L'educazione

Latest Tips & Tricks About Baby Care

Credibly benchmark worldwide applications before a plug play processes dramatically.

L'educazione nell'uomo

 

L’educazione umana

L’educazione umana è sicuramente la più lunga e complessa che conosciamo. Possiamo facilmente comprendere la durata della fase educativa se pensiamo alla gran quantità di tempo durante il quale il cucciolo dell’uomo ha bisogno di essere seguito, assistito, curato educato dai genitori e dalla società. Non si tratta né di pochi giorni, come negli uccelli, né di pochi mesi, come in molti mammiferi, ma di molti anni.

La complessità nasce dalla grandi potenzialità umane che, per essere adeguatamente stimolate e sviluppate, necessitano di numerosissimi stimoli di tipo percettivo, motorio, linguistico, affettivo, sociale, spirituale, culturale. Questo significa che non è possibile un fisiologico e completo sviluppo umano senza numerosi anni d’impegno costante e massiccio.

L’educazione umana ha, fondamentalmente, tre scopi:

1.        il primo è di fare in modo che il cucciolo d’uomo che si presenta nudo alla nascita, inerme, bisognoso di tutto, ma con grandi potenzialità iscritte nel proprio codice genetico, possa agevolmente sviluppare, accrescere e far diventare realtà vive e palpitanti queste capacità di base;

2.        il secondo è di stimolare ed aiutare quel bambino che sta crescendo, affinché diventi una persona adulta, matura e responsabile.

 

 Che significa persona adulta e matura?

La persona adulta non è solo quell’individuo umano che ha raggiunto una certa età. La maturità anagrafica non sempre purtroppo corrisponde alla maturità psicologica.

La persona adulta e matura è quella che:

  • ·         ha sviluppato in sé tutte le capacità che le possono permettere di vivere in maniera autonoma, responsabile, non dipendente nell’ambito della società e quindi è capace di procurare per sé e per la propria famiglia, se ne ha una, cibo e mezzi di sostentamento necessari;
  • ·         ha una solida fiducia di base che le permette di vedere se stessa, il mondo e gli altri, come cosa buona, come qualcosa di positivo; quindi si accetta, sa sdrammatizzare i suoi insuccessi e valorizzare le cose che fa;[1]
  • ·         ha conquistato la libertà interiore che le permette di controbattere validamente le sollecitazioni negative che provengono dalla società;
  • ·         è capace di analizzare con oggettività la realtà, in modo tale da risolvere i   problemi che si dovessero presentare, nel modo più efficace possibile;
  • ·         sa fare valere i propri diritti ma sa riconoscere e accettare quelli altrui. Non accetta soprusi ma non li fa agli altri;
  • ·         sa rispettare ogni persona, per quella parte di umanità che porta con sé, per le sue caratteristiche sessuali, individuali, per il ruolo che ricopre, per le funzioni che assume nell’ambito della famiglia, nella coppia e nella società;
  • ·         sa cogliere l’essenza delle cose e il loro valore senza lasciarsi fuorviare da immagini edulcorate e fondamentalmente false della realtà;
  • ·         evita gli eccessi, gli sbandamenti e la collera irrazionale;
  • ·         ha una mentalità elastica che le permette di adattarsi alle varie realtà e ai cambiamenti sociali, ma tiene in gran conto tutti i preziosi elementi della cultura tradizionale;
  • ·         sa essere creativa, cioè in grado di trovare delle soluzioni ai problemi che si dovessero presentare, sia nella sua vita sociale che familiare;[2] 
  • ·         è sicura di sé. Riesce a vivere serenamente con se stesso e con gli altri, non è turbata da ansie, paure immotivate, da nevrosi o, peggio, da psicosi;
  • ·         ammette i propri sbagli, ma non per questo si delegittima;[3]  
  • ·         è capace di una coscienza matura. E’ capace cioè di vedere chiaramente il confine tra il bene ed il male, tra il giusto e l’ingiusto, tra il buono e il cattivo, il bello ed il brutto, la verità e la falsità;[4]
  • ·         sa sviluppare dentro di sé l’amore per se stessa, per i propri familiari, per gli altri esseri umani, per il mondo in cui vive e per tutte le altre creature. Sviluppare l’amore significa anche scoprire la propria coscienza, acquistare responsabilità, aprirsi agli altri, generosamente;
  • ·         è capace di coraggio. E’ capace, cioè, di affrontare le responsabilità caratteristiche della propria condizione: le responsabilità di uomo o di donna, di madre o di padre; quelle insite nel tessuto sociale in cui è inserita; le responsabilità lavorative, politiche e professionali;
  • ·         sarà a sua volta capace di educare, e quindi sarà capace di trasmettere alle future generazioni i principi e i valori umani fondamentali;
  • ·         è libera e sa capire i limiti della libertà. Per P. Le Moine: “ Il vero educatore è colui che aiuta il minore ad aprirsi con gioia agli altri; a prendere coscienza della sua condizione umana; a diventare, insomma, un individuo libero, in grado di comportarsi secondo coscienza, di capire quali siano i limiti della libertà individuale nell’interesse del singolo e della collettività, accettandone con serenità i relativi doveri.”[5]

 

3.        Il terzo scopo dell’educazione è quello di aiutare l’adulto che si è formato, ad integrarsi ed impegnarsi in maniera armonica, attiva, critica, solidale, nella società e nell’ambiente in cui vive.

 

 

Si può fare a meno dell’educazione?

Certamente si può fare a meno dell’educazione, ma il risultato non  solo non sarà garantito, ma quasi certamente sarà disastroso, sia sul piano fisico che, soprattutto, sul piano affettivo, psicologico e sociale. Ciò perché gli elementi genetici, anche se nettamente positivi e le scelte autonome individuali, non sono capaci, da soli, di portare un essere umano ad un completo sviluppo intellettivo, fisico, affettivo, morale e psicologico. Ciò potrà avvenire solo se avrà, accanto a se, degli adulti, maturi, responsabili, attenti, impegnati nel campo educativo che riescono a seguirlo in maniera costante e corretta e se, l’ambiente sociale in cui vivrà, sarà capace di completare, ampliare ed assecondare il compito degli educatori: genitori, familiari ed insegnanti.


[1] P. Lombardo, Educare ai valori, Edizioni Vita Nuova, 1997, p. 156

[2] P. Lombardo, Educare ai valori, Edizioni Vita Nuova, 1997, p. 157

[3] P. Lombardo, Educare ai valori, Edizioni Vita Nuova, 1997, p. 158.

[4] P. Lombardo, Educare ai valori, Edizioni Vita Nuova, 1997, p. 148.

[5] P. Le Moine, Educare  il grande mestiere, San Paolo, 1995, p. 28.

 

Tratto dal libro "L'educazione negata" di Emidio Tribulato. Per richiedere questo libro clicca qui. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'educazione

 

Importanza dell'educazione

Non tutti gli esseri viventi hanno, nei confronti della prole, quelle attenzioni particolari che noi chiamiamo educazione.

Gli alberi, per esempio, lasciano che i loro numerosissimi semi si distribuiscano nel terreno per opera degli animali, dei venti o della semplice forza di gravità, alla ricerca delle condizioni più idonee affinché possano germogliare, ma né la pianta madre, né altra pianta adulta cureranno i giovani virgulti, che resteranno pertanto in balia di se stessi.  Moltissimi di questi, infatti, non arriveranno all’età adulta, giacché serviranno d’alimento agli animali, altri saranno bruciati dal sole o finiranno soffocati dalle piante o dai cespugli più grandi.

L'educazione negli animali

Ciò avviene anche per molti animali. Diverse specie di pesci, di molluschi e di rettili, sono costretti a mettere al mondo un numero considerevole di figli per garantire, a pochi, la sopravvivenza.

L’educazione della prole è, quindi, uno strumento fondamentale per la protezione e la diffusione della specie. Quegli animali, come alcuni insetti e uccelli, ma soprattutto come i mammiferi, i quali non solo si preoccupano di mettere al mondo dei figli, ma sono attenti a che questi abbiano le cure e l’educazione necessarie alla loro crescita, hanno un indice di sopravvivenza della prole molto superiore rispetto a quelli che non hanno questo tipo di comportamento.

Quando, infatti, gli animali si attivano incessantemente, per un tempo più o meno lungo, nella cura e nell’educazione, ottengono che la crescita dei piccoli si svolga nel miglior modo possibile. Insegnando il modo migliore per procurarsi il cibo, come aver cura di se stessi e come relazionare con gli altri della stessa specie o di specie diverse, riescono a far sì che i loro piccoli, o i piccoli del branco, non solo possano sopravvivere all’ambiente spesso ostile che li circonda, ma sviluppino al massimo quelle qualità specifiche della specie che li aiuteranno ad integrarsi, nel modo migliore, nell’ambiente in cui si ritroveranno a vivere.

Prendiamo ad esempio un animale molto comune nelle nostre case: il gatto.

La gatta che ha partorito ha, durante i pochi mesi (tre - quattro) in cui i gattini stanno con lei, uno scopo fondamentale ed è quello che i suoi piccoli crescano bene: siano perciò sani, forti, ma anche agili, pronti nei riflessi e con un bagaglio d’informazioni che li aiuti, tra l’altro, a riconoscere le prede, ad avvicinarle, a rincorrerle, ucciderle e sapersene cibare.

Si riconoscono, pertanto in questi animali, cure e atteggiamenti finalizzati a vari scopi: l’igiene e la pulizia personale, la caccia, la comunicazione, il benessere psicoaffettivo, la trasmissione di elementi culturali.

 

  • L’igiene e la pulizia personale

L’igiene e la pulizia sono importanti per tutti gli animali poiché, attraverso la cura del proprio corpo, si evitano infezioni o malattie parassitarie. Queste pratiche igieniche sono fondamentali per gli animali predatori, come i felini, i quali, in tal modo, evitano che il loro odore metta in guardia e faccia fuggire le prede. Per ottenere ciò, appena i gattini iniziano a camminare, sono numerosi gli insegnamenti affinché sappiano ben utilizzare la sabbia per deporre e coprire i loro bisogni fisiologici. Questi insegnamenti si completano con numerosi stimoli alla pulizia individuale che hanno, come finalità una perfetta igiene del corpo. Soprattutto mediante la lingua e la saliva ogni parte del corpo è sistematicamente lavata, spazzolata e tenuta perfettamente pulita.

  • La caccia

Gli insegnamenti che riguardano la caccia sono numerosi e completi: esercizi di salto, di finte, di corsa, di presa, di avvitamento nell’aria. Esercizi per il riconoscimento degli odori, delle forme, dei suoni. Il tutto finalizzato a sviluppare in pochi mesi quelle splendide potenzialità feline che fanno di quest’animale un ottimo predatore.

  • La comunicazione

Un buon gatto deve poter dialogare con i suoi simili, con gli altri animali e con gli esseri umani con i quali è spesso in contatto; quindi, se da una parte deve comprendere i segnali provenienti dagli altri animali, deve saper atteggiare il suo corpo e miagolare in modo comunicativo, così da trasmettere chiaramente i suoi pensieri ed i suoi bisogni.  Miagolii e atteggiamenti che esprimono richiesta, gioia, collera, amore, benessere, insofferenza, desiderio, sono solo alcuni dei numerosi segnali che questo felino continuamente lancia agli altri animali o ai padroni della casa che lo ospitano e con cui convive. E’ per tale motivo che, anche la gatta più silenziosa, nel periodo in cui alleva e educa i propri figli, diventa “ciarliera”. Deve insegnare ai piccoli tutti i segnali verbali e non, indispensabili alla loro vita sociale.

 

  • Il benessere psicoaffettivo

Affinché i suoi comportamenti siano equilibrati, controllati, adeguati alle esigenze della casa in cui vivrà e al rapporto con gli altri animali e quindi anche all’ambiente in cui, se selvatico, si dovrà confrontare, un buon gatto deve essere sicuro di sé, determinato, coraggioso e contemporaneamente sereno e appagato affettivamente. Per ottenere ciò la mamma non lesina una presenza affettuosa e accogliente ai piccoli. I leccamenti, gli abbracci, i giochi, le carezze, le moine, hanno questo scopo: lo sviluppo armonico e sereno della individualità di ogni gattino. Dall’altra i rimproveri, le direttive, le norme comunicate ed imposte gli permetteranno un buon autocontrollo; premessa indispensabile per una migliore integrazione sociale e ambientale. Sappiamo inoltre che ogni volta che un cucciolo di animale superiore viene allontanato dal suo ambiente naturale, dai genitori o ha a disposizione  dei genitori disturbati, il rischio per la sua salute fisica e per il suo sviluppo psichico è notevole.

  • La trasmissione d’elementi culturali

Allo sviluppo delle potenzialità di base vengono aggiunti sicuramente degli elementi culturali, necessari per il riconoscimento delle abitudini e delle caratteristiche dei padroni di casa, delle prede e degli animali concorrenti, ma anche tante altre informazioni a noi per lo più sconosciute.

 

Il tutto in un ambiente fisico e psicologico caldo e confortevole; sereno e affettuoso; dialogante e stimolante.

Lo scopo, ripetiamo, è fare in modo che i suoi piccoli, gradualmente, diventino dei gatti maturi, capaci, ben equilibrati, sereni ed autonomi. Degli animali quindi,  in grado di inserirsi nel mondo circostante, con il maggior bagaglio formativo ed informativo utile non solo alla loro sopravvivenza, ma anche all’integrazione con i loro simili, con gli altri animali e soprattutto con gli umani.

L’educazione ha scopi ben precisi: la maturità intellettiva, affettiva e relazionale dei piccoli affinché l’integrazione, la sopravvivenza e la diffusione della specie sia  facilitata al massimo.

 

L’attività educativa è quindi diversa e specifica per ogni specie animale. Variano di molto, le condizioni e gli elementi indispensabili per la crescita e l’integrazione sociale e ambientale. Varia il tempo necessario affinché i piccoli diventino adulti ed autonomi. Variano le necessità sociali, l’impegno per la ricerca del cibo, le necessità biologiche e psicologiche

Quindi varia, e di molto, l’impegno di uno o entrambi i genitori in quest’attività primaria. Primaria in quanto da questa è in gioco il futuro stesso sia dei singoli individui che della razza.

Sappiano inoltre che tanto più l’animale è complesso e intelligente tanto più lungo, coinvolgente e complesso deve essere l’impegno educativo. Negli uccelli, il tempo dedicato all’allevamento è molto più breve di quello che i mammiferi dedicano ai loro piccoli. Tra i mammiferi, quello dei primati è molto più lungo e complesso rispetto a quello degli altri mammiferi.

Più è semplice l’organismo, di meno cure ha bisogno, più rapidamente raggiunge la propria autonomia. Più complesso è l’animale, di più accudimento ha bisogno, più dura il processo educativo e più ricco, più intenso e continuo deve essere l’impegno dei genitori e della comunità in cui si ritrova a vivere.

L’educazione umana

 

L’educazione umana è sicuramente la più lunga e complessa che conosciamo. Possiamo facilmente comprendere la durata della fase educativa se pensiamo alla gran quantità di tempo durante il quale il cucciolo dell’uomo ha bisogno di essere seguito, assistito, curato educato dai genitori e dalla società. Non si tratta né di pochi giorni, come negli uccelli, né di pochi mesi, come in molti mammiferi, ma di molti anni.

La complessità nasce dalla grandi potenzialità umane che, per essere adeguatamente stimolate e sviluppate, necessitano di numerosissimi stimoli di tipo percettivo, motorio, linguistico, affettivo, sociale, spirituale, culturale. Questo significa che non è possibile un fisiologico e completo sviluppo umano senza numerosi anni d’impegno costante e massiccio.

L’educazione umana ha, fondamentalmente, tre scopi:

  1. il primo è di fare in modo che il cucciolo d’uomo che si presenta nudo alla nascita, inerme, bisognoso di tutto, ma con grandi potenzialità iscritte nel proprio codice genetico, possa agevolmente sviluppare, accrescere e far diventare realtà vive e palpitanti queste capacità di base;
  2. il secondo è di stimolare ed aiutare quel bambino che sta crescendo, affinché diventi una persona adulta, matura e responsabile.

 

 Che significa persona adulta e matura?

La persona adulta non è solo quell’individuo umano che ha raggiunto una certa età. La maturità anagrafica non sempre purtroppo corrisponde alla maturità psicologica.

La persona adulta e matura è quella che:

  • ha sviluppato in sé tutte le capacità che le possono permettere di vivere in maniera autonoma, responsabile, non dipendente nell’ambito della società e quindi è capace di procurare per sé e per la propria famiglia, se ne ha una, cibo e mezzi di sostentamento necessari;
  • ha una solida fiducia di base che le permette di vedere se stessa, il mondo e gli altri, come cosa buona, come qualcosa di positivo; quindi si accetta, sa sdrammatizzare i suoi insuccessi e valorizzare le cose che fa;[1]
  • ha conquistato la libertà interiore che le permette di controbattere validamente le sollecitazioni negative che provengono dalla società;
  • è capace di analizzare con oggettività la realtà, in modo tale da risolvere i    problemi che si dovessero presentare, nel modo più efficace possibile;
  • sa fare valere i propri diritti ma sa riconoscere e accettare quelli altrui. Non accetta soprusi ma non li fa agli altri;
  • sa rispettare ogni persona, per quella parte di umanità che porta con sé, per le sue caratteristiche sessuali, individuali, per il ruolo che ricopre, per le funzioni che assume nell’ambito della famiglia, nella coppia e nella società;
  • sa cogliere l’essenza delle cose e il loro valore senza lasciarsi fuorviare da immagini edulcorate e fondamentalmente false della realtà;
  • evita gli eccessi, gli sbandamenti e la collera irrazionale;
  • ha una mentalità elastica che le permette di adattarsi alle varie realtà e ai cambiamenti sociali, ma tiene in gran conto tutti i preziosi elementi della cultura tradizionale;
  • sa essere creativa, cioè in grado di trovare delle soluzioni ai problemi che si dovessero presentare, sia nella sua vita sociale che familiare;[2] 
  • è sicura di sé. Riesce a vivere serenamente con se stesso e con gli altri, non è turbata da ansie, paure immotivate, da nevrosi o, peggio, da psicosi;
  • ammette i propri sbagli, ma non per questo si delegittima;[3]  
  • è capace di una coscienza matura. E’ capace cioè di vedere chiaramente il confine tra il bene ed il male, tra il giusto e l’ingiusto, tra il buono e il cattivo, il bello ed il brutto, la verità e la falsità;[4]
  • sa sviluppare dentro di sé l’amore per se stessa, per i propri familiari, per gli altri esseri umani, per il mondo in cui vive e per tutte le altre creature. Sviluppare l’amore significa anche scoprire la propria coscienza, acquistare responsabilità, aprirsi agli altri, generosamente;
  • è capace di coraggio. E’ capace, cioè, di affrontare le responsabilità caratteristiche della propria condizione: le responsabilità di uomo o di donna, di madre o di padre; quelle insite nel tessuto sociale in cui è inserita; le responsabilità lavorative, politiche e professionali;
  • sarà a sua volta capace di educare, e quindi sarà capace di trasmettere alle future generazioni i principi e i valori umani fondamentali;
  • è libera e sa capire i limiti della libertà. Per P. Le Moine: “ Il vero educatore è colui che aiuta il minore ad aprirsi con gioia agli altri; a prendere coscienza della sua condizione umana; a diventare, insomma, un individuo libero, in grado di comportarsi secondo coscienza, di capire quali siano i limiti della libertà individuale nell’interesse del singolo e della collettività, accettandone con serenità i relativi doveri.”[5]

 

  1. Il terzo scopo dell’educazione è quello di aiutare l’adulto che si è formato, ad integrarsi ed impegnarsi in maniera armonica, attiva, critica, solidale, nella società e nell’ambiente in cui vive.

 

Si può fare a meno dell’educazione?

Certamente si può fare a meno dell’educazione, ma il risultato non  solo non sarà garantito, ma quasi certamente sarà disastroso, sia sul piano fisico che, soprattutto, sul piano affettivo, psicologico e sociale. Ciò perché gli elementi genetici, anche se nettamente positivi e le scelte autonome individuali, non sono capaci, da soli, di portare un essere umano ad un completo sviluppo intellettivo, fisico, affettivo, morale e psicologico. Ciò potrà avvenire solo se avrà, accanto a se, degli adulti, maturi, responsabili, attenti, impegnati nel campo educativo che riescono a seguirlo in maniera costante e corretta e se, l’ambiente sociale in cui vivrà, sarà capace di completare, ampliare ed assecondare il compito degli educatori: genitori, familiari ed insegnanti.

 
Gli elementi educativi
Gli elementi educativi sono in parte mutevoli e in parte stabili e perenni.

Gli elementi educativi mutevoli sono quelli che devono adattarsi ai cambiamenti lavorativi, sociali, politici, religiosi, economici in cui l’individuo ed il gruppo vivono. Sono tali gli elementi educativi di tipo culturale e gli apprendimenti legati alla realtà sociale in cui la persona vive ed opera. Nella nostra società tecnologica, ad esempio, l’apprendimento all’uso del computer è diventato importante elemento educativo, così com’è diventata fondamentale la capacità di gestione dei mass - media e la conoscenza di più lingue straniere.

Gli elementi educativi stabili e perenni non cambiano nei secoli, né nelle popolazioni, se non in maniera molto limitata, in quanto sono strettamente legati ai bisogni, alle caratteristiche e alle necessità primarie della specie. Essi riguardano nell’uomo tutto ciò che concorre allo sviluppo armonico e sereno dell’Io, ciò che è indispensabile alla formazione della personalità, del carattere e ogni elemento educativo che aiuta e stimola lo sviluppo dell’affettività, della sessualità e della socialità. Quando il Collodi inizia a descrivere le malefatte del suo Pinocchio, utilizzando la saggezza popolare, descrive mediante la figura di Geppetto, come non dovrebbe  essere una famiglia che vuole educare correttamente un bambino: non dovrebbe essere composta da un solo genitore; i genitori non dovrebbero essere troppo al di là negli anni, non dovrebbero essere permissivi, non dovrebbero volere un bambino per soddisfare le proprie esigenze.

 Purtroppo spesso, trascurando la saggezza popolare, ci sfuggono proprio gli elementi educativi stabili e perenni e quindi facciamo errori che poi siamo costretti a pagare con la stessa disperazione di Geppetto che va in cerca per mari e per monti del suo figliolo birbante e scapestrato nel tentativo di ricondurlo alla retta via.

 

L’adattamento

Non è l’adattamento la soluzione ai problemi educativi.

Ogni essere vivente cerca di adattarsi, e cioè fa di tutto per modificare se stesso, così da mettersi in armonia con la realtà ambientale in cui è costretto a vivere ed operare.

Se abbiamo una pianta e la mettiamo in una buona terra, illuminata dal sole, le diamo l’acqua di cui necessita, la inseriamo, in definitiva, in un clima favorevole e le diamo gli elementi essenziali al suo sviluppo, avremo buone probabilità che cresca bene e dia buoni frutti.

Se per esigenze varie, che a volte possono essere solo di arredamento o estetiche, vogliamo costringere questa pianta a vivere in un angolo in cui i raggi del sole non la illuminano sufficientemente, non la riscaldano, non la rendono vigorosa, non l’aiutano a crescere o non le diamo gli elementi nutritivi essenziali, sarà inutile oltre che sciocco pretendere che si adatti a quelle condizioni se non per un tempo molto limitato. L’adattamento porterà la pianta a fare delle foglie più grandi, per raccogliere più luce, si allungherà in cerca di questa, ma se le condizioni sfavorevoli persisteranno, a poco a poco diventerà sempre più esile, più malata e infine morirà.             

Lo stesso avviene nel bambino, nell’adolescente, nell’uomo. Se vengono modificate in maniera grossolana le condizioni in cui è costretto a vivere ed a crescere, cercherà di trovare dei sistemi di adattamento, che hanno però dei limiti al di la dei quali c’è il disagio, la malattia, il disturbo, la disfunzione ed in casi estremi, la sua morte. Morte vera reale concreta come quelle dei mille e mille suicidi, o come la morte per anoressia o bulimia. Oppure sarà una morte sociale, un lasciarsi andare e far sfuggire la vita attraverso l'apatia, l'abulia, la melanconia, la droga, l’indifferenza.

Conoscere questi limiti e accettarli, significa avere quel minimo di buon senso che si richiede ad ogni educatore ed ad una società civile, che vuole essere tale. Ricordiamo, inoltre, che ogni adattamento non solo ha dei limiti, ma richiede sempre un grande sforzo e un dispendio notevole di energia, che tende a compromettere ed a rendere più fragile la vita dell’essere che è costretto a adattarsi.

Negare questi limiti, scioccamente rifiutarli o sottovalutarli, può portare ad un mancato o alterato sviluppo e quindi alla patologia e alla fragilità di intere popolazioni e civiltà, con conseguenze che possono arrivare fino alla loro scomparsa. Cosa avvenuta già in passato, cosa che sta succedendo sotto i nostri occhi, senza che noi riusciamo a capirne la portata.

Caratteristiche dell'attività educativa

L’attività educativa per essere efficace deve svolgersi secondo delle modalità  ben precise.

Dovrebbe essere: responsabile, critica, globale, continua, realistica, lineare e coerente, intensa, graduale e armonica,

Responsabile

Che significa responsabile?

Significa che ogni educatore dovrebbe porsi nei confronti dei minori, in tutti i momenti, con gran tensione educativa. Dovrebbe chiedersi spesso quale valenza hanno, o potrebbero avere, i suoi atti e le parole sugli educandi. Dovrebbe spesso domandarsi quale tipo di messaggio, mediante le parole, i concetti espressi, i comportamenti manifestati, sta inviando. Scoprirà di comunicare a volte elementi positivi, utili e produttivi nei confronti degli altri adulti e soprattutto dei soggetti in formazione ed in evoluzione: bambini, adolescenti, giovani; oppure, al contrario, si accorgerà di inviare dei messaggi inutili, indifferenti o peggio dannosi.

Questo dovrebbe farlo in ogni momento, con costanza e continuità, anche se fosse grande la voglia di lasciarsi andare, anche se le condizioni ambientali dovessero risultare avverse o sfavorevoli.

Critica

L’educatore non può limitarsi ad osservare ciò che gli altri o la società fanno. Non può delegare gli altri.

Appiattirsi sui comportamenti altrui, è altrettanto deleterio che fuggire e isolarsi dagli altri e dalla società.

Educazione critica significa che non bisogna cadere nel pessimismo: “ Purtroppo le cose vanno così, il mondo va allo sfacelo, i giovani d’oggi sono fatti male, non possiamo fare nulla .”

Se gli altri hanno un certo tipo di atteggiamento o di comportamento, bisogna capire perché lo fanno, se è positivo o no, se serve o no agli educandi, a noi, alla società. Accettare il cambiamento in modo passivo, significa lasciarsi trascinare dalla corrente, senza inserire il proprio individuale elemento critico e produttivo. Seguire la corrente, seguire il vento che spira, è facile e consolatorio, ma impedisce di pensare, impedisce di agire in maniera individuale e personale.

Molti danni sociali sono da imputarsi a questo lasciarsi andare agli atteggiamenti più comuni.

Anche nel campo educativo spira forte il vento delle mode.  Pensiamo al nazismo, al fascismo, al comunismo che hanno sconvolto il secolo appena trascorso. Pensiamo al consumismo, all’edonismo, al permissivismo, al lassismo, all’individualismo, nella nostra moderna società occidentale.

Ognuno di noi, ogni famiglia, ogni genitore, ogni giovane è capace di dare una nuova e positiva impronta al vivere sociale, così come ognuno è capace di dare degli stimoli negativi.

 

Si può seminare del buon grano oppure della zizzania. La scelta, anche se le condizioni ambientali e culturali la rendono a volte difficilissima, appartiene a noi.

 

 

Globale

L’educazione deve riguardare tutte le caratteristiche umane e non limitarsi solo ad alcune.

L’uomo, infatti, ha molteplici ed immense potenzialità: l’intelligenza, l’affettività, la socialità, la motilità, la sessualità, la spiritualità ecc..

Ognuna di queste aree deve essere sviluppata, stimolata e seguita in maniera opportuna, in modo tale che possa esprimersi al massimo delle sue potenzialità.

Purtroppo, non sempre ciò avviene. In alcune società, si tende a privilegiare una funzione rispetto ad un’altra, un aspetto rispetto ad un altro. Pertanto si tende a sviluppare, ad esempio, la cultura e la storia moderna, tralasciando i preziosi insegnamenti del passato; si tende ad arricchire le menti dei minori di scienza, professionalità o tecnica, a scapito degli elementi affettivi, spirituali e morali dell’individuo. Spesso si pongono in essere mille artifici ed impegni per lo sviluppo armonico del corpo, trascurando la crescita dell’anima e del cuore.

Ciò porta ad una crescita disarmonica. Grandi capacità o normale sviluppo in un settore, si contrappongono a gravi manchevolezze in altre aree, che risultano o iposviluppate o, in altri casi, alterate. Il risultato definitivo sarà pertanto disarmonico e poco efficace.

Continua

Poiché lo sviluppo umano è molto complesso, esso richiede tempi lunghi e grandi energie da spendere e utilizzare nel campo educativo.

Già prima di nascere il bambino avverte l’ansia, il disagio, la tensione dei genitori e dell’ambiente intorno a lui, così come avverte il benessere psicologico e l’armonia che lo circonda. E’ soprattutto nel periodo della prima infanzia che l’educazione richiede grandi energie e un costante e continuo impegno.

Anche successivamente però, specie nel periodo adolescenziale, l’apporto di tutti gli educatori e della società educante in senso lato, dovrebbe essere continuo, costante, attivo, sistematico ed incisivo.

E l’adulto? Anche l’adulto ha bisogno di vivere in una società e con altri adulti che riescono a fargli evidenziare gli atteggiamenti più consoni al vivere civile, più utili a se a gli altri, più responsabili, più corretti.

 

Realistica

Le illusioni alle quali, nel nostro periodo storico ci abbandoniamo, in quanto tendono a proteggerci dall’ansia e dal senso di colpa, sono numerosissime e tutte molto tragiche. Ne elenchiamo soltanto qualcuna delle più grossolane e diffuse.

  • Ci illudiamo che ad un essere dai bisogni estremamente complessi, ma che nasce assolutamente immaturo, come l’uomo, per il suo sviluppo basti la presenza prezzolata di educatrici e baby-sitter ed i ritagli di tempo dei suoi genitori.
  • Ci illudiamo che il giovane o anche l’adulto non abbia più bisogno di indicazioni e regole di comportamento o che sia impermeabile alle sollecitazioni positive o negative che provengono dagli altri adulti o dai mass -media.
  • Ci illudiamo di poter moltiplicare le nostre energie tra casa, figli, lavoro, attività sociali, attività ludiche, in modo tale che nessuno ne soffra.
  • Ci illudiamo che le nostre case e le nostre città sempre più inquinate e non fisiologiche per la crescita dei minori e per una vita sana degli adulti, riescano a soddisfare con l’opulenza delle vetrine gli uni e gli altri.
  • Ci illudiamo che sia possibile un’attività educativa effettuata da un solo genitore.
  • Ci illudiamo che il denaro, i beni materiali e le ricchezze di una società opulenta possano saziare il cuore di uomini, donne e bambini.
  • Ci illudiamo che l’istinto possa guidare ogni uomo o donna che si sposi o voglia formare una famiglia, e che pertanto non sia necessaria una lunga e impegnativa preparazione da parte dei suoi genitori e degli altri educatori.
  • Ci illudiamo che migliaia di situazioni scabrose, violente e diseducative non lascino traccia nella mente e nel cuore dei minori e degli adulti, solo perché virtuali.
  • Ci illudiamo che i genitori possano controllare e selezionare tutti o almeno buona parte dei messaggi che entrano nelle case.
  • Ci illudiamo che i disturbi psichici di cui soffrono sempre più numerosi adulti e bambini abbiano solo cause organiche o genetiche per cui usciamo assolti tutti: genitori, educatori, politici, giornalisti, registi ecc..
  • Ci illudiamo che i problemi che sconvolgono e uccidono i nostri giovani: droga, morti del sabato sera, AIDS, gravidanze indesiderate ecc., possano essere risolti solo con l’informazione.
  • Ci illudiamo di essere una società che rispetta il bambino solo perché lo ha scritto nella Carta dei suoi Diritti.

 

Accanto alle illusioni nate dalla buona fede, vi sono poi le bugie, le tante bugie con le quali vengono coperte finalità ed intenti poco nobili se non proprio truffaldini. Queste bugie vengono propinate con dovizia di mezzi di comunicazione pertanto, con il tempo, assumono caratteri di realtà e verità incontestabili anche  nei confronti di persone colte ed impegnate.

Nel corso della nostra trattazione ne sottolineeremo qualcuna delle più eclatanti.

 

Lineare e coerente

Ciò significa che l’attività educativa non può essere contraddittoria. Non possiamo, infatti, dire o fare una cosa oggi e un’altra domani. Dire qualcosa e farne un’altra.

I bambini e i giovani sono molto attenti e richiedono una costante linearità e coerenza nel tempo, tra gli educatori, e soprattutto coerenza tra ciò che viene detto e ciò che viene fatto, quindi tra parole e comportamenti.

La linearità nella società occidentale pluralista, individualista, soggettivista, viene trascurata in maniera evidente, ma anche incosciente. I genitori tesi a difendere ed affermare la propria individualità e personalità tendono spesso a comportamenti e ad atteggiamenti educativi difformi e contraddittori l’uno dall’altro e nei confronti degli altri educatori. Anche tra gli insegnanti e nella scuola manca una linea educativa comune e coerente sia al suo interno che nei confronti dei genitori.

Le accuse reciproche, spesso rivolte in presenza dei minori sono all’ordine del giorno. Non si comprende che, con tale atteggiamento, viene ad essere distrutta, agli occhi dei minori, la fiducia e l’autorevolezza di tutti gli educatori e degli adulti in genere. Per non parlare dei mass - media che, in nome della libertà d’espressione, tendono a diffondere e a propinare pensieri, immagini, comportamenti di ogni genere, spesso senza alcuna coerenza educativa. Se ciò confonde l’adulto, possiamo solo immaginare quello che avviene nell’animo di un soggetto in età evolutiva.

Intensa

Ciò significa che l’azione educativa deve essere vissuta intensamente e come priorità da parte della società, da parte dei genitori, dei familiari e dalle altre agenzie educative.

 Non possiamo dare a quest’azione così complessa, difficile e lunga, soltanto dei ritagli del nostro tempo o marginali energie come avviene ogni volta che, nella scala dei valori personali, sociali, familiari sono messi, al primo posto, non l’impegno educativo ma altri valori: ad esempio il benessere economico e finanziario, il proprio piacere o la gratificazione personale.

 Molto spesso oltre che essere trascurato dalle politiche sociali, l’impegno educativo è visto dagli educatori primari stessi, dai genitori, come una gravosa e tediosa necessità da far disimpegnare, se possibile, agli altri. Quando si è costretti ad affrontarlo personalmente non è avvertito come un impegno gratificante, piacevole, gioioso, ma come un lavoro faticoso, da liquidare il più presto possibile, mediante risposte smozzicate, incomplete, frettolose e spesso purtroppo anche irritate, mentre si corre per assolvere i numerosissimi impegni, tra una scena del film e l’altra o durante la pubblicità televisiva.

 
Graduale

La gradualità è elemento indispensabile per ogni apprendimento teso ad una crescita armonica della personalità.

E’ fondamentale che gli apprendimenti seguano il principio di gradualità: per cui a qualcosa di più semplice, facile, immediato, segua qualcosa di più complesso, difficile, arduo. Solo se gli apprendimenti vengono effettuati in maniera graduale il bambino ed il giovane avranno la possibilità di crescere in maniera rapida ed armonica; se questo non avviene vi saranno difficoltà nell’acquisire nuovi concetti e nuovi comportamenti.

Anche questo principio è disatteso in maniera grossolana dalla nostra società. Molto spesso si mette il bambino di fronte ad immagini, pensieri, idee, realtà, molto lontane dal suo sviluppo e dalla capacità di capire, elaborare, utilizzare al meglio quelle informazioni. Pertanto il risultato non sarà per nulla un bambino maturo e consapevole della realtà esterna, ma un essere spaventato, triste, confuso, scandalizzato.

Ciò avviene quando il bambino viene messo precocemente o in modo sconsiderato in contatto con problematiche politiche, sociali, comportamentali e sessuali non adatte alla fase del suo sviluppo. Immagini, parole, scene ed atteggiamenti pregni di aggressività, violenza, tradimento e sessualità esplicita, non solo non l’aiutano nella sua crescita, spirituale ed umana, ma lo sconvolgono e lo turbano profondamente. Proporre queste realtà a piene mani in ogni film, in ogni cartone animato, nei giornali, alla radio, non serve, come spesso si dice, a far aprire gli occhi dei minori nei confronti della realtà della vita, ma contribuisce piuttosto a spaventarlo, sconvolgerlo, inaridirlo.

 L’ambiente malsano che è costretto a respirare gli renderà difficile aprire il proprio cuore agli altri, al mondo, alla società, in maniera serena, fiduciosa, attiva, impegnata.

Armonica

L’educazione armonica rifugge dagli eccessi ed evita ogni estremismo. Ad esempio tra un’educazione permissiva ed una autoritaria, vi è una via di mezzo, sicuramente più consona e corretta ad un buon stile educativo.

Eppure non riusciamo spesso a seguire questa via intermedia. Nel volgere di poche decine d'anni, siamo passati da atteggiamenti educativi improntati a durezza, rigidità, formalismo, scarsa attenzione ai bisogni di tenerezza dell’animo umano, ad altri di gran permissivismo, e d’accettazione di comportamenti sempre più deviati e devianti, poco consoni ad un corretto vivere civile. Comportamenti che portano ad atteggiamenti sempre più a rischio personale e sociale.

In pochi anni siamo passati da uno stile educativo in cui i bambini e i giovani non avevano diritti ma solo doveri, ad altri in cui tutto possono chiedere, tutto si può e si deve concedere, “ vietato vietare”, senza chiedere nulla in cambio. Senza che i genitori e gli educatori possano pretendere ciò di cui hanno sacrosanto diritto: l’ubbidienza, il rispetto, un piccolo ma costante aiuto ed una precoce partecipazione agli impegni e alle attività familiari.

Lo stesso è avvenuto nella quantità e nell’uso del tempo libero. Nel secolo appena trascorso siamo passati da un uso limitatissimo, anche per ragioni economiche, di attività ludiche e goderecce, per cui i bambini e i giovani erano spesso costretti ad un impegno costante sia di tipo lavorativo che scolastico, ad un periodo, come il nostro, in cui il tempo libero si è allargato a dismisura, sia durante il giorno, che, soprattutto, durante la notte, mentre i doveri richiesti sono diminuiti progressivamente.

Accettiamo situazioni assurde come quella di studenti, specie universitari, che vivono da fuori- corso gli anni più produttivi della loro vita umana, bighellonando da una festa all’altra, da un “divertimento” all’altro, da un piacere all’altro, senza che i genitori riescano a pretendere da loro un impegno costante, un sacrificio necessario.

Come dice la Harding: “Vivere secondo l’unico principio del piacere porta inevitabilmente alla sazietà e alla noia. L’uomo non è solo animalità in cerca di appagamento; egli è anche spirito vivente che può trovare soddisfazione soltanto nella dedizione di tutte le sue energie ad un fine che sia al di là del piacere personale.” [6]

Si è rapidamente diffusa un'educazione che gli specialisti definiscono con netta prevalenza dei “codici materni.”

Nei cosiddetti “codici paterni” prevalgono la linearità e le norme morali: "Questo è giusto, questo non è giusto." "Questo si può fare, questo non si può fare." "Questo è bene questo è male.”  E’ evidenziata anche la responsabilità di ognuno nei confronti degli altri e del vivere sociale; è valorizzato l’impeto, la forza ed il coraggio nell’affrontare le diverse situazioni della vita.

Nei codici cosiddetti materni, in quanto prevalenti nelle donne e nelle figure più materne, prevale il dialogo, l’accoglienza, la comprensione, il perdono, la giustificazione.

I primi spingono soprattutto verso l’indipendenza: “Cerca d’essere maturo e responsabile.” "Sei grande, fatti la tua strada, trovati un lavoro, una casa.” I secondi hanno un effetto dolcemente consolatorio e protettivo.

Entrambi questi codici dovrebbero, in ogni educatore e in ogni atteggiamento educativo, essere fusi insieme e armoniosamente integrati in un equilibrio dinamico.

Spesso però nelle varie epoche, l’equilibrio si rompe, per cui prevale, a volte l’elemento maschile, altre volte quello femminile. In questo periodo storico, nella nostra opulenta società occidentale, vi è la netta prevalenza dei codici materni: che tutto giustificano, perdonano, accolgono, accettano. E’ il prevalere del “Tira a campa’ ” e del “Vogliamoci bene, non ti preoccupare, a tutto pensa la tua mammina o il tuo potente papà.”

Le conseguenze di ciò sono evidenti nella netta tendenza al rallentamento dei processi maturativi e nella scarsa responsabilizzazione dei giovani.

 

 

CODICI MATERNI

 

Dialogo

Accoglienza

Comprensione

Perdono

Giustificazione

Protezione

Dipendenza

 

 

 

 

 

CODICI PATERNI

 

Linearità

Norme

Responsabilità

Impeto

Forza

Decisionismo

Indipendenza

Autonomia

 

 

 

    

Tratto dal libro "L'educazione negata" di Emidio Tribulato. Per richiedere questo libro clicca qui. 


[1] P. Lombardo, Educare ai valori, Edizioni Vita Nuova, 1997, p. 156

[2] P. Lombardo, Educare ai valori, Edizioni Vita Nuova, 1997, p. 157

[3] P. Lombardo, Educare ai valori, Edizioni Vita Nuova, 1997, p. 158.

[4] P. Lombardo, Educare ai valori, Edizioni Vita Nuova, 1997, p. 148.

[5] P. Le Moine, Educare  il grande mestiere, San Paolo, 1995, p. 28.

[6] E. Harding, La strada della donna, Casa Editrice Astrolabio, 1951, p. 229

Il bullismo

 

  Dott.ssa Stefania Mandaliti - Pedagogista

SOMMARIO

•    Che cosa è il bullismo?                                                       

•    Qual è il punto di partenza?

•    Come si riscontra tale fenomeno nei giovani  nei diversi aspetti della loro vita sociale: scuola, famiglia, coetanei etc.

•    Quali sono le modalità di prevenzione per sconfiggere il fenomeno bullismo.

IL PUNTO DI PARTENZA E’: LA SOCIALIZZAZIONE

Il punto di partenza per comprendere il fenomeno bullismo è da ricercare nella nozione di “socializzazione” del genere umano. Senza la socializzazione non saremmo in grado di interagire, di lavorare in un gruppo o di esercitare una qualsiasi forma di autocontrollo. E ancora la socializzazione consente di conoscere i comportamenti da adottare nelle varie situazioni. La socializzazione non è un processo semplice e a senso unico, altrimenti vivremmo senza conflitti. Il rapporto tra singoli individui e società rappresenta una sorta di negoziato, fatto spesso di sottili lotte con chi intende modellarci o aggiustarci contro la nostra volontà. La socializzazione ci cambia, ma attraverso la resistenza, la ribellione, e la sfida anche noi, a nostro volta cambiamo il processo di socializzazione, seppure, più spesso, cooperiamo con chi cerca di modificarci.

Nei primi anni di vita i più importanti agenti di socializzazione sono i genitori, i fratelli e sorelle, parenti e amici. La funzione di questa prima socializzazione è motivare il ragazzo ad affidarsi agli altri. Così durante la prima infanzia si infonde la fiducia, l’obbedienza, e il desiderio di piacere. Tra i tre e gli otto anni aumentano le persone che entrano in contatto con il bambino, ma l’accento è posto sull’acquisizione di capacità cognitive e percettive. In seguito il “gruppo dei pari” diventa sempre più importante e, con la pubertà, esso può avere un’influenza maggiore di quella dei genitori. In questa fase può germogliare il “bullismo.”

DEFINIZIONE

CHE COSA E’ BULLISMO.

Bullismo tradotto in inglese “bullying”è utilizzato per designare i comportamenti  con i quali un singolo o un gruppo, ripetutamente, fa o dice cose per avere potere o dominare una persona o un altro gruppo. Il termine “bullying” include sia i comportamenti del “persecutore” sia quelli della “vittima” ponendo al centro dell’attenzione la relazione nel suo insieme. L’individuo è portato a subire la pressione del gruppo. E’ stato sperimentato che, quando una persona  può contare  su un appoggio esterno anche minimo, il potere del gruppo diminuisce notevolmente.

La scuola è una palestra di apprendimento per la vita , nasconde, nel suo tessuto di relazione tra coetanei, una cultura di violenza poco presa in considerazione dagli adulti. Le sfide più grandi che i ragazzi devono affrontare non sono tanto le interrogazioni o gli esami, quanto i processi di inserimento nel gruppo dei coetanei e l’intreccio di relazioni con gli adulti-insegnanti. Il bisogno di sentirsi parte, di essere accolti, e valorizzati, spesso deve essere pagato a caro prezzo da chi per la prima volta accede agli spazi di vita di una scuola.

Il gruppo dominante impone le sue leggi e i suoi prezzi da pagare  per il diritto di cittadinanza. Chi non è disposto ad accettarne diventa bersaglio di persecuzione e violenza. In ambito scolastico i meccanismi che possono spingere un bambino a comportarsi da bullo sono due:

➢     L’apprendimento

➢     La rivalsa

➢    L’apprendimento : lo studente trasferisce in classe un modello di comportamento che gli viene offerto in casa. Un padre prepotente, violento nei confronti della moglie, dei parenti, ha molte probabilità di indurre nel figlio lo stesso atteggiamento: ”Papà è forte, anch’io voglio essere come lui”.

➢    Nel caso della rivalsa, invece, il bambino prima ancora che carnefice è vittima. Solitamente ha subito sulla sua pelle una violenza fisica o psicologica, che tende  a scaricare sui compagni. In entrambi i casi , è la famiglia ad avere un ruolo decisivo.

IL BULLO  E I DISTURBI PSICO AFFETTIVI

Il fenomeno bullismo si riscontra nel soggetto  anche per un disturbo  psico-affettivo che non è stato sviluppato durante la propria crescita dalla famiglia. Quando il bambino vive in un ambiente sereno, assieme ad adulti che si occupano di lui con equilibrio e che gli forniscono l’affetto di cui ha bisogno senza soffocarne l’esigenza esplorativa, l’emotività si evolve. Ogni individuo è un caso unico la cui personalità è il prodotto della complessa interazione tra predisposizione innata e ambientale (educativo, sociale, familiare e culturale).

Il primo modello fondamentale nella vita di un bambino è in genere rappresentato dai genitori. Quando sono gli stessi modelli a mostrare un comportamento violento, diventano un esempio negativo per i bambini, che si appropriano e mettono in pratica i medesimi atteggiamenti. Molti dei genitori che ricorrono alle botte vivono in un costante stato di tensione che porta a un aumento dell’aggressività. Problemi personali nella vita di coppia, oppure derivanti da condizioni di vita disagevoli (disoccupazione, povertà etc.) possono causare una tensione emotiva tale da portare a considerare il proprio figlio come bambino difficile, un potenziale bullo.

I comportamenti dei genitori che possono determinare il fenomeno del bullismo:

•    Abuso sessuale: A questi bambini viene imposta una forma di sessualità aggressiva assolutamente non commisurata alla loro età e capace di provocare una tremenda confusione psicologica. I bambini giungono alla conclusione di essere amati soltanto se accettano rapporti di tipo sessuale e ciò provoca l’indebolimento della loro autostima. I bambini si sentono colpevoli e si vergognano e spesso sono impauriti e confusi dalle minacce ricevute dagli adulti. Queste vittime sono costrette a tacere quando invece preferirebbero gridare. In tal caso c’è il pericolo che scatti il meccanismo di identificazione con il modello negativo, soprattutto da parte dei maschi, che potrebbero sviluppare una personalità violenta.

•    VIOLENZA VERBALE: Altro abuso dai genitori è quello della violenza verbale e psicologica. I rimproveri offensivi del tipo:“Sei la cosa più spaventosa che conosca” hanno un effetto negativo in quanto il figlio si sente insicuro e colpevole, senza valore. Oppure può reagire con rabbia, odio e desiderio di rivalsa nei confronti di chi l’ha rimproverato. Le umiliazioni subite per lungo tempo causano tali modalità di atteggiamenti, soprattutto fomentano l’aggressività.

•    FATTORE DI RISCHIO : MANCANZA DI CALORE EMOTIVO:Con calore emotivo s’intende un clima familiare positivo, accogliente e comprensivo. L’amore dei genitori è un senso di appagamento fisico e mentale, per cui la mancanza di questo può comportare lo sviluppo di comportamenti violenti. Sintomi tipici sono l’acquisizione di un linguaggio di tipo aggressivo.

•    PROBLEMI DI COPPIA: La mancanza di calore affettivo nella famiglia non ha origine soltanto nell’infanzia dei genitori, ma spesso anche dalle difficoltà del loro rapporto di coppia. Un rapporto caratterizzato da continua discordia crea un clima sfavorevole e impedisce ai figli di sviluppare un senso di benessere. Se poi l’atmosfera tra i coniugi è apertamente ostile e tesa , la loro aggressività può ricadere sui figli con gesti o parole violente.

•    FATTORI DI RISCHIO PROBLEMI PSICOLOGICI

•    TOSSICODIPENDENZA E ALCOLISMO.

PREVENZIONE NELLA FAMIGLIA

Per fare allora una qualsiasi vera "prevenzione" dobbiamo individuare e risolvere le situazioni di malessere degli adulti, che propongano ai giovani codici positivi di comportamento. La famiglia diventa un laboratorio di trasformazioni; è il punto di riferimento (ricercato o fuggito) all'interno del quale sperimenta il suo sviluppo; il conflitto tra genitori e figlio è inevitabile genitori iperprotettivi possono limitare fortemente l'autonomia e la creatività del ragazzo rendendolo dipendente; genitori ostili e autoritari possono rafforzare l'aggressività.

A seconda del clima educativo che si crea in famiglia il bambino assumerà determinati tratti di personalità, che possono agevolare o compromettere la sua futura socializzazione.

Secondo Schaefer, il clima educativo può essere di 4 tipi:

1) affetto (iperprotezione) + eccessivo controllo = sottomissione,

2) affetto + autonomia = buona fiducia in sé stessi,

3) ostilità (disapprovazione, norme troppo rigide) + controllo = eccessiva timidezza,  timore, ansia,

4) ostilità + autonomia = disadattamento sociale.

L’EDUCATORE PROFESSIONALE

CHI È : L'educatore professionale è un operatore esperto nell'area educativa, sociale e sanitaria.

CAPACITA’ E ABILITA‘:L'azione educativa professionale consiste nell’analisi della situazione in cui si opera, nella progettazione dell’intervento e, infine, nella valutazione del lavoro fatto per permettere un’eventuale correzione dell’intervento. In particolare, l'educatore che opera nell’ambiente di vita quotidiano, deve conoscere i modi e i tempi di sviluppo del bambino durante l'età evolutiva. Il suo ‘strumento' di lavoro è la quotidianità: la cura della persona e della casa, il cibo, la vita di relazione di una casa e di un quartiere. L’educatore deve saper riconoscere i momenti critici nella vita di un individuo o del gruppo in cui opera e saper intervenire per compensarli.

    INTERVENTI EDUCATIVI :

    1)PSICODRAMMA DI MORENO

➢    è una tecnica di drammatizzazione che permette di liberare il mondo interiore del soggetto dai vari problemi da cui è afflitto

➢    per attuare uno psico-dramma, bisogna individuare il problema attraverso una profonda osservazione e poi inventare una trama adeguata al problema stesso

➢    il secondo momento dello psicodramma è rappresentato dalla razionalizzazione.

2)IL GIOCO

3)L’ESPRESSIONE IDEOGRAFICA

➢    è una reazione espressiva, il disegno-linguaggio con cui il soggetto cerca di rappresentare graficamente quello che conosce e quello che sente, e non quel che vede

4)L’ESPRESSIONE GISTOGRAFICA

➢    è una fase d’imitazione, che si manifesta con il disegno-copia con cui cerca di riprodurre non soltanto quello che conosce, ma quello che vede e che vuole.

PREVENZIONE CON:

•    IL POTENZIAMENTO DELLE ABILITA’ SOCIALI: potenziare le abilità sociali dei ragazzi, ipotizzando un curriculum centrato sull’empatia e sulla comunicazione emotiva. Si tratta di attività che possono presentare sotto forme di storie, giochi, video.

•    PROMUOVERE LA COOPERAZIONE : La scarsa cooperazione dipende dalla loro scarsa empatia e dall’atteggiamento di ostilità generalizzata verso gli altri.  Tale attività si orienta verso la cooperazione stabilendo, nelle attività di lavoro da svolgere in gruppi, un obiettivo comune.

•    L’ EDUCATORE E IL PROCESSO DI EMPATIA: l’educatore deve cercare di promuovere lo sviluppo personale dei ragazzi che assumono il ruolo di operatore, aiutare i destinatari di tale iniziativa, esercitare un’influenza positiva sul clima emotivo e sociale. La sua attività deve essere svolta in modo da sostenere la personalità dei ragazzi, immedesimarsi in loro, nel loro vissuto.

 

“Il bullo tira i capelli alla bambina di banco, fa i dispetti  ai compagni di classe, risponde

maleducatamente agli insegnanti, ai suoi genitori, così tutti lo definiscono il ragazzo cattivo, da

starci lontano. E viene lasciato solo, nella sua sofferenza ,dimenticato. In fondo con il suo comportamento ha solo bisogno d’amore. Diamo più amore, a questi ragazzi  solo così si eviterà, che un giorno da grandi possano diventare dei potenziali violenti sociali.”

 
Centro Studi Logos

Diamo ai bambini un grande impulso all'apprendimento, per tutta la vita!

Entra a far parte del nostro Centro per dare sostegno ai bambini e le loro famiglie.
© 2024 Centro Studi Logos. Tutti i diritti riservati. Realizzato da IWS

Seguici

Image