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L'innamoramento

 

LA FASE DELL’INNAMORAMENTO O AMORE NASCENTE

 

 Una delle forme d’amore più frequente, ma anche più strana e sconvolgente è la prima fase dell’amore chiamata anche: fase dell’innamoramento, amore nascente, primi momenti dell’amore, infatuazione amorosa.

Questa strada è fatta di montagne russe, di tunnel dell’amore, di cuoricini rossi, di castelli in aria e di sogni nei quali è facilissimo librarsi in volo e passeggiare su nuvole rosa.

E’ questo un sentimento per lo più involontario, incontrollato, molto forte, irresistibile ed esaltante. E’ questa un’emozione che confonde e sconvolge, che brucia e sommerge la ragione e che, come un torrente in piena, dilaga nel corpo come nella mente e nel cuore, tanto che, a volte, è temuto anche dalle persone che la vivono.

È un’emozione che acceca. Una malattia da cui pochi vorrebbero guarire. Una follia esaltata dai poeti, capace di sconvolgere le persone apparentemente più razionali e controllate.

C’è in questo tipo d’amore un piacere mai pago dei baci e della presenza dell’amato. C’è una gioia immensa che fa avvertire lieve la fatica, dolce il sacrificio, facile la rinuncia. Lo scopo, nella fase dell’innamoramento, non è solo di tipo sessuale. Lo scopo è la fusione e l’unione con l’amato per godere della beatitudine estatica che s’immagina si proverà tra le sue braccia.

Nella fase dell’innamoramento ci sentiamo più grandi e forti, pronti a cambiare il mondo o a rivoltarlo come un calzino.

I sentimenti più accesi e contrastanti si ritrovano tutti: c’è la gioia, come c’è la sofferenza; c’è la sicurezza ma anche la paura di perdere la persona amata; c’è la felicità di stringerla al cuore ma anche lo strazio quando questa si allontana o quando non corrisponde ai nostri sentimenti o ci abbandona.

In questa fase il tempo si modifica e si modella in modo particolare. Scorre crudelmente lento il tempo dell’attesa, mentre quello dell’incontro corre beffardamente veloce e rapido fino agli indispensabili addii.

Quest’emozione è come un fuoco capace di sconvolgere anche gli animi più tranquilli e serafici. Come un fuoco, ardendo dentro l’animo, è capace di spingere nelle braccia l’uno dell’altro persone di età, livello sociale, carattere e razze diverse. I ricercatori sembra abbiano scoperto un mix chimico come causa dell’esaltante piacere dell’innamoramento, molto simile a quello che è presente nella fase dell’eccitamento maniacale.

 

 Le caratteristiche della fase dell’innamoramento.

In questa fase sono presenti delle caratteristiche specifiche, e pertanto è difficile confonderla con altre emozioni o sentimenti.

Intanto l’innamoramento è descritto come un’attrazione irresistibile poiché, quando è molto intensa, essa è capace di coinvolgere e coartare anche le persone con una volontà tenace. “Non vorrei, non è il caso, prevedo che questo sentimento mi travolgerà, mi porterà molti problemi, mi farà e farà del male, ma non posso fare a meno di provarlo e seguirlo”.

Altre volte, invece, è avvertito come una costrizione: “Io vivo serenamente soddisfatto del mio tran – tran quotidiano e, senza volerlo, senza cercarlo, sono coinvolto in questo sentimento che mi costringe, mi sconvolge la vita e mi rende dipendente”.

Non sempre è così. Spesso la persona si mette in una predisposizione d’animo aperta a questa emozione. In questi casi è come se uomini e donne, di tutte le età, lasciassero scoperti i propri cuori affinché Cupido possa più facilmente colpirli con le sue frecce d’amore.

Questo tipo d’emozione lo ritroviamo in Giulietta e Romeo, in Paolo e Francesca, in Paride ed Elena, in Sansone e Dalila, in Cesare e Cleopatra. Personaggi, questi, che non riescono a pensare alle difficoltà e ai problemi che il loro amore comporterà sia a loro direttamente che alle loro famiglie e alla loro nazione, ma si lasciano travolgere, impotenti ma felici.

Altra caratteristica della fase dell’innamoramento è data dal fatto che puòprendere la persona di sorpresa: “Cammino per la strada che faccio sempre per andare in ufficio, pensando ai miei piccoli giornalieri problemi e dal giornalaio incontro degli occhi, un volto, un corpo, che mi fa vibrare come mai mi era successo prima. Lo seguo e cerco di conoscere il proprietario di quegli occhi, di quel corpo. Avverto prepotente il bisogno di parlare con questa persona per conoscerla e poterle stare vicina. Resisto appena all’impulso di abbracciarla e di baciarla. Sogno già, incredibilmente, di non allontanarmi mai più da lui/lei”.

In questo senso l’innamoramento può essere fortuito. Questo non significa che non mi posso innamorare d’una persona che conosco, con la quale ho studiato e lavorato, senza alcun problema sentimentale, prima di quel particolare fatidico momento, ma è più sorprendente e strana la prima modalità.

Dall’interessato, ma soprattutto dalle persone che stanno vicino a lui, questa emozione è spesso giudicata come una malattia. Appunto la “malattia d’amore”, che tutti sono in grado di diagnosticare ma che nessun medico è in grado di curare e tanto meno guarire.

E’ una malattia a volte creativa, altre volte distruttiva. Questo malessere, a giudizio degli altri, rende ciechi, in quanto la persona coinvolta non riesce più a vedere in termini obiettivi la realtà. Per esempio, non riesce più a vedere obiettivamente la persona che sta dietro ai due begli occhi che lo hanno travolto e sconvolto. L’innamorato crede sinceramente e fermamente di aver scoperto la persona più bella, più buona, più generosa, più “grande”, del mondo, non accorgendosi affatto della realtà, spesso molto più modesta, che gli altri vedono e che solo lui /lei non vede.

Cieco in quanto, ad esempio, l’innamorato/a non riesce a capire di essere sfruttato da quella persona per i suoi fini. Cieco perché non riesce a capire che non esistono le condizioni minime per poter realizzare e rendere concreto quest’amore. Cieco perché i progetti che aveva fatto basandosi su questo sentire hanno spesso la consistenza dei sogni e dei castelli in aria.

Anche l’innamorato stesso assiste, a volte impotente, a questo sconvolgimento interiore.

 

Ricordo ancora, a questo proposito, il volto costernato ed inquieto d’un papà anziano che mi sono trovato di fronte, mentre svolgevo il mio lavoro al pronto soccorso psichiatrico dell’università di Roma. Questo padre chiedeva, con la massima urgenza, un intervento del nostro servizio per il figlio “bravo, buono, generoso, una perla di ragazzo, che però, improvvisamente era impazzito”, tanto da dire e fare, nei confronti dei suoi genitori ma anche degli altri parenti e amici che cercavano di farlo ragionare e di riportarlo alla normalità, delle parole e dei comportamenti che mai avrebbe detto e attuato.

Giacché per la nostra mentalità medica il primo intento, quando siamo di fronte ad un problema, è quello d’un inquadramento nosologico, cercavo in tutti i modi di farmi raccontare i particolari sintomi di questo grave disturbo psichico che aveva colpito il figlio, in modo tale da fare una precisa diagnosi e così predisporre gli interventi più idonei ed opportuni. Purtroppo le risposte dell’uomo, troppo generiche ed evasive, non mi aiutavano: “Non ascolta quando gli si parla. E’ come un invasato. Dice e fa cose, dottore, che solo un pazzo dice e fa”.

I miei dubbi sulla diagnosi rimasero insoluti fino a quando non chiesi da quanto tempo il figlio soffriva di questi gravi disturbi. “Ma, da quando ha incontrato quella ragazza che gli ha fatto perdere la testa”, è stata la sua risposta, con un tono che sottintendeva il suo stupore per i limiti che avvertiva nella mia capacità di comprendere il problema. Limiti che sicuramente hanno avuto conferma, insieme alla delusione più profonda, quando, alla richiesta d’una cura specifica, ho dovuto rispondere che ancora non era stato scoperto un farmaco adeguato ed efficace per queste patologie!

 

È noto, inoltre, il bisogno di fusione di anima e corpo con quella persona “speciale” che amiamo, mentre, nel contempo, la lontananza, il tempo che scorre veloce, i vari impedimenti, esasperano all’inverosimile il cuore innamorato che brama restare sempre vicino alla persona amata.

Nella mente dell’innamorato la realtà viene ad essere piegata ai propri desideri e ai propri bisogni ed emozioni. Pertanto, mentre i giudizi positivi degli altri: familiari, conoscenti e amici, esaltano e accentuano i suoi sentimenti, quelli negativi non solo non intaccano minimamente le sue convinzioni ma ogni parola che contrasta con il proprio modo di vedere e giudicare, l’offende e gli fa odiare ed allontanare tutte le persone che osano contraddirlo.

 

 I comportamenti dell’innamorato

Mentre vi è un notevole distacco nei confronti di tutto ciò che non riguarda la persona amata[1] per cui viene trascurato lo studio, come il lavoro o le normali occupazioni, l’innamorato è capace di compiere cose folli pur di stare vicino o poter vedere anche solo per pochi minuti l’uomo o la donna verso cui prova questo grande trasporto. Per ottenere quest’immensa gioia egli è capace di affrontare immani fatiche e notevoli pericoli, riuscendo a superare difficoltà normalmente ritenute insormontabili. A volte, per essere vicino solo per qualche ora o pochi minuti alla persona amata, è capace di aspettare per ore sotto la pioggia che lui/lei esca dalla scuola o dall’ufficio dove lavora. Pur di non perdere la persona della quale si è innamorato, è disponibile a compromettere il lavoro, troncare con i genitori e gli amici più cari, vivere in povertà.

I segnali psicologici.

Anche i sintomi psicologici sono contrastanti. Se da una parte, quando l’amato è lontano, è penoso il senso di vuoto e di annullamento, altrettanto intenso e pieno di appagamento è l’animo dell’innamorato quando l’altro è vicino. Se il solo pensare alla persona amata lo riempie d’immensa gioia, la paura di non essere ricambiati abbastanza, di non essere corrisposti con lo stesso amore lo angoscia.

Se i sorrisi, gli sguardi ammiccanti ed i baci riempiono il cuore dell’innamorato di un’intensa calda luce, un fare distratto dell’altro, un comportamento non perfettamente adeguato ai suoi bisogni, fa traboccare il suo cuore di angoscia e di muta tristezza.

E’ evidente poi l’ansia. L’ansia di capire e di leggere negli sguardi, nei comportamenti e nelle parole dell’altro se anche lui/lei prova le stesse emozioni: “Mi ama?” “Non mi ama?” “Quanto mi ama?” “Mi ama quanto io l’amo o di meno?” “Mi accetterà?” “Potremo stare sempre insieme?” Queste sono solo alcune delle mille domande che l’innamorato si pone continuamente e che pone anche ai pazienti ma sfortunati amici che cerca di coinvolgere nei suoi tormenti d’amore.

Vi è poi l’ansia e l’attesa d’un cenno, d’un sì, d’un bacio, d’una carezza, d’una promessa che provenga da parte della persona amata. Accanto a queste manifestazioni, non mancano le ansie e le paure di perderla; di non vederla più; di non potere restare per sempre con lei; di non renderla sufficientemente felice; d’averla fatta soffrire inutilmente e scioccamente; di non incontrare il favore dei suoi genitori ecc..

 I sentimenti contrastanti

Caratteristiche della fase dell’innamoramento sono gli sconvolgenti contrasti che si alternano nell’animo di chi è coinvolto in questa emozione: la felicità è mista alla sofferenza; la gioia  segue o precede il dolore; l’eccitamento e l’esaltazione sono misti alla depressione. E ancora la fiducia massima nell’altro è mista alla gelosia più feroce verso tutti i possibili concorrenti, non importa se del passato, del presente o d’un improbabile futuro.

Si può essere gelosi d’ogni bacio dato ad altri nel passato, come si può essere furiosi di ogni sguardo posato sulla persona amata nel presente.

Pertanto i bisogni di esclusività e di possesso sono molto intensi.

 I segnali biologici

I segnali biologici di questa miscela instabile ed esplosiva, registrati dalle persone coinvolte sono numerosi. Intanto il batticuore quando lui/lei telefona, quando manda un messaggino, una lettera, quando finalmente possiamo incontrarlo/la. E poi il tremore, la palpitazione, la sudorazione quando abbiamo la felicità di restare accanto alla persona amata; ma anche la secchezza alla bocca, la difficoltà nel respirare e nel parlare liberamente, come anche l’impossibilità di studiare, di lavorare tranquillamente e di gestire in maniera ordinata la propria vita, quando l’emozione è più intensa e coinvolgente.

 

Le fantasie

Altra caratteristica di questo tipo d’amore sono le fantasie fatte con e sulla persona di cui si è innamorati. Fantasie e sogni, è inutile dirlo, pieni di calore, tenerezza, sessualità, disponibilità e attenzioni, nettamente al di sopra e al di fuori di qualunque realtà.

I segnali sociali

Per quanto riguarda i segnali sociali gli innamorati, vivendo in un loro mondo, assorbiti l’uno dall’altro, difficilmente riescono ad integrarsi bene nell’ambito sociale, difficilmente hanno risorse da destinare ed investire sugli altri, i quali sono utilizzati e coinvolti solo come ascoltatori dei loro sfoghi verbali. Agli amici disposti ad ascoltare, è riferito con dovizie di particolari ogni atto o comportamento dell’amato, unito alla richiesta di consigli che però difficilmente saranno accettati o concretizzati.

Guai però a coloro che incautamente faranno notare qualcosa che contrasta con i loro desideri e bisogni. Ogni notazione negativa o critica è giudicata come dettata dalla scarsa conoscenza, dall’invidia o dall’incomprensione.

 L’evoluzione dell'innamoramento

L’evoluzione dell’innamoramento è notevolmente varia. Dopo un periodo relativamente breve, qualche settimana o qualche mese, si ha bisogno di qualcosa di meno coinvolgente, di più stabile, di più tranquillo, in quanto non si può vivere a lungo in quello stato d’intenso investimento emotivo.[2]

Pertanto, quest’emozione può scomparire da un momento all’altro senza lasciar traccia se non un vago ricordo, oppure può lasciare un rimpianto notevole, che può durare a lungo, anche per molti anni. Rimpianto per quello che poteva essere e non è stato. Rimpianto per quello che si è vissuto insieme o solo nell’intimo del proprio cuore e che si è perduto o non si è mai concretizzato.

In alcuni casi un innamoramento finito male può segnare tutta la vita d’una persona che, “scottata” non accetterà e si opporrà ad altri sentimenti simili, rimanendo legata e condizionata dalla primitiva passione.

 

Maria, di quarantacinque anni, aveva vissuto il fuoco dell’innamoramento solo da molto giovane, durante il primo anno d’università, quando si era perdutamente innamorata d’un suo collega. Per qualche mese aveva pensato d’essere ricambiata ma, successivamente, aveva scoperto che il collega provava per lei solo una modesta attrazione sessuale. Sentendosi molto stupida e sciocca per quello sconvolgimento che l’aveva pervasa, si era imposta di disprezzare l’innamorato che non aveva ricambiato la sua intensa passione, mentre nel contempo aveva giurato a se stessa che mai, nel futuro, sarebbe di nuovo caduta nella trappola di questo sentimento.

Aveva tenuto fede al suo proposito per molti anni ma ora, a quarantacinque anni, si chiedeva se, incontrando la persona giusta fosse bene lasciarsi sedurre dalle sirene della passione o continuare a controllare i suoi impulsi utilizzando, ad ogni nuovo incontro, più che il cuore il cervello e la ragione.

 

Un’emozione conclusa può essere sostituita da un’altra simile, può rimanere nell’animo come uno strascico doloroso, come può trasformarsi in un sentimento amoroso diverso, meno intenso e sconvolgente ma più profondo, duraturo e stabile.

Difficilmente si accetta il cambio con l’amicizia. Questa proposta viene giudicata quasi offensiva. Come se qualcuno ci proponesse di scambiare uno scrigno pieno d’oro e di pietre preziose con del piombo o dei ciottoli di mare.

 

 

Chi colpisce?

L'innamoramento può colpire uomini e donne d’ogni età e condizione sociale ma è nettamente più frequente durante il periodo adolescenziale, anche se, intensi rigurgiti possono essere presenti nell’età matura. In tale età può essere più sconvolgente che da giovane, tanto che nella letteratura e nel cinema sono frequenti i personaggi che nell’età matura perdono la testa per una giovinetta.

Le persone più cerebrali riescono, a volte, a gestire quest'emozione meglio, con più attenzione ed oculatezza. Altre persone, più sensibili al fascino di essa, ne sono travolte senza possibilità di controllo.

Alcuni sembra ne siano immuni, tanto che si stupiscono dei racconti di chi l’ha provato. Alcuni invece usano la fase dell’innamoramento come fosse una droga. Si tratta di personalità nevrotiche che hanno bisogno di forti stimoli e intense gratificazione per instaurare dei rapporti con l’altro sesso. Queste persone sembra che non riescano a vivere e ad amare se non con questa modalità intensa e sconvolgente e come dei drogati in preda all’astinenza, quando avvertono che l’emozione nei confronti d’un persona diminuisce, affannosamente cercano di proiettare il loro sentire su un’altra e poi su un’altra ancora, all’infinito.

 

Francesco, un insegnante di quasi quarant’anni, che viveva ancora con i suoi genitori, non riusciva a tener il conto di tutte le donne, di varia età, delle quali si era innamorato, spesso senza che l’altra persona lo sapesse, in quanto, essendo molto timido, non riusciva neanche a comunicare le sue ardenti passioni. Aveva quindici anni quando, per la prima volta, questo tipo di sentimento amoroso era esploso nel suo cuore sotto forma dell’immagine d’una ragazza della classe accanto alla sua.

Di Maria, che aveva appena intravisto entrando e uscendo dalla classe e da scuola, si era innamorato il giorno in cui l’aveva notata accovacciata in un angolo del cortile, con in una mano un libro, mentre nelle dita dell’altra teneva una matita che doveva servirle per sottolineare le parti salienti dei vari argomenti. Con questa matita lei giocherellava, passandola sul viso, sui capelli e sulle braccia, come accarezzandosi. Questo gesto di accarezzarsi con la matita aveva fatto scattare la molla dell’amore. Per Francesco quella ragazza non poteva che essere una ragazza meravigliosa, sensibile, affettuosa, dolce, incantevole, intelligente.

Era certo che lo stare accanto a lei, anche senza toccarla, anche senza parlarle, sarebbe stata l’esperienza più bella della sua vita. Nessun piacere, nessuna gioia, nessun avvenimento poteva essere più entusiasmante della realizzazione di quel sogno.

Quel giorno, mentre il cuore batteva all’impazzata e un dolce languore invadeva il suo corpo e quasi lo paralizzava dalla testa ai piedi, era rimasto lontano da lei, contemplandola a lungo, fino alla fine della ricreazione. E così i giorni successivi, per quasi un mese, si accontentò di guardarla da lontano. Ma poi, un bel giorno, nonostante temesse di svenire davanti a lei per l’emozione, nonostante temesse di dimenticare la frase che aveva deciso di dirle per attaccare discorso, frase che si era ripetuto mille e mille volte, decise di avvicinarla mentre era sola.

Ricordava ancora l’ intensa, dolcissima pena, nell’attraversare il cortile per raggiungerla. Camminare su quei pochi metri di terra battuta era come attraversare un deserto. Avvertiva la gola secca e arida, mentre con difficoltà inghiottiva la saliva diventata viscida e calda nella bocca.

Lamentava una strana spossatezza nel corpo e un pulsare martellante nelle tempie mentre l’immagine di lei, con il libro in mano, si offuscava sempre di più e si copriva d’una nebbiolina grigia. Quando era quasi arrivato alla sua altezza (non essendo capace di andarle incontro direttamente aveva pensato alla tattica d’un lento aggiramento), fu quasi felice di vederla, di scatto alzarsi per andare a parlare, ridendo, con le sue compagne. Non riusciva a ricordare, dopo tanti anni, i sentimenti che si addensarono nella sua mente e nel suo cuore quando un altro ragazzo, più brutto di lui, meno intelligente e bravo di lui, le cinse, con fare spontaneo la vita mentre lei appoggiava per un momento la testa sulla spalla dell’amico, continuando a parlare e a ridere con le compagne!

Questo gesto lo ricordava sì con sofferenza, ma stranamente lo avvertiva anche come una liberazione. Come quando ci tuffiamo nel mare e godiamo della vista di quel meraviglioso mondo liquido e del contatto con creature marine e vegetali così diverse e così incantevoli ma poi, il bisogno di ossigeno ci costringe a riemergere e ci sentiamo liberi quando, guardandoci attorno, possiamo di nuovo respirare liberamente.

Da allora la sua vita era trascorsa in un’altalena continua di intense emozioni e desideri. Passava da un innamoramento all’altro quasi senza alcun intervallo. Se da una parte avvertiva e soffriva della grave frustrazione e depressione quando questa emozione finiva o si riduceva, dall’altra non riusciva ad instaurare un rapporto che non avesse caratteristiche così coinvolgenti ed intense come quelle che avvertiva nella fase dell’amore nascente.

Non aveva mai conosciuto né gli interessavano rapporti meno intensi. Diceva che solo da innamorato si sentiva vivo e soddisfatto. Quando avvertiva in lui o nelle donne che incontrava dei sentimenti “tiepidi”, troncava il rapporto cercando, come il tossicomane cerca la sua dose quotidiana, un’altra donna su cui proiettare e con cui vivere il fuoco dell’innamoramento.

Non escludeva il matrimonio, ma aveva poca fiducia di poter incontrare una donna con la quale, per tutta la vita, potesse provare sentimenti ed emozioni così intense come quelle che cercava. Questo fatto lo aveva reso triste e sfiduciato. Pertanto, come nel tossicomane, i momenti di vera gioia erano diventati sempre più scarsi e rari, cosicché la vita gli appariva inutile, vuota e scialba.

 

 Da cosa nasce l’innamoramento?

Può nascere da qualunque particolare fisico: gli occhi, il naso, una parte del corpo, le labbra, i capelli. Può nascere dall’odore dell’altro, dalle sue capacità di ascolto e di dialogo. Può nascere da un suo modo di gestire, di parlare o di ascoltare, da un suo modo di sorridere e guardare. Tutti questi particolari producono una risonanza intima collegandosi o facendo riemergere, anche inconsciamente, emozioni infantili o primitive, ma anche ricordi legati ai primi rapporti con i genitori, con i fratelli o le sorelle.

Alcuni elementi che scatenano questo sentire possono collegarsi ai sogni ad occhi aperti nati durante le letture e i racconti infantili. Altre volte la persona di cui ci innamoriamo è anche la persona che ci fa sentire meglio, che soddisfa meglio i bisogni più profondi della nostra anima, che completa meglio i sogni di quella parte, maschile o femminile che ci manca.

In alcuni questa emozione soddisfa il desiderio di donare: affetto, protezione, gioia, ed è per questo che ci si può innamorare anche di persone sfortunate o tragicamente sconvolte da eventi della vita, come la disabilità o la tossicodipendenza.

Altre volte, al contrario, l’altro è qualcuno che immaginiamo possa darci qualcosa: affetto, protezione, calore e gioia, di cui siamo stati troppo o troppo a lungo deprivati; qualcuno che possa aiutarci a risolvere i nostri problemi interiori.

Per Dacquino, “Proprio perché l’attrazione verso il partner corrisponde alla proiezione su una nuova persona di emozioni vissute durante l’infanzia, chi ama tende a rivivere, attraverso la relazione d’amore, conflitti non risolti nel tentativo di portarli a soluzione; di conseguenza, proietta sull’altro non soltanto desideri, bisogni e fantasie ma anche la propria patologia”. [3]

 Effetti positivi dell’innamoramento

L’innamoramento è sicuramente un ottimo strumento, anche se primitivo, utilizzato dalla natura per condurre anche i soggetti più recalcitranti, a riprodursi e a formare una nuova famiglia. Può allora essere considerato un evento positivo se ha la funzione di far iniziare un cammino fatto di dialogo, conoscenza e donazione reciproca. Appare invece poco utile, anzi nettamente dannoso alla crescita e alla realizzazione personale e sociale, quando è fonte soltanto di emozioni intense ma procura allontanamento e fuga dalla realtà quotidiana, trasportando e facendo vivere stabilmente la persona che prova questa emozione in un mondo dorato ma irreale, fatto solo di sogni ed illusioni. In questi casi il rischio è che questa emozione renda difficile un cammino vero, un vero legame, un reale rapporto stabile e duraturo con un uomo o una donna.

La durata dell’innamoramento

La durata di questa emozione particolare è estremamente varia: pochi giorni, pochi mesi o, più raramente, alcuni anni.

 Il valore sociale dell’innamoramento

Il valore dato all’innamoramento non è uguale in tutte le società e non è stato uguale in tutti i periodi storici. Soltanto alla fine dell’ottocento in Europa ma anche in America si cominciò a pensare con sempre maggiore insistenza che innamorarsi fosse un evento auspicabile anzi obbligatorio nel rapporto di coppia. Pertanto, mentre in occidente, da circa mezzo secolo, l’innamoramento è considerato quasi una ragione di vita ed è diventato fondamentale per intraprendere e portare avanti un cammino amoroso, in altre società come quella indiana, cinese, giapponese, haitiana, araba, è giudicato con molto sospetto, in quanto quest’emozione stimola a dei rapporti amorosi che possiedono molti elementi d’irrealtà per cui vi è il rischio concreto che molte unioni saranno fondate solo sulle illusioni ed i sogni e pertanto saranno condannate al fallimento.

Per tale motivo, presso questi popoli, al contrario che da noi, è assolutamente sconsigliato sposare una persona della quale si è innamorati in quanto, finita la fase dell’innamoramento, si può rimanere delusi e questa delusione può comportare la rottura dell’unità familiare. Per essi, inoltre, è incomprensibile ma anche deplorevole che si possa perdere la testa per un’altra persona.

Anche presso i Greci antichi il sentimento più importante non era l’innamoramento e la passione (“eros”) ma l’amicizia (“philias”) che spingeva a gratificare l’altro mediante sentimenti d’ammirazione, sostegno e attribuzione di qualità positive. Per essi, altro sentimento importante era “l’agape” nel quale si manifestava interesse e amore per l’altro con dei comportamenti atti a favorirlo. Ma anche in quasi tutte le società di alcuni secoli or sono la base d’un rapporto duraturo tra i sessi non era l’innamoramento ma la stima, l’amicizia ed il rispetto reciproco. Era il matrimonio al centro del tessuto sociale e non l’amore o peggio l’innamoramento.

Di questa emozione non si mancava di sottolineare la scarsa aderenza al reale, la sua breve esistenza, il desiderio di possesso dell’amato, l’eccessiva esclusività. Come eccessiva era l’idealizzazione che, con la sua fine, poteva portare a delle tragiche delusioni le persone interessate. Per tali motivi questo sentire era tenuto a freno, se non proprio escluso, dalla vita di coppia.

Che sia eccessiva e fuor di luogo l’enfasi con la quale nella nostra attuale società occidentale diamo credito all’innamoramento, è provato da buona parte delle caratteristiche di questa emozione. Questo sentire può spingerci a legarci per la vita e ad intraprendere un progetto complesso, articolato e difficile come quello matrimoniale e familiare, gravido di molteplici impegni e coinvolgimenti legali, relazionali, economici e sociali, con una persona, solo perché qualcosa nei suoi occhi, nella sua pelle o nel suo viso, ha fatto scattare un meccanismo biologico e ormonale arcaico che aveva, negli uomini primitivi, solo la funzione di stimolo all’accoppiamento.

Ci siamo chiesti il motivo per il quale nella nostra società occidentale si dà tanta enfasi all’innamoramento e non lo si ridimensiona in modo corretto, così come capitava in tante epoche e come avviene anche oggi in tante civiltà. La risposta, a parte le considerazioni storiche e letterarie, sta nella tendenza a cercare di semplificare, banalizzare e considerare come un gioco piacevole, anche le cose più complesse e profonde, come può essere il rapporto tra due persone che vogliono costruire una duratura relazione.

Insieme alla banalizzazione vi è anche il bisogno, da parte delle società nelle quali i mass media sono notevolmente diffusi, di spettacolarizzare ogni evento e ogni realtà così da creare forti emozioni. D’altra parte, cosa c’è di più emozionante e spettacolare di due persone innamorate coinvolte dal fuoco della passione? La spettacolarizzazione è essenziale per poter vendere un prodotto; e giacché dell’amore si è fatto un prodotto da vendere prima con i libri, poi con i film ed i fotoromanzi e adesso con decine di trasmissioni TV, è sicuramente più interessante e stimolante, al fine d’acquisire un pubblico numeroso, la situazione di due infocati innamorati che vivono e soffrono in modo altalenante le calde vicende dell’amore che non quella di due persone che si amano d’un sentimento più tranquillo ma costruttivo e ricco.

Per capire ciò basta osservare come l’innamoramento ed il sesso cucinati in tutte le salse occupino, insieme alla violenza, buona parte delle trasmissioni televisive e si diffondano, sempre più, nelle riviste e nei film.

L’innamoramento diventa un prodotto che ha notevoli ritorni economici. Il fatturato legato al sesso, alle emozioni ed ai sentimenti si misura in svariati milioni di Euro, anche perché si fa di tutto per collegare questi sentimenti agli oggetti. Non ci si innamora solo delle persone ma la società dei consumi vuole farci amare gli oggetti tramite un collegamento o dei vocaboli normalmente usati nei confronti delle persone.

Gli ammiccamenti sentimentali e sessuali sono i messaggi più frequenti quando lo scopo è quello di vendere. Per incrementare lo smercio di auto, moto, oggetti elettronici, cellulari, o anche elettrodomestici molto banali come una lavatrice o un ferro da stiro, la pubblicità non teme di usare frasi tipiche del mondo degli affetti e delle relazioni: “Il mio amore per te è infinito…” dice una donna accarezzando voluttuosamente una lavatrice. “Se vuoi posso essere tua, prendimi…” dice una voce fuori campo, mentre una bellissima donna è sdraiata su un’auto.

 

 

La corretta gestione dell’innamoramento

Le osservazioni che abbiamo fatto non tolgono nulla alla funzione dell’innamoramento se lo si guarda non come l’elemento fondamentale d’un rapporto di coppia, ma come un forte impulso affinché si possa iniziare un cammino.

Un cammino verso l’unione ( “coppia” viene da “copula”, che implica un legame relazionale interpersonale intimo ed elettivo tra un uomo ed una donna), un cammino e un legame fatto di conoscenza, comprensione reciproca ed impegno, destinato, almeno nelle intenzioni, a durare nel tempo.

Perché ciò avvenga, affinché l’innamoramento si trasformi in un sentimento amoroso più solido, valido e duraturo sono necessarie però alcune condizioni:

1.      la maturità delle persone che vivono questa emozione deve essere adeguata e notevolmente alta;

2.      l’educazione affettivo - sentimentale e sessuale dei giovani deve essere preparata in modo attento, così da sviluppare le capacità di raziocinio da utilizzare anche e soprattutto nelle scelte amorose. L’educazione deve, inoltre, riuscire a potenziare tutte le qualità indispensabili per un valido e solido rapporto di coppia e per un ricco e pieno ruolo materno e paterno. Nulla si improvvisa, tanto meno compiti così difficili ed importanti come quelli di marito e moglie, padre e madre;

3.      deve essere presente da entrambi i giovani interessati una grande e profonda disponibilità, un bisogno e un desiderio di impegnarsi in un progetto splendido e ricco di doni ma anche arduo;

4.      è fondamentale l’impegno ed il sostegno costante della rete affettiva e familiare dei due giovani che devono mettere in atto tutte le strategie necessarie affinché, accanto al piacere del rapporto di coppia, nasca il dovere verso l’altro e verso la società. Accanto alla passione si sviluppi la ragione; accanto al gioco nascano il sacrificio e l’impegno; accanto alla ricerca di qualcosa per sé, per il proprio appagamento e la propria soddisfazione e gioia, nasca il piacere del dono gratuito verso l’altro, verso la società e verso la vita;

5.      la rete familiare, che sta accanto ai due giovani che vogliono intraprendere un cammino di coppia, dovrà pertanto avere numerose qualità:

  • ·        dovrà essere presente e attiva. Non basta avere dei genitori se questi non si impegnano in modo intelligentemente attivo nel consigliare, suggerire e guidare i figli dapprima nelle loro scelte e poi nella conduzione del rapporto affettivo e sentimentale;
  • ·        dovrà essere una rete ricca. Ricca come numero di persone legate da un caldo affetto reciproco, ma anche ricca di valori da trasmettere ai giovani che vivono e si formano nel suo seno;
  • ·        dovrà essere una rete sana. Sana nei suoi principi morali. Sana dal punto di vista psicologico. Sana in quanto capace di aggregazione, accoglienza e valorizzazione. Sana in quanto capace di sostegno, rinforzo e collaborazione. Priva, quindi, di quelle tendenze conflittuali, aggressive, distruttive o emarginanti che rendono scarsamente valida, se non patologica, una rete affettiva;
  • ·        dovrà essere una rete affettivamente calda. Calda nelle capacità d’amare. Calda nell’accoglienza. Calda nel dono.


[1]  BREHM, S.S., (2002), La psicologia dell’amore, a cura di Sternberg R. J. – Barnes L. M., Bompiani, Bologna, p 259.

[2]  DACQUINO, G., (1996), Che cos’è l’amore, Mondadori, Milano, p.185.

 

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I progetti comuni

I PROGETTI COMUNI

 

COMPONENTE DECISIONE IMPEGNO

L’avere un progetto ampio, ricco e importante in comune è per la coppia il miglior cemento dell’unione. Avere progetti comuni significa sognare quel progetto, lavorare insieme per quel progetto, lottare insieme per qualcosa alla quale si crede. Avere un progetto in comune significa sacrificarsi insieme, godere insieme, arricchirsi insieme. Significa assistersi, appoggiarsi e sostenersi nelle quotidiane lotte e fatiche.

Nella componente decisione – impegno vi è, pertanto, la volontà e la determinazione di assumere degli oneri a breve ed a lunga scadenza prima verso l’altro e, successivamente, nei confronti della famiglia e della società.

I progetti, le decisioni e gli impegni in comune non sono tutti uguali. Alcuni sono d’un certo rilievo altri, invece, sono piccoli, scialbi e limitati nel tempo.

I piccoli progetti comuni.

I piccoli elementari e limitati nel tempo progetti comuni, li conosciamo molto bene: chiacchierare e studiare insieme; uscire con gli amici per trascorrere una serata al bar, in discoteca o in pizzeria; fare sesso; effettuare un viaggio insieme.

I piccoli progetti comuni sono facili da realizzare ma danno poco alla coppia, possono solo servire da passatempo per scacciare la noia d’una serata o d’un fine settimana. Essi danno sicuramente, almeno per un certo tempo, divertimento e piacere a chi li vive, ma restano piccoli e fanno rimanere la coppia piccola, ma soprattutto non apportano nulla o quasi nulla alla società.

Una coppia resta piccola quando permane ancorata a piaceri elementari e semplici. Una coppia resta piccola quando non sa, non vuole o non riesce a volare alto proiettandosi nel futuro. Una coppia resta piccola quando non è capace di espandere l’amore che possiede e vive, al di là dell’io e del tu o quando non riesce a responsabilizzarsi di fronte ai grandi bisogni dell’umanità.

Se dovessimo definire questo periodo storico lo potremmo definire proprio come il periodo delle coppie piccole.

I motivi per i quali le coppie restano piccole non attengono soltanto alla personalità e alla volontà dei soggetti interessati ma, corresponsabili di questo stato di cose, sono sicuramente le famiglie, le società, gli Stati, le religioni.

I grandi progetti comuni.

I grandi progetti comuni sono ben altri. Essi richiedono alla coppia un notevole dispendio di energie; grandi impegni e sacrifici della durata di molti anni; la necessità di superare ardue difficoltà. In cambio, come tutte le cose grandi questo tipo di progetti può riempire il cuore e la mente di notevoli gratificazioni e soddisfazioni, ma soprattutto può dare molto alla società umana.

Uno dei primi grandi impegni comuni dovrebbe riguardare la stabilità dei sentimenti, al di fuori e al di sopra dell’emozione o dell’infatuazione del momento. “Io mi impegno ad amarti adesso, ma mi impegno anche a mantenere vivo e luminoso quest’amore non soltanto oggi ma per tutta la vita. Io mi impegno affinché quest’amore diventi sempre più forte e robusto, così da fargli superare le insidie del tempo e degli avvenimenti che potrebbero intaccarlo e corroderlo. E quando questo dovesse succedere, farò di tutto per riparare i danni e per rimuovere le incrostazioni che gli anni vi avessero depositato fino a farlo risplendere come prima. Inoltre, se per qualunque motivo, il nostro rapporto si dovesse gravemente ammalare io mi impegno a curarlo pazientemente, fino alla sua completa guarigione”.

L’impegno viene preso non verso una persona ideale ma reale: con i suoi pregi, le sue capacità ma anche con i suoi difetti e limiti.

Si accetta e si dà la propria disponibilità e la volontà di amare quella particolare persona anche quando, a causa dei vari eventi della vita, essa dovesse cambiare anche in peggio. Ci si impegna, quindi, ad amare ed accettare quella persona anche se i suoi pregi dovessero nel tempo diminuire, ed i suoi difetti dovessero aumentare a causa delle ferite inferte dagli anni, dalle malattie o dagli avversi avvenimenti.

Si promette di accettare il corpo dell’amato o dell’amata oggi, quando la giovinezza lo fa risplendere di bellezza, armonia e vigore e la sua mente è lucida, attiva e brillante, ma si promette di accettarlo e amarlo anche domani, quando, com’è naturale che succeda, il suo bel corpo dovesse sfiorire o ammalarsi e la sua mente, con l’avanzare dell’età, non dovesse essere più tanto lucida e attiva come prima.

Ci si impegna ad amare quella persona e pertanto si dispone il cuore ad accogliere, alimentare e far crescere questo sentimento utilizzando tutti i mezzi più opportuni: le parole, i gesti, i comportamenti, ma anche il perdono e la compassione.

Ci si impegna a condividere con l’altro la gioia e la tenerezza; le cure e le attenzioni anche mediante quotidiane rinunce, sacrifici e sofferenze.

Ci si impegna a controllare e limitare i bisogni individuali a favore dei bisogni e delle necessità della coppia e della famiglia.

Si progetta di aprire il legame d’amore della coppia anche ai figli che dovessero venire. Figli da curare, accudire, educare e poi accompagnare nella strade del mondo.

Nei grandi progetti comuni si vogliono condividere, quindi, speranze, sogni, realtà, gioie, sofferenze, lotte.

Simbolo di un grande progetto comune è anche la casa.

Una casa nella quale ogni oggetto, ogni muro, ogni mobile, parli di lui, parli di lei, parli di scelte fatte in coppia. Una casa che rifletta i momenti di gioia, come i momenti difficili. Una casa che sia nido e tempio. Nido per i piccoli esseri umani che vi nasceranno e che lì saranno allevati ed educati fino a quando non saranno in grado di camminare da soli nelle strade del mondo. Una casa che sia nido fino a quando la maturità raggiunta potrà loro permettere di creare, a loro volta, altri grandi progetti di vita. Una casa che sia tempio dell’amore e della tenerezza, dell’accoglienza e del perdono.

Gli apporti.

Affinché un rapporto sia maturante e responsabilizzante e riesca a creare grandi progetti comuni, sono necessari numerosi e complessi apporti di tipo educativo e formativo da parte dei genitori, della rete familiare, dello Stato e della religione.

Gli apporti dei genitori.

 

Questi apporti sono fondamentali e devono poter prevedere:

  • ·        due genitori con ruoli specifici in modo tale che l’educazione e la formazione ricevuta sia ricca delle caratteristiche paterne e materne. Un’educazione che acquisti dal padre la linearità e la sicurezza; l’autonomia e il coraggio; il controllo dell’ansia e dell’emotività; un dialogo più stringato e diretto; comportamenti più lineari e responsabili; grinta e dinamismo; intraprendenza e determinazione; senso del dovere verso la famiglia e la società; realismo e gioia della conquista; controllo del dolore e delle emozioni; forza e determinazione; rispetto delle regole e autorevolezza. Un’educazione che acquisisca dalla madre calore e tenerezza; grazia e morbidezza; disponibilità e capacità di cure; accoglienza e comunione; capacità empatiche e relazionali;
  • ·        due genitori che abbiano raggiunta una buona maturità e con caratteristiche psicologiche tali da permettere loro di vivere i rapporti interpersonali in maniera serena e armonica, con scarsa e rara conflittualità;
  • ·        due genitori con ruoli diversi e complementari, per cui uno di loro sia notevolmente e prevalentemente impegnato nello sviluppo del mondo affettivo, mentre l’altro sia prevalentemente impegnato nello sviluppo del mondo economico e dei servizi;
  • ·        due genitori entrambi disposti ad impegnare buona parte delle loro energie e del loro tempo nel campo educativo, nel dialogo e nella relazione con i loro figli;
  • ·        due genitori che sappiano responsabilizzare i loro figli dando e facendo rispettare le norme e le regole utili a sé stessi, alla famiglia e alla società;
  • ·        due genitori che, a loro volta, abbiano lavorato e attuato dei progetti ricchi ed ampi e sappiano trasferire queste loro esperienze e competenze ai figli con entusiasmo e piena disponibilità.

Gli apporti della rete familiare.

Per quanto riguarda la rete familiare è indispensabile l’impegno di questa nel consigliare, aiutare, sostenere, correggere, stimolare e proteggere la coppia e la famiglia che si sta formando con disponibilità, ma anche con delicatezza e accortezza, senza mai sopraffare le responsabilità specifiche e l’indispensabile bisogno di autonomia dei giovani coniugi.

Gli apporti dello Stato.

Non meno importanti e sostanziali sono gli apporti della società e dello Stato. Per stimolare ed aiutare i giovani ad impegnarsi in un progetto solido e ricco gli atteggiamenti ed i messaggi da inviare mediante le leggi ed i regolamenti dovrebbero necessariamente essere molto più incisivi e spesso di segno opposto a quelli attualmente presenti. La politica e la società civile dovrebbero pertanto:

  • ·        impegnare almeno metà delle proprie migliori energie e risorse per lo sviluppo del mondo affettivo-relazionale;
  • ·        valutare come prioritari i temi riguardanti la formazione, la funzionalità e la stabilità delle coppie e delle famiglie;
  • ·        considerare fondamentali i temi educativi e formativi dei bambini come dei ragazzi e dei giovani considerando la famiglia sede naturale per la formazione delle future generazioni;
  • ·        monitorare sistematicamente lo stato di benessere o di malessere delle famiglie, delle coppie, come dei singoli cittadini, almeno con lo stesso impegno con il quale si effettua il monitoraggio della situazione economica e finanziaria della nazione.

Gli apporti della religione.

Per quanto riguarda la religione va dato atto che il suo impegno a favore d’una sana vita di coppia e familiare e d’un amore che formi e faccia crescere le coppie non solo nella fede verso Dio ma anche nella fede e disponibilità reciproca, nei confronti dei figli e della famiglia, è stato sempre notevole, decisivo e molto più impegnato di quello dimostrato dalle varie istituzioni civili.

Purtroppo in una società secolarizzata, pervasa e limitata dalle sirene dell’individualismo, del materialismo e del consumismo, in una società largamente scristianizzata è necessario che la sua voce diventi ancora più forte ed il suo impegno ancora più deciso, fermo e lineare, così da non inseguire o giustificare gli attuali costumi prevalenti con i quali, alcune società, tendono a svilirsi ed autodistruggersi.

 

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La gelosia

AMORE E GELOSIA

 

Nella componente passione è compresa la gelosia. Questo sentimento si potrebbe definire come il timore di perdere l’altro o qualcosa dell’altro: la sua presenza, il suo amore e gli apporti materiali, affettivi o spirituali che ci elargisce.

E’ questo uno dei sentimenti più discussi. Si dibatte se, nei rapporti di coppia, la gelosia debba essere accettata e accolta oppure no: “ La gelosia è il veleno dell’amore”. “Se si è gelosi vuol dire che non si ha fiducia nell’altro e quindi non si rispetta l’altro”. “ La gelosia distrugge l’amore perché innesca conflitti che possono addirittura sfociare in tragedie”. Negli anni ’70, in nome della rivoluzione sessuale anche la gelosia è stata bruciata nelle piazze insieme ai reggiseni delle donne, ed il geloso veniva bollato come uomo represso o malato uscito dal paleolitico.

La tesi opposta, al contrario, recita: “Se non vi è gelosia non vi è amore”. “ Un po’ di gelosia fa bene alla coppia, perché lusinga il partner facendolo sentire importante e quindi la gelosia è gratificante per l’altro perché dimostra che non si è indifferenti nei suoi riguardi”. 

Diciamo subito che quando un sentimento è presente nella stragrande maggioranza delle persone e. soprattutto, quando è presente in tutte le età e in tutte le relazioni, è difficile poterlo definire come un sentimento patologico o negativo. A causa della selezione naturale le patologie, tutte le patologie trasmesse geneticamente e i comportamenti negativi per la specie, nel tempo sono gradualmente ridotti, cosicché il loro numero, alla fine, risulta sempre modesto.

Tutto ciò non è avvenuto per la gelosia.

E’ geloso il bambino quando nasce il fratellino o quando il papà bacia la mamma. E’ gelosa la madre quando il figlio osa dare più baci alla nonna o alla tata che a lei. E’ gelosa l’amica quando a scuola la compagna del cuore le fa il torto di sedersi con un’altra bambina. E’ geloso anche l’impiegato quando il capufficio mette vicino a sé nella sua stanza un altro dipendente.

Pertanto, se questo sentimento è così diffuso è difficile definirlo patologico o almeno è difficile definire patologico e non funzionale ogni sentimento di gelosia.

Poiché in tutte le relazioni è sempre presente il sentimento d’appartenenza, la paura di perdere qualcosa che sentiamo come nostra, è fisiologica ma è anche indispensabile, perché mette in moto l’istinto di difesa che tende a proteggerci e a tutelarci dalla perdita di un elemento importante o fondamentale per la nostra vita o il nostro benessere: psicologico, fisico o spirituale.

Nonostante ciò, la crociata contro questo sentimento e contro i comportamenti consequenziali a questa emozione, negli ultimi decenni è stata massiccia. L’impegno per estirpare questo “cancro del cuore” è stato notevole e degno di miglior causa. E così a scuola alcune maestre, per evitare che si instaurino dei legami eccessivi tra compagni, fanno cambiare di posto ogni settimana i loro alunni; è punito dalla legge, perché viola la privacy, il marito o la moglie che guarda nel telefonino del partner o fa controllare e fotografare l’altro per escludere o confermare un tradimento; è beffeggiato il marito o la moglie, il fidanzato o la fidanzata, che osa manifestare sospetti sulla fedeltà del partner.

E’ l’effetto dell’individualismo spinto ai massimi livelli, ma è anche un mezzo con il quale il mondo economico e dei servizi cerca di proteggersi dalle intrusioni di mogli, mariti e fidanzati che, a causa di questo sentimento, potrebbero creare problemi ai dipendenti e agli altri lavoratori delle aziende o degli uffici. Quest’atteggiamento è anche il frutto della confusione che viene fatta tra gelosia fisiologica e patologica.

Quest’ultima la si riconosce facilmente in quanto, le sue manifestazioni, non solo non sono legate alla realtà ma sono il frutto di percorsi psicologici interiori disturbati o alterati, facilmente evidenziabili mediante un approfondito colloquio psichiatrico.

Francesca, moglie d’un casellante, quando ancora vicino ai passaggi a livello vi erano questi impiegati delle ferrovie che provvedevano ad abbassare e alzare le sbarre all’arrivo dei treni sulla linea ferrata da loro controllata, ogni giorno vedeva passare molti locomotori e quindi anche molti macchinisti. Uno di questi la colpì per il suo bel viso, per il sorriso smagliante e, soprattutto, per l’affettuoso saluto che le elargiva affacciato al finestrino della cabina ogni volta che transitava con il treno. Saluto molto diverso da quello che le dava il marito un po’ musone ed introverso.

Un bel giorno ella si accorse dal cuore che le batteva forte quando si avvicinava l’ora del passaggio del treno e dal fatto che non riusciva più ad alzare lo sguardo verso la motrice e tanto meno a rispondere al saluto, di essersi innamorata di questo giovane e bel macchinista. L’assalì la vergogna per aver provato questo sentimento peccaminoso ma poi, dopo qualche giorno, a poco a poco, la vergogna sparì e fu sostituita dall’aggressività e dalla gelosia nei confronti del marito, che accusava di averla tradita. Le accuse erano assolutamente inconsistenti ma il delirio di gelosia del quale soffriva rendeva la convivenza impossibile..

 

In questo caso, come in molti altri, era stato l’impulso al tradimento che aveva fatto scattare la molla della gelosia patologica con la quale la giovane casellante si difendeva, trasferendo sul marito i suoi turbamenti.

Giacché le emozioni ed i sentimenti non possono essere cancellati, ma solo repressi, come conseguenza di questa crociata contro la gelosia sono diminuite le manifestazioni più fisiologiche di questo sentimento, mentre sono notevolmente aumentate di numero le manifestazioni più gravi e patologiche. Per cui, se il coniuge non può controllare il telefonino o le e-mail dell’altro per prevenire ed evitare un iniziale rapporto che potrebbe portare all’adulterio, quando poi questo si è attuato ed ha squassato la coppia e la famiglia interessata, la stessa legge è costretta ad intervenire sulle sue conseguenze: liti tra i coniugi, separazione, divorzio, affidamento dei figli, problematiche psicologiche dei minori e delle persone interessate, il tutto con notevole aggravio del malessere dei cittadini e delle spese sociali.

Purtroppo la società così attenta a difendere la privacy dei singoli, in un momento successivo è costretta ad intervenire anche sui cosiddetti “drammi della follia” nei quali, mariti esasperati e umiliati feriscono, aggrediscono o uccidono i figli o le mogli.

Altrettanto estremi sono i comportamenti delle donne ferite dalla gelosia. Queste per disperazione o come segnale di estrema aggressività e vendetta, se più raramente organizzano la morte del marito, il più spesso si vendicano nei confronti del partner privando questi del rapporto con i figli mentre, nei casi estremi, rivolgono verso questi ultimi la loro rabbia e il loro livore aggredendoli o abbandonandoli.

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Passione e amore

LA PASSIONE NELL'AMORE

 

La componente passione riguarda gli impulsi che portano a vivere una storia d’amore, come: l’attrazione fisica, l’eccitamento intenso, il forte richiamo sessuale e la carnale simpatia all’interno d’una relazione amorosa. 

Per indicare un’intensa passione si usano frasi del tipo: “Quell’uomo, quella donna mi piace, mi prende, mi fa sangue” “impazzisco per averla”. Quando è presente un’intensa passione vi è il desiderio di appartenenza, di dominio e di sana gelosia, sottolineato da aggettivi possessivi “la mia donna” “ il mio uomo”. “Guai a chi guarda la mia donna”. “Guai a chi tocca il mio uomo”.

Se la finalità principale e ultima dell’amore è la riproduzione della specie, componente essenziale dell’amore dovrà necessariamente essere la sessualità vissuta nell’ambito della coppia.

L’essere umano, come tutti gli esseri viventi sessuati, per riprodursi ha bisogno d’un soggetto dell’altro sesso. E’ evidente, quindi, che sia iscritto nel DNA di ognuno di noi l’istinto a coinvolgersi e coinvolgere una persona del sesso opposto in un rapporto, che può essere brevissimo e quindi durare il tempo d’una copula, oppure protrarsi a lungo: il tempo di superare le difficoltà della gravidanza e del parto; il tempo a che la prole diventi autonoma e matura;  o anche, perché no? tutto il tempo che Dio ci ha concesso di vivere.

Poiché la finalità principale e ultima di un legame amoroso è la riproduzione, nella scelta del partner l’attrazione e l’aspetto fisico sono importanti. Il partner più bello, più aitante, più sano, a parità di condizioni, sarà preferito a quello meno bello, meno robusto o peggio, malaticcio.

In questa scelta opera l’istinto dettato dalla selezione naturale, comune a tutti gli animali, che stimola a ricercare un compagno o una compagna che abbia buone, anzi ottime caratteristiche fisiche, psicologiche e di adattamento sociale, affinché la progenie abbia un corredo cromosomico il migliore e il più sano possibile.

Quest’istinto è presente sia negli uomini che nelle donne ma è maggiormente avvertito dai primi che cercano, nell’aspetto fisico della donna d’amare, caratteristiche importanti per la riproduzione, come la giovinezza, la bellezza e la salute fisica.

Tutte le religioni non hanno mai sottovalutato l’importanza della sessualità nella vita della coppia ( il dovere coniugale) in quanto, l’uso frequente di questa, oltre ad assicurare maggiori possibilità riproduttive, fa notevolmente aumentare il tasso di ossitocina e quindi il grado d’intimità, stabilità e armonia nella coppia. 

Anche se l’amore non è solo passione e desiderio, la sessualità è un vincolo vitale tra un uomo ed una donna, giacché ha la capacità d’unire due persone, coinvolgendole in un legame che può diventare oltreché unione di corpi anche unione di cuori.

Ciò può avvenire in quanto gli atti sessuali, mediante i quali gli uomini e le donne si donano l’uno all’altro, non sono affatto qualcosa di puramente fisico o biologico, ma riguardano l’intimo nucleo della persona in quanto tale. Il piacere che la coppia si scambia è la più intensa ed intima comunicazione tra esseri umani e quindi crea appartenenza; solidità nella coppia; allontana e risolve i dissapori; allieta e rende più lievi i sacrifici che inevitabilmente la vita coniugale e familiare porta con sé.

La sessualità è anche esercizio al dono verso l’altro poiché normalmente, la ricerca del piacere non è solo per se stessi, ma coinvolge anche il partner. Questo dono scambievole è un importante legante in quanto suscita gratitudine ed appartenenza. Come non vedere positivamente la persona che partecipa insieme a noi al piacere dato dalla sessualità? Come non vedere positivamente chi ci fa sentire bene, chi soddisfa il nostro istinto ed il nostro bisogno?

Nei due sessi la sessualità è vissuta ed interpretata in modo diverso.

 La sessualità nell'uomo e nella donna

L’esordio.

La sessualità nei maschi si risveglia nella pubertà in modo impetuoso, come bisogno sessuale.  Nella donna si risveglia come un sentimento indefinibile che pervade tutta la personalità e si traduce in un bisogno generale di tenerezza.  

Gli stimoli sessuali

La sessualità femminile è più sensibile alle componenti sentimentali del rapporto mentre, quella maschile è più reattiva alle eccitazioni visive o immaginative che precedono l’attività sessuale. 

Le espressioni della sessualità

La sessualità maschile è molto più intensa e più legata alla genitalità. Soprattutto da giovani, è come un fiume in piena che, nella sua corsa verso il mare, non conosce ostacoli e tutto travolge ed irrompe impetuoso. Pertanto, purtroppo, a volte il suo uso travalica i margini del buon senso e della razionalità. Poiché la sessualità maschile è più libera, più immediata, più facile ed istintiva, con meno coinvolgimenti sul piano emotivo e sentimentale di quella femminile, nell’uomo l’attenzione e la prudenza nei confronti delle conseguenze degli atti sessuali sono molto ridotte rispetto a quelle prestate dalla donna. In questa, pur essendo la sessualità una realtà sicuramente piacevole e desiderabile si esprime con meno intensità e con maggiore autocontrollo in quanto, l’istinto ancestrale della donna sa che bastano pochi rapporti sessuali per rimanere incinta; come sa, anche, che la maternità significa un impegno fisico, psicologico, educativo che può durare vari decenni.

Gli atti sessuali.

Le fasi degli atti sessuali sono molto simili nell’uomo, mentre nella donna assumono caratteristiche personali e sono, pertanto, diverse.

Per l’uomo il rapporto sessuale equivale a tutti gli altri rapporti che può avere con i suoi simili, mentre per la donna gli atti sessuali isolati non hanno molto valore e la sessualità rimane strettamente legata all’affettività. 

L’orgasmo.

Mentre l’uomo raggiunge quasi sempre l’orgasmo vi sono alcune donne che lo provano raramente e altre che non lo provano mai nonostante la buona volontà, disponibilità e capacità dei loro partner.

Il rapporto della sessualità con la maternità e la paternità.

Per quanto riguarda la maternità e la paternità, per Mucchielli la maternità ha per la donna una risonanza anzitutto biologica pertanto la curva dell’equilibrio fisico, psichico e ormonale raggiunge il suo apogeo con la maternità,   pertanto l’armonizzazione tra il sentimento materno e quello sessuale si realizza con più difficoltà. La paternità, invece, ha per l’uomo una risonanza sociale ed affettiva, mentre non ha nessuna risonanza sul suo organismo,  e quindi, normalmente, non vi è conflitto tra il sentimento paterno e quello sessuale.

Nella donna, inoltre, la maternità è radicalmente distinta dalla sessualità per cui anche la più ricca esperienza sessuale non può compensare la mancata maternità. 

Le variazioni nel tempo.

L’attività sessuale della donna è meno varia e più discontinua di quella dell’uomo e vi è una diversità ciclica.  Aumenta subito dopo le mestruazioni fin verso la metà del mese (fase ovulatoria), per poi diminuire nettamente (fase post ovulatoria). Nell’uomo, non essendovi un ciclo sessuale, il suo desiderio è influenzato più che da fattori ormonali dalle variazioni psicologiche: maggiore quando si sente gratificato dalla compagna, minore quando da questa viene aggredito, irritato o frustrato; maggiore se le sue caratteristiche di personalità lo rendono sereno e rilassato, minore se ansioso o psicologicamente disturbato; maggiore se ben riposato e soddisfatto, minore se stanco o stressato.

Se per entrambi i generi sessuati il desiderio diminuisce con il trascorrere degli anni ma per le donne questo calo è più precoce e rapido e può iniziare già nella premenopausa.

Buona parte delle diversità nel modo di vivere la sessualità che abbiamo elencato non sono state provocate o attivate dalle consuetudini o dalle tradizioni, ma sono trasmesse geneticamente. Ciò significa che non sono passibili di censura, né tanto meno di giudizio gli uomini e le donne che vivono la sessualità secondo la loro natura: maschile o femminile.

 Le cause della diminuzione della frequenza dei rapporti sessuali.

Negli ultimi decenni, in seguito ai movimenti di “liberazione femminile” le cui idee sono state ampiamente riprese dai mass media, sono stati lanciati vari messaggi riguardanti la modalità con la quale uomini e donne vivono attualmente la sessualità. Uno di questi, partendo da una realtà obiettiva che è quella d’una netta, costante diminuzione del numero dei rapporti sessuali, nonostante che la imperante “liberazione sessuale” avrebbe dovuto portare ad un suo notevole aumento, arriva alla conclusione che ciò è dovuto soltanto alla maggiore intraprendenza femminile nel campo della sessualità, che porta l’uomo a sfuggire ai suoi assalti amorosi.

In verità le cose sono più complesse di quanto sommariamente descritte e proposte dai mas media. Se è vero che il numero dei rapporti sessuali nelle coppie è notevolmente diminuito, le cause di questa diminuzione sono diverse e coinvolgono altri elementi oltre quello d’una maggiore intraprendenza delle donne in questo campo.

Tra questi ricordiamo:

1.    La sessualità non è e non può essere distaccata dalla relazione.

 Se il rapporto tra uomini e donne è vissuto con serenità, se è ricco di dialogo, ascolto e comprensione reciproca, è facile che questo rapporto d’amore venga completato e arricchito anche dalla sessualità. Al contrario, se la relazione è improntata al sospetto, allo scontro, al diverbio e alle accuse, è difficile poi che dagli uomini e dalle donne questo rapporto conflittuale sia vissuto anche con l’intimità sessuale che, ricordiamolo, è il momento più profondo e intimo di ogni relazione e di ogni comunicazione amorosa.

2.    La sessualità è anche dono verso l’altro.

Se uno o entrambi i partner non sono educati e non gustano il piacere del dare con generosità, la sessualità verrà limitata solo ai momenti nei quali si cerca un piacere personale ed individuale, il che spesso non coincide con il desiderio dell’altro.

3.    L’uso della sessualità richiede per entrambi uno stato interiore di serenità e distensione.

Nemici della sessualità sono quindi le ansie, gli stress, le preoccupazioni e gli impegni eccessivi. Tutti questi fattori hanno il potere e la capacità di inibirla anche per lunghi periodi.

4.    La sessualità, come tutti i piaceri, è molto sensibile alle situazioni di stanchezza e sazietà.

Un uso precoce, facile e incongruo, così come avviene oggi nella nostra civiltà occidentale, comporta sia negli uomini sia nelle donne un precoce calo del desiderio per il sopraggiungere d’uno stato di saturazione e di noia.

5.    La sessualità è un momento d’intimità profonda che nasce all’interno d’una coppia.

Se uno o entrambi hanno avuto altre, o peggio molte altre esperienze sessuali, è facile che questo rapporto, fatto di profonda e personale intimità, venga turbato dai ricordi, dai paragoni, dai sensi di colpa e dalle accuse, anche se non chiaramente espresse e manifestate.

6.    L’aumento dell’infedeltà.

E’ facile inoltre, che la vita sessuale subisca dei peggioramenti quando uno o entrambi si lasciano andare all’adulterio. Non solo per motivi fisiologici ma anche e soprattutto per cause psicologiche. E’ difficile, in quanto è una contraddizione in termini, darsi completamente a due o più persone.

7.    La sessualità è per definizione il rapporto tra due sessi differenti.

Se nel linguaggio, nei comportamenti, negli abiti, come nei ruoli, le differenze diminuiscono e sfumano, è facile che sfumi anche il desiderio, il quale si accende più facilmente quanto meglio viene ad essere vissuto e manifestato il ruolo specifico. Spesso oggi i giornali femminili, come le case e le riviste di moda, propongono alle donne delle lingerie estremamente seducenti che dovrebbero avere l’intento di stimolare o rinfocolare nei loro uomini il desiderio sopito. I risultati sono però transitori e deludenti in quanto, se gli indumenti, i profumi e le atmosfere create ad arte, stimolano i centri del piacere maschile, contemporaneamente gli stessi centri sono inibiti dalle modalità con le quali la stessa donna si presenta nella vita d’ogni giorno: atteggiamento rampante, spavaldo, a volte aggressivo e duro, al quale si collegano indumenti altrettanto poveri di grazia e femminilità.

8.    La sessualità ha bisogno di libertà nelle sue espressioni.

Se il controllo delle nascite diventa imperante e ossessivo per cui sono usati uno o più mezzi per limitare le gravidanze, questi stessi mezzi diventano un limite ed un disturbo ad un uso spontaneo e libero della sessualità.

 Le norme e le regole della vita sessuale.

Poche cose, come la vita sessuale dei giovani, sono state in tutti i popoli ed in tutte le epoche regolati da norme e regole.

Il galateo, nei rapporti tra i sessi, descriveva chiaramente, minuziosamente e scrupolosamente come ci si doveva comportare tra uomini e donne legati solo da un sentimento d’amicizia e come, invece, ci si doveva regolare nei rapporti tra uomini e donne nella condizione di conoscenti, fidanzati o sposi.

Allo stesso modo in campo religioso, nei vecchi testi di morale dedicati agli adolescenti, era descritto cosa era e cosa non era concesso ai giovani innamorati o fidanzati, in campo sentimentale e sessuale. Quali carezze erano peccato veniale e quali venivano considerate peccato mortale. Quale bacio era innocente e quale lubrico e peccaminoso. Cosa distingueva una brava e pura ragazza da una poco di buono.

Non ottemperare a queste norme e a queste regole significava non solo essere bollati davanti al gruppo sociale e familiare, ma anche subire forme di grave emarginazione e pesanti punizioni ad opera delle famiglie, da parte della comunità, della religione, ma anche da parte dello stesso Stato.

Quest’impegno nel dare norme e regole di comportamento sull’uso dei sentimenti e della sessualità nei giovani, può far pensare ad un crudele accanimento nei confronti dell’esuberanza giovanile da parte di vecchi parrucconi incapaci di vivere pienamente l’intensità dei sentimenti e le grandi tensioni e passioni amorose.

Anche per questo motivo queste indicazioni, queste regole e norme di comportamento, oltre che le conseguenti punizioni, negli ultimi decenni, com’è noto, sono state bollate come norme e regole che non tenevano nella giusta considerazione i naturali bisogni istintivi dei giovani e dei meno giovani innamorati e le loro esigenze di libertà e spontaneità nei rapporti sentimentali e sessuali. Contemporaneamente venivano accusate di sessuofobia le religioni che ancora le proponevano e le facevano attuare dai loro fedeli.

Dopodiché, nel mondo occidentale, gradualmente ma inesorabilmente le norme riguardanti la vita sessuale dei giovani sono state quasi tutte cancellate, sia a livello legislativo sia a livello familiare e sociale.

Queste regole e norme rimangono, anche se in modo molto edulcorato, solo a livello religioso.

Pertanto, per Campanini “Fra l’amore e il desiderio da una parte e il suo appagamento dall’altra vengono meno tutte le distanze che le società del passato avevano costruito, per dare spazio all’amore”. 

Gli effetti d’una totale, piena e completa libertà in campo sentimentale e sessuale non hanno però comportato tutti quei benefici che ci si aspettava.

Ci si attendeva, infatti, nel campo delle relazioni amorose più spontaneità, più dialogo, più conoscenza. Nell’ambito della coppia più comprensione, più rispetto, più amore e piacere sessuale da vivere in due. Al contrario, invece, si sono invece maggiormente evidenziati i guasti legati a questo tipo di comportamento. Guasti sul piano personale: insicurezza, ansia, delusione, depressione, senso di vuoto ed inutilità, diffusione dei comportamenti a rischio per malattie a trasmissione sessuale. Guasti sul piano familiare: famiglie sempre più piccole e fragili. Famiglie sempre più incapaci di assolvere i propri compiti educativi e formativi nei confronti della prole. Famiglie sempre più in preda alla dissoluzione e alla frammentazione.

Prove di questi guasti sono il notevole aumento delle separazioni, dei divorzi e dei comportamenti aggressivi e distruttivi nell’ambito delle coppie e delle famiglie, ma anche un aumento della precarietà e della instabilità dei legami affettivi e di cura.

Anche sul piano sociale, come conseguenza dell’uso sconsiderato della libertà affettiva e sessuale, si è notato un notevole aumento delle malattie trasmissibili sessualmente e una accentuazione del disagio nell’infanzia, nell’adolescenza ma anche nell’età adulta. Quest’accentuazione del disagio e l’aumento delle malattie trasmissibili sessualmente hanno comportato un notevole incremento delle spese sociali che tentano di arginare e contenere le conseguenze patologiche presenti negli individui, nelle coppie e nelle famiglie.

Oggi siamo costretti a riscoprire in quelle norme ed in quelle regole, apparentemente eccessive e limitanti, un’antica saggezza molto più profonda e valida di quanto si potesse immaginare. Anche in questo campo, come in tanti altri, l’uomo dimostra continuamente e sistematicamente le sue difficoltà a leggere correttamente la storia ed a far tesoro dell’esperienze del passato.

A ben guardare, gli scopi di tutte quelle regole e norme, frettolosamente ed erroneamente cestinate, erano molto più numerosi e importanti per il futuro dei giovani stessi e della società, di quanto non si potesse immaginare:

1.    Responsabilità verso la vita, la coppia e la famiglia.

2.    Controllo degli impulsi sessuali.

3.    Valore, stima e piacere verso l’altro sesso.

4.    La ricerca di un impegno concreto.

5.    Il prolungamento della tensione affettiva e sessuale.

6.    Stimolo alla crescita di valori e ideali.

7.    Riduzione della scissione tra vita sessuale e vita affettiva.

8.    Stimolo allo sviluppo di sentimenti maturi.

9.    Evitare le nascite al di fuori del matrimonio.

10.    Evitare l’aborto volontario.

11.    Evitare i matrimoni riparatori.

12.    Stimolo alla maturazione e alla crescita psicoaffettiva e sociale.

1.    Responsabilità verso la vita, la coppia e la famiglia.

Il primo scopo era quello di dare ai giovani e ai meno giovani dei segnali ben precisi: la vita, la coppia, la famiglia, sono elementi di notevole importanza, anzi sono le cose più importanti nell’ambito delle società umane, pertanto è bene siano trattati nella maniera più responsabile possibile. Le società, tutte le società del presente come del passato, non si possono permettere il “libero amore” perché libertà e responsabilità devono andare insieme e di pari passo.

2.    Controllo degli impulsi sessuali.

L’esame della realtà ci conferma sempre di più che l’adolescente, ma anche il giovane, soprattutto se maschio, ha enormi difficoltà a tenere a freno la sua sessualità se, dall’ambiente sociale, dall’altro sesso, dai genitori e dalle norme morali laiche o religiose che siano, non sono messi in atto particolari indicazioni, divieti, limiti e norme. Se questi mancano, la sessualità è vissuta con caratteristiche di notevole immaturità e scarsa responsabilità in entrambi i sessi ma soprattutto, ripetiamo, questo è più facile che avvenga nei giovani maschi.

In mancanza di regole e norme prevale negli adolescenti, nei giovani ma anche negli adulti, l’uso d’una sessualità di tipo istintuale e genitale che sollecita allo sfogo sessuale senza che vi sia spesso né un’indicazione razionale, né un progetto di vita, né un benché minimo legame sentimentale.

3.    Valore, stima e piacere verso l’altro sesso.

Altro scopo era quello d’incrementare e mantenere alto il valore, la stima, il piacere verso l’altro sesso. Questo valore, questa stima e questo piacere sono tanto più intensi quanto più limitati e a lungo desiderati e ricercati. Offrirli facilmente e senza alcun contraccambio, significa sminuirne l’importanza, castrarne e limitarne la funzione. Così facendo il rischio è che il rapporto con l’altro diventi solo un mezzo per vivere emozioni e piaceri: l’emozione del primo incontro, l’emozione dell’innamoramento, il piacere di dare e ricevere solo a livello epidermico e genitale.

4.    La ricerca d’un impegno concreto.

E’ parso importante, inoltre, a molti popoli e per molte generazioni umane, utilizzare l’uso del piacere sessuale e di un’affettuosità più coinvolgente, al fine di ottenere in cambio, un impegno concreto nei confronti degli altri, della società, della famiglia e della stessa vita umana.

5.    Il prolungamento della tensione affettiva e sessuale.

Permettere l’uso d’una sessualità più profonda ed intima, solo dopo il matrimonio, significa anche fare in modo che la tensione affettiva, il desiderio verso l’altro si prolunghi nel tempo e non scemi rapidamente e facilmente. Oggi, infatti, ritroviamo in molti giovani educati “liberamente” una sessualità stanca e un modesto piacere nello stare insieme già molto prima del matrimonio, ad un’età notevolmente precoce. Attualmente il periodo della vita adulta con minor numero di rapporti sessuali, circa 40 l’anno, è proprio quello che va dai 18 ai 25 anni. Il 32,8% degli uomini d’età compresa fra i 18 e i 55 anni soffre di riduzione del desiderio sessuale. Il 18,4% non ha rapporti sessuali e il 14,8% non prova alcuna attrazione verso l’altro sesso. Secondo una ricerca sulla sessualità femminile della Società Italiana di Medicina Generale per il 62% di italiane il sesso è un evento sporadico, il 17% non ha rapporti, sebbene l’87% delle astinenti rientri nella fascia d’età considerata sessualmente attiva.

In un’indagine condotta dall’università della Georgia tra le coppie stabili, affiatate e realizzate, il 16% ha meno d’un rapporto al mese. 

6.    Stimolo alla crescita di valori e ideali.

Altro scopo era quello di far nascere, sviluppare ed incrementare al posto degli impulsi e stimoli di natura puramente istintiva e genitale, gli ideali ed i valori legati al dono dell’affettività e dei sentimenti.

7.    Riduzione della scissione tra vita sessuale e vita affettiva.

L’intento era anche quello di ridurre e se possibile eliminare la scissione presente soprattutto nei maschi adolescenti, tra vita sessuale e vita affettiva. Ciò è possibile solo se, nella fase dell’innamoramento, il giovane è costretto a limitare e regolare molto i suoi istinti sessuali.

8.    Stimolo allo sviluppo di sentimenti maturi.

Inoltre, solo se le immense energie della passione amorosa sono incanalate e limitate si ottiene lo sviluppo dei sentimenti più profondi, più maturi, più ampi e ricchi di donazione. Se non banalizzate le grandi energie sessuali mettono in moto e si trasformano in un fiume d’energia positiva e creatrice che si riversa sull’altro, sui figli, sulla società, sotto forma d’impegno, scoperta, creatività e disponibilità.

9.    Evitare le nascite al di fuori del matrimonio.

Le norme e le regole della vita sessuale avevano inoltre lo scopo di evitare che il bambino venuto alla luce fosse il frutto d’un momentaneo istinto all’accoppiamento piuttosto che il prodotto d’un profondo amore all’interno d’una coppia stabile e d’una famiglia normalmente strutturata. 

10.    Evitare l’aborto volontario.

Altro scopo era quello di evitare che il frutto d’un rapporto occasionale sia ucciso, mediante l’aborto volontario, con conseguenze nefaste non solo per il piccolo, indifeso e incolpevole essere umano in formazione, ma anche per i suoi genitori e familiari.

11.    Evitare i matrimoni riparatori.

Evitare che a causa d’una non voluta gravidanza la coppia sia costretta ad un matrimonio riparatore senza che vi sia la maturità psicologica e sociale necessaria, l’indispensabile responsabilità, ma anche la volontà di andare incontro ad un progetto complesso e gravido d’impegni come quello matrimoniale e familiare. “L’allarme sulla percentuale di gravidanze tra le minorenni ha assunto proporzioni globali. Solo nel 1990, negli Stati Uniti sono rimaste incinte circa un milione di ragazze d’età compresa tra i 13 e i 19 anni: di queste ben la metà ha portato a termine la gravidanza”. 

12.    Stimolo alla maturazione e alla crescita psicoaffettiva e sociale.

Se il giovane per poter avere una relazione affettiva e sessuale deve dimostrare notevoli caratteristiche di maturità, responsabilità, capacità lavorative e sociali egli, pur di raggiungere l’agognato traguardo, si impegnerà con tutte le sue forze ed utilizzerà tutte le migliori energie per raggiungere quegli elementi di capacità e maturità richiesti dai genitori del partner. Usando questi accorgimenti, se da una parte sono selezionati per il matrimonio e la procreazione i giovani migliori, dall’altro, questi stessi più facilmente saranno stimolati a migliorare e sviluppare le loro potenzialità, capacità ed abilità in vista dell’agognato traguardo. Inoltre è facile che anche le loro famiglie s’impegnino nel raggiungimento di questo importante obiettivo.

Riprendendo la similitudine che abbiamo fatto all’inizio del nostro libro, chi facilita troppo i viaggiatori mettendo a disposizione comode autostrade, impedisce o limita la scoperta delle mille realtà presenti nelle vie più difficili, più impervie ma anche più gratificanti e arricchenti. Lasciare soltanto alla istintualità giovanile le relazioni sessuali e sentimentali impoverisce i giovani in quanto non fa loro scoprire le bellezze del vero amore. Si creano, inoltre, una serie di problemi che compromettono non solo il futuro stesso delle famiglie ma anche la stessa felicità dei giovani. Questi, spesso, dopo aver giocato per anni con le emozioni e con una sessualità facile, si ritrovano senza ideali, senza un compagno o una compagna, senza una famiglia e senza la capacità di donare amore, vita, educazione e accudimento.

Ma anche la società, dopo aver lasciato giocare con i sentimenti e con il piacere facile il suo prodotto più prezioso per il futuro: gli adolescenti e i giovani, si ritrova con un pugno di mosche in mano. Si ritrova con più anziani, con meno bambini, con più divorziati e più single, con più malessere psicologico in tutte le età. E questo rappresenta un costo sociale notevolmente più elevato di quello al quale lo Stato deve provvedere quando il tessuto sociale può contare su sane e stabili unità familiari.

 

Tratto da "Uomini e donne al bivio - Quali strade per l'amore?" di E. Tribulato

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Intimità e dialogo

INTIMITA' E DIALOGO

 

Tutti i libri tendenti a suggerire, consigliare, aiutare la nascita e lo sviluppo d’un buon rapporto amoroso hanno un capitolo dedicato al dialogo. E così, anche fra i meno interessati a questi problemi, è comune dire che se qualcosa non funziona in una coppia “fra i due non c’è dialogo o non c’è un buon dialogo”.

Sappiamo che se la comunicazione è un elemento fondamentale per lo sviluppo e la vita relazionale di moltissimi animali, lo è ancor di più per l’uomo. 

Possiamo tranquillamente affermare che la nostra umanità genetica avrà il suo naturale sviluppo e acquisterà completezza solo e in quanto qualcuno comunicherà con noi in modo efficace. E’ la comunicazione, dapprima con la madre, poi con il padre e poi, progressivamente, con le altre figure umane significative con i quali il bambino entra in relazione che permette sia la nascita che il progressivo sviluppo dell’io del bambino.  Anche se, come avviene nei bambini sordi, la comunicazione verbale dovesse essere deficitaria, la presenza di altre fonti comunicative, soprattutto quelle gestuali ed espressive, riesce a supplire al deficit sensoriale.

  Quando i genitori, non riescono a fare questo. Quando non riescono a comunicare al bambino, attraverso i loro gesti e le parole, il senso caldo dell’accoglienza, dell’affetto e della disponibilità o non riescono a dare ascolto ai messaggi del figlio hanno il sopravvento la tristezza, l’ansia e la paura, che inevitabilmente lo costringeranno alla chiusura e alla depressione.

In un secondo tempo sarà sempre il dialogo che permetterà al cucciolo d’uomo, di crescere e maturare sia nel linguaggio, sia nelle capacità intellettive e cognitive. Sarà, inoltre, mediante un continuo scambio di esperienze e di valori che in lui si svilupperà il senso etico e morale.

Per tali motivi l’aprirsi alla vita e la sua piena crescita e maturazione umana, avverranno soltanto se avrà accanto a sé dei genitori o comunque degli esseri umani che si pongono nei suoi confronti in un rapporto dialogico sereno, affettuoso, stabile e continuo di maternità e paternità.

Così come per lo sviluppo dell’essere umano, il dialogo è fondamentale per la formazione, la conoscenza e lo sviluppo della coppia e quindi della famiglia.

GLI SCOPI DEL DIALOGO

Il dialogo porta alla conoscenza.    

Non v’è dubbio che la comunicazione e la comprensione l’uno dell’altro siano fondamentali nella vita a due.

E’ solo per mezzo del dialogo che due giovani, nonostante provengano da famiglie diverse, siano portatori di differenti tipi d’educazione e d’abitudini, abbiano diversa lingua, religione o estrazione sociale, provengano da diverse città e culture, riescono a raggiungere l’ambizioso obiettivo di formare quell’unità in due che noi chiamiamo coppia.

Ciò può avvenire soltanto se tra i due giovani vi è un continuo scambio di pensieri, idee, riflessioni, tendenti alla scoperta e alla conoscenza dell’altro, con l’obiettivo di arrivare, in seguito, alla sua accettazione.

Questa conoscenza non può essere limitata nel tempo, in quanto l’essere umano è in continuo divenire e quindi, anche la conoscenza dovrà essere continua. Non si può pensare di conoscere il proprio fidanzato o la propria fidanzata, ma anche il marito o la moglie in un certo momento e basta. Le esperienze positive o negative; i vissuti di piacere o le avversità; le gioie come le crisi e le tristezze; le malattie o l’impietoso trascorrere degli anni ci cambiano continuamente, costringendoci ad un continuo adattamento. Per tali motivi è necessario che questa conoscenza si applichi ad ogni momento presente e si proietti nel divenire.

Il dialogo ci permette di scegliere la persona giusta.

La conoscenza dell’altro è essenziale per scegliere bene la persona con la quale vogliamo intraprendere una strada insieme e programmare un progetto di vita comune. Ciò è tanto più importante oggi, giacché la scelta della persona da sposare e con la quale formare una famiglia, nel mondo occidentale, non è più, non dico imposta, ma neanche pilotata o suggerita dai genitori, parenti e amici.

I giovani, attualmente, sono costretti ad affidarsi solo alla conoscenza personale dell’altro se vogliono scegliere bene il compagno o la compagna della propria vita. Solo la conoscenza diretta permette loro oggi di conoscere il carattere dell’altro: i suoi desideri e i suoi bisogni; l’universo nel quale si muove; il senso dei suoi atteggiamenti e delle sue reazioni; la natura reale delle sue aspettative;  i motivi che lo fanno intristire o irritare e quelli che lo fanno sorridere, essere sereno e gioioso.

Il dialogo ci permette di scegliere le parole giuste.

Ma anche successivamente, quando si è deciso di costruire una vita insieme, è sempre il dialogo che permette di conoscere le parole che fanno male o che fanno bene all’altro e alla coppia.

Sono parole che fanno male quelle che toccano i nervi scoperti dell’animo dell’altro e quindi provocano aggressività, risentimento, delusione, amarezza, senso di solitudine, disistima. Per Frizzarin le parole da non dire alla persona che si ama sono quelle che mettono in dubbio le capacità e la dignità come: “sei come tua madre o come tuo padre; stai sragionando; è colpa tua; l’unica cosa che sai fare è lamentarti; sei un irresponsabile; sei una persona impossibile ecc...  Altre parole universalmente deleterie riguardano le capacità e le qualità dell’altro: “sei uno scemo, uno stupido, un’oca, una cretina”, “te ne freghi della casa, dei tuoi figli, pensi solo a te stesso / a te stessa”, “non t’importa di nulla”.

Ancora più offensive e pesanti sono le parole che riguardano la sfera sessuale: “Mi sembri un impotente”, “sei propria una donna frigida”.

Altrettanto offensive e deleterie, in quanto possono provocare nell’animo del partner gravi risentimenti, sono le frasi che coinvolgono i genitori o i parenti dell’uno o dell’altro: “Tua madre è una strega, le manca solo la scopa”. “Tuo padre vuole comandare anche nella nostra famiglia, si crede un generale o un piccolo Duce”. Vi sono poi una serie di parole o di riferimenti che, in alcune persone non inducono alcuna offesa o risentimento, mentre in altri possono comportare delle ferite laceranti che difficilmente si dimenticano in quanto sono capaci di provocare una stato di animosità che può perdurare nel tempo, a volte per decenni.

Con il dialogo e la comunicazione si dovrebbe riuscire ad individuare questi gesti e parole, di per se neutri, ma che l’esperienza, o meglio la conoscenza dell’altro, ci ha indicato come molto offensive per quella determinata persona. Alcune di queste parole o frasi riguardano il genere: maschile o femminile e pertanto sono molto più offensive per un sesso rispetto all’altro. Ad esempio dire ad un uomo “impotente” è molto più offensivo che dire ad una donna “frigida”. Dire ad una donna che veste male è molto più offensivo che dirlo ad un uomo.

Come vi sono le parole da evitare vi sono le parole che fanno piacere e quindi da dire spesso alla persona amata. Sono queste parole “magiche” capaci di aprire il cuore dell’altro alla benevolenza, alla gioia, al sorriso, al dono: “Ottimo lavoro; gustoso il pranzo che hai preparato; sei fantastica; sei grande! E' stato bellissimo; sto bene accanto a te; sono felice di averti sposato/a ecc.”.

Queste parole, o frasi come queste, aiutano l’altro ad aprirsi, lo stimolano ad amare ancora di più, lo incoraggiano ad impegnarsi con gioia nella costruzione sia del rapporto amoroso sia della vita familiare.

Anche in questo caso la conoscenza è fondamentale in quanto, se alcune parole o gesti positivi hanno una valenza universale, altre parole o altri gesti sono legati a specifiche qualità della persona che vogliamo amare, con la quale vogliamo o abbiamo già intrapreso un cammino di coppia.

Il dialogo ci permette di scegliere i gesti più giusti.

Altrettanto importanti delle parole sono i gesti. Vi sono dei comportamenti universalmente accettati e altri da tutti rifiutati. Nei libri dedicati ai fidanzati e agli sposi non si manca mai di consigliare agli uomini di ascoltare a lungo, con comprensione e partecipazione emotiva, gli sfoghi delle loro donne, ma anche di non far mancare ad esse regali e fiori nelle varie ricorrenze; mentre, per far felici gli uomini, si consiglia alle donne di soddisfare i loro bisogni sessuali ed alimentari, ma anche di avere verso di loro quegli atteggiamenti di ascolto e cura amorevole quando, stanchi e con i nervi a pezzi, tornano a casa.

Anche per i gesti vale quanto abbiamo detto per le parole: vi sono dei gesti di per sé neutri che però, a seconda delle caratteristiche individuali, possono essere graditi oppure possono provocare risentimento, collera e offesa.

Nel rapporto con gli altri spesso dimentichiamo che ognuno di noi ha una sua storia personale: per famiglia, esperienze, ambiente sociale o vissuti. Ognuno di noi, quindi, è portatore di diversità. La diversità non è l’eccezione ma è la regola. Se l’obiettivo è formare da un uomo e una donna una coppia unita e solidale, bisognerebbe allora imparare a convivere e a ben gestire la diversità non l’uniformità. Questo obiettivo è molto più difficile da raggiungere quando la società di massa tende ad imporre l’uguaglianza e la uniformità: nelle parole, nel modo di vestire e di pensare ma anche nel modo di essere uomini e donne, maschi e femmine, padri e madri, così come nel modo di gestire la famiglia e il lavoro. Questo cercare l’eguaglianza nei gesti, nelle parole o nei comportamenti a tutti i costi fa apparire strano ciò che è naturale, fa apparire abnorme ciò che è normale, fa giudicare negativamente anche gli apporti positivi, seppur diversi.

Il dialogo è un mezzo di scambio con l’altro.

Con l’altro si mettono in comune sentimenti, emozioni, paure. Si comunicano gli avvenimenti del giorno che ci hanno reso gioiosi o tristi, che ci hanno fatto sorridere o arrabbiare. Si fa partecipe l’altro dei fatti della vita e degli avvenimenti del passato che ci hanno reso felici o ci hanno intristito o peggio traumatizzato.

Con l’altro si scambiano informazioni ed esperienze sulla propria infanzia e sulla vita familiare pregressa; le emozioni gioiose o tristi; i sogni e le aspirazioni; gli ideali e le delusioni.

C’è sempre qualcosa che l’uno può dare al proprio compagno o alla propria compagna, come c’è sempre qualcosa che l’uno può e deve ricevere.

Lo scambio può riguardare le conoscenze, le idee, i modi di essere, le esperienze, ma può e deve riguardare anche il mondo degli affetti e dei sentimenti. E’ giusto e naturale far partecipe il partner delle paure e ansie delle quali soffriamo. Si mette a nudo il proprio cuore, non solo per avere un aiuto ma anche per migliorare e rendere più profonda l’intimità. Si danno all’altro suggerimenti e consigli per affrontare nel modo più opportuno le malattie, le limitazioni come anche le difficoltà della vita. E se nei suoi confronti a volte manifestiamo il nostro disappunto e la nostra stizza per parole e comportamenti che ci hanno rattristato, non dovrebbero mancare i nostri commenti positivi e di stima ogni volta che l'altro ci offre la sua disponibilità e capacità.

Vi è, infatti, uno scambio che rassicura e che fa stare bene l’altro e vi è, purtroppo, uno scambio che ferisce e pesa sul suo animo e sulla sua sensibilità, a volte fino a farlo stare male, fino a mettere in crisi l’immagine che ha di se stesso, della vita o di noi.

Gli scambi positivi sono fatti di sentimenti maturi e gradevoli come: l’amore e la stima; la tenerezza e l’accoglienza; la serenità e la gioia di vivere; l’ottimismo e l’entusiasmo. Gli scambi negativi sono fatti di sentimenti immaturi e sgradevoli:ì come: l’acredine e la disistima; l’invidia e la gelosia; la noia ed il disinteresse; la collera e l’aggressività; la tristezza e il rancore; il senso di inutilità e d’insicurezza; la delusione e l’amarezza.

Lo scambio di sentimenti ed emozioni positive è fonte di dinamismo ed è apportatore di gratificazione e appagamento, tanto che è molto ricercato da entrambi ma soprattutto dalle donne le quali, con la comunicazione dei loro crucci e problemi, ottengono di liberarsi delle tensioni ed emozioni negative che pesano e scuotono il loro animo. Quando la comunicazione viene a mancare o non è finalizzata a fare stare meglio l’altro ma anche la vita familiare e relazionale, ci impoveriamo ogni giorno di più. Ogni momento di più moriamo come singolo e come coppia.

Questo darsi reciprocamente è giusto che sia, in definitiva, paritario, ma non si può usare la bilancia del bottegaio per pesare quanto ognuno ha dato o è disposto a dare, giacché, la capacità di mettere in comunione con l’altro gli elementi intimi del proprio animo, non è legata solo alla nostra volontà ma è strettamente connessa alle possibilità e capacità di ognuno di noi in quel momento, in quella situazione ed è in rapporto alla propria realtà interiore. Per tale motivo è corretto affermare che dovrebbe essere paritario lo sforzo di scambiare, non il suo contenuto.

E’ doveroso, quindi, che ognuno cerchi di dare, nel rapporto di coppia, quanto più gli è possibile, com’è altrettanto importante accogliere con gioia e gratitudine quello che l’altro può elargire in quel momento, anche se ci sembra insufficiente e limitato rispetto ai nostri bisogni.

Tra l’altro questo scambio, come meglio vedremo in seguito, non può essere tecnicamente uguale, sia perché avviene tra persone che hanno una storia umana diversa, sia perché avviene tra un uomo ed una donna che hanno contenuti, modalità, interessi e bisogni notevolmente diversi e, a volte, contrastanti.

I problemi maggiori nascono oggi soprattutto dalle modalità e dal contenuto dello scambio. I nostri giovani, purtroppo, sono stati educati a dare libero sfogo alle parole, ma anche ai sentimenti, alle emozioni e ai comportamenti, senza filtrarli mediante il vaglio dell’amore, della razionalità e della sensibilità. La mancanza di questi filtri è dovuta ad un’educazione cosiddetta “libera e spontanea”, che impera ormai da oltre trent’anni. In questo periodo storico, nella ricerca del massimo della naturalezza e della libertà, si è lasciato che i bambini e poi i giovani vivessero, vestissero, si atteggiassero e si esprimessero con pochissime regole e norme o magari senza, quindi senza il necessario ed indispensabile controllo esercitato dalla razionalità, dal buon senso, dal buon gusto, se non dall’indispensabile rispetto verso il loro prossimo.

L’esempio più eclatante lo ritroviamo nelle strade ma anche, purtroppo, nelle scuole e nelle chiese delle nostre città. In questi luoghi, spesso circolano ragazzine ma anche donne non più giovanissime che indossano camicette e pantaloni cortissimi sia durante l’estate che durante i mesi invernali. Lasciando in questo modo scoperte gambe, pance, fianchi, seni e altro ancora. “perché la moda vuole così!”

I maschi, dal canto loro, sempre per adeguarsi alla moda del momento, non hanno alcun problema a mettere dei jeans talmente logori, sporchi e sdruciti che nessuno straccivendolo li degnerebbe d’uno sguardo.

Sia gli uni sia gli altri non si pongono alcun problema per l’eventuale impatto che hanno i loro indumenti con gli occhi, con i sensi e con il giudizio dei loro partner, dei coetanei più seri e responsabili o con gli occhi e con la sensibilità delle persone più mature e sagge. Tra l’altro non è neanche valutato se, dal punto di vista della propria salute, questo tenere gambe, addome e fianchi scoperti sia salutare oppure no.

In definitiva i problemi relazionali, morali, estetici, di buon senso, di buon gusto o di tipo medico, non solo sono tralasciati, ma spesso non sono neanche considerati e valutati. E’ la moda che pensa e decide. E’ la moda corrente che sostituisce totalmente il buon gusto ed il buon senso, la prudenza e la ragione, il pudore e le regole, le indicazioni mediche e quelle religiose.

Se i genitori, i fratelli o le sorelle maggiori hanno l’ardire di far notare gli effetti poco idonei di quell’abbigliamento, la conclusione di ogni discorso e d'osservazione è inevitabilmente di questo tenore: “Mi piacciono, si usano e me li metto, sono fatti miei non tuoi”.

Così come nel vestire si usa dire “Mi piacciono, me li metto, sono fatti miei e non tuoi”, anche nel parlare si usano frasi simili come: “Sentivo di dirlo e l’ho detto. Io sono una persona vera e spontanea”.

Ma le cose non dette, sia nel caso degli indumenti sia nel caso delle parole, sono però altre. Non si dice esplicitamente che l’ubbidire alla moda del momento è più importante che tenere conto della relazione con la persona che ci ama e che dovremmo amare. Non si dice che l’ubbidire alla moda del momento è più importante del rapporto con i genitori e con le altre persone che vivono e stanno accanto a noi, che si dovrebbero voler bene rispettando la loro sensibilità, il loro buon senso, il loro giudizio.

Non si dice esplicitamente che il comportarsi come si vuole e il dire quello che si vuole, quando si vuole, come si vuole, presuppone che gli altri, in questo caso l’uomo o la donna che ci stanno vicini e con i quali dovremmo comunicare e quindi scambiare in maniera costruttiva e positiva: “Se ci amano debbano accettare da noi tutto quello che abbiano da dire, tutti i nostri comportamenti, tutte le nostre scelte. In caso contrario non ci amano. In caso contrario sono monelli, brutti e cattivi e non meritano il nostro amore!”

E’, questo, un modo estremamente infantile di instaurare e vivere le relazioni. Comportamenti e atteggiamenti di questo tenore dovremmo fisiologicamente aspettarceli solo da bambini non ancora in grado di controllare e di capire gli effetti della comunicazione sugli altri, in quanto questi comportamenti, cosiddetti “veri”, sono un modo assolutamente inadatto per iniziare o far progredire un rapporto di coppia o instaurare e far maturare un impegno e una responsabilità di tipo genitoriale e familiare.

Si dimentica che gli indumenti, i gesti, i comportamenti o le parole sono mezzi di comunicazione. Questo significa che, volenti o nolenti, sono strumenti che ci mettono in relazione con gli altri. Non possiamo pertanto trascurare o non tener conto dei messaggi che agli altri arrivano.

Il filtro della razionalità poi esigerebbe che analizzassimo, prima di aprir bocca, l’obiettivo o gli obiettivi che ci proponiamo di ottenere.

Per finire, il filtro della sensibilità dovrebbe far scegliere le parole più delicate e più adeguate in un determinato momento e non quelle che escono liberamente dalla bocca.

Quando questi filtri non sono utilizzati o sono svalutati perché “bisogna essere sinceri e dire tutto quello che si ha dentro in modo spontaneo e libero, così come viene”, il rischio è quello di investire l’altro con una valanga di emozioni e sentimenti incontrollati che non solo non migliorano la comprensione nella coppia, ma limitano e a volte bloccano per mesi se non per anni, le possibilità future d’un dialogo costruttivo e produttivo.

Il rischio è che da parole e frasi “spontanee, sincere e vere” scaturisca e si instauri una schermaglia di frasi sempre più colorite e ricche di insulti, epiteti e aggressività, ma povere di ascolto, disponibilità e accoglienza. Il rischio è che da parte dell’altro, nel tentativo di difendersi, sia eretto un muro invalicabile non solo verso quel tipo di linguaggio ma anche verso la persona che lo usa. La conseguenza più prevedibile è che la persona “libera di dire ciò che sente” sia lasciata sola ad imprecare verso chi non capisce e non accetta “il massimo della sincerità e della spontaneità”.

Vi è poi il problema riguardante le capacità di assorbire le emozioni negative. L’altro non è uno psichiatra, uno psicologo, né tanto meno uno psicoterapeuta che ha il dovere, essendo pagato per questo, di ascoltare e metabolizzare le sofferenze e le pene dei clienti e pazienti. Il partner, anche se ha il dovere d’aiuto e supporto nei confronti della persona amata, ha dei limiti che non possiamo e non dobbiamo in alcun modo superare in quanto, non essendo una persona preparata a questo scopo, ha difficoltà a gestire una sofferenza eccessivamente intensa o duratura. In ultima analisi ed in parole povere, egli si è sposato per stare meglio di come stava prima, non per stare peggio.

In tutte le relazioni, l’impegno che ci assumiamo, anche se non dichiarato esplicitamente, è quello di fare in modo che il carico di gioia e piacere che diamo all’altro sia nettamente superiore alle tristezze e ai dispiaceri che gli procuriamo.

Per Frizzarin, bisognerebbe allora fin da piccoli essere educati: “ad esercitarsi al contenimento delle proprie emozioni e delle loro relative espressioni. Purtroppo oggi nelle famiglie non c’è un’adeguata educazione alla vita emotiva per cui molti giovani credono che sia un loro diritto non solo esprimere le proprie emozioni, ma anche manifestarle quando vogliono, dove e come vogliono”. 

Il dialogo è mezzo di coesione nella coppia.

La coesione indica il grado di condivisione e di vicinanza vissute nel rapporto e nelle decisioni che la coppia prende.

Il ridere insieme, il parlare insieme, l’impegnarsi e il lavorare insieme per degli obiettivi comuni, conducono ad uno stato d’animo particolare: l’altro è importante per noi; l’altro lo sentiamo vicino; dell’altro non potremmo fare a meno. L’altro ci fa sentire sicuri, l’altro è una solida spalla sulla quale appoggiarci nei momenti di crisi o di bisogno.

Quando il grado di coesione della coppia è notevole sono affrontati meglio, con più sicurezza e linearità, i problemi educativi come anche i rapporti con il mondo esterno: famiglie d’origine, amicizie, lavoro. La coesione svolge, quindi, un ruolo importante sul funzionamento della famiglia e della coppia.

Maggior coesione si ottiene quando le coppie o i coniugi parlano l’uno all’altro, rimanendo l’uno accanto all’altro. In parole povere, maggior coesione si ottiene quando pur discutendo ci si continua a rispettare, amare e comprendere. Sono invece inevitabili le fratture quando le coppie o i coniugi si confrontano con lo scopo di umiliare l’altro, di sottomettere l’altro o, peggio, di escludere l’altro.

Il dialogo è mezzo per trovare delle linee comuni.

La comunicazione efficace permette di trovare delle linee comuni in modo tale da affrontare con solidarietà e unità d’intenti le attività educative e lavorative, la gestione della casa e quella della rete familiare, i momenti lieti come quelli tristi, le occasioni ricche di entusiasmo ma anche gli episodi di crisi e di sconforto.

Nei fidanzati e nei coniugi la diversità d’opinione può essere frequente, in quanto spesso è necessario trovare delle soluzioni o delle linee utili per la coppia, per i figli e per la famiglia. In queste situazioni, tanto più frequenti quanto maggiori sono gli impegni familiari, il dialogo è prezioso. Ma a quali condizioni?

Su questo tema si sono sbizzarriti gli autori che si propongono di aiutare a far nascere e sviluppare all’interno delle coppia un clima di serena armonia se non di felicità.

Si cerca, naturalmente, di improntare questi consigli a principi egualitari, se non democratici, collegandoli poi a tanta buona volontà e alla grande forza di coesione data dal sentimento amoroso. Come dire che con molta democrazia, molto amore e tanta buona volontà, questo annoso problema si dovrebbe poter risolvere. Purtroppo non è così. Non basta la democrazia, non basta la buona volontà, non basta l’amore.

Per affrontare il problema di come decidere e di chi deve decidere, sono stati escogitati tutta una serie di metodi che però presentano numerosi e gravi inconvenienti. Per correttezza li elenchiamo:

1.    Ogni decisione, dalla più piccola alla più grande, sia presa in comune.

2.    E’ bene lasciare che le decisioni siano assunte a turno: una decisione la prende un coniuge, mentre la decisione successiva la prende l’altro coniuge.

3.    Fin quando è possibile è bene utilizzare il sistema delle scelte intermedie tra i desideri dell’uno e quelli dell’altro coniuge.

4.    E’ meglio dividere tutte le decisioni in due grandi gruppi affidandoli ai due coniugi. Pertanto, tutte le decisioni riguardanti certi settori familiari sono prese da un coniuge, mentre tutte le altre sono prese dall’altro coniuge.

5.    E’ bene lasciare che le decisioni siano prese a giorni o a settimane o a mesi alterni. Come dire: “Un giorno o una settimana o un mese decido io, il giorno dopo, la settimana dopo o il mese dopo decidi tu”.

6.    E’ stato proposto, inoltre, di scrivere su un bigliettino le proposte sulle quali la coppia ha divergenza di opinioni e lasciare poi la scelta alla dea bendata.

Le osservazioni che si potrebbero fare a questi sistemi di scelta proposti sono numerose.

Intanto il decidere insieme, trovando una linea comune su ogni problema che si presenta nella vita familiare, sfruttando il sentimento amoroso e la buona volontà, è di difficile realizzazione in quanto, il numero delle discussioni possibili, se si tiene conto sia delle scelte fondamentali che di quelle banali e minute, è praticamente infinito.

Si possono avere idee diverse e spesso contrastanti su tutto: dal colore delle tende da mettere nella stanza da letto o dal tipo di divano da comprare, a cosa mangiare a cena o a pranzo, a dove sistemare il cagnolino di maiolica regalato dalla zia Giuseppina per il matrimonio, al numero di figli, o a quanto sale mettere nella minestra. Non parliamo poi degli atteggiamenti educativi migliori da utilizzare in ogni circostanza, ad ogni età e per ogni figlio. Questo scegliere sempre insieme comporta un tempo e una pazienza infinita. Mentre la pazienza, la buona volontà, l’attenzione, le energie ma anche il sentimento amoroso di entrambi i coniugi, sono notevolmente più limitati.

Per quanto riguarda poi l’utilizzazione d’un sistema democratico, questo è improponibile nell’ambito delle normali famiglie. Essendo, infatti, la coppia formata da due persone, per giunta di sesso diverso, che provengono da famiglie diverse, con caratteri, gusti e principi diversi, molte votazioni del “parlamento familiare” si risolverebbero con un cinquanta cinquanta per cento di sì e un altro cinquanta per cento di no.

Prendere delle decisioni a turno: una decisione la prende un coniuge, mentre la decisione successiva la prende l’altro coniuge, è poco realistico in quanto le decisioni non hanno tutte la stessa valenza. Vi sono, inoltre, molte scelte nelle quali non è possibile utilizzare una soluzione intermedia in quanto proprio le scelte mediane potrebbe essere quelle peggiori. Per quanto riguarda poi il dividere le decisioni in due grandi gruppi, affidando la gestione di ogni gruppo in modo esclusivo ad un coniuge, ci sembra che questa metodica limiti troppo l’apporto del coniuge escluso. Lasciare poi che le decisioni siano prese a giorni o a settimane o a mesi alterni potrebbe comportare un andamento familiare molto irregolare e contraddittorio. Infine l’uso del sorteggio non ci sembra molto serio. Sarebbe come affidare la condotta della famiglia al caso.

Pur ammettendo, realisticamente, che non vi sono soluzioni ideali, crediamo che i sistemi escogitati e utilizzati per migliaia d’anni dalla maggioranza dei nostri progenitori siano, con tutti i loro limiti, probabilmente i migliori possibili, proprio perché ben collaudati. Per utilizzarli bisogna però avere il coraggio di accettare la diversità dei ruoli sessuali e quindi accogliere, come conseguenza, una specializzazione, se pur parziale, nell’ambito della coppia, e bisogna riuscire a dimenticarsi della cosiddetta “democrazia familiare”.

Se si accettano questi due principi è possibile, così com’è stato fatto per millenni in miliardi di famiglie del passato e così come si fa attualmente nella stragrande maggioranza della popolazione del globo, fare in modo che il numero e l’intensità dei conflitti familiari si riduca notevolmente.

Per fare ciò è indispensabile che un buon numero di scelte sia di appannaggio esclusivo o prevalente dell’uno o dell’altro coniuge. E’ necessario, quindi, preventivamente, dividere le scelte in cinque grandi gruppi.

Due di questi gruppi saranno di esclusiva responsabilità dei singoli coniugi. In pratica un gruppo di decisioni e scelte saranno effettuate solo dal coniuge che si occupa prevalentemente anche se non esclusivamente d’un settore, ad esempio del mondo affettivo-relazionale e della gestione della casa, mentre l’altro gruppo sarà effettuato dall’altro coniuge che si occupa prevalentemente anche se non esclusivamente del mondo economico e dei servizi. Queste scelte operate senza chiedere alcuna preventiva autorizzazione e senza operare alcuna discussione, saranno poi condivise con l’altro coniuge in modo tale che ognuno dei due sia sempre informato sull’operato del partner e sull’andamento familiare.

Le madri che si recano al mercato per fare la spesa giornaliera, i detersivi per la casa, le magliette per i figli, la rivista o il libro da leggere che ritengono interessante, non dovrebbero avere certo bisogno di essere autorizzate dai mariti per queste scelte. Lo stesso avverrà per i mariti, i quali dovrebbero essere totalmente liberi di effettuare le piccole spese legate al proprio benessere personale, alle attività lavorative o ai propri hobby.

Negli altri due gruppi, che sono sempre collegabili alla sfera d’influenza dei ruoli sessuali, saranno invece inserite le scelte che richiedono un certo impegno educativo, economico o familiare. In queste decisioni rientrano tutte le spese d’un certo rilievo economico, riguardanti però specifici settori di competenza. Penso ad esempio al lettino, alla culla e al passeggino del bambino piccolo, alle spese per il corredo delle figlie più grandi o all’acquisto d’una nuova auto, d’un nuovo computer o la decisione riguardante le persone da invitare nelle varie feste e occasioni. Sono queste spese e decisioni di una certa importanza che però ricadono rispettivamente nella sfera di responsabilità femminile o maschile. Queste decisioni dovrebbero sicuramente avere bisogno di un approfondito confronto con l’altro, in quanto l’impegno, sia di tipo economico che familiare, può essere notevole, ma la decisione finale dovrebbe essere tranquillamente affidata al coniuge più competente o più responsabile in quel settore.

Rimane un terzo gruppo di scelte, che possono e devono essere poco numerose. Rientrano in queste scelte le decisioni riguardanti le linee fondamentali, la direzione e la rotta sulla quale è bene che viaggi e si muova la famiglia nel suo complesso. Queste decisioni di base, non possono essere affidate alla sorte, né possono essere fatte alternativamente tra i due coniugi. L’unica soluzione realistica che vediamo è quella di affidarle, dopo un’approfondita discussione e confronto preventivo, ad uno solo dei coniugi: al capo famiglia. Solo lui o lei, che rappresenta e ha la responsabilità della conduzione generale della famiglia e della sua unità, ha il diritto-dovere di esercitare la scelta migliore. Pertanto l’altro coniuge ha il compito di accettarla serenamente, senza contestarla, senza continuamente rimetterla in discussione e senza eccessivi mugugni. Rientrano in queste decisioni: la residenza della casa coniugale; le ore e i momenti nei quali è giusto che la famiglia sia riunita; la quantità di tempo e di energie da utilizzare per l’armonico sviluppo del mondo affettivo-relazionale e quelle da utilizzare per il mondo economico e dei servizi; le fondamentali grandi linee educative; nonché il modo più opportuno per gestire al meglio gli impegni economici più onerosi e gravosi.

Tratto da "Uomini e donne al bivio - Quali strade per l'amore?" di E. Tribulato

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L'ascolto

L'ASCOLTO

 

Possiamo aiutare chi ci sta accanto in mille modi. Intanto mediante l’ascolto.

Per Frizzarin il dialogo, ma soprattutto l’ascolto è lo strumento migliore per avvertire i movimenti dell’animo e per armonizzarsi con chi ci sta vicino. Quando si ascolta con grande silenzio interiore, per riuscire a mettersi il più possibile nei panni del partner, l’altro avverte facilmente l’amore che si ha per lui. 

Questo significa che il dialogo non dovrebbe consistere in una lotta di parole e argomentazioni per sopraffare i pensieri e le idee altrui, ma un mezzo per capire e dare all’altro ciò che chiede, ciò di cui ha bisogno, ciò che lo può migliorare o soddisfare. Per lo stesso autore bisogna dare al partner una presenza emotiva che è “la capacità di sentirsi a proprio agio nei rapporti con il proprio partner ed assieme il desiderio di entrare nel mondo personale del partner come se fosse il proprio”. 

Per tale motivo si dovrebbe riflettere più sui bisogni che l’altra persona esprime, non solo con le parole, ma anche con i silenzi, che sulla risposta da dare per contrastarla o sopraffarla.

Ascoltare l’altro significa inserirsi nella sua stessa lunghezza d’onda, significa mettere il proprio cuore accanto al suo. Ascoltare l’altro significa mettersi in una situazione nella quale la nostra disponibilità, la nostra attenzione, l’apertura, la sensibilità e la vicinanza, sono presenti al massimo grado. Solo così l’ascolto diventa dono, in quanto sono condivisi pensieri e idee; gioie e sofferenze; umiliazioni ed esaltazioni; momenti di angoscia e attimi di felicità.

Questi momenti di ascolto sono preziosi poiché permettono alla persona che amiamo di lasciarsi andare e di confidarsi  esprimendo i propri sentimenti e le proprie opinioni. In definitiva, l’ascolto permette all’altro di essere se stesso e allora la condivisione sfocia nell’intimità. Quando riusciamo a creare in noi questo stato d’animo, non sono necessarie le parole, parlano i nostri occhi, parlano le nostre mani strette alle sue, parlano i nostri corpi abbracciati.

E quando le parole sgorgano per incoraggiare, stimolare e condividere, non sono parole di convenienza, non sono parole d’occasione, sono parole vere, perché nascono dalla profondità del nostro essere e hanno la capacità di dare gioia e voglia di vivere.

E’ solo allora che nasce l’aiuto. Un aiuto per capire se stessi e gli altri. Un aiuto ad accettare le tristezze e le delusioni delle quali la vita è, purtroppo, prodiga; un aiuto per gustare i momenti lieti e quelli, più rari, di felicità.

Valorizzare i dono dell’altro.

Poiché ognuno di noi ha bisogno che qualcuno valorizzi le qualità e le capacità che possediamo, mettere in risalto quello che l’altro ci offre è fondamentale.

Se abbiamo il potere di sminuire, con le nostre parole e comportamenti, anche il dono o i doni più grandi e più belli, allo stesso modo abbiamo la possibilità di mettere in buona luce ed esaltare anche le piccole offerte, le minute manifestazioni d’amore. Ogni dono dell’altro che noi valorizziamo, gratifica e stimola il nostro partner a dare di più e meglio. Essere importante per qualcuno fa sentire bene, dà sicurezza, forza e coraggio; fa affrontare meglio e con più grinta, la vita; stimola comportamenti generosi, corretti, responsabili e attenti.

Al contrario, se i doni che l’altro ci fa, anche se piccoli, non sono ben accolti, egli si sentirà frustrato e impotente e quindi si chiuderà e difenderà ancora di più, mentre nel contempo aumenteranno in lui risentimento e acredine. E’ noto, infatti, che la disistima e la scarsa fiducia da parte delle persone più vicine e care portano alla chiusura, alla tristezza, all’abbandono, allo sconforto, alla rinuncia, ma anche a maggiore reattività ed aggressività.

Il silenzio interiore.

Non è facile l’ascolto. Per ascoltare bisogna riuscire a creare il silenzio interiore. Ma per creare il silenzio interiore è necessario non solo fermare, per qualche momento, le parole ma soprattutto bisogna riuscire a limitare il turbinio di pensieri che spesso frullano nella nostra mente e disturbano ed impediscono la concentrazione. Sono pensieri e preoccupazioni legate alle cose da fare e alla convulsa vita alla quale ci costringe la società dei consumi. Sono soprattutto ansie, paure e angosce profonde, consequenziali ad un modo non fisiologico con il quale abbiamo trascorso la nostra infanzia.

Quando la nostra fanciullezza non è stata ben vissuta, a causa di un’educazione poco rispondente ai bisogni umani, a motivo d’un ambiente familiare freddo e disarmonico o per presenze genitoriali scarse, saltuarie e insoddisfacenti, possono nascere numerosi e invalidanti conflitti interiori non risolti. Queste cicatrici del cuore turberanno per anni, più o meno intensamente, il nostro animo colmandolo di tristezza, ansia e inquietudine. Di queste emozioni negative spesso abbiamo difficoltà a capire le vere cause, mentre, nello steso tempo, abbiamo difficoltà a trovare i rimedi più opportuni.

Non solo quindi ci è difficile chiudere i telefonini e i vari strumenti dei quali amiamo circondarci, che disturbano il nostro silenzio interiore, è anche difficile scacciare le ansie e le tristezze che ci assalgono e non ci lasciano liberi di aprirci all’altro.

La disponibilità al dono.

Ma anche la disponibilità al dono non è facile possederla. Per poterne disporre è necessario che qualcuno, le persone a noi più vicine e quindi soprattutto i nostri genitori e familiari, ci abbiano dato molto nel momento giusto e nel modo giusto e, conseguentemente abbiano con generosità, nella loro vita familiare, messo in primo piano il dono, come valore primario dei loro comportamenti.

Se i nostri genitori e gli altri familiari con i quali ci siamo rapportati da piccoli, hanno seminato la nostra esistenza soltanto di doni materiali: vestiti, giocattoli, telefonini, moto rombanti e auto di lusso, i frutti prodotti da questi semi non potranno che essere poveri e scarsi. Tanto poveri e scarsi che difficilmente avremo voglia di condividere con gli altri quel poco che abbiamo. Se, invece, le persone a noi più vicine hanno seminato nel nostro animo abbondanti e ricchi doni spirituali e affettivo-relazionali, gli alberi prodotti da questi semi saranno tanti, ma soprattutto questi alberi saranno così grandi e ricchi di frutti che non sarà affatto difficile offrirne agli altri.

La concorrenza tra i due generi .

Abbiamo detto sopra quanto sia importante valorizzare l’altro, ma, per desiderare di valorizzare l’altro, non dobbiamo percepirlo come concorrente, non dobbiamo avvertirlo come un ostacolo alla nostra realizzazione. Ciò oggi è particolarmente difficile in quanto il falso concetto di uguaglianza al quale sono state educate le ultime generazioni, vorrebbe che entrambi, uomini e donne, ci dedicassimo allo stesso modo, con lo stesso impegno e con la stessa responsabilità e dedizione sia al mondo economico e dei servizi che al mondo affettivo - relazionale.

Sono questi due mondi molto diversi: vivono di apporti diversi; hanno finalità diverse; caratteristiche strutturali diverse; tempi e modalità di crescita diversi; gratificazioni, valori e luoghi diversi.

Sono diversi i luoghi dove questi due mondi svolgono la loro attività.

I luoghi del mondo affettivo-relazionale sono le braccia della madre, del padre e quelle degli altri familiari e poi la culla, la stanza, la casa. I luoghi del mondo affettivo-relazionale sono i parchi odorosi d’erba, le colline o le rive del mare dalle quali assistere abbracciati al tramonto del sole e al sorgere delle prime stelle.  Al contrario, i luoghi del mondo economico sono le strade affollate e le fabbriche fumose; gli uffici e i porti; le miniere e i campi coltivati.

Nei due mondi, quello affettivo-relazionale e quello economico e dei servizi, è diverso il modo con il quale è vissuto e gestito il tempo. Se il tempo nel mondo affettivo non si vende ma si offre, ed è apprezzato soprattutto per la sua lentezza e abbandono, al contrario, il tempo del mondo economico è contrattato, venduto o ceduto e si ha la netta sensazione che corra rapido e frenetico. 

Ha un valore diverso lo spazio. Nel mondo economico lo spazio è un nemico da abbattere o una merce da vendere; nel mondo affettivo è un luogo da vivere, da godere e assaporare.

Sono diverse le gratificazioni. Nel mondo economico le gratificazioni si nutrono di potere e denaro. Nel mondo affettivo le gratificazioni sono fatte di sguardi, strette di mano, abbracci e parole appena sussurrate, atte a comunicare le emozioni e i respiri dell’anima. 

Sono soprattutto diversi i valori. Nel mondo economico hanno valore la grinta e la determinazione, il dinamismo e la rapidità, l’intraprendenza e la forza, il potere e la gloria,  la produzione e la ricchezza. Nel mondo affettivo-relazionale hanno valore i gesti e le carezze, la vicinanza e i doni, i sentimenti e le cure, la continuità e la fedeltà, la disponibilità ed il sacrificio.

Nel mondo economico sono importanti il cambiamento e l’innovazione, quanto nel mondo affettivo sono fondamentali la stabilità e la continuità.

Ed infine è totalmente diversa la “produzione”. Nel mondo economico si producono oggetti e manufatti, beni di consumo e cibo, macchine e attrezzi, servizi e organizzazioni. Mentre nel mondo affettivo- relazionale si producono sentimenti ed emozioni, amore e amicizia, accoglienza e dono, intimità e ascolto. 

Pertanto, se da una parte è impossibile viverli entrambi con pienezza di capacità e disponibilità, nel provare a fare ciò vi è il rischio, di far emergere, all’interno del proprio animo prima e successivamente anche nella coppia, una concorrenza spietata, con conseguente invidia, gelosia, aggressività e distruttività nei confronti dell’altro: tutto l’opposto delle finalità e dei bisogni della persona, della coppia e della famiglia.

Se io, donna, ho bisogno di aiuto nello svolgere il mio compito e chiedo a mio marito di tenere il pupo mentre gli preparo la pappina, non si instaura alcuna concorrenza in quanto la responsabilità di cura e quella affettivo-relazionale nei confronti dell’allevamento del bambino resta mia. E così come sono mie la fatica e l’impegno, sono mie le espressioni di gratitudine, amore e legame speciale e profondo che instaurerò con il mio bambino; ma, se entrambi noi genitori ci sentiamo coinvolti al cinquanta per cento come vorrebbero le attuali tesi egualitarie, è facile che nasca concorrenza ed invidia, gelosia e acredine. Infatti se è lui che è più capace di preparare e dare la pappa al bambino, se è lui che è riuscito ad instaurare un legame più profondo e gioioso con nostro figlio, è soprattutto a lui che andranno i meriti se il bambino crescerà bene, come solo a lui andranno i bacetti e le altre manifestazione d’affetto.

Non vi è alcun dubbio allora che il proprio uomo o marito rischi di diventare un concorrente in questo fondamentale ruolo. E se vi è concorrenza è facile che nasca, istintivamente, il bisogno che io donna e moglie mi attrezzi e usi tutte le armi e le astuzie femminili per ostacolarlo e combatterlo in ogni modo, anche sminuendo la sua immagine agli occhi del figlio, pur di limitarne il potere.

Lo stesso avviene quando è la moglie che si impegna nel lavoro esterno alla famiglia.

Se lei, quando e se il suo ruolo prevalente nei confronti del mondo affettivo-relazionale, glielo permette, collabora e si attiva in qualche piccolo lavoro, lascia a me uomo la responsabilità sostanziale del mantenimento della famiglia, allora le dirò grazie e le sarò grato, ma se la sua carriera lavorativa è superiore o più luminosa della mia, se lei guadagna quanto e più di me, se lei è benvoluta dai colleghi ed è portata in palma di mano dal capo, allora con il nascere dell’invidia, della gelosia e della concorrenza, lei diventa una minaccia e una nemica da combattere e da abbattere con tutti i mezzi svalutandola o denigrandola.

Pensare che in queste situazioni il dialogo, anche se con l’aiuto d’un grande amore, diventi dono e spinga a valorizzare l’altro, significa vivere e far vivere le attuali e future generazioni nel mondo delle illusioni e dei sogni.

Le leggi naturali, fisiche, psicologiche o biologiche che siano, possono essere forzate per qualche tempo ma mai possono essere sovvertite.

3.1.3.6 Gli strumenti del dialogo.

Quando una persona comunica con un’altra non usa un unico canale di comunicazione.

Il linguaggio è sicuramente uno strumento importante di dialogo, ma non l’unico. La comunicazione non verbale, fatta di gesti, di comportamenti, è altrettanto importante. Un dono, una tenerezza, una carezza, un gesto di solidarietà, lo scambio d’una sessualità matura, capace di comunicare il nostro amore, la disponibilità, la lealtà, l’attenzione e il rispetto verso l’altra persona, sono preziosi come mille parole.

E’ chiaro quindi, in questa prospettiva, che tutto il comportamento e non soltanto il discorso è comunicazione e che la comunicazione influenza il comportamento.

 

Tratto da "Uomini e donne al bivio - Quali strade per l'amore?" di E. Tribulato

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Amore e intimità

Amore e intimità

 

Sono stati evidenziati numerosi elementi nell’amore. Questi elementi si è cercato di schematizzare in vario modo. Per comodità espositiva, seguiremo lo schema proposto da Sternberg. Quest’autore simboleggia l’amore come un triangolo nel quale ogni lato rappresenta una componente fondamentale dell’amore.

 

Queste componenti egli chiama: INTIMITÀ – PASSIONE – DECISIONE IMPEGNO.

A noi piace invece pensare all’amore come ad una casa che poggia su tre o più pilastri. Questi pilastri, come quelli d’una casa, dovrebbero essere tutti solidi e della stessa altezza. In caso contrario la costruzione che vi sta sopra rischia di essere sbilenca e quindi poco utilizzabile o peggio può cadere e rovinare.

Se poi questa casa non è sostenuta da alcun pilastro è più simile a una catapecchia che ad una vera casa. Una catapecchia in balia della furia degli elementi esterni, periodicamente invasa dai topi, dalle acque, come dal fango, se non abbattuta dal vento e dalle intemperie.

Intimità

 

Intimità dal latino intimus, che significa interno, recondito, segreto, descrive i sentimenti e le emozioni più personali e profonde, appunto intime. Vi sono vari tipi d’intimità: intellettiva, visiva, tattile, affettiva, spirituale e poi ancora vi è l’intimità corporea, quella sessuale e infine quella genitale.

Ogni coppia e ogni persona utilizza soprattutto alcuni canali dell’intimità e non altri. L’intimità di cui parla Sternberg  si riferisce soprattutto all’intimità intellettiva, affettiva e spirituale. In questo tipo d’intimità rientrano: i sentimenti e le confidenze; la disponibilità ed il senso d’unione; le affinità nel rapporto e l’attaccamento; il dialogo e la comunicazione.

Se nella coppia esiste una buona intimità ci chiederemo spesso: “Ci interessiamo alla vita di chi ci sta accanto? Portiamo rispetto e proviamo ammirazione l’uno per l’altro? Abbiamo voglia di condividere buona parte delle rispettive emozioni? Facciamo di tutto per far stare bene l’altro?”

L’intimità, quindi, è fatta di dialogo con l’altro, di fiducia nell’altro, di stima dell’altro, di desiderio del bene dell’altro, di cura materiale, emotiva e affettiva dell’altro, di gioia da vivere con l’altro, di comprensione con l’altro.

Tra i tanti effetti positivi presenti nell’intimità vi è anche quello di diminuire l’aggressività sia maschile che femminile. L’aggressività maschile, che è legata al testosterone presente in grande quantità nei maschi, ha la caratteristica di essere diretta e di coinvolgere la motricità. Quella femminile è invece più difensiva e verbale, pertanto nelle sue espressioni è molto meno coinvolta la motricità. 

Quando l’uomo si trova nell’ambito della coppia in una situazione di stabilità e gratificazione, vi è un calo del tasso di testosterone e questo calo fa molto diminuire i suoi comportamenti aggressivi e distruttivi. Per quanto riguarda la donna quando questa si sente coccolata ed ascoltata dal suo uomo, anche mediante delle piccole attenzioni, diventa più serena e disponibile. Al contrario, quando si trova in una situazione che la porta ad affrontare le difficoltà della vita in modo autonomo, senza le tenerezze e l’appoggio maschile, si accentua l’ansia, l’insicurezza e la depressione, mentre aumentano i suoi comportamenti “acidi”, nevrotici ed aggressivi, proprio per la mancanza d’una sponda maschile che l’aiuti e la sostenga dandole conforto, sicurezza e sostegno.

La società ha pertanto tutto l’interesse a che fra due persone, un uomo e una donna, si stabilisca un’intimità intensa, calda, profonda e stabile, in quanto questa condizione permette una notevole diminuzione sia dei disturbi psichici sia dei comportamenti asociali.

 

I segnali dell’intimità.

Per Sternberg  quando vi è una buona intimità l’individuo:

•    può contare sulla persona amata in caso di bisogno;

•    ha il desiderio di contribuire al benessere materiale della persona amata;

•    si sente felice con la persona amata;

•    ha una profonda stima della persona amata;

•    è capace di dare e ricevere comprensione;

•    condivide con la persona amata il proprio mondo interiore e le risorse materiali;

•    riceve sostegno emotivo dalla persona amata;

•    dà sostegno emotivo alla persona amata;

•    comunica alla persona amata i propri pensieri intimi;

•    considera il rapporto con la persona amata come qualcosa che ha un grande valore nella propria vita;

•    è capace di fare affidamento sul proprio partner nei momenti di necessità.

Caratteristica dell’intimità è quindi, il poter contare sulla persona amata in caso di bisogno.

 

I bisogni materiali, spirituali, affettivi, sessuali

I bisogni materiali li conosciamo bene: una casa che offra calore e riparo; il cibo e l’acqua con i quali possiamo nutrirci e dissetarci; gli indumenti con i quali possiamo coprirci; gli oggetti e gli strumenti utili alle nostre attività giornaliere; l’aiuto d’un medico e dei farmaci quando stiamo male fisicamente.

I bisogni spirituali riguardano il nostro rapporto con la divinità. Sono bisogni spirituali: la conoscenza e la vicinanza con Dio, la meditazione, il silenzio, la preghiera, la contemplazione.

I bisogni affettivo-relazionali includono invece il desiderio d’abbracci, di tenerezze, d’ascolto, di vicinanza. Sono inclusi nei bisogni affettivi anche la necessità di cure e attenzioni in molti momenti della giornata.

I bisogni sessuali riguardano, infine, lo scambio reciproco di piacere.

Per appagare tutti questi bisogni abbiamo la necessità d’essere certi che l’altro si attivi, si impegni, voglia e cerchi il nostro bene interiore, la nostra serenità, la nostra gioia profonda.

Questi bisogni sono soddisfatti quando l’altro dimostra giorno per giorno, momento per momento, la sua stima e fiducia verso di noi; quando l’altro ci comunica soprattutto i suoi sentimenti maturi e positivi: affetto, stima, ottimismo, gioia, fiducia, coraggio, nonché desiderio della nostra presenza.

Questi bisogni, infine, sono soddisfatti quando l’altro ha cura di noi e si attiva in ogni momento per farci stare bene interiormente.

Gli ostacoli all’intimità

Per Frizzarin  gli ostacoli all’intimità sono numerosi: le difficoltà ed i problemi che possono essere presenti nell’ambito sociale e professionale, l’immaturità personale, l’incapacità di amare in modo autentico, l’egocentrismo, la paura di non essere all’altezza, la continua ansia, la collera repressa, le doti comunicative scarsamente sviluppate. Altri ostacoli all’intimità ritroviamo nelle coppie nelle quali sono presenti numerose o notevoli differenze dal punto di vista intellettivo, culturale e religioso, nonché differenze riguardanti le tradizioni, le opinioni e l’ambiente d’origine.

Intimità e complementarietà

Affinché il rapporto d’amore tra un uomo e una donna sia ricco e intenso, è importante e necessario riconoscere che accanto a noi c’è un altro complementare a noi. Un altro essere umano con caratteristiche diverse e con potenzialità specifiche che per noi possono essere preziose.

Un altro per accompagnarci nelle difficoltà della vita. Un altro che può farci vedere lo stesso problema sotto una luce diversa. Un altro che aggiungerà forza alle nostre braccia, luce alla nostra mente, tenerezza e capacità d’amore al nostro cuore. Un altro che, per fortuna, ha un sesso diverso e quindi, proprio per la sua diversità, è capace di apportare preziosi elementi specifici nella nostra vita affettiva, sessuale e sociale. Un altro capace di dare molti preziosi contributi nella costruzione d’una famiglia, come nell’educazione dei nuovi esseri umani. Un altro per ritrovare elementi importanti non pienamente presenti nel nostro corpo e nella nostra anima.

Un altro, un uomo, per affrontare la vita e le difficoltà dell’esistenza con più forza, sicurezza, stabilità, determinazione e linearità.

Un altro, una donna, per trovare e provare la ricchezza d’un dialogo più ricco, vario e vivo; per scoprire i particolari e le sfumature più lievi dei sentimenti e delle emozioni; per avvertire con intensità e pienezza il sapore della tenerezza, il piacere della cura e dell’accoglienza.

Un altro, quindi, di cui non potremmo e non vogliamo fare a meno.

La comunione d’amore è, infatti, tanto più vivificante quando fonde due vitalità che si mostrano ricche delle proprie specifiche differenze. E’ importante allora scoprire nelle differenze non la causa dei conflitti ma una delle possibili risorse per la vita individuale, per la coppia, per i figli, per la gestione della famiglia e della casa. La complementarità sessuale è tanto più preziosa quanto più è profonda, quanto più è ricca di suggerimenti, quanto più è cercata, accolta e accettata.

Se si tenta invece di negare, offuscare e sfumare al massimo, mediante l’uso di incongrui atteggiamenti educativi o di leggi improprie, le differenze tra i due sessi alla ricerca del massimo dell’eguaglianza anche nei comportamenti e negli atteggiamenti, se si è diffidenti o peggio avversi a tutti i comportamenti legati alla diversità, l’intimità, che è una delle fondamentali componenti dell’amore e della vita di coppia, diventa estremamente faticosa, dolorosa, spesso impossibile.

Ciò purtroppo è quanto è avvenuto negli ultimi decenni nel mondo occidentale, dove la parola d’ordine è stata infatti che “bisogna essere uguali e autonomi. Mai dipendere da un altro sia economicamente che psicologicamente”. Il maschio deve saper fare tutto ciò che fa la donna e viceversa. “Dipendenza = schiavitù”.

Nella ricerca dell’autonomia e dell’indipendenza a tutti i costi, si sottovalutano molti elementi.

•    Si sottovaluta, ad esempio, che se l’altro ha qualcosa che io non ho è piacevole stando con lui scoprire questo qualcosa, viverlo, gustarlo, assaporarlo, introitarlo. Se l’altro è uguale a me, non solo manca la diversità d’opinione e di scelta, ma manca anche il piacere dell’incontro di realtà diverse.

•    Se l’altro sa fare o fa meglio qualcosa che io non so fare altrettanto bene, egli sarà caro al mio cuore, lo considererò come una persona preziosa e lo rispetterò anche a costo di limitare il mio io ed i miei istinti aggressivi e distruttivi.

•    Se invece penso o credo di saper fare tutto quello che fa l’altro e quindi d’essere capace di effettuare le stesse cose, a che pro cercare il suo aiuto? A che pro la sua compagnia e la sua presenza?

La conclusione più ovvia e scontata sarà che “chi fa da sé fa per tre” e che “è meglio essere soli che male accompagnati”.

Quando il rapporto di coppia è vissuto e visto sotto questa luce deteriore, vengono amplificate le difficoltà della convivenza, come sono amplificati i difetti dell’altro, mentre nel contempo si tende a lasciare libero sfogo alla parte più immatura e infantile del proprio io. A quell’io bambino capriccioso, impulsivo e distruttivo che sta in ognuno di noi.

Un io immaturo che tende a chiedere più che a dare; tende a parlare più che ascoltare; tende a fare il broncio più che a sorridere; tende a criticare più che a valorizzare. “Io farei meglio”. “Io porto più soldi a casa di lui”. “Io so cucinare meglio di lei”. La conseguenza è ovvia: “Se io so fare tutto quello che sa fare l’altro posso allora risparmiare tempo e pazienza e vivere per conto mio”.

Ci si dimentica che alla base di qualunque rapporto sociale vi è lo scambio e che più importante, profondo e ricco è questo scambio più il rapporto sarà avvertito come prezioso e vitale. Questo vale per i popoli e le nazioni, come per le persone o le famiglie. L’autarchia, sia nei beni materiali che in quelli spirituali, non ha mai arricchito nessuno, lo scambio sì.

Si dimentica, inoltre, che gli apporti dati dall’altro sono fondamentali per la tenuta d’ogni rapporto.

Noi consideriamo importanti e non siamo disposti a rinunciare alle persone che ci danno qualcosa che è essenziale per il nostro benessere fisico, affettivo, psicologico, spirituale o per la nostra stessa esistenza.

Quanta gratitudine doveva leggersi negli occhi di uomini e donne che giornalmente potevano toccare con mano le fatiche, i sacrifici, l’impegno e la volontà messi a disposizione del coniuge per dare a questi tutto ciò che era indispensabile per la sua vita e per il suo benessere!

Procurare il cibo con la caccia significava mettere a rischio la propria vita giorno per giorno. Riuscire a mettere sulla tavola un pezzo di pane, significava arare e zappare con le proprie mani e con la forza delle braccia terreni aridi e sassosi, per poi seminare, irrigare, togliere le erbacce, mietere, battere, crivellare, macinare; e poi ancora: impastare, accendere il fuoco e finalmente cucinare. Mettere a tavola dell’acqua significava scavare un pozzo a forza di piccone e di braccia, oppure andare ad una fonte più o meno lontana, raccogliere l’acqua con una brocca e portarla fino a casa. Per non parlare dei rischi che ogni giorno a causa delle guerre, dei furti e delle aggressioni ognuno dei due, e soprattutto i maschi, erano disposti ad affrontare pur di difendere l’altro coniuge, i figli e la famiglia.

Oggi non sono più necessari tanti sacrifici, fatiche e rischi per dare ai propri cari le cose indispensabili.

Ma “se l’altro lavora per procurarmi qualcosa di utile o indispensabile alla mia vita d’ogni giorno; se l’altro mi dà assistenza, protezione, cure e difesa; se l’altro è disponibile al dialogo, sa accogliermi ed ascoltarmi, sa capire le mie pene e sollevare il mio animo; se l’altro generosamente mi coccola e dà piacere al mio corpo; se l’altro illumina la mia vita con il suo sorriso, riscalda il mio cuore con il suo calore; se l’altro mi è di aiuto e sostegno nelle attività educative, alleva i miei figli, cura la mia casa, protegge e difende la mia famiglia, mi assiste nei momenti di maggior bisogno o di necessità: quando sono malato, debole, fragile; se l’altro, infine, riesce ad essere fondamentalmente fedele al nostro rapporto d’amore, allora egli diventa prezioso ai miei occhi, caro al mio cuore, indispensabile alla mia vita. Cosicché è naturale e spontaneo desiderarlo e difenderlo davanti a tutto e a tutti; è naturale e spontaneo bramarlo, cercarlo e mantenerlo stretto a me.

Se invece l’altro mi saluta distrattamente la mattina per poi tornare solo a sera, stanco, distrutto dalla fatica e dallo stress, indifferente ai miei bisogni ed ai miei problemi; se l’apporto che dà alla famiglia è fatto solo di denaro che serve appena per se stesso; se dialoga più con gli altri che con me; se è più capace di sorridere e far ridere gli altri che portare un po’ di gioia nella nostra casa; se il sesso è solo un modo per sfogare la tensione d’un momento; se mi tradisce con la stessa facilità con la quale prende il caffè la mattina, allora, se sono fidanzato o sposato l’indifferenza nei suoi confronti crescerà sempre di più fino a farmi desiderare di liberarmene al più presto e definitivamente, nella speranza di cercare qualcosa o qualcuno che mi dia di più o qualcosa di diverso. Se ancora, per fortuna, non sono sposato e penso che dovrei formare una famiglia, ci penserò più d’una volta prima di imbarcarmi in una situazione simile”.

Gli apporti specifici

Così come vi sono degli apporti simili per entrambi i sessi, vi sono degli apporti specifici altrettanto importanti.

Le donne potrebbero fare ragionamenti simili a questi: “Se è lui che provvede a tutti i bisogni materiali della mia famiglia, per cui senza di lui ci mancherebbero anche le cose più essenziali per la nostra vita e per il nostro benessere; se è lui che si assume le maggiori responsabilità nell’inserimento dei nostri figli nell’ambiente sociale; se è lui che si assume lo sgradito compito di dire di no ai figli e di essere con loro autorevole, così da permettermi di essere tenera e dolce con loro; se è lui che si carica del compito di essere forte e razionale così da permettermi di essere sensibilmente emotiva; se lui mi sa consolare e proteggere e mi fa sentire sicura; se sa adattarsi a fare mille lavoretti in casa per renderla sempre efficiente e funzionale; se sa mettere un limite al lavoro esterno alla famiglia in modo tale da avere la possibilità di dialogare con me e di seguire e ascoltare con amore i suoi figli… allora lui mi sarà prezioso e non me lo farò sfuggire. Difenderò la nostra unione con le unghie e con i denti. Saprò a lui adattarmi, saprò con  lui integrarmi”.

“Se invece lui lavora tutto il giorno e la sera, essendo troppo stanco non ha voglia di parlare né con me né con i nostri figli ma preferisce trascorrere le poche ore in cui è a casa davanti al televisore, con la bottiglia di birra in mano; se lui non sa pitturare una parete, non è capace di riparare nulla in casa e pertanto sono costretta a chiamare per ogni piccolo guasto un tecnico o un operaio; se mi lascia sistematicamente per trascorrere il suo tempo libero con gli amici a bere e giocare in un bar o al campo sportivo a correre dietro un pallone; se lui apprezza più la bellezza delle altre donne che la mia; se lascia a me la responsabilità educativa dei figli; se non sa essere autorevole con i suoi figli per cui mi costringe ad essere io autorevole così che devo barcamenarmi nei due ruoli di padre e madre… allora perché avere un uomo tra i piedi, in casa? Meglio non averlo, meglio provvedere solo a me stessa, meglio essere e agire da sola”.

Il ragionamento maschile potrebbe essere dello stesso tenore.

“Se lei ama i bambini ed è capace di accoglierli e accudirli amorevolmente come io mai saprei fare; se è capace di dare tutta la tenerezza, l’ascolto, la disponibilità e la dolcezza che a loro serve; se lei sa accogliermi e abbracciarmi; se con me sa essere tenera, appassionata e sensuale; se non mi fa mai dubitare della sua fedeltà; se sa curare la mia casa rendendola pulita, calda e accogliente; se sa preparare con le sue mani dei piatti prelibati; se sa rapportarsi con rispetto e amore con i miei e i  suoi genitori e parenti e sa gestire ed ampliare i rapporti con le famiglie d’origine scegliendo le parole giuste per tessere i fili d’una rete affettiva viva, calda e accogliente… allora per me lei è preziosa. Allora, se sposato, non potrò fare a meno di considerarla indispensabile e cara. Non potrò che continuare a desiderarla e cercarla lottando affinché resti sempre con me. Se poi non sono un uomo sposato cosa c’è di più bello che pensare ad una donna, cercare una donna, desiderare una donna, sposare una donna, invecchiare con una donna?”

“Se invece lei sta tutto il giorno fuori casa tra lavoro, scelta di vestiti e ninnoli, palestra per la cura del corpo e chiacchiere con le amiche e gli amici; se lei parla e dialoga più con i suoi colleghi di lavoro che con me; se non sa o si annoia e cerca di evitare il più possibile di cucinare, lavare, stirare; se mi fa lavare i piatti e i pavimenti con la scusa che bisogna collaborare; se non sa cucire neanche un bottone; se poco o nulla posso chiederle perché mi rimbecca che anche lei lavora fuori casa e che non è né la mia schiava, né la mia cuoca, governante o colf; se mi costringe a fare la spesa giornaliera, mentre lei esce per negozi a spendere il suo ed il mio stipendio; se non vuole avere molti figli perché non ha né capacità, né tempo né voglia di curarli; se cerca di mettermi contro l’unico figlio che abbiamo; se vuole avere l’ultima parola in tutto; se mi fa bisticciare con i miei perché vuole essere indipendente e non vuole condizionamenti di sorta da parte dei miei parenti; se c’è il rischio che incontrando un altro mi lasci in mutande senza casa, senza mobili, senza figli, allora… perché rimanere sposati e che senso ha sposarsi quando quel poco che lei mi potrà dare lo posso avere con molto meno fatica e con molti meno rischi?”

“Anch’io sono capace di mettere un po’ di pasta nell’acqua che bolle e aprire un sugo pronto. Anch’io sono capace di prendere un cibo precotto dal frigo e metterlo nel microonde a riscaldare. Anch’io so infilare la biancheria sporca nella lavatrice. D’altra parte per la mia vita sessuale è ancora meglio: posso cambiare donna quando e come voglio, scegliendola ogni volta anche più giovane e bella d’una moglie che vedrò invecchiare accanto a me. No, il matrimonio non è assolutamente conveniente”.

Come si vede chiaramente, se l’altro non si assume degli specifici compiti e ruoli che sono per noi utili, anzi indispensabili, l’interesse, la stima, la fiducia e il bisogno calano vertiginosamente, mentre si accentuano il sospetto e la diffidenza.

Le conseguenze tra uomini e donne degli irrazionali stereotipi culturali e dei provvedimenti e delle leggi presenti nel mondo occidentale sono i conflitti e le aggressioni reciproche sempre più gravi e ricorrenti; le invidie e le gelosie; le separazioni e i divorzi; fino ad arrivare a scelte di vita che escludono categoricamente ogni progetto a lunga e spesso anche a breve scadenza con una persona dell’altro sesso.

Nasce, cresce e si diffonde allora il popolo dei single. Aumentano i rapporti spuri, le convivenze, le amicizie particolari e le coppie omosessuali. Queste ultime sperano, molto spesso invano, che il vivere ed il sentire in modo simile il dialogo, le situazioni e i problemi eviti i conflitti o li aiuti a risolverli. In realtà, invece, la mancanza del principale legante dato dalla diversità e complementarità, toglie sapore e piacere all’incontro e rende molto più difficile una stabile convivenza.

 

Tratto da "Uomini e donne al bivio - Quali strade per l'amore?" di E. Tribulato

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Utilità dell'amore

Utilità dell'amore

 

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A questa semplice domanda la risposta scontata è: “A rendere felici gli uomini e le donne che hanno la fortuna di vivere questo sentimento”. In realtà le cose sono molto più complesse di quanto non appaiono. Gli scopi dell’amore sono molteplici:

•    L’amore è fonte di piacere e gioia.

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Intanto è vera la risposta scontata. Se tutto va bene, se l’amore è ricambiato, se gli avvenimenti della vita permettono all’amore di crescere e svilupparsi, se il tradimento non lo squassa, se il gelo non lo cristallizza, se i conflitti non lo deteriorano, sicuramente l’amore è fonte di gioia intensa; gioia che viene avvertita come pienezza dei sentimenti, come sicurezza nel proprio futuro, come stabilità per essere arrivati in un porto sicuro.

Non vi è dubbio che l’amore ci fa stare meglio, ci fa sentire desiderati e accettati anche quando le bufere della vita si abbattono sul nostro cuore. Le endorfine che sono liberate nel nostro corpo mentre lui/lei ci accarezza e ci sussurra parole d’amore o mentre insieme ridiamo di tutto e di niente, ci rendono più socievoli e rilassati, alleviano la solitudine, ci fanno avvertire il mondo ed i suoi abitanti più vicini ed amichevoli.  

•    L’amore fa scoprire il piacere del dono gratuito.

Un altro scopo dell’amore è quello di far scoprire all’uomo e quindi anche ai suoi figli, il piacere e la gioia del dono gratuito. Questo sentimento è l’unico capace di far provare piacere e gioia anche nei momenti nei quali sono necessari sacrifici e rinunce. Questa scoperta permette ad ogni essere umano un importante salto di qualità e di maturità. Infatti è il bambino immaturo che per il suo piacere e godimento ha sempre bisogno di chiedere e avere dagli altri, mentre soltanto l’uomo o la donna maturi sono disponibili a dare, senza riserve, provando gratificazione e gioia.

•    L’amore permette il dono della vita umana.

Giacché l’amore non è semplicemente uno stato emotivo o sentimentale, esso ha la capacità di agire e di operare. Gli atti che rientrano nella categoria dell’amore svolgono numerose funzioni e assolvono a compiti e realizzano scopi che sono collegati con il successo della riproduzione.   L’amore è, infatti, indispensabile per creare nuove famiglie; é quindi necessario per perpetuare la specie umana. 

E’ l’amore che stimola ad accettare ruoli complessi e difficili come quelli di padre e madre, marito e moglie, dando a questi ruoli e compiti la gratificazione, il piacere e l’appagamento necessari a svolgerli pienamente.

•    L’amore serve a dare solidità e stabilità alle nuove famiglie.

La solidità e la stabilità sono condizioni indispensabili per lo sviluppo della prole, perché i bambini, tutti i bambini, hanno la necessità di trovare attorno e accanto a sé un ambiente umano stabile, che abbia caratteristiche di intimità, serenità, maturità, disponibilità e reciproca accoglienza. L’ambiente dove si vive frequentemente l’amore è indispensabile per la crescita dei minori e per il loro armonico sviluppo e maturazione.

 

•    L’amore permette di capire e di avvicinarsi alla divinità.

Per tutti i credenti, l’amore umano serve ad avvicinarsi ancora di più e a comprendere meglio la fonte stessa dell’amore: Dio. E mentre si comprende Dio e si partecipa al suo amore è facile e agevole crescere in santità, ricchezza e bellezza interiore.

Questa molteplicità di scopi non può e non dovrebbe essere limitata o sconvolta da esigenze egoistiche e personalistiche, pena la perdita del senso profondo e vero di questo sentimento.

Quali sono le persone capaci d’amare?

Tutti possiamo amare, tutti abbiamo il diritto d’amare, in quanto l’amore nasce dalla condizione umana d’interdipendenza emotiva. Noi siamo programmati in tal senso fin dalla nascita e il nevrotico ha bisogno d’amore quanto la persona normale; forse di più.  

Pertanto questo sentimento lo si ritrova sia tra le persone capaci di viverlo con pienezza, sia tra le persone affette da patologie che avranno più o meno limitazioni nel viverlo e parteciparlo.  Sappiamo però che: gli individui che si accettano e che possiedono una buona stima di sé e non manifestano atteggiamenti difensivi sono, più degli altri, capaci d’amare e di sperimentare rapporti eterosessuali soddisfacenti e appaganti, giacché prima d’essere capaci d’amare un’altra persona bisogna essere capaci d’amare sé stessi.

Tratto da "Uomini e donne al bivio - Quali strade per l'amore?" di E. Tribulato

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