale conflitto e scontro, diminuirà fin quasi ad annullarla non solo l’autorità di quel responsabile ma il peso stesso di quella struttura, aumentando nel contempo il potere di chi si trova nella parte immediatamente superiore della piramide gestionale, ma aumenterà anche il peso delle altre divisioni o servizi. Lo Stato  a questo punto è come se dicesse: “Sono veramente addolorato che voi mariti e mogli litighiate e non riusciate a mettervi d’accordo su tanti problemi, ma niente paura, per fortuna ci sono qua io. Per vostra fortuna potete tranquillamente rivolgervi a me, che potrò prendere la decisioni più giuste al vostro posto”.

Utilizzando la tecnica del divide et impera sono, infatti, gli stessi contendenti che si consegnano nelle mani di colui che li vuole assoggettare!

Esautorando il padre di famiglia con la divisione del potere con la madre, si è ottenuto lo scopo di diminuire molto il potere reale delle famiglie. Inserendo poi l’ultimo codicillo della legge che permette di rivolgersi ai giudici dello Stato  per risolvere le controversie sulla gestione della famiglia, nella sostanza lo Stato  ha assunto su di sé e sui suoi organi giudicanti la responsabilità ultima delle scelte e della funzionalità delle famiglie.

Lo Stato  patriarca.

Che il potere dello Stato  rispetto a quello delle famiglie sia notevolmente aumentato lo si coglie appieno con gli interventi dei giudici nelle separazioni e nei divorzi.

I genitori, anche se sono separati o divorziati, sono responsabili dell’educazione e delle cure dei figli, ma poi decidono i giudici in quali giorni e in quali ore ognuno di essi può svolgere il compito educativo e fino a che età il figlio può stare a bighellonare, senza impegnarsi nel lavoro, mantenuto di regola dal padre.

Decidono i giudici quanto un coniuge deve dare di mantenimento all’altro, anche se questo potrebbe lavorare e convive con un'altra persona che lo potrebbe mantenere. E così via.

L’uso dell’istituto del divorzio è molto antico. Esso però è stato sempre molto controllato e limitato, in tutte le società del passato, perché mette a rischio la funzionalità della famiglia e l’educazione e formazione della prole.

Si può essere favorevoli o contrari alla rottura del patto coniugale, ma le modalità con le quali è stato attuato in Italia ed in molti Stati del mondo occidentale fa pensare che, o non si è riflettuto minimamente sulle conseguenze più perverse o lo scopo era esattamente quello che si è ottenuto: avere delle famiglie sempre più piccole, fragili e deboli, ma anche più povere,  tutte dipendenti da uno Stato  patriarca.

Intanto non viene prevista alcuna penale per chi viola le varie norme del contratto o per chi chiede lo scioglimento del contratto matrimoniale. Può accadere allora, ed accade, che uno dei coniugi può tranquillamente farsi beffe delle promesse matrimoniali, tradire il coniuge, chiedere il divorzio e farsi poi mantenere dall’altro per tutta la vita. E, se l’avvocato è particolarmente bravo, può, con i soldi passatigli dall’ex, mantenere anche l’amante ed il suo cane!

In tutti i contratti civili vi è quasi sempre qualche norma per chi viola il contratto o per chi ne chiede lo scioglimento anticipato. Il motivo è semplice. I contratti, tutti i contratti fra due o più persone o fra due o più società, vanno difesi. Difendere un contratto significa dare maggiore serietà e garanzia allo stesso, ma significa anche dare maggiore garanzia di stabilità alla società civile e un’iniezione di fiducia ai contraenti. L’altro non potrà trattare o flirtare con la concorrenza contro la propria ditta; l’altro non potrà considerare il contratto alla stregua di carta straccia e buttare in aria i pezzettini dell’accordo come fossero coriandoli carnevaleschi. L’altro, se vorrà fare questo, dovrà pagare un pesante indennizzo. Tanto più alto è l’indennizzo, tanto più sarà costretto a riflettere nel trattare con troppa faciloneria gli impegni presi.

Che lo Stato  assuma sempre più poteri, sottraendoli alla famiglia, è abbastanza evidente anche in molti altri campi.

•    E’ lo Stato  che, con il pretesto del possibile sfruttamento del minore, stabilisce a priori mediante l’istruzione obbligatoria fino a quale età i figli devono frequentare la scuola senza lavorare, annullando in questo modo ogni potere decisionale delle famiglie. Queste vengono trattate come fossero tutte pronte a sfruttare i propri figli, ma anche come fossero tutte uguali per censo, scelte di vita, valori ecc.. Mentre invece sappiamo benissimo che vi sono famiglie ricche, famiglie povere e famiglie poverissime; famiglie che scelgono di dare più spazio alla vita affettivo – relazionale, piuttosto che a quella economica o culturale. Vi sono dei figli che trovano la loro gratificazione e realizzazione nello studio e altri che la trovano nell’impegno lavorativo. Per alcuni genitori l’ideale proposto ai figli è quello di una scuola che arrivi fino ai più alti gradi della formazione universitaria e al master, per altri l’ideale è una precoce occupazione che permetta di rendersi indipendenti e di responsabilizzarsi presto, aiutando la famiglia di origine o formando una propria famiglia.

•    E’ lo Stato , e non la famiglia, che decide a quale età i minori possono convolare a giuste nozze,  anche se la maturità per intraprendere un cammino matrimoniale potrebbe molto meglio essere giudicata da chi conosce questi giovani fin dalla nascita.

•    E’ lo Stato  con suoi consultori e con il giudice tutelare dei minori che decide se una minorenne può abortire oppure no, e non le famiglie dei due giovani che molto meglio conoscono persone e situazioni.

•    E’ lo Stato , mediante i suoi consultori, i suoi servizi sanitari, insieme alla donna interessata, che stabilisce se questa può abortire escludendo l’uomo, gli altri figli e familiari. Escludendo, quindi, la famiglia nella quale questa donna vive e di cui è componente essenziale.

•    E’ lo Stato  che decide mediante l’istituto dell’adozione speciale, che dovrebbe essere “di tutela dell’interesse del minore che si trova in situazione di abbandono materiale e morale”, se sottrarre o non per darli in gestione agli istituti o ad altre famiglie, i figli presenti in famiglie povere o indigenti, impossibilitate a dare la necessaria scolarizzazione e formazione professionale, mentre sarebbero capaci di dare l’ascolto, il calore e l’affetto necessario per la loro crescita e formazione umana.

•    E’ lo Stato  che si occupa di scegliere a quali famiglie o istituzione affidare i minori quando i genitori di questi, per qualunque motivo non sono in grado, momentaneamente, di dare ai minori le cure e l’assistenza necessarie. Anche in questo caso senza tener conto che accanto ad ogni famiglia vi è una rete amicale ed affettiva che potrebbe molto meglio dello Stato  aiutare la famiglia in difficoltà.

•    E’ lo Stato  che decide quali sono i mezzi di correzione e le punizioni da applicare o da non applicare nei confronti dei figli.

•    Addirittura decide lo Stato  se, quando e come, una ragazza di diciassette anni può frequentare un giovane, e a quale ora dovrà ritirarsi a casa dopo essere stata con il suo “moroso”. E’ veramente illuminante a questo riguardo il decreto del 13 maggio 1972 con il quale il tribunale per i minorenni di Bologna ordinò ai genitori di consentire che la figlia diciassettenne potesse frequentare il ragazzo al quale era affettivamente legata.

...Omissis... Preso atto che nella famiglia di P. U. si è determinato un grave stato di tensione nei rapporti tra i genitori e la figlia M., di anni diciassette, in considerazione del fatto che alla stessa è drasticamente impedito di potere vedere D. U., al quale essa è da lungo tempo affettivamente legata; considerato che sul conto del D. U. non emergono elementi oggettivamente idonei a giustificare simile preclusione, che appare collegata a risentimenti strettamente soggettivi; visto che(…omissis...)

decreta:

P. U. e la moglie L. M., devono consentire alla figlia minore, M., di vedere, dove essa crede, D. U. almeno un’ora al giorno;

I medesimi devono consentire alla figlia di uscire col D. tutte le domeniche pomeriggio e almeno due sere alla settimana.

P. M. curerà, in tali sere, di non rientrare dopo le ore ventiquattro; (sic)

Decide sempre lo Stato , attraverso i suoi servizi e i suoi tecnici e organi giudicanti, anche se sappiamo benissimo che non ha né le informazioni, né la preparazione, né la duttilità, né l’indipendenza di giudizio necessarie per rendere credibili ed accettabili tante sue decisioni.

E’ noto il potere di un buon avvocato, che è poi quello che chiede le parcelle più alte, nel piegare le leggi ed i regolamenti a favore del proprio cliente, rispetto ad un modesto avvocato, che è quello che si possono permettere solo i poveracci. Come sono note le ideologie e gli stereotipi di cui sono vittime operatori e specialisti del settore.

E’ noto che vi sono giudici onesti e giudici poco onesti. Giudici attenti e responsabili e giudici disattenti e superficiali. Tecnici e professionisti preparati e responsabili ed altri poco preparati e superficiali.

L’inserirsi in maniera pesante e intrusiva nei rapporti tra i coniugi e tra questi ed i loro figli e gli altri familiari non solo limita l’effettiva libertà delle famiglie, ma pretende di gestire i loro rapporti e quelli con i figli.

Questo comportamento mi fa pensare a quando io, come tutti i bambini, ero interessato ed incuriosito dai fiori, ma anche dal potere che liberamente potevo esprimere. Quando prendevo in mano un fiore, era eccitante pensare che potevo impunemente staccare un suo petalo per sentirne in pieno la morbidezza, ma anche per manifestare concretamente, in questo modo, il mio potere su di lui, su questa cosa bellissima che ero libero di gestire a mio piacimento. Ricordo che era piacevole continuare a togliere un petalo dopo l’altro e buttarlo per terra. Ma poi, alla fine, quando tutti i petali erano sparsi sul pavimento e tra le mani mi restava un brutto, gambo spelacchiato, mi assaliva l’amarezza e la tristezza e mi sentivo un piccolo sciocco per quello che avevo fatto.

Gli Stati moderni, nei confronti dell’istituto familiare, si sono comportati allo stesso modo. Legge dopo legge, sentenza dopo sentenza, utilizzando il proprio potere, hanno reso la famiglia un contenitore triste, brutto e vuoto. Vuoto nel potere, nell’autonomia e nelle scelte, ma anche vuoto della sua bellezza, della sua armonia, della sua dignità, della sua anima, del suo calore e vigore. Vuoto delle sue potenziali capacità e possibilità. Purtroppo però ancora, nonostante gli Stati siano in grado di osservare i disastrosi risultati di questa riuscita operazione, dando la responsabilità ad altri, non sono affatto propensi a correggere i propri errori e diventare, finalmente, adulti e responsabili.

Le leggi al femminile.

Vi è poi tutta una serie di leggi o di applicazioni delle leggi al femminile.  Queste, almeno sulla carta, dovrebbero tutelare il cosiddetto “sesso debole”, in realtà creano delle eclatanti disparità tra uomini e donne con pesanti conseguenze sul piano della relazione tra i sessi, e con un ulteriore indebolimento della coppia e dell’istituto familiare.

Pensiamo per esempio alla proposta delle quote rosa. Uomini e donne sono uguali, ma è giusto che a dirigere la politica locale, regionale o nazionale vi sia lo stesso numero di uomini e donne, mentre non vi è nulla di male se, nelle scuole materne, elementari e medie, la stragrande maggioranza degli insegnanti è di sesso femminile  e pertanto i bambini ed i ragazzi, durante gli anni più importanti della loro formazione avranno, come uniche figure di riferimento, solo donne. Nonostante che: “Con un docente maschio in cattedra il 51% dei bambini della scuola primaria si comporta meglio e il 42% si impegna di più.” 

Pensiamo poi all’applicazione della legge sul divorzio, mediante la quale i figli, anche ora che è presente l’affidamento condiviso, sono quasi sempre affidati alla madre, che gode anche della casa coniugale, dei mobili, delle suppellettili e del suo mantenimento. L’applicazione di questa legge porta a pensare che quasi sempre un matrimonio si sciolga per colpa del padre, il quale è giusto che sia punito limitando molto il suo rapporto con i figli, condannandolo a mantenere la moglie, la quale potrà usufruire della casa coniugale, dei mobili e delle suppellettili.

Ma certamente non è così. Almeno nel cinquanta per cento dei casi bisognerebbe supporre che la colpa sia dell’altro o che vi sia una responsabilità condivisa.

Pensiamo alla legge sulle violenze in famiglia, nella quale il coniuge violento non può che essere il marito da mandare fuori casa se ha uno scatto di aggressività verso la moglie o verso i figli. Mentre la moglie, proprio in quanto donna, e quindi per definizione creatura fragile ed indifesa, difficilmente potrà mai essere accusata di aver esasperato il marito con le sue parole o con i suoi comportamenti.

Pensiamo alle leggi sul collocamento a riposo, per le quali la donna, che vive di più, va in pensione prima dell’uomo.

Pensiamo soprattutto alla legge sull’interruzione della gravidanza, la quale permette alla donna di eliminare il figlio del proprio uomo, mentre quest’ultimo è costretto ad accettare e mantenere per decenni ogni suo figlio nato anche fuori del matrimonio, contro la sua volontà o addirittura mediante l’inganno.

Giacché vi è sempre una tendenza naturale al bilanciamento e all’equilibrio, queste leggi e la loro applicazione faziosa, lavorano poi, in definitiva contro le stesse donne, contro il matrimonio ed in definitiva contro la famiglia. Segno eclatante di questo malessere nel rapporto tra i generi è il frequente rifiuto del matrimonio, della paternità, ma anche di qualsiasi legame che potrebbe risolversi in un impegno non direttamente gestibile,  e quindi la condanna di tante donne a vivere nella solitudine, senza il calore della famiglia e senza il supporto di un uomo. Commenta Risè “...come, infatti, constata amaramente lo psicoterapeuta, costretto a misurare l’angoscia di queste donne affettivamente sole, perché prive di una sponda maschile emotivamente, e spesso cognitivamente, in grado di accompagnarle lungo un percorso di vita.”

Segnale di una esasperata conflittualità di genere è il tragico crescente numero di atti violenti nei confronti delle donne che vengono stuprate, percosse, uccise in feroci ed efferati delitti all’interno e all’esterno della famiglia.

Le leggi fiscali e la famiglia.

Vi sono poi le leggi fiscali che sono state ben analizzate dall’ex presidente del Forum delle famiglie Luisa Santolini , la quale ha rilevato una serie di incongruenze delle quali uno Stato  civile dovrebbe vergognarsi. Ad esempio:

“Una famiglia con due figli e con 25000 euro di reddito che spende 16000 euro per mantenerli, ha un beneficio fiscale di 1000 euro, mentre, se dona la stessa cifra a un partito ne trae un beneficio fiscale fino a 3000 euro.

In Italia, oggi, gli alimenti al coniuge separato possono essere detratti dalle tasse, ma se la stessa cifra la si trasferisce nella famiglia, per il fisco è tassabile.

L’interruzione di gravidanza è gratuita, mentre nelle ecografie di controllo sullo stato di salute dell’embrione si paga il ticket .

Fino a 18 anni le ragazze non possono votare o guidare, ma dai sedici anni le ragazze possono abortire liberamente con il beneplacito del giudice tutelare.

In base alle attuali tariffe, 90 metri cubi di acqua consumati da sei persone con sei contatori, non arrivano a costare 20 Euro, ma la stessa quantità d’acqua consumata da sei persone nella stessa famiglia arriva a 70 Euro.

Se iscrivono i figli all’asilo i separati hanno un punteggio superiore alle famiglie regolari, che spesso non trovano posto.

Purtroppo nel gioco della democrazia avviene quello che il cardinale Alfonso Lopez Trujillo, intervistato da Giacomelli, chiama “positivismo legale”, per il quale “Una legge è considerata buona perché nel gioco della democrazia si stabilisce una procedura, grazie alla quale è la maggioranza che decide anche sui contenuti. In realtà vince chi ha più forza, più soldi o più potere, mentre una vera democrazia dovrebbe rispettare i diritti fondamentali e non piegarli ai più forti.”

Se fosse vero il sospetto che lo Stato sia riuscito ad avere più forza a scapito delle famiglie, la vittoria, se di vittoria si potesse parlare, sarebbe una vittoria di Pirro. La forza di uno Stato  è direttamente proporzionale alle qualità dei suoi cittadini. Se questa qualità scade, se si diffondono il disagio e la malattia psicologica, se allignano i disvalori, se si diffondono la disonestà, la corruzione, gli atteggiamenti ed i comportamenti illeciti, l’aggressività e la bramosia del potere, lo Stato, non solo non diventa più forte, ma rapidamente si indebolisce e muore nel malessere dei suoi cittadini.

 

 

Tratto dal libro: "MONDO AFFETTIVO E MONDO ECONOMICO" DI Emidio Tribulato

Per scaricare gratuitamente questo libro clicca qui.

 

Per avere in forma cartacea il libro "Mondo affettivo e mondo economico- Conflitto o collaborazione?" Clicca qui.

 

 

Le tipologie familiari

 

Nel tempo si sono venuti a creare vari tipi di famiglie.

 

Famiglie chiuse, famiglie aperte, famiglie casuali.

Per quanto riguarda i rapporti con la società, le famiglie possono essere più o meno chiuse o aperte.

Nelle famiglie chiuse l’autorità del capo è massima, i ruoli ben definiti e accettati. L’ordine e la disciplina garantiscono un saldo senso di sicurezza; i rapporti con il mondo esterno sono regolati e filtrati con la costante preoccupazione di preservare l’intimità e il benessere familiare da ogni intrusione o accadimento non desiderati. Il controllo sulle attività dei vari membri della famiglia è svolto con costanza e severità.

Al contrario, nelle famiglie aperte sono minime le barriere e le imposizioni nei confronti delle persone che vivono insieme. Il mondo esterno è ampiamente accettato. Verso di esso sono costanti e continui gli scambi a tutti i livelli. Buona parte delle energie sono tese alla realizzazione personale di ogni membro della famiglia. Sono incoraggiati i rapporti esterni, sia con gli amici dei genitori che con quelli dei figli. La disciplina è molto blanda e le decisioni vengono prese con il consenso di tutti.

Così come in molti altri campi, il segreto nella costruzione di una buona e sana famiglia sta nell’equilibrio intelligente ed attento all’uso delle risorse interne ed esterne. Se infatti nella famiglia molto chiusa vi è il rischio della sclerotizzazione, della frustrazione, dell’atrofia e della ribellione, nella famiglia eccessivamente aperta vi è il rischio che la libertà del singolo diventi libertinaggio e arbitrio, come vi è il rischio che l’assenza di chiari ruoli e compiti, il prevalere di elementi distruttivi e centripeti e lo smodato interesse individuale finiscano per generare distruttività, in una situazione psicologica di caos e di inconsistenza della famiglia.

Si può arrivare, pertanto, alla cosiddetta “famiglia casuale”, nella quale ognuno fa il proprio comodo e non esiste sufficiente senso di identità di gruppo.

Famiglie allargate e ristrette.

Per quanto riguarda l’ampiezza di questa istituzione abbiamo da una parte la “famiglia allargata”, dall’altra la “famiglia ristretta.” Nella famiglia allargata o estesa più generazioni vivono all’interno della stessa famiglia. In questa tipologia familiare vi è la presenza di uno o più parenti conviventi, ascendenti (nonni), discendenti (nipoti), collaterali (fratelli e sorelle), tutti legati da vincoli di sangue e parentela con a capo un uomo.  La coppia genitoriale ha stretti rapporti con gli altri componenti i quali hanno anche il compito di scegliere i nuovi accoppiamenti più produttivi e utili per il clan.

I difetti di questo tipo di famiglia riguardano essenzialmente la scarsa autonomia e libertà individuale che risultano nettamente minori, specie per le persone più giovani e per le donne, rispetto alle famiglie nucleari. Vi è minore autonomia e libertà sia nelle scelte di tipo sentimentale e sessuale, sia nelle preferenze di tipo lavorativo, politico, sociale e religioso. Così come vi sono delle limitazioni nel decidere la sede stessa della famiglia.

I pregi della famiglia allargata sono però numerosi ed importanti:

•    buona parte dell’educazione e della socializzazione avviene all’interno della famiglia stessa;

•    in caso di necessità vi è un folto gruppo familiare disponibile ad aiutare, consigliare e sostenere;

•    la forte e ricca cultura familiare riesce bene a controbilanciare le spinte disgregatrici che potrebbero venire dall’esterno; spinte che, invece, hanno facile gioco nel distruggere e mettere in crisi le piccole realtà familiari:

•    il senso di solidarietà, tra i vari membri, si trasforma in senso di serenità e sicurezza per tutti, soprattutto per i minori e i disabili;

•    nelle famiglie allargate un ruolo importante viene affidato alle persone anziane del gruppo, sia maschi che femmine, le quali vengono notevolmente valorizzate. Gli anziani, pertanto, non solo non sono un peso per la famiglia e per la società ma diventano una notevole risorsa per tutti i componenti, specie per i più giovani del gruppo familiare, che possono utilizzare la loro saggezza e la loro forte e profonda influenza sul gruppo stesso.

 

Le convivenze monogenitoriali e monoparentali

 La tendenza attuale, dovuta alla sempre più forte realizzazione individuale e ai conflitti coniugali che producono separazioni e divorzi, va invece verso famiglie sempre più piccole (atomizzazione delle famiglie), che producono delle convivenze monogenitoriali, formate, a volte, solo da un genitore, in genere una donna con uno – due bambini o monoparentali nelle quali è presente non un genitore ma un altro familiare ad esempio una nonna o una zia con uno o più nipoti. Questo tipo di famiglie, se hanno maggiore libertà nelle scelte politiche, religiose, sentimentali e sessuali, soffrono anche di notevoli e gravi limiti.

 

La sensazione di solitudine che accompagna queste famiglie spinge spesso questi genitori a comportamenti instabili, poco coerenti e lineari. Frequentemente le famiglie monoparentali sono costrette a delegare a personale estraneo o ai servizi sociali, incombenze proprie dei genitori o dei familiari, con notevole maggior aggravio economico per la società, ma soprattutto con danno verso i minori, gli anziani e i soggetti più deboli o problematici.

Frequentemente questi genitori soli che mancano di un solido appoggio familiare, risultano in preda all’ansia e alla depressione. Disturbi questi che li possono portare a comportamenti di rifiuto della maternità o della paternità, deresponsabilizzazione nei compiti educativi, atteggiamenti aggressivi nei confronti dei figli o verso se stessi.

La cultura familiare si perde molto più facilmente e con essa si perdono preziose tradizioni e solidi principi e valori morali. Questa cultura, che dovrebbe essere alla base della formazione di ogni minore, viene sostituita dai contraddittori, fragili ed instabili stimoli culturali presenti in gran quantità nei mass media, che condizionano spesso in modo negativo e distruttivo sia i minori sia gli adulti.

Queste famiglie vivono in condizioni di tale isolamento che una sola crisi è capace di scuoterle dalle fondamenta e di spezzarle o distruggerle. Sono pertanto facile vittima sia delle separazioni che dei divorzi.

 

Famiglie ricostruite.

Per quanto riguarda poi la composizione delle famiglie, queste possono essere formate da coniugi che, per la prima volta accedono al matrimonio, o da coniugi che hanno già avuto delle esperienze coniugali. Sono queste le famiglie ricostruite. Famiglie nelle quali almeno uno dei coniugi viene da un precedente matrimonio dal quale ha avuto dei figli. In queste famiglie vi possono quindi essere figli dell’attuale e del precedente matrimonio. Mentre fino all’avvento del divorzio questo tipo di famiglie era composto da vedovi, attualmente è composto per la maggior parte da divorziati ed è una realtà in continuo, costante aumento.

La psicologia di questo tipo di unioni è particolare.

Intanto, giacché, come abbiamo detto, almeno uno dei due coniugi viene da una esperienza di divorzio, volente o nolente questo tipo di famiglia dovrà fare i conti con un terzo o quarto incomodo, in quanto, anche l’altro, può essersi a sua volta accasato. Si formano allora delle relazioni triangolari o quadrangolari di non facile gestione, sia pratica che psicologica.

Dal punto di vista pratico i problemi maggiori si presentano nelle festività. In queste occasioni i figli spesso insistono per trascorrere queste giornate particolari con tutti i fratelli e con entrambi i genitori. La cosa però è molto più facile a dirsi che a farsi, quando nella stessa famiglia vi sono figli di vari uomini e donne. In queste occasioni di apparente comunione, spesso esplodono sentimenti mai sopiti di rabbia e gelosia.

Dopo anni trascorsi assieme, una parte di lui o di lei, nel bene o nel male, è dentro il nostro cuore e fa parte di noi. Sapere che altri hanno le sue parole, i suoi baci, le sue carezze, il suo corpo, suscita intensi sentimenti di gelosia e rivalità che è molto difficile contenere. Partono allora le frecciatine avvelenate, tendenti a screditare il nuovo compagno o compagna, facendo risaltare gli elementi negativi del nuovo rapporto. A lei sono dirette frasi del tipo: “Non sopporto il tuo nuovo compagno, sembra un orso, in quale caverna l’hai trovato? ” Oppure: “ Se me lo presti questa sera con la sua testa pelata potrò giocare a biliardo.” Riservati a lui vi sono frasi del tipo: “Non sopporto quella tua nuova compagna. Dio, che gusti! Non sapevo che ti piacessero le tettone al silicone” o ancora: “Quando Giovanna parla somiglia ad un’oca che si è svegliata la mattina con il becco dolente” e così via. Sminuire il nuovo compagno o la nuova compagna è lo sport più praticato quando si riesce a mantenere dei rapporti su un tono di cosiddetta “civiltà.” Quando invece la lava dell’aggressività è ancora fluida ed incandescente, il risentimento esplode sotto forma di rabbia incontenibile. In questa situazione più che di punzecchiature si deve parlare di bordate distruttive, con porte e telefoni sbattuti, parolacce al vetriolo, lettere di avvocati, minacce e altre amenità del genere.

Impresa quasi impossibile è, poi, gestire i figli dell’altro o dell’altra. Se si cerca di essere paterni o materni, questi minori sono pronti a bloccarti con un: “Tu non sei mio padre / mia madre, non mi puoi comandare, non mi puoi dire nulla, non mi toccare, fatti gli affari tuoi.” Se, come più spesso succede, si cerca di non intromettersi più di tanto nella vita e nell’educazione di questi bambini. è pronta l’accusa della nuova compagna o compagno: “Tu non fai alcuno sforzo per avvicinarti a loro, speravo che tu diventassi per i bambini una valida figura paterna / materna”.

Ma anche per i figli, la famiglia ricostruita non rappresenta un ambiente di vita facile o augurabile.

Chi è mio padre? Chi è mia madre? C’è il padre “vero”, “Quello che ne ha fatte di cotte e di crude alla mamma,” poi nel tempo “c’è l’amico della mamma che viene sempre a cena”. Ci può essere poi “Quello che mia madre si illude di sposare.” “C’è quell’uomo che resta con noi solo il sabato, perché gli altri giorni è con l’altra sua moglie e con gli altri figli.” Ed infine “C’è quello che finalmente si è deciso a sposare la mamma.”

“A chi devo volere bene? A quello vero che però fa sempre arrabbiare la mamma, a quello che non ci vuole dare i soldi per andare in vacanza e al quale lei non vuole neanche parlare? All’amico della mamma che viene sempre a cena e che fa finta di essere mio amico ma io capisco benissimo che viene per poi chiudersi con la mamma nella stanza da letto?” “A chi devo volere bene? A quello che prende in giro la mamma illudendola che un giorno, quando le cose si saranno sistemate, la sposerà?”, o “a quello che l’ha veramente sposata ma che a me non piace affatto perché ha la faccia da citrullo?”

 

Chi è mio fratello, chi è mia sorella?

Anche a queste domande è difficile rispondere da parte, ad esempio, di una figlia di una famiglia ricostruita. “Chi è mio fratello? Quello che mio padre ha avuto con quella svergognata con la quale sta ora, dopo aver lasciato la mamma e che ha gli occhi storti come lei?”

“Chi è mio fratello? Quello che mi tocca approfittando della confusione perché dice, tanto non siamo fratelli veri”?

 

Non parliamo poi dei nonni e delle nonne. Intanto vi è quella da odiare e a cui si possono fare le boccacce perché dice la mamma: “Ha rovinato il figlio non sapendolo educare ad essere un buon marito.” “Vi è poi la madre di mia madre, che insulta sempre la figlia dicendole che è stata una cretina a lasciarsi scappare Giovanni per sposare un buono a nulla come mio padre”. Vi è poi la nuova nonna “Ma quella non mi guarda nemmeno perché dice che sono uguale spiccicato a mio padre.”

Sono tante le violenze alle quali devono sottostare questi minori, che sarebbe veramente lungo enumerarle tutte. La cosa più incredibile e strana è che molto spesso questi genitori che si vogliono “riciclare”, presi nel vortice dei sentimenti o delle passioni, non si accorgono neanche del male che stanno facendo ai loro figli. Ma, il che è peggio, di questi danni ai minori non si accorge neppure la società civile, che continua a cercare negli orchi di turno i problemi dei minori.

Il diverso patrimonio genetico, il diverso cognome, le diverse esperienze educative, accentuano le gelosie, le invidie, le rivalità ed i conflitti, complicano le relazioni, impediscono le identificazioni necessarie.

Scade il senso di appartenenza familiare, diminuisce la sicurezza e la stabilità nei confronti di se stessi, degli altri e della vita.

La situazione di questi minori mi fa pensare ad un pezzo di rizoma di ninfea staccatosi dalla pianta madre. Questo rizoma galleggiava già da un anno nell’acqua del minuscolo laghetto del mio giardino portandosi dietro due misere foglioline; ogni tanto i pesci lo pizzicavano e il rizoma sembrava scappare ai loro morsi, ogni tanto un ranocchio vi si posava sopra pensando che reggesse il peso ma questo affondava. Non riusciva a mettere radici, non riusciva a fare fiori, fino a quando non ho deciso di sistemarlo con delle pietre e della terra dentro un vaso in modo tale che poggiasse stabilmente sul fondo ricco di limo. Solo allora  ha messo radici, solo allora, in pochi mesi ha riempito il laghetto di foglie rotonde e grandi fiori rosa.

Se vi sono delle cose di cui i bambini non possono fare a meno, queste sono la stabilità, la chiarezza e la sicurezza. Quando mancano nell’ambiente nel quale vivono questi tre elementi, lo sviluppo del minore, se non regredisce, certamente si arresta o si altera.

 

 

Tratto dal libro: "MONDO AFFETTIVO E MONDO ECONOMICO" DI Emidio Tribulato

Per scaricare gratuitamente questo libro clicca qui.

 

Per avere in forma cartacea il libro "Mondo affettivo e mondo economico- Conflitto o collaborazione?" Clicca qui.

 

 

Maternità e paternità

 

La gioia di essere marito o moglie, si accentua se il proprio ruolo si amplia anche alla paternità o alla maternità. Creare una nuova vita umana, vederla crescere, partecipare attivamente e con impegno al suo sviluppo e alla sua maturazione gratifica non solo l’istinto, ma anche il cuore e la mente.

Iniziale e primitivo strumento di apertura alla vita, è ancora una volta l’istinto. Questo rappresenta la modalità scelta dalla natura per accompagnare alla paternità e maternità anche gli individui più recalcitranti. È l’istinto un sistema primordiale, ma molto valido ed efficace, per la riproduzione della specie, ma può rappresentare un modo altrettanto efficace per lanciarsi nell’avventura di costruire e far crescere una nuova famiglia. L’istinto verso la maternità, sembra sia più forte e incisivo della ricerca della paternità. Nonostante ciò, molti uomini desiderano essere padri, ma per scopi ed in un modo diverso, da come le donne desiderano essere madri.

ESSERE MADRE

 

http://www.cslogos.it/uploads/images/BAMBINI/Diapositiva21.JPG

 

 

 

Per le donne la maternità è qualcosa che fa parte del loro DNA. Prima di diventare pensiero razionale, è già nel loro corpo e nel loro sangue, in quanto nasce con loro. E se la donna è educata correttamente, si evolve e arricchisce con i giochi di bambina; si matura con l’identificazione con la propria madre e con le altre madri e donne; ed è presente in ogni componente del proprio corpo come del proprio spirito.

Pertanto subentrano il trauma ed il lutto quando la donna non riesce ad essere madre o quando, per gravi problemi patologici, è costretta ad interventi demolitori degli organi della riproduzione.

Molte donne bramano avere un figlio, anche se nato da un’altra donna; anche se l’età fisiologica non lo permetterebbe; anche se l’uomo che è accanto a loro non è dei migliori; o addirittura, anche quando accanto a loro non c’è nessun uomo degno e disponibile ad essere padre. Abbiamo detto prima che l’istinto verso la maternità va educato, stimolato ed aiutato a manifestarsi fino a raggiungere la ricchezza caratteristica di una buona madre. Ma non sempre ciò avviene anzi, sempre più spesso, l’istinto materno viene trascurato, irriso, svalutato, compresso a favore di altri valori e altre finalità.

Per tale motivo non sempre si presenta con tutte quelle caratteristiche indispensabili ad una buona madre. Inoltre, in molte donne, il desiderio di maternità si rattrappisce fin quasi a scomparire quando l’uomo, che è accanto a loro, non è affidabile o quando l’impegno o lo stress per la vita lavorativa e professionale al di fuori della famiglia, assorbe eccessivamente il loro tempo, la loro vita, le loro emozioni.

ESSERE PADRE

 

 

 

http://www.cslogos.it/uploads/images/BAMBINI/Diapositiva28.JPG

 

 

La motivazione dell’uomo alla famiglia, alla procreazione e il desiderio di paternità, invece, nasce e si realizza in modo diverso.

L’uomo che ama progettare e poi costruire ponti, strade, macchine, strumenti, vie commerciali, nuove città e nuovi Stati, vede la famiglia come una costruzione che, per essere desiderabile e accettabile, deve possedere determinate caratteristiche, in caso contrario, per lui non ha alcun interesse.

Come una costruzione ha bisogno di un buon progetto, di architetti e operai qualificati, di un responsabile che con passione, forza e razionalità sia capace di portarla a buon fine, con delle decisioni e responsabilità ben precise, utilizzando materiali di prima scelta, così anche nell’impegnarsi alla formazione di una famiglia, l’uomo ha bisogno di trovare determinati requisiti che ritiene necessari affinché, alla fine, lo scopo sia raggiunto. E lo scopo viene raggiunto quando quello che viene costruito ha caratteristiche e qualità corrispondenti al progetto iniziale.

I presupposti per intraprendere un percorso di responsabilità alla paternità includono quindi tutta una serie di parametri, senza i quali l’uomo non si impegna o si impegna in maniera parziale, momentanea o di malavoglia.

Intanto egli necessita di un partner affidabile e quindi di una donna che abbia certi requisiti.

Cerca una donna da amare e da cui venga amato e rispettato. L’amore include molte cose: il dialogo, il piacere di stare insieme, il sesso ma anche il sentimento, il rispetto reciproco, le reciproche attenzioni.

Cerca una donna capace di cure.

L’amore include la cura per l’altro. Egli pertanto si aspetta di trovare, come compagna per la vita, una donna con caratteristiche nettamente femminili: tenera, dolce, appassionata, ma anche capace di attenzioni particolari verso di lui e verso la prole.

Cerca una donna con caratteristiche materne.

In questa donna l’uomo deve riconoscere, in maniera chiara, sufficienti caratteristiche per essere una buona madre. Deve pertanto essere una persona matura, serena, attenta, disponibile, capace di gestire con sano criterio, con saggezza, prudenza e accortezza, la vita familiare anche dal punto di vista educativo.

Cerca una compagna di vita.

Altra caratteristica desiderata è la capacità di essere per lui compagna di vita. Non ama pertanto una donna dura, aggressiva, sempre sulla difensiva, troppo indipendente, troppo forte, troppo libera, frivola o spavalda, che ama aggredire più che accogliere. Cerca quindi una donna che accetti con responsabilità ed impegno un ruolo complementare a quello maschile.

Cerca una donna fedele.

Nella donna da amare e con la quale costruire una famiglia, cerca la fedeltà, non solo dal punto di vista sessuale e sentimentale, ma anche in relazione agli impegni assunti con il matrimonio. Una donna fedele gli assicura che i figli che nasceranno ed i sacrifici che farà saranno indirizzati e utilizzati dalla sua progenie e non da quella di un occasionale amante e che il progetto comune andrà a buon fine.

Desidera una donna che abbia sviluppato un sano senso del pudore.

Giacché, a differenza della donna che si eccita più dalle parole e dai gesti, che non dalle immagini, l’uomo si eccita più facilmente soprattutto attraverso la vista, egli giudica severamente la donna che sottolinea le sue forme o peggio, le scopre. Ama quindi una donna con un sano e alto senso del pudore.

Cerca una donna che valorizzi e rispetti le sue capacità gestionali.

La donna da amare, inoltre, deve sapergli dare un ruolo importante nell’organizzazione e nella progettazione della vita familiare. L’uomo desidera quindi una donna che sappia accettarlo, rispettarlo e valorizzarlo come compagno prezioso e importante, anzi indispensabile, in questa splendida avventura umana.

Richiede una donna che non sia facile preda delle mode.

Poiché gli uomini tendono ad essere più tradizionalisti e quindi tendono a conservare l’esistente, essi cercano una donna che non si adatti in maniera passiva alle mode del momento, ma riesca a vedere con razionalità ed obiettività quello che è più utile per la coppia e per la famiglia.

Solo se sussistono buona parte di queste condizioni nasce il desiderio di paternità e di famiglia, in caso contrario la paternità e la famiglia per l’uomo non hanno alcun valore, non hanno alcun senso, non hanno alcun interesse. Per tale motivo difficilmente l’uomo si lascia convincere ad un cammino familiare da donne che non possiedono o nelle quali non riconosce questi requisiti.

Soprattutto lo convincono poco ed è molto recalcitrante verso donne nelle quali non vede buone capacità materne e di cura. Capacità indispensabili per gestire correttamente sia eventuali figli che una sana vita familiare.

L’interesse per le capacità professionali di una eventuale compagna, è così scarso che spesso viene visto addirittura in modo negativo, in quanto l’uomo sa, e si accorge dalle esperienze delle famiglie dalle quali proviene o è circondato, che alte capacità professionali mal si accordano con buone capacità materne in quanto, alte esperienze professionali mal si legano con buone capacità di attenzioni e cure nei confronti suoi, dei suoi figli e nei confronti della rete familiare.

In molte nazioni occidentali come l’America, la Francia, l’Italia gli uomini spesso cercano e si sposano con donne straniere, non perché siano più belle e avvenenti di quelle del proprio paese, ma nella speranza di trovare delle donne che abbiano requisiti vicini ai propri ideali.

Dovendo confrontarsi e vivere in una società consumistica, l’uomo si trova davanti ad un dilemma: da una parte, razionalmente, è attratto e capisce che un secondo stipendio in famiglia gli farebbe comodo per affrontare tutte quelle spese che la moderna società occidentale propone come spese indispensabili per vivere, dall’altra è restio ad impegnarsi in un cammino di paternità.

La soluzione più ragionevole che vede e spesso sceglie, è quella di condividere con la compagna un impegno minimo che gli permetta lo stesso una piacevole, e se possibile intensa, vita sessuale, amicale e sociale, senza obblighi di tipo matrimoniale, limitando al massimo le nascite o abolendole completamente. Più tardi gli uomini arrivano al matrimonio, più tendono a posticipare la decisione di mettere al mondo dei figli, in quanto diminuisce l’entusiasmo verso la paternità, mentre nel contempo aumentano le perplessità nei confronti di una vita sociale e familiare spesso caotica.

In questo rifiuto della procreazione l’uomo può essere d’accordo con alcuni tipi di donne che, a causa di un’educazione focalizzata sulla vita professionale e sull’edonismo, vedono nella gravidanza e nel cambiamento di ruolo, da donna a madre, una limitazione, una palla al piede che le limita nelle loro possibilità di carriera, nelle amicizie, nei piaceri, nei viaggi e divertimenti.

Per quanto riguarda il proprio ruolo all’interno della famiglia, l’istinto, oltre che il patto e la tradizione millenaria, sollecita l’uomo a chiedere di essere accettato come capo e responsabile. Egli avverte che per esprimere la sua paternità in modo pieno e completo, deve avere la possibilità di indirizzare responsabilmente i vari componenti di questa in un percorso virtuoso, stabile e sicuro, che porti a trasmettere ai figli tutte quelle informazioni e realtà che egli possiede e che potrebbero essere utili per formare un uomo e una donna maturi.

L’uomo inoltre è consapevole che la selezione naturale, operata in milioni di anni, gli ha conferito determinate caratteristiche che lo rendono più idoneo della donna al compito di responsabile della famiglia.

Infatti, caratteristiche dell’uomo educato correttamente,  sono la forza morale, la determinazione, la capacità di lottare e di osare nei momenti più difficili e duri senza scoraggiarsi facilmente, senza tentennare, senza fughe dovute all’emotività e alla fragilità. Ciò permette all’uomo di superare meglio le difficoltà e di raggiungere più facilmente gli obiettivi prefissati.

Anche le altre caratteristiche maschili, come il saper dare e accettare regole e norme, la più facile e frequente linearità nei comportamenti, una visione sociale più ampia e le minori influenze che hanno su di lui le mode e gli usi del momento, possono permettergli una guida più stabile e sicura, una visione più obiettiva delle situazioni da affrontare, una migliore utilizzazione delle esperienze del passato e una più corretta programmazione del futuro.

Nonostante ciò egli, per millenni abituato a lottare, cacciare e lavorare in gruppo, sotto la direzione di un capo, è disponibile ad accettare e collaborare con un responsabile da lui rispettato, ammirato e accettato, anche se di sesso femminile. Questa donna però deve essere capace di prendere su di sé tutti gli onori e gli oneri della difficile conduzione familiare.

Il maschio, abituato a confrontarsi in ambiti sociali con ruoli piramidali, a differenza della donna che ama i ruoli paritari, cerca e chiede, nelle attività nelle quali si impegna, decisioni chiare, sicure, rapide, concrete e stabili. Pertanto, sia istintivamente, sia razionalmente, avverte un grave disagio quando è costretto ad operare in un sistema, come quello occidentale, fondato sulle responsabilità totalmente condivise. Egli, infatti, sa che, in una struttura complessa, variegata, di grande continuo impegno, come quella familiare, nella quale sono fondamentali la rapidità e la linearità delle decisioni, questa metodologia gestionale non è assolutamente funzionale agli scopi che dovrebbe assolvere. Sa, inoltre, che non sono adeguate leggi che rendano aleatorio ogni serio progetto di famiglia stabile e responsabile. Leggi che sembrano fatte apposta per dare lavoro ai peggiori azzeccagarbugli. Pertanto non è disposto ad accettare il coinvolgimento in un’impresa votata alla disgregazione e al fallimento, sia sotto l’aspetto economico che psicologico.

E’ bene quindi che società ed istituzioni tengano presente che se la figura maschile all’interno della famiglia continua a diventare sempre più periferica, nell’ombra, trascurata, se si toglie all’uomo, come è avvenuto in maniera sistematica in questi ultimi decenni, ogni autorità, se non lo si mette più in grado di farsi rispettare e ubbidire, se il suo potere disciplinare all’interno della famiglia viene drasticamente ridotto, se il ruolo maschile e paterno viene sminuito, mentre nel contempo viene esaltato quello femminile e materno, non è difficile prevedere che la speranza di trovare uomini disponibili ad assumersi un serio e stabile impegno familiare si ridurrà sempre di più, fino a ritornare agli albori della storia umana quando le nuove generazioni erano allevate solo da donne, con le quali gli uomini avevano avuto unicamente dei rapporti sessuali occasionali. 

 

 

Tratto dal libro: "MONDO AFFETTIVO E MONDO ECONOMICO" DI Emidio Tribulato

Per scaricare gratuitamente questo libro clicca qui.

 

Per avere in forma cartacea il libro "Mondo affettivo e mondo economico- Conflitto o collaborazione?" Clicca qui.

 

 

Le funzioni della famiglia

 

 



http://www.cslogos.it/uploads/images/Diapositiva136.JPG


Il patto dal quale nasce la famiglia, rappresenta il migliore esempio di collaborazione ed intesa tra il mondo affettivo relazionale e quello economico e dei servizi. Nella famiglia, infatti, sono presenti ed agiscono molti elementi dell’una e dell’altra realtà. Da una parte sono innegabili gli elementi di tipo economico: entrate, uscite, mutui, bollette e tasse da pagare, dall’altra la famiglia è il centro ed il cuore pulsante del mondo affettivo, perché è nella famiglia che si muovono ed agiscono i principali attori dell’affettività e della relazione.

La famiglia, dal punto di vista psicologico, può essere definita come il luogo primario ed insostituibile di quelle relazioni di fiducia, reciprocità e dono che sono essenziali per costruire, alimentare e proteggere lo sviluppo di altri esseri umani.

Dal punto di vista sociologico essa costituisce il fondamento della totalità delle società umane e può essere definita come un insieme di due o più persone legate da vincoli di sangue, di matrimonio o di adozione, che formano un’unità economica, sono responsabili della reciproca cura e dell’educazione di eventuali figli e spesso vivono insieme nel medesimo aggregato domestico.

Sono considerate facenti parte della famiglia, come membri aggregati ad essa, anche le persone addette in maniera continuativa e stabile ai servizi domestici, nonché le altre persone che, a qualsiasi titolo, convivono abitualmente con la famiglia stessa.

Quindi nella famiglia vi sono più persone, variamente assortite, ma che insieme condividono in un patto di mutuo aiuto ed assistenza un passato e rilevanti prospettive per il futuro. Ogni uomo ha più famiglie: quella in cui è nato; quella o quelle che si sono formate dopo il suo matrimonio o in seguito alla convivenza; quella presente durante gli anni del tramonto della sua vita.

Ogni famiglia lascia, nell’animo dei suoi componenti e consequenzialmente nei loro comportamenti e vissuti, dei segni indelebili, sia in senso positivo che negativo. Rimarranno allora in tutte le persone che vivono in essa, segni positivi lasciati da una realtà efficace, come rimarranno i segni negativi, lasciati da un gruppo che agisce e si relaziona in modo disfunzionale.

LE FUNZIONI DELLA FAMIGLIA

Se la famiglia ha un buon grado di funzionalità ed efficienza deve poter garantire numerose prestazioni. Questa istituzione è stata, infatti, in tutti i popoli ed in tutti i secoli, il principale strumento di mediazione tra la società ed il fanciullo. Ha provveduto non solo alle necessità biologiche, ma anche a quelle psicologiche ed educative della prole. Ogni cucciolo d’uomo, infatti, per diventare una persona affettivamente ricca, matura, serena e socievole, ha bisogno di una famiglia che lo aiuti nella formazione e strutturazione della sua personalità.

La famiglia si attiva per trasmettere la cultura di base e per far maturare nei figli le capacità necessarie per una buona integrazione, in modo tale che questi possano vivere correttamente dando il loro prezioso contributo alla società.

E’ quindi la famiglia un “seminarium civitatis” una istituzione naturale che “fa sorgere e fa crescere la città e dunque la società.”  Questo organismo è l’unità base affinché la società si evolva positivamente. Ma dalla famiglia dipende anche il destino dell’uomo, il suo benessere o malessere psicologico, la sua capacità di cogliere i piccoli piaceri e le gioie della vita, la capacità di dare senso alla sua esistenza.

Se le famiglie sono funzionali le future generazioni saranno forti, ricche di beni materiali, culturali, spirituali e materiali. In caso contrario saranno deboli, fragili, disturbate, malate fisicamente, psicologicamente o socialmente. La famiglia, pertanto, è il più importante capitale di ogni società umana.

Nell’unione familiare, più che in altre forme di convivenza, possono dialetticamente armonizzarsi libertà e responsabilità; autonomia e solidarietà; cura dei singoli e ricerca del bene comune; forza progettuale e disponibilità all’imprevisto; sollecitudine e discrezione; sana aggressività e perdono; disponibilità alla comunicazione ma anche all’ascolto.

La famiglia, se funzionale, riesce ad assolvere a numerose ed importanti funzioni:

Funzione emotiva, affettiva e sessuale.

Essendo la famiglia luogo privilegiato degli affetti, e quindi luogo dove nascono e si sperimentano i primi sentimenti d’amore, essa ha, come fondamentale funzione, lo sviluppo delle espressioni affettive e sessuali.

Se la famiglia è funzionale riuscirà a ricreare una serie di elementi psicologici fondamentali allo sviluppo e al benessere umano, come la soddisfazione dei bisogni affettivi, la sicurezza, lo scambio dell’amore, della gioia e del piacere.

Come luogo primario dell’amore, dell’accoglienza, dell’abbraccio, della carezza, della rassicurazione, della sollecitudine, questa istituzione è dispensatrice della fiducia di fondo, del bambino, del giovane e dell’adulto, rispetto alla vita e all’ambiente sociale.

Se la famiglia riesce ad essere luogo di calore, accoglienza e amore, sarà capace di produrre nella prole capacità e possibilità affettive e relazionali notevoli, in caso contrario oltre a numerose problematiche psicologiche (nevrosi, psicosi, caratteropatie, tossicomanie ecc.) darà vita a frustrazione, impotenza, aggressività, odio e rancore. Problematiche queste che inevitabilmente saranno trasferite nel contesto sociale, creando un danno economico e di funzionalità del sistema tanto più grave quanto più numerosi e importanti sono i problemi dei suoi componenti.

Funzione di sostegno nelle avversità.

Se armonicamente strutturata, la famiglia riesce molto efficacemente ad essere sostegno in occasione delle tensioni connesse alle inevitabili fasi di transizione della vita: sostegno negli eventi stressanti, in caso di disabilità, di malattie, come nella vecchiaia e in presenza di lutti o perdite.

Funzione economica.

La famiglia è una piccola impresa tra persone che condividono e si impegnano per dei progetti comuni. Tra questi ve ne sono sicuramente anche quelli di tipo finanziario. La famiglia provvede, infatti, a procurare, con il lavoro dei suoi membri, le risorse necessarie per la vita comune: cibo, vestiti, abitazione, cure sanitarie e altre necessità materiali. Giacché con le sue spese consuma, mentre nel contempo produce reddito mediante il lavoro dei suoi componenti, è la famiglia il principale motore dell’economia. Mediante il pagamento delle tasse essa provvede alle necessità dello Stato , mentre, a sua volta, utilizza gli aiuti dello Stato  per l’assistenza ai minori, agli anziani, ai malati e ai disabili.

Per Ackerman “La famiglia può essere paragonata a una membrana semipermeabile, a un involucro poroso, che permette un interscambio selettivo tra i suoi membri all’interno e il mondo esterno.” .

Il paragone è corretto. Infatti la membrana di una cellula di un corpo, ha la possibilità di aprire i suoi pori per prendere dall’esterno, dal sangue circolante, quello che le serve e nel contempo dare quello che è utile all’organismo.

La stessa membrana cellulare ha anche la possibilità di difendersi, chiudendo i suoi pori quando, nell’ambiente esterno, circolano sostanze tossiche o pericolose per il suo benessere. Allo stesso modo la famiglia dovrebbe avere la possibilità di scambiare con la società elementi utili ad entrambi, ma dovrebbe avere anche la possibilità di diminuire o chiudere questi scambi quando, all’esterno, circolano elementi deteriori, per qualcuno dei suoi membri o per tutta la famiglia.

Ciò però è possibile quando vi è un unico, attento responsabile al quale è affidata la scelta su cosa scambiare, come scambiare, quando scambiare e sull’eventuale chiusura o apertura nei confronti del mondo esterno. Questo meccanismo si inceppa e risulta pertanto inidoneo, se più responsabili si attivano, a volte contraddicendosi, in queste vitali operazioni.

Il paragone portato da Ackerman ci aiuta a capire anche altre situazioni che possono danneggiare notevolmente la famiglia. Se un individuo, in maniera frequente o costante, assume sostanze tossiche come potrebbero essere alcool, droghe o cibi tossici o adulterati, le possibilità della cellula di scambiare, senza correre rischi, si riducono notevolmente in quanto, da un momento all’altro, potrebbe essere messa in contatto con del materiale dannoso alla sua sopravvivenza.

Una situazione analoga è presente nella nostra società la quale, in modo assolutamente irresponsabile, non si cura di portare, mediante la TV e gli altri mass media, vicino alle famiglie e dentro le famiglie, insieme a materiale utile anche elementi molto dannosi per la vita di questa istituzione o per qualcuno dei suoi componenti più fragili e indifesi.

E’ possibile, ma non è affatto conveniente, come spesso si vorrebbe e si è tentato di fare, rompere questo intimo sodalizio tra famiglia e società, in quanto le cellule hanno bisogno dell’intero organismo per vivere, ma anche l’organismo ha bisogno delle cellule per la sua salute e per la sua sopravvivenza e quindi se la famiglia, ogni famiglia, ha bisogno della società, questa, a sua volta, non può fare a meno delle famiglie.

Funzione riproduttiva.

All’interno della famiglia nascono le future generazioni umane. Se le famiglie trovano nel proprio seno sufficienti capacità e all’esterno un ambiente favorevole, esse sono in grado di fornire alla società un numero di figli sufficiente a sostituire le persone decedute e ad ampliare, gradualmente, la diffusione della razza umana. In caso contrario, sia qualitativamente che numericamente, il “prodotto” di questa istituzione sarà scarso ed insufficiente a coprire anche solo le morti.

E’ quello che sta avvenendo nelle società occidentali ormai da vari decenni. Il “prodotto” delle famiglie è così modesto, sia dal punto di vista qualitativo sia dal punto di vista quantitativo, che le società occidentali, per sopravvivere, hanno bisogno di un numero considerevole di uomini e donne provenienti da ambienti più poveri economicamente e culturalmente, ma più ricchi sul piano umano.  Non vi è quindi, come spesso viene strombazzato dai mass media, “un’invasione” da parte di uomini, donne e bambini che provengono dai paesi extracomunitari. Quello che avviene è un’indispensabile “sostituzione”.

Importiamo braccia e muscoli per i lavori più pesanti e umili. Importiamo cervelli per le attività di ricerca e studio. Importiamo presenza, dialogo, capacità di cura ed assistenza per i nostri ammalati in ospedale, per le nostre persone anziane, per i nostri bambini. Questo è ciò che avviene e che in realtà è sempre avvenuto nelle società ricche di mezzi materiali ma povere nell’ambito familiare.

Funzione assistenziale, di cura, allevamento e solidarietà sociale.

E’ solo all’interno delle famiglie che le attenzioni amorevoli tra i coniugi, verso la prole, le persone ammalate, disabili o sole, hanno caratteristiche che le rendono uniche, insostituibili e particolarmente importanti. Psicologicamente, i membri della famiglia sono legati da una reciproca interdipendenza, per la soddisfazione dei bisogni affettivi. I servizi statali o quelli offerti, anzi comprati dai privati, raramente sono in grado di dare quanto promesso. Nessun servizio pubblico o privato è, infatti, capace di dare tanto e bene ad un costo così contenuto, come riesce a fare una normale sana famiglia, in quanto nessun servizio pubblico o privato riesce a creare, attorno ad un minore o alla persona ammalata, anziana, disabile, sola o bisognosa di cure, quel clima di affettuosa e attenta presenza che dà il necessario conforto, che lenisce la sofferenza, allevia i problemi, accelera la guarigione.

Funzione di protezione dai pericoli esterni.

La famiglia dovrebbe poter offrire a tutti i suoi membri, protezione e riparo, così da essere porto sicuro nei confronti dei fattori negativi dell’ambiente sociale nel quale è inserita.

I pericoli presenti nell’ambiente sociale sono di vario ordine: sono pericoli di tipo fisico, ma sono soprattutto pericoli di tipo psicologico: contatto con disvalori, violenze, abusi o offese di tipo spirituale, morale e relazionale.

La famiglia, se adeguatamente preparata, aiutata e sostenuta dalle istituzioni, ha gli strumenti per riconoscerli, ha gli antidoti per neutralizzarli, ha la forza per debellarli, così da impedire danni irreparabili ai suoi membri.

Abbiamo detto “se aiutata dalle istituzioni”. E’ indispensabile quindi che le istituzioni si facciano carico della protezione delle famiglie e dei loro membri, senza abbassare la guardia con la scusa della libertà di parola e di pensiero. Oggi, nelle società occidentali, questa protezione manca quasi completamente. Si ricercano e si puniscono severamente i pochi orchi pedofili, ma si lascia che un mare putrido di melma prodotto, anche a spese della comunità, invada, mediante i mass media, le menti ed i cuori di minori e adulti.

Funzione educativa.

“La famiglia, al di là delle sue diverse configurazioni, ci rimanda a quella struttura relazionale delle persone che definisce il nostro Io più vero e profondo.”  Pertanto la funzione educativa primaria e di base non può che essere affidata alla famiglia. Solo in questa le future generazioni trovano quel legame d’amore tra due esseri di sesso diverso, quell’affetto, quelle attenzioni e cure, capaci di sviluppare tutte le potenzialità dell’essere umano, in un clima di serenità, apertura alla vita, fiducia e sicurezza.

Solo in questa istituzione sono presenti quei presupposti di continuità e gradualità dei processi educativi capaci di sviluppare e far crescere persone con una stabile e sicura identità e personalità. Persone quindi non solo intelligenti e capaci ma anche serene, mature e responsabili.

Questo perché è soltanto nella famiglia che ritroviamo dei legami affettivi con quelle caratteristiche di intensità, stabilità, continuità e responsabilità. Qualità indispensabili nella formazione ed educazione delle future generazioni umane.

La funzione educativa della scuola o degli altri servizi non può che essere secondaria e sussidiaria a quella familiare, in quanto, questi servizi non hanno né la capacità, né la linearità, né la coerenza, né la responsabilità, presenti in una sana normale famiglia. Pertanto è soprattutto in questa che al bambino vengono trasmessi i valori fondamentali indispensabili per la sua esistenza e per la società. E’ nella famiglia che lui impara a limitare le sue esigenze; capisce come rispettare quelle degli altri; apprende ad inserire i bisogni in una corretta scala di valori. Ed è nella famiglia che impara a comprendere che la vera libertà si nutre di responsabilità e rispetto nei confronti degli altri, di se stesso e della verità.

Funzione socializzante.

Essendo il gruppo primario intermedio tra l’individuo e la più vasta società, la famiglia è la più piccola cellula sociale ma anche il principale mediatore sociale.

E’ nella famiglia che vengono posti i fondamenti dell’educazione all’integrazione dei ruoli sociali e l’accettazione delle responsabilità verso il più vasto mondo esterno ad essa. Ed è nella famiglia che inizia il cammino socializzante per i minori, che si amplierà e completerà poi mediante l’attività della scuola e delle altre agenzie educative.

Ed è sempre in questa istituzione che viene attuato il miglior tirocinio verso la comunità e verso l’altro. Si impara a limitare i propri desideri, a confrontarli con i bisogni degli altri, si impara a riconoscere nei propri comportamenti le conseguenze positive o negative che da questi comportamenti potrebbero scaturire.

Lo sganciamento dell’individuo dai rigidi legami dati dalla rete familiare, se da una parte offre maggiore libertà nelle scelte personali del coniuge, del lavoro, della professione o della residenza, dall’altra comporta tutta una serie di conseguenze negative facilmente individuabili, come: maggiore solitudine; netto aumento di comportamenti pericolosi, errati o poco congrui; infedeltà; maggiori difficoltà nel ricomporre le liti o i problemi che si dovessero presentare nella coppia. Per tale motivo gli uomini e le donne sposati godono, in genere, di maggiore considerazione sociale, in quanto i loro comportamenti sono considerati più vicini alla norma, meno egocentrici e più orientati al benessere comune.

Funzione religiosa ed etica.

E’ all’interno della famiglia che, nei vari popoli, si coltiva e viene espressa la religiosità più profonda e vera. E’ solo in questa istituzione che gli insegnamenti morali, religiosi, etici ed i valori fondamentali del genere umano vengono trasmessi dagli adulti alle nuove generazioni, senza orpelli o grandi manifestazioni esteriori ma nel modo più intimo, profondo e vero.

Nella vita di ogni giorno, tra le mura che racchiudono e uniscono le famiglie, lo spirito religioso viene trasmesso non solo come informazione culturale ma, goccia dopo goccia, è alimento prezioso ed essenziale nella strutturazione e formazione della personalità.

Non è un caso che in tutti i popoli di grande civiltà, è in seno alla famiglia che viene iniziato, alimentato e sviluppato il senso etico e religioso della vita, tanto che per la chiesa cattolica la famiglia rappresenta la “piccola chiesa domestica”.

Funzione di trasmissione culturale.

E’ la famiglia che provvede allo sviluppo della personalità dei singoli componenti.

E’ attraverso la famiglia che le fondamentali conoscenze e la cultura di base dell’umanità passano alle nuove generazioni. Mediante l’esempio quotidiano sono trasmessi gli insegnamenti riguardanti i rapporti con il prossimo, i principi educativi fondamentali per il buon vivere sociale, i valori morali, i ruoli sessuali, i compiti ed i legami generazionali.

Funzione di sviluppo dell’orientamento e dell’identità sessuale e personale.

La famiglia ha lo scopo di sviluppare l’identità sessuale e personale che si trova allo stato potenziale nei nostri geni. Almeno un terzo dell’identità e dei ruoli sessuali sono affidati all’ambiente affettivo relazionale nel quale il bambino vive. Questo significa che una buona parte della corretta identità sessuale necessita di idonei interventi da parte della famiglia di origine.

Basta scorrere e soffermarsi un attimo su queste che sono le sue funzioni basilari per rendersi conto che la famiglia non è un fossile storico, ma resta il migliore ed insostituibile strumento per la sopravvivenza della specie e della società.

 

 

Tratto dal libro: "MONDO AFFETTIVO E MONDO ECONOMICO" DI Emidio Tribulato

Per scaricare gratuitamente questo libro clicca qui.

 

Per avere in forma cartacea il libro "Mondo affettivo e mondo economico- Conflitto o collaborazione?" Clicca qui.

 

 

Le convivenze

 

Convivenza e coppie di fatto vengono messe insieme per comodità statistica, ma in realtà sono, nella vita della coppia, delle modalità di unione fondamentalmente diverse.

La convivenza.

Intanto vi sono vari tipi di convivenza.

Vi è una convivenza come primo passo verso il matrimonio. Convivenza prematrimoniale.  Come dire: “Il matrimonio è una realtà troppo ardita e complessa, facciamo un passo alla volta. Per adesso conviviamo, si intende senza avere figli, in un secondo momento speriamo di fare il passo successivo: il matrimonio.”

Vi è una convivenza intesa come prova. Prova di come lui o lei o noi come coppia ci comporteremo in una situazione che non sia più di fidanzamento ma di matrimonio.

A questo tipo di convivenza sono aperti soprattutto gli incerti ed i dubbiosi. Vi sono i dubbiosi nei confronti del partner. “Non mi piacciono le sorprese, meglio vedere prima come lei/lui si comporterà,” e poi deciderò.

Vi sono poi i dubbiosi della realtà matrimoniale. “Chissà come è fatta o cosa succede in questa situazione di cui tutti parlano, che si chiama matrimonio, perché accettarla a scatola chiusa? Meglio provarla prima.”

C’è infine una convivenza come alternativa al matrimonio. “Noi speriamo di stare insieme anche tutta la vita e di avere dei figli insieme ma, meglio lasciarsi una porta aperta, se le cose non dovessero andare bene, se il nostro amore dovesse sciogliersi come neve al sole, possiamo sempre lasciarci senza molti obblighi.”

Approdano quindi alla convivenza soprattutto le persone insicure: di sé, dell’altro o dell’istituto matrimoniale. Vi approdano le persone che cercano e desiderano vivere e gustare qualcosa insieme piuttosto che le persone che hanno il desiderio di costruire insieme qualcosa che sia utile e importante per entrambi, per i figli che nasceranno, per la società. Qualcosa che duri nel tempo, che nel tempo si solidifichi e si espanda.

Entrambe queste situazioni psicologiche sono consequenziali alle modalità educative, mediante le quali i giovani oggi sono allevati. Un’educazione che ha come frutti perversi l’individualismo e l’edonismo.

Quando si vive con questi principi e con questo tipo di valori la persona, ogni persona, si arroga il diritto - dovere di scegliere e vivere in ogni momento ciò che le aggrada, come pure  di rifiutare e non accettare ciò che in quel momento non gli è congeniale o non più così piacevole ed interessante come prima.

Il fine nell’individualismo è quello di alimentare costantemente il proprio Io. Non vi sono gli altri se non come una delle tante possibilità e strumento per soddisfare sé stessi. Non vi è progettualità; non vi è disponibilità alla lotta o al sacrificio; non vi è il concetto di dono per un ideale, dono agli altri, dono alla società.

Questo tipo di scelte nasce anche da un’educazione che tende a produrre persone fragili, immature, insicure, scarsamente determinate e motivate. Persone povere affettivamente ma anche povere nei loro ideali e nei loro sogni. Persone spaventate. Spaventate da troppe realtà negative che si muovono e si agitano attorno a loro, nella loro famiglia, nel loro cuore, nella vita delle coppie che ruotano attorno a loro. Spaventate dalle troppe liti e dalle manifestazioni di aggressività tra persone che invece avrebbero dovuto amarsi, rispettarsi ed accettarsi.

Questo tipo di scelte nasce da un’educazione che non guarda né al passato né al futuro ma che si accontenta ed è felice di vivere solo del presente.

Questo spiega perché le coppie, che prima di sposarsi hanno fatto l’esperienza della convivenza, sono meno affiatate, hanno più disaccordi profondi, si sostengono meno a vicenda, hanno più difficoltà a risolvere i problemi coniugali ed infine si separano più facilmente.

Le coppie di fatto.

Nelle coppie di fatto la situazione è molto diversa. Le persone che vivono queste unioni non stanno insieme in attesa del matrimonio, non vivono assieme per sperimentare come si vive da sposati, né intendono mettere alla prova le proprie o le altrui qualità. Le persone che formano questo tipo di unioni sono certe delle proprie e altrui qualità, credono nell’indissolubilità della loro unione, hanno un piano concreto e stabile per la vita, vogliono avere una casa propria e dei figli. In esse vi è l’apertura alla procreazione, l’impegno alla fedeltà e alla stabilità della loro unione, ma non vogliono dare, a questa unione, né la forma sacramentale della chiesa, né vogliono sottostare agli obblighi e alle imposizioni dati dallo Stato. Insomma, le coppie di fatto non vogliono né la benedizione della chiesa, né quella dello Stato .

Questo tipo di coppie ricalcano una situazione così come doveva presentarsi nei primi millenni della storia umana, quando ancora il patto tra un uomo e una donna era un patto privato, non era stato codificato da norme e regole date dalla società e dalle religioni. Norme e regole le quali, ricordiamo, sono nate e dovrebbero essere finalizzate a rendere più affidabili, solidi, stabili e duraturi questi contratti particolari. E’ un ritorno alle origini che denota il disagio provato da queste persone nei riguardi di una società civile che ha imbrigliato questo istituto naturale con eccessive e pesanti implicazioni legali, con eccessive e contraddittorie norme e regole che, più che garantire confondono, più che dare solidità e stabilità sconvolgono la natura dell’istituzione e la vita delle coppie.

Entrambe queste scelte di vita familiare dovrebbero però far squillare un campanello d’allarme nei palazzi della politica, perché è la politica che ha reso l’istituto del matrimonio sempre meno appetibile, sempre più incerto, sempre più difficile da vivere serenamente ed in armonia, a causa di leggi inadeguate, contraddittorie e distruttive dell’unità familiare.

 

 

 

Tratto dal libro: "MONDO AFFETTIVO E MONDO ECONOMICO" DI Emidio Tribulato

Per scaricare gratuitamente questo libro clicca qui.

 

Per avere in forma cartacea il libro "Mondo affettivo e mondo economico- Conflitto o collaborazione?" Clicca qui.

Il calo delle nascite





http://www.cslogos.it/uploads/images/BAMBINI/Diapositiva12.JPG

Nonostante l’istinto materno sia molto forte, le cause principali del calo, o meglio del crollo delle nascite coinvolgono entrambi i sessi: uomini e donne,  mariti e mogli, ma anche nonni, familiari e amici spesso concorrono in modo negativo, non incoraggiando o chiaramente sconsigliando la procreazione.

I motivi sono tanti e tutti concorrono ad allontanare nel tempo o a limitare al massimo, se non ad escludere, nelle famiglie, l’arrivo di nuove vite umane.

La consapevolezza di non poter garantire un ambiente sereno. 

Sia istintivamente che razionalmente noi avvertiamo che un bambino dovrebbe essere concepito e nascere in un ambiente stabile, sereno, ricco di tenerezza, pace e amore. Come pensare di mettere al mondo dei figli quando le incomprensioni, le accuse, i dissidi, o i conflitti sono frequenti e gravi e sconvolgono e straziano quasi ogni giorno le coppie e le famiglie? Come pensare di mettere al mondo dei figli quando i litigi tra i coniugi non sono un fatto eccezionale ma il velenoso pane quotidiano; quando i padri fanno di tutto per mettere in cattiva luce le madri e viceversa; quando i nonni sputano veleno contro nuore e generi; quando gli “amici” si dividono per difendere a spada tratta o incolpare ora l’uno ora l’altro? Difficile pensare di mettere al mondo dei figli quando l’ambiente extra-familiare non brilla per armonia e serenità. Non solo per le tante guerre sparse per il mondo, ma anche e soprattutto per le atrocità in parte vere, in parte frutto di finzione, riversate nelle case in ogni ora del giorno e della notte da una televisione che cerca di attirare spettatori sollecitando emozioni e bassa istintività.

La consapevolezza di non poter garantire la soddisfazione dei bisogni essenziali di un bambino.

Quali probabilità vi sono che questo bambino possa continuare ad avere due genitori quando le separazioni ed i divorzi sono così frequenti? E poi come garantire a questo bambino l’educazione necessaria quando i “bisogni” che la società dei consumi propone sono sempre più numerosi, costosi e sofisticati?

Come garantire una corretta educazione quando, con l’avallo dello Stato , entrano fin dentro le case e quindi fin dentro l’animo dei bambini, mediante la TV, la radio, Internet e ora anche con i telefonini,  scene, pensieri, situazioni altamente diseducativi, nei quali la fanno da padroni il sesso, la violenza, la volgarità, la menzogna, l’aggressività? Elementi diseducativi e distruttivi dai quali è oltremodo difficile, se non impossibile, poter difendere la propria famiglia ma soprattutto i propri figli.

La mancanza o la scarsa quantità di gratificazioni.

Un figlio per essere desiderato dovrebbe essere fonte anche di gioia e gratificazioni. In una situazione di normalità il tempo, le energie, la fatica, la pazienza e i sacrifici necessari per la crescita di un nuovo essere umano dovrebbero essere, almeno in parte, ricompensati dal piacere e dalle gratificazioni. Dovrebbe essere fonte di gioia il neonato, per la dolcezza del suo visino, per le buffe espressioni con le quali accoglie le nuove esperienze, per i teneri sorrisi che dispensa. Dovrebbe essere fonte di gioia il bambino, quando comincia a conquistare il mondo con la sua infantile ma ricca personalità. Dovrebbero essere fonte di gratificazione per i genitori l’adolescente, che si affaccia alla maturità con la caratteristica esuberanza, forza e determinazione e poi il giovane che infonde con il suo lavoro e la sua nuova famiglia, nuova linfa nella storia dell’umanità.

Il giovane figlio dovrebbe essere in grado di prendere presto il testimone dalle mani dei genitori per portarlo sempre più lontano, ma nello stesso tempo, dovrebbe essere a loro vicino per aiutarli e assisterli negli anni difficili della vecchiaia, cercando di lenire problemi e limiti causati dall’età. Purtroppo molte di queste gratificazioni, piaceri e gioie non sono più appannaggio dei genitori.

Papà e mamma, quando il bambino è piccolo, inseguiti dalla fretta, dagli impegni e dalle necessità lavorative, sociali ed economiche, molto spesso non riescono ad apprezzare e gustare il dialogo, l’amore e la presenza dei loro figli. Quando poi questi figli si affacciano nel burrascoso periodo adolescenziale, spesso i genitori li sentono allontanarsi ogni giorno di più, mentre l’incontro e l’intesa rischiano di trasformarsi in scontri o in rapporti freddi, distaccati e superficiali.

Infine, pensare di essere accompagnati, sostenuti, assistiti, sollevati dai pesi e dalle limitazioni degli anni e della vecchiaia diventa sempre più frequentemente pura illusione in quanto, accanto ai vecchi genitori, per ascoltarli, assisterli e curarli, è molto più facile che vi siano braccia, volti, orecchie e occhi sconosciuti e stranieri provenienti da lontani paesi, che non occhi, braccia e volti da sempre conosciuti e amati come quelli dei loro figli.

In definitiva, si avverte nettamente che questo rapporto di dare e avere tra le generazioni si concluderà con una netta perdita per i genitori. Questa consapevolezza non fa che accentuare la frustrazione ed il rifiuto verso la maternità e la paternità.

La scarsa presenza di un sicuro e valido spazio affettivo.

Lo spazio affettivo sicuro e valido è quello spazio fatto di dialogo, attenzioni, ascolto, disponibilità, nel quale il bambino da una parte può muoversi in piena sicurezza, mentre dall’altra, in questo spazio, può ricevere e far propri preziosi apporti educativi e formativi. Lo spazio affettivo può essere ampio, come nelle famiglie allargate, nelle quali molte persone, sia adulti che minori, unite da legami di sangue o di parentela vivono insieme in armonia e collaborazione reciproca, oppure può essere limitato e ristretto soltanto ai due genitori o addirittura ad un solo genitore e a qualche sporadico amico di famiglia. Sappiamo che quanto più ampio è lo spazio affettivo e relazionale con caratteristiche positive nel quale il bambino può liberamente ed in sicurezza scambiare, tanto più facile è la sua gestione, in quanto i molteplici punti di riferimento positivi, diminuiscono l’impegno diretto e personale dei genitori. Al contrario, quanto più ristretta è la rete affettiva e familiare, tanto più difficile, penosa e snervante è la gestione della crescita dei minori. Quanto più rischioso e pericoloso è lo spazio delle relazioni, tanto più attenzioni sono necessarie per farlo vivere ai figli senza troppi rischi. Quando il mondo economico e le politiche familiari, non solo non favoriscono ma anzi rendono difficile o ostacolano una ricca, positiva ed efficace rete familiare, si vengono a strutturare le attuali mini famiglie, le quali da una parte non sono in grado di gestire correttamente l’educazione del minore, dall’altra rendono oltremodo difficoltoso l’impegno per il suo sviluppo.

La insufficiente presenza di uno spazio fisico.

Oltre allo spazio affettivo è importante anche lo spazio fisico. Se il bambino ha attorno a sé un ampio spazio strutturato in modo tale da potersi muovere liberamente senza rischio per la sua incolumità fisica e morale, come potrebbero essere cortili, giardinetti e altri spazi verdi attorno o vicino alle case, l’impegno diretto della famiglia diminuisce notevolmente, mentre nel contempo migliora l’umore ed il benessere psicologico del minore. Quando invece il bambino è costretto in spazi limitati e ristretti, come quelli presenti nei normali appartamenti in condominio, le limitazioni, i divieti, ma anche i rischi sono notevolmente maggiori, con conseguente aggravio dell’impegno e del controllo da parte dei genitori e maggiore frustrazione e tensione emotiva da parte del bambino.

I notevoli costi economici.

Un figlio, “una nuova bocca da sfamare”, come si diceva nelle società contadine di una volta, ha avuto sempre un costo economico, ma mai nella storia umana il costo economico della cura, allevamento, formazione ed educazione di un essere umano è stato così alto, com’è attualmente nelle società occidentali.  E ciò essenzialmente per due motivi.

Il primo riguarda gli stili di vita imposti dalla pubblicità e dalla società dei consumi, che condizionano pesantemente le scelte dei genitori i quali, non si sentono buoni genitori, se non si allineano a certi standard. Per sentirsi “un buon genitore” non basta comprare delle scarpe al proprio figlio ma, è necessario che queste siano di moda e, se possibile, griffate. Lo stesso vale per la cartella, il diario, i quaderni, i vestiti, i mobili della sua stanzetta ecc.. Non basta un telefono in casa ma ogni componente della famiglia ne deve avere almeno uno, se non due o tre. Come non basta in casa un televisore o una radio, ma è necessario che vi sia un televisore in ogni stanza. Per sviluppare normalmente il corpo di un bambino, non è sufficiente camminare, correre e giocare liberamente, ma un buon sviluppo fisico deve passare attraverso palestre o attività sportive da frequentare, naturalmente, a pagamento. Vi è poi la formazione culturale e scolastica che si associa al divieto di lavorare. Non viene considerata assolutamente sufficiente l’istruzione familiare, come non viene considerato sufficiente neanche qualche anno di istruzione nelle scuole pubbliche o private. Sono obbligatoriamente necessari molti, molti anni da trascorre sui libri e nei banchi di scuola. Perché lo Stato  lo impone e perché, per trovare un lavoro prestigioso, sono necessari certi standard formativi. Il fatto che lo Stato  imponga, con l’obbligo scolastico, una certa istruzione di base, attualmente in Italia fino a sedici anni, potrebbe essere un fatto positivo soltanto se la società civile potesse assumerne tutti gli oneri. Ci si aspetterebbe allora che fosse completamente gratuita la frequenza delle lezioni, ma anche completamente gratuiti dovrebbero essere i libri. Ma non solo.

Se lo Stato  impone alle famiglie per i minori lo studio, piuttosto che il lavoro con il quale questi potrebbero essere rapidamente indipendenti, questa operazione dovrebbe essere a costo zero per le famiglie, in quanto è la società civile che dovrebbe farsi carico del necessario mantenimento dei minori fino all’età nella quale persiste l’obbligo scolastico ed il divieto di lavorare. Per un minimo di correttezza e di giustizia, delle due una: o lo Stato  lascia libere le famiglie di regolarsi come meglio credono nelle loro scelte educative e formative o, se la società è consapevole che è un bene per la comunità civile che i propri concittadini abbiano un alto livello d’istruzione, se ne assuma tutti gli oneri che ne conseguono. In caso contrario? In caso contrario non può che accettare, senza incolpare i genitori di egoismo, quello che milioni di famiglie già fanno e cioè limitare al massimo il numero dei figli o escluderli del tutto, per evitare di affrontare spese ingenti per numerosi anni. 

Le limitazioni nella carriera professionale, politica o sociale.

Se la carriera professionale o politica è considerata importante, e messa al primo posto, non vi è dubbio che questa sarà limitata dalla nascita di uno o più figli. Come pensare alla carriera e seguire efficacemente e contemporaneamente un figlio? Com’è possibile, se richiesto dal datore di lavoro, spostarsi da una città all’altra e seguire un figlio? Stabilità nel lavoro, licenziamento, avanzamento di carriera e maggior stipendio spesso dipendono da quanto si riesce a dare nel lavoro, non da quanto si riesce a dare come genitori.

Le limitazioni nel tempo libero e nelle gratificazioni personali.

Un figlio o peggio, più figli limitano e condizionano molte scelte e necessità personali. Limitano la possibilità di utilizzare il tempo libero.  Limitano la possibilità di accedere alle cure del corpo. Limitano la possibilità di impegnarsi nell’agone politico e sociale. Limitano la vita di coppia. Se l’educazione delle nuove generazioni è stata impostata sulla valorizzazione dell’individuo e sulla conquista del massimo piacere e gratificazione personale e non sulla gioia della conquista e del dono queste, ed altre limitazioni della libertà individuale, saranno vissute con un senso di penoso sacrificio, che si cercherà di evitare sfuggendo o limitando al massimo le gravidanze.

L’inadeguatezza.

Vi è poi il problema dell’inadeguatezza. Nelle società avanzate del ricco e tecnologico occidente tutti i genitori dovrebbero avere caratteristiche da Superman. Essi dovrebbero contemporaneamente essere impegnati in una o più attività lavorative, “perché i soldi non bastano mai”; dovrebbero poi riuscire ad affrontare tutti gli impegni burocratici dettati ed imposti da una società avanzata e, contemporaneamente, dovrebbero riuscire ad impegnarsi ad educare e curare i figli.

La cosa detta così non sembra troppo difficile ma lo diventa a causa di una macchina burocratica e tecnologica sempre più complessa ed esigente. Non basta, infatti, essere disponibili a pagare le tasse ma bisogna avere una laurea in economia e commercio per poter assolvere, senza errori, a tutti gli impegni fiscali. Errori che tra l’altro sono poi puniti severamente come fossero dei crimini.

Per spedire un pacco non basta confezionarlo e portarlo all’ufficio postale, ma bisogna saper compilare i moduli giusti nel modo giusto. Per telefonare non è sufficiente alzare una cornetta e comporre il numero, ma bisogna fare un corso sulla comunicazione per poter capire come funzionano le mille diavolerie presenti nei normali cellulari.

Alte capacità e cultura tecnologica e fiscale sono solo due dei tanti requisiti che dovrebbero avere dei buoni genitori. Questi, come Sant’Antonio, dovrebbero poi possedere ampi poteri di bi o tri locazione per essere contemporaneamente presenti al primo e secondo lavoro; per essere pronti ad accompagnare i figli nelle varie attività sportive, musicali e scolastiche “indispensabili per farli crescere bene”; dovrebbero moltiplicarsi per essere sempre disponibili ad accompagnarli alle visite dei vari medici e specialisti per non trascurare problemi, una volta considerati assolutamente accettabili ma che vengono oggi presentati come importanti e fondamentali per la futura salute dei giovani rampolli.

Nel contempo i genitori dovrebbero essere attenti nel controllare che i figli non si mettano in situazioni di rischio con radio, Tv, Internet e telefonini tutto fare. Strumenti i quali, nonostante venga ripetuto costantemente che “di per sé non sono buoni o cattivi ma tutto dipende dall’uso che se ne fa”, costringono i genitori ad essere sempre disponibili e presenti mentre il figlio si collega in Internet e i pedofili ed i siti pornografici sono là pronti a ghermirlo appena si distrae un attimo.

E ancora i genitori devono essere presenti e disponibili, come viene giustamente consigliato dai buoni psicologi, a sedersi accanto ai giovani virgulti che assistono ai programmi TV per selezionare, con loro, i programmi più adatti e contemporaneamente dialogare su quanto visto o ascoltato.

Naturalmente gli stessi genitori non possono mancare al loro ruolo di tassisti pronti ad accompagnare i figli nelle varie festicciole, ma anche alla danza, al teatro, al cinema “perché i figli hanno la necessità di migliorare la loro cultura e contemporaneamente relazionarsi con i loro coetanei.” Quando i figli sono più grandetti il loro servizio di accompagnatori si prolunga anche durante la notte. È normale che durante l’adolescenza, ma anche nei lunghi anni della giovinezza dei figli trascorsa in famiglia, la notte per i genitori non sia più fatta per riposare. Durante tutti questi anni il lavoro notturno dei genitori, infatti, consiste nell’accompagnare i giovani rampolli o le giovinette nelle varie discoteche o nelle case poste spesso in località fuori mano, come le ville in campagna e al mare, “dove è giusto che si divertano con i coetanei”, per poi aspettarli per ore in macchina, oppure rientrare in casa e dormicchiare sul sofà in attesa di andarli a riprendere. Se poi hanno raggiunto il traguardo dei diciotto anni e quindi della patente e hanno diritto alle chiavi e all’auto propria o di papà, le cose non migliorano affatto perché non è fino a mezzanotte che bisogna aspettare i figli, ma fino alle cinque - sei del mattino. E’ solo mentre albeggia che si avrebbe il diritto di riposare e ritrovare un po’ di pace e tranquillità, dopo aver sentito il rumore della macchina posteggiata nel condominio e il tonfo della porta di casa che, finalmente, indica il ritorno tra le mura domestiche dei giovani nottambuli. Questi due segnali sono essenziali per capire che, almeno per quella notte, i propri figli e la preziosa auto non sono andati a sbattere contro un albero o un muro, né si sono fracassati scontrandosi contro un’altra macchina. A quel punto, però, bisogna essere pronti e pimpanti per iniziare un’altra giornata di lavoro.

L’inadeguatezza si presenta anche nel momento della relazione. Uomini e donne educati ed istruiti entrambi allo stesso modo nella prospettiva e nell’attesa di un comune futuro impegno professionale e di carriera, con scarsa o senza alcuna preparazione alla vita genitoriale e familiare, dovrebbero essere capaci di atteggiamenti e comportamenti difficilmente compatibili. Ad esempio, se hanno scelto la carriera militare, dovrebbero andare per qualche mese in “missione di pace” per sganciare bombe e mitragliare senza pietà i ribelli che non vogliono accettare la nostra democrazia, dimostrando virilità, grinta, dinamismo, aggressività e sicurezza in questo loro quotidiano “lavoro”, per poi tornare a casa ad accudire amorevolmente il nuovo nato, preparandogli ottime pappine prima di cantare al suo capezzale dolci e tenere ninnenanne!

Nonostante l’inadeguatezza tra ciò che si richiede ai genitori e le loro reali possibilità sia notevole ed evidente, pochi si pongono il problema sia di preparare questi genitori, sia di facilitare e rendere possibile il loro compito. Si fa invece a gara nel complicarlo sempre più riversando ed inserendo, all’interno delle famiglie, bisogni, esigenze e strumenti sempre più difficili da governare e controllare.

Si vuole ad esempio che la famiglia educhi i figli all’amore, alla legalità, al rispetto e alle buone maniere ma poi si lascia, si dice per amore della libertà, che i mass media invadano le case, i cuori e le menti di ogni membro della famiglia con immagini e contenuti grondanti violenza, volgarità, superficialità, aggressività, opportunismo.

 

Tratto dal libro: "MONDO AFFETTIVO E MONDO ECONOMICO" DI Emidio Tribulato

Per scaricare gratuitamente questo libro clicca qui.

 

Per avere in forma cartacea il libro "Mondo affettivo e mondo economico- Conflitto o collaborazione?" Clicca qui.

 

Famiglia ed adattamento

 

Non si dovrebbe parlare di “crisi della famiglia” ma di un sistema sociale che produce delle famiglie disfunzionali attraverso una serie di decisioni individuali, leggi, disposizioni e norme.

LA FAMIGLIA DISFUNZIONALE

•    Non è funzionale una famiglia in cui sono presenti due responsabili con uguali compiti e medesime funzioni.

•    Non è funzionale una famiglia in cui molte responsabilità specifiche vengono sottratte al pater familias per essere assunte dall’ordine giudiziario.

•    Non è funzionale una famiglia in cui gli elementi della coppia che la costituiscono non hanno caratteristiche sessuali diverse, specifiche e complementari.

•    Non è funzionale una famiglia in cui ogni elemento della coppia non è stato adeguatamente formato, fin dall’infanzia, alle problematiche riguardanti l’allevamento e l’educazione dei piccoli ed ai bisogni relazionali della vita di coppia e familiare.

•    Non è funzionale una famiglia in cui le leggi dello stato non aiutano, nei fatti, la sua unità, ma provocano e stimolano conflittualità, fratture e disfacimento.

•    Non è funzionale una famiglia quando la società non protegge adeguatamente i componenti, soprattutto i minori, da condizionamenti negativi, idee diseducative, volgarità e sfruttamento economico ad opera dei mass – media. Non è funzionale una famiglia in cui, per la produzione di beni materiali o sociali, sono sottratte le migliori energie, a scapito della funzione formativa, educativa ed affettiva.

 

Spesso si parla della famiglia come di un’istituzione che si adatta alle varie condizioni ambientali. E’ questo un modo ottimistico di guardare la realtà, in quanto si intende in questo modo affermare che la famiglia essendo un organismo vivo e flessibile ha la capacità, modificandosi, di trovare delle modalità positive che le permettono di svolgere anche nelle situazioni più difficili il suo compito. Ne consegue che basta aspettare il tempo necessario al suo adeguamento affinché i problemi si risolvano.

Purtroppo non è così.

Il sistema famiglia nasce da una serie di scelte individuali e di coppia. Scelte libere ed autonome. Il padre che decide di lavorare in un’altra città fa una scelta, come fa una scelta la madre che decide di impegnare buona parte del suo tempo nel lavoro extrafamiliare, o il nonno che preferisce occuparsi del gioco delle bocce piuttosto che del suo nipotino.

 Fa anche delle scelte verso un tipo di famiglia piuttosto che di un altro ogni governo, ogni organismo pubblico o privato che emana o interpreta leggi, circolari, disposizioni e norme e ogni religione che è capace o no di dare indicazioni morali efficaci ed utili. Per tale motivo ogni tipologia familiare è costruita dalle scelte individuali o sociali, per cui il termine adattamento è usato in modo improprio. La conseguenza di quanto abbiamo detto è che non si dovrebbe parlare di “crisi della famiglia” ma di un sistema sociale che produce delle famiglie disfunzionali attraverso tutta una serie di decisioni individuali, leggi, disposizioni e norme.

Intanto lo spostamento di tempo, impegno, formazione e cultura a favore del mondo degli affari e dell’economia ha portato ad un aumento notevole del benessere materiale che ha fagocitato il mondo affettivo e delle cure che appare ridotto al lumicino.

 

http://www.cslogos.it/uploads/images/ADULTI/Diapositiva14.JPG

 

Tale realtà e sotto gli occhi di tutti. Dalla culla alla tomba, la deprivazione affettiva non risparmia nessuno: i bambini che devono fare a meno di mamma e papà entrambi impegnati nel lavoro: “ Perché con uno stipendio non si può vivere”. Gli adolescenti : “ Ascolta tuo figlio che ha sempre qualche problema perché ho una riunione importante”. Gli adulti ammalati: “Mi dispiace ma non mi posso assentare dal lavoro per farti compagnia.” Gli anziani: “ Immagina con tutte le cose che ho da fare se posso pensare ad assistere mio padre, gli procurerò una badante”.

Molti erano sicuramente in buona fede quando hanno accettato le nuove e più entusiasmanti regole del gioco, abbandonando le “vecchie, ammuffite teorie” che volevano un impegno privilegiato per il mondo degli affetti rispetto a quello della produzione. Molti pensavamo veramente di poter moltiplicare le proprie energie e di poter far tutto, ma proprio tutto, per contemperare esigenza diverse e contrastanti. Molti avevano e ripongono ancora oggi tutte le loro speranze su due buoni stipendi e sui servizi dello stato, perché è stato detto loro, fino alla nausea, che “con i soldi puoi fare ogni cosa, puoi comprare tutto.”  Ora si sentono traditi non sanno da chi o da che cosa ma la sensazione e di essere stati traditi: dal governo che non fa gli asili nido ed i servizi necessari per i bambini, gli adolescenti, i giovani, gli ammalati e gli anziani; dall’altro coniuge “Che non si impegna veramente quanto dovrebbe”; dagli insegnanti “Che non fanno il loro dovere e rubano lo stipendio”; dai pedofili, dai cattivi compagni e dagli spacciatori che hanno rovinato i figli: “ Che Dio  stramaledica questa gente che approfitta delle debolezze altrui.”

Difficilmente riescono ad intravedere la verità, ancora più difficilmente quando la scoprono riescono ad accettarla.

Un’altra delle conseguenze del privilegiare e mettere in primo piano il mondo della produzione rispetto al mondo degli affetti è stata quella di aver distrutto e disperso in poche generazioni, un patrimonio culturale  accumulato dall’umanità in millenni di storia. E’ come se tutti o buona parte degli agricoltori, disprezzando e sentendo poco esaltante la loro attività, avessero privilegiato l’impegno industriale. Questo cambiamento di ruolo avrebbe provocato non solo l’inaridimento o la desertificazione dei campi e quindi una crisi alimentare spaventosa, ma quel che è peggio si sarebbe perduta la cultura ed il piacere legati alla coltivazione della terra. Si sarebbe perduta la capacità di seminare e coltivare, ma anche il piacere  di vedere germogliare le piantine e di vederle crescere. Si sarebbe perduta la capacità di far diventare le esili piantine alberi grandi, forti e rigogliosi, ma sarebbe scomparsa anche la gioia immensa di ammirarle ricche di fogliame e maestose sfidare i venti, le nuvole e la pioggia. Si sarebbe perduto il piacere di vederle avvolte in una nuvola di fiori in primavera e più tardi, in estate, di raccoglierne i frutti succosi.

 

Mentre uomini e donne siamo sempre più esperti come medici, avvocati, commercialisti e con noncuranza usiamo i computer o navighiamo in internet, siamo sempre più insicuri ed imbranati  non solo quando si tratta di allevare un bambino, ma anche quando con lui vogliamo avere un dialogo profondo e intimo. Saper ascoltare e capire, saper consigliare e guidare, è diventata un’arte sconosciuta. Tra l’altro l’incapacità affettiva si ripresenta puntuale in molte altre occasioni, come quando ci cimentiamo in un rapporto profondo a due, o quando vogliamo capire e consolare un ammalato, o avvicinare e accarezzare il bianco capo di un vecchio per rassicurarlo. In queste ed in mille altre occasioni la carenza del mondo affettivo attorno a noi e dentro di noi ci rende incapaci ed insicuri, con notevole danno verso gli altri e noi stessi.

Già anche verso noi stessi perché sentirsi incapace non migliora l’autostima, né ci rende più sicuri e felici.

Abbiamo detto precedentemente che siamo molto bravi nelle attività professionali, ciò è vero solo in parte in quanto la carenza affettiva, si riflette alla lunga, in modo negativo, anche nelle attività tecniche e professionali.

Per cui siamo medici, avvocati ed ingegneri che hanno più conoscenze e strumenti sofisticati, ma il cui reale valore professionale decade inesorabilmente perché non sostenuto da qualità umane come l’equilibrio, la serenità e la saggezza, caratteristiche indispensabili in ogni attività, anche la più tecnica.

Molti per la verità, soprattutto nell’ambito cattolico, non avrebbero assolutamente voluto che il mondo della produzione fosse privilegiato rispetto al mondo degli affetti, in quanto prevedevano le conseguenze nefaste sulla coppia, sulla famiglia e sull’educazione della prole. Pertanto proponevano che l’uomo e la donna si dividessero equamente questi due fondamentali impegni. Era ed è ancora per molti educatori la proposta del 50%. In pratica la donna e l’uomo avrebbero e dovrebbero impegnare  il proprio tempo e le proprie energie dividendole equamente tra casa e lavoro; tra mondo dell’affettività e mondo della produzione. 

Tutto ciò purtroppo non è avvenuto. E’ avvenuto ben altro. E’ avvenuto quello che alcuni prevedevano. Nonostante alcune immagini folcloristiche di uomini che portano a spasso i propri figli nella carrozzella o lavano i piatti, l’uomo non si è mai veramente coinvolto ed impegnato ad utilizzare metà del proprio tempo e delle proprie energie a favore del mondo degli affetti. Ma quel che è peggio la donna, nonostante il tanto declamato istinto materno, dapprima gradualmente e ora, in Italia negli ultimi anni, precipitosamente ha quasi del tutto abbandonato il mondo degli affetti per riversare le proprie energie ed il proprio tempo sul mondo della produzione.

 

 

Tratto dal libro: "MONDO AFFETTIVO E MONDO ECONOMICO" DI Emidio Tribulato

Per scaricare gratuitamente questo libro clicca qui.

 

Per avere in forma cartacea il libro "Mondo affettivo e mondo economico- Conflitto o collaborazione?" Clicca qui.

 

 

 

 

Per avere in forma cartacea il libro "Mondo affettivo e mondo economico- Conflitto o collaborazione?" Clicca qui.

 

Sottocategorie

 

http://www.cslogos.it/uploads/images/ADULTI/Diapositiva41.JPGhttp://www.cslogos.it/uploads/images/ADULTI/Diapositiva46.JPG

 

 

In questa sezione puoi leggere argomenti riguardanti la coppia: innamoramento, amore, gelosia, dialogo, conflittualità ecc..

 

 

http://www.cslogos.it/uploads/images/ALTRE%20IMMAGINI/Diapositiva23.JPG

 

 

 

Come nasce, come si sviluppa, a cosa serve la famiglia? Che cosa può metterla  in crisi?

 

 

http://www.cslogos.it/uploads/images/ADULTI/Diapositiva54.JPG

In questa sezione abbiamo raccolto molti temi sociali.

 

 

Centro Studi Logos

Diamo ai bambini un grande impulso all'apprendimento, per tutta la vita!

Entra a far parte del nostro Centro per dare sostegno ai bambini e le loro famiglie.
© 2024 Centro Studi Logos. Tutti i diritti riservati. Realizzato da IWS

Seguici

Image