Integrazione

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L'integrazione scolastica dei bambini con disturbi psicologici

 

 

La presenza nella scuola di bambini con problematiche psichiche è diventata sempre più frequente, sia a causa delle leggi sull’integrazione scolastica, sia per l’aumento reale dei disturbi psichici nell’età evolutiva. Quest’integrazione non è assolutamente semplice, per cui, se non è ben gestita, non solo non risolve le problematiche del bambino con problemi psicologici, ma rischia di aggravarli.

Per capire e saper affrontare tali problematiche è indispensabile considerare tutte le componenti in gioco: la scuola, gli insegnanti, gli alunni “normali” ed i loro familiari, il bambino con problematiche psicologiche, i suoi genitori e familiari.

La scuola

 

Per quanto riguarda la scuola questa istituzione ha numerose e varie esigenze da soddisfare, pena la sua inefficacia. Vi sono esigenze didattiche, educative, gestionali ed altre. Per tale motivo un bambino con problematiche psicologiche può comportare notevoli difficoltà ma l’integrazione di questi bambini può diventare una splendida sfida da affrontare e vincere. Pertanto, se questa integrazione è ben gestita, i risultati per l’alunno problematico, ma anche per la scuola nel suo complesso, possono essere considerevoli.

 

Gli insegnanti

Per quanto riguarda gli insegnanti questi sono spesso stretti da molteplici richieste ed esigenze che provengono da varie realtà: devono in qualche modo rendere conto ai responsabili della scuola, alle varie leggi e regolamenti, all’equipe scolastiche, ai genitori del bambino con problemi, nonché ai genitori degli altri bambini. Soprattutto gli insegnanti, poi devono rendere conto alla propria coscienza e al loro senso di responsabilità. Inoltre i docenti, oggi sempre più spesso, sono costretti a subire le minacce, più o meno esplicite, di procedimenti legali che possono provenire sia da parte dei genitori del bambino con problemi, sia da parte dei genitori degli altri bambini presenti nella classe. Le minacce possono riguardare anche l’essere esposti alla gogna mediatica. Gogna questa che, essendo sempre alla ricerca di audience, è pronta ad attivarsi immediatamente e facilmente, ogni qual volta, nell’ambito scolastico, vi siano dei problemi che possano interessare dei minori, specie se disabili. Tali accuse e minacce rischiano di diminuire la serenità dell’operato degli insegnanti e rendono ancora più difficile il loro lavoro e la gestione serena di questi bambini. È evidente che è particolarmente arduo riuscire a contemperare tutte queste esigenze, a volte contrapposte, specialmente quando è presente nella stessa classe più di un bambino con problemi.

Vi è poi la difficile collaborazione tra gli insegnanti curriculari e quelli di sostegno. Se gli insegnati curriculari criticano, senza avere a volte un’esatta cognizione del problema, la cattiva gestione da parte degli insegnanti di sostegno del bambino disturbato., cattiva gestione che, a loro dire, provocherebbe disagio nella classe,  quasi sicuramente otterranno da parte degli insegnati di sostegno una reazione di difesa che potrà distruggere il lavoro di squadra che dovrebbe essere alla base di una corretta gestione di questi bambini. 

 

I genitori e gli alunni “normali”

Non dovremmo scandalizzarci per il fatto che gli alunni senza particolari problemi psicologici, avvertendo la diversità dell’alunno con disturbi psichici, lo trattino in modo differente, rispetto ai loro coetanei esenti da tali problematiche. L’uomo è per sua natura molto sensibile a tutte le diversità, in quanto queste possono rappresentare un rischio e un pericolo da sfuggire o contrastare. Questi due comportamenti: di esclusione del diverso o di aggressività per il diverso, sono insiti nella specie umana. Compito dei genitori e degli educatori dovrebbe però essere quello di correggere e modellare questi comportamenti istintivi, per adeguarli ai valori dell’accoglienza, della fratellanza e dell’amore verso le persone più bisognose di aiuto. Purtroppo questo tipo di educazione e formazione, non sempre viene attuato. Anzi, a volte, gli adulti, non controllando loro stessi questi istintivi moti repulsivi, danno man forte ai loro figli, in quanto hanno un’irrazionale paura che il bambino diverso possa in qualche modo “infettare” i loro “pargoletti”!

I genitori dei bambini con problematiche psicologiche

Per quanto riguarda i genitori degli alunni con problematiche psicologiche, è frequente che questi accusino la scuola e gli insegnanti sia di classe sia di sostegno, per la scarsa attenzione prestata ai loro figli. Spesso le accuse sono di questo tipo: “Le maestre trascurano mio figlio e lo mettono da parte”. “Lo rimproverano continuamente ed eccessivamente”. “Non sanno capirlo, non sanno gestirlo”. “In un anno non ha imparato quasi nulla”. Ma poiché i genitori ed i familiari di questi bambini sono coscienti dei problemi che il loro figlio può dare alla classe dov’è inserito, il loro atteggiamento e comportamento è altalenante, sia nei confronti del figlio con problemi, sia nei confronti degli insegnanti e delle autorità scolastiche. In alcuni momenti ed in alcune occasioni essi appaiono disponibili e collaboranti, in altri momenti ed in altre occasioni, manifestano apertamente la loro irritazione, il loro rancore, se non la loro esplicita aggressività.

Per capire questi diversi atteggiamenti è necessario comprendere i vissuti interiori di questi genitori: essi sanno che il loro figlio crea problemi nella classe o anche nella scuola, in quanto ogni giorno nella loro casa ed in tante altre occasioni, si sono scontrati con questi problemi che non riescono, nonostante tutti i loro sforzi, a risolvere. Dall’altro, proprio perché consci delle loro difficoltà e dei loro limiti, sperano che persone più preparate, qualificate e con maggiore esperienza, possano affrontare meglio le problematiche dei loro figli. Confidano quindi nella scuola, in quanto istituzione che, più d’ogni altra, è costituita da persone specializzate nelle problematiche educative.

Nei confronti dei genitori dei bambini "normali" l’accusa più frequente, da parte degli alunni con problematiche psicologiche, riguarda la mancanza di rispetto e di accettazione dei loro figli: “Gli altri bambini lo beffeggiano”. Oppure: “Gli altri compagnetti non lo vogliono accanto, non gli parlano neppure, lo ignorano completamente e i genitori di questi compagni non intervengono minimamente sui loro figli”.

I bambini con problematiche psicoaffettive

Se riflettiamo infine sui bambini con problemi psicologici, questi non sempre hanno le capacità di ben integrarsi nell’ambiente scolastico. E ciò per vari motivi:

  •  a causa delle loro scarse possibilità di attenzione è per loro difficile concentrarsi e ascoltare le spiegazioni degli insegnanti. Ciò li fa distrarre e, questa distrazione, a sua volta, comporta disturbo e disagio nella classe, nonché continui rimproveri nei loro confronti da parte degli insegnanti;
  •   il fatto di stare accanto ad altri bambini non implica automaticamente un miglioramento delle capacità di integrazione e socializzazione dei bambini con disturbi psicoaffettivi. Questa vicinanza può essere, in qualche caso addirittura controproducente, in quanto gli altri bambini, notando il loro diverso modo di relazionarsi, di interloquire, di comportarsi, di muoversi, di prestare attenzione, possono reagire emarginandoli dal gruppo o aggredendoli verbalmente e fisicamente.  È evidente che in tutte queste situazioni l’immagine che questi minori hanno degli altri, del mondo e di se stessi peggiora notevolmente;
  •   la loro facile irritabilità può comportare notevoli frustrazioni, nel momento in cui non sono ben accolti dai coetanei o sono costretti a subire i rimproveri, i richiami o le punizioni dei docenti;
  •   alcuni bambini con disturbi psichici, poiché tendono a chiudersi in se stessi, estraniandosi dal mondo che li circonda, è come se non ascoltassero quanto avviene nella classe, e ciò impedisce loro quella sintonia indispensabile per l’apprendimento e per la socializzazione;
  •    inoltre, poiché questi alunni particolari spesso sono sconvolti dalle paure, dai conflitti, dall’ansia e dall’inquietudine, il loro interesse nei confronti delle materie curriculari può risultare minimo;
  •   infine, poiché alcuni bambini con disturbi psichici, soprattutto quelli che soffrono di instabilità psicomotoria, si stancano facilmente nel mantenere la stessa posizione e si muovono continuamente, attirano le ire degli insegnanti, a causa del disturbo che arrecano alla classe.
I possibili interventi

Poiché l’integrazione dei bambini con disturbi psicoaffettivi è particolarmente complessa, non può sicuramente essere delegata soltanto all’insegnante di sostegno. Accanto a questa figura, certamente basilare, devono prestare il loro impegno, il loro apporto e la loro collaborazione, molti altri professionisti e molte altre persone: il personale dei servizi di neuropsichiatria infantile presente nel territorio, gli insegnanti curriculari, i dirigenti scolastici, i genitori, i servizi sociali e di volontariato presenti nel quartiere e così via. È da tutte queste figure che potrà e dovrà nascere un progetto globale, fatto su misura per il minore e per il suo ambiente di vita. Pertanto, per poter raggiungere questo obiettivo, è indispensabile che tra tutti gli operatori si instauri un rapporto di reciproco aiuto e collaborazione.

In questo progetto globale dovranno di volta in volta essere indicati tutti i mezzi e le modalità migliori, atti a raggiungere gli obiettivi prefissati. Inoltre, poiché le più adatte strategie per i bambini con problemi psicoaffettivi potrebbero essere molto diverse rispetto a quelle utilizzate con i bambini normali, in molti casi sarà necessario eliminare gli usuali obiettivi e strategie presenti di solito nelle aule scolastiche.

Facciamo qualche esempio.

Oggi nelle scuole sono sempre più numerosi i bambini con disturbo generalizzato dello sviluppo. Questi bambini vivono quasi costantemente una realtà interiore gravemente disturbata, fatta di ansie, fobie e conflitti, con notevole sfiducia e rifiuto nei confronti degli altri e del mondo in generale. Questi particolari alunni, che hanno una notevole difficoltà ad integrarsi con i coetanei e gli adulti, in quanto chiusi nel loro mondo angoscioso, nel momento in cui i comportamenti degli altri non sono perfettamente confacenti ai loro bisogni e desideri, avvertono quelli come dei nemici, pronti ad effettuare ulteriori violenze nei loro confronti. Pertanto, un normale ambiente di classe nel quale l’insegnante spiega la lezione, interroga, chiede che ognuno faccia le sue brave esercitazioni sul quaderno e le verifiche alla lavagna, è per loro notevolmente traumatico, oltre che assolutamente incomprensibile e inutile. È necessario allora che la scuola, nei loro confronti, riesca a modificare sostanzialmente gli obiettivi: non l’apprendimento dei contenuti delle materie curriculari, ma una loro maggiore serenità interiore e una maggiore fiducia in se stessi e negli altri; non la classe che li spaventa perché troppo rumorosa e con un eccesso di stimoli, ma una stanza silenziosa e tranquilla, nella quale questi bambini possano giocare liberamente, relazionandosi soltanto con un insegnante notevolmente disponibile e con particolari qualità empatiche; non i normali libri di testo, assolutamente inutili per i loro bisogni, sempre diversi e inaspettati, ma molti giocattoli e materiali naturali, tra i quali questi bambini possano scegliere di volta in volta gli oggetti a loro più congeniali da utilizzare nei giochi che ritengono, in quel momento, più opportuni e vicini ai loro bisogni e interessi. Sarà necessario, inoltre, modificare i ruoli: non un’insegnante che guida il bambino nell’attività che ritiene più utile per lui, ma un’insegnante che partecipi con gioia e grande disponibilità all’attività o al gioco dal minore scelto in un determinato momento (gioco libero autogestito). Pertanto è evidente che il ruolo di questa insegnante dovrà essere totalmente diverso da quello utilizzato con i bambini normali: non una persona che insegna qualcosa ad un bambino che non sa, ma una persona amica che riesca a dimostrare verso di lui grande rispetto, disponibilità e notevole comprensione per le gravi problematiche delle quali egli soffre. Una persona amica capace di mettere in primo piano la qualità, la bontà e la profondità della relazione e non le attività didattiche. Una persona amica che impegni il suo affetto e la sua presenza allo scopo di dare serenità dove vi è ansia, certezze dove vi sono insicurezze, fiducia dove vi è sfiducia, speranze al posto delle delusioni[1] (Tribulato, 2013, p. 163).

Un altro esempio potrebbe riguardare i bambini particolarmente timidi e introversi. Poiché, anche se in modo meno drammatico rispetto ai bambini con disturbo generalizzato dello sviluppo, la visione che questi bambini hanno del mondo e degli altri è intrisa di timore, paure e insicurezze, gli insegnanti dovranno necessariamente tener conto della fragilità dell’animo di questi minori. Pertanto, fino a quando queste emozioni negative saranno presenti nel loro animo, gli insegnanti dovranno evitare di stimolare il bambino ad un’integrazione con tutto il gruppo dei coetanei, ma cercheranno di favorire un buon rapporto a due. Questo rapporto, da instaurare con un compagnetto o una compagnetta con la quale questi bambini potranno costruire una buona intesa, costituirà per loro come una base sicura dalla quale partire per conquistare, gradualmente, una buona crescita affettivo-relazionale. Ciò in quanto solo un rapporto a due intenso, pieno e ricco di dialogo e comprensione reciproca, può dare ai bambini timidi e introversi la possibilità di aprirsi a un’integrazione più ampia e più ricca, ma anche molto più complessa.

Per quanto riguarda i bambini con disturbo del comportamento, poiché per questi minori le caratteristiche degli insegnanti e le modalità con le quali questi si relazionano con loro sono molto importanti, è necessario che siano seguiti da docenti che sappiano coniugare gli atteggiamenti di autorevolezza con una grande disponibilità all’ascolto empatico. Per tale motivo, se il bambino è stato inserito in una classe nella quale con la maggior parte degli insegnanti e di alunni ha instaurato dei rapporti molto conflittuali e poco produttivi per lui e per i coetanei, bisognerebbe avere il coraggio e la determinazione di trasferirlo in un’altra classe, con altri insegnanti e altri compagni, in modo da iniziare ex novo rapporti più sereni e utili per la sua crescita sociale e relazionale. Per quanto riguarda il rapporto tra il personale della scuola e i genitori, è importante evitare di sommergere questi ultimi dei problemi che la patologia del figlio procura alla classe e alla scuola: “Mario oggi è stato particolarmente disubbidiente, aggressivo, poco collaborante, psicologicamente assente e indifferente alle attività didattiche e alle spiegazioni”. “Mario è sempre impreparato e la sua cartella è disordinatissima. Oggi, in classe, ha tanto disturbato che mi ha impedito di fare lezione”, e così via. Queste lamentele da parte degli insegnanti, poiché non possono essere ben gestite dai genitori del bambino con problemi, inevitabilmente comporteranno, da parte di questi ultimi, un maggior atteggiamento svalutativo e punitivo verso il figlio, con conseguente peggioramento della sua condizione psichica e, conseguentemente dei suoi comportamenti disturbanti. D’altra parte, è facile che le frasi che abbiamo riportato, o frasi simili, facciano emergere, nei genitori di questi bambini, atteggiamenti di aggressività e di rivalsa verso gli insegnanti e i responsabili dell’istituto scolastico, con impossibilità di instaurare una reale e proficua intesa e collaborazione.

Per tali motivi sarebbe bene che gli insegnanti e la scuola nel suo complesso riuscissero ad affrontare i problemi degli alunni con disturbi del comportamento, valorizzando e sottolineando agli occhi dei loro familiari le buone qualità e capacità dei loro figli, piuttosto che i loro limiti e difetti. Solo in un secondo momento, quando sarà stata creata una buona intesa tra la scuola e la famiglia, sarà possibile suggerire con molto tatto ai genitori, le migliori strategie con le quali questi potranno aiutare il loro figlio ad acquisire maggiore serenità ed equilibrio, indicando anche le più efficaci modalità e i migliori specialisti capaci di seguirlo e aiutarlo.

Per rendere credibile ai propri occhi e agli occhi dei genitori e dello stesso alunno questa immagine positiva, è però indispensabile riuscire ad avere un atteggiamento di fiducia, sia nella propria capacità di ottenere i risultati che ci si è proposti, sia nelle possibilità insite in ogni bambino di potersi ben relazionare con i coetanei e gli altri, nel momento in cui il suo animo ha acquisito maggiore serenità e gioia.

I genitori, a loro volta, dovranno comprendere e valorizzare la disponibilità, la capacità e la volontà da parte della scuola e dei docenti di operare per il bene del figlio. Conseguentemente è importante che gli stessi mettano in luce agli occhi del proprio bambino, queste capacità e disponibilità, così da aiutare lo stabilirsi di un buon legame di fiducia e affetto tra lui e i suoi docenti.



[1] Tribulato E., (2013), Autismo e gioco libero autogestito, Milano, Franco Angeli.

 

Giochi per lo sviluppo delle percezioni

 

SVILUPPO DELLA PERCEZIONE VISIVA

Per lo sviluppo della percezione e discriminazione visiva delle immagini e dei colori si consiglia di effettuare le schede delle associazioni di immagini uguali o simili e  quelle delle associazioni logiche presenti nel Programma base per lo sviluppo logico e cognitivo "Voglia di crescere" .

Si possono effettuare inoltre i seguenti giochi:

•     Tombole degli oggetti, animali, frutti, fiori, colori.

•    Domino degli oggetti, forme, colori, animali.

•    Puzzle a difficoltà crescente.

•    Giochi per individuare l'immagine intera da un particolare.

•    Incastri di sagome di oggetti, animali e persone.

•    Incastri di forme geometriche.

SVILUPPO DELLA PERCEZIONE TATTILE

L'obiettivo delle attività di seguito proposte è quello di sviluppare le capacità tattili nel riconoscimento degli oggetti e delle loro qualità.

E’ necessario che il bambino non veda gli oggetti che dovrà riconoscere. Per tale motivo è indispensabile usare un sacchetto di stoffa o uno scatolone con soli due buchi ai lati, dentro cui mettere gli oggetti che dovrà ritrovare. Inizialmente si faranno vedere al bambino due o tre oggetti comuni, facendogli notare le loro caratteristiche. Quando si è certi che li ha individuati e riconosciuti chiaramente, si metteranno dentro il sacchetto, chiedendogli di ritrovarli. Diremo ad esempio: “Prendimi lo spazzolino", "Prendimi il cucchiaio", prendimi la penna ecc. Quando sarà chiaro che il bambino sa riconoscere al tatto moltissimi oggetti, gli chiederemo di indicare il materiale di cui sono fatti. Per fare ciò utilizzeremo il sacchetto o la scatola con i due buchi in cui inserire le mani e presenteremo al bambino tre materiali, per quanto possibile della stessa forma ma di chiara consistenza diversa. Gli faremo vedere, ad esempio, un quadrato di plastica, un quadrato di carta ed uno di stoffa e, dopo che li saprà riconoscere bene, li metteremo dentro il sacchetto e gli diremo: "Prendi il pezzo di stoffa senza guardare", “Prendi il pezzo di carta”, ecc. Potremo anche mettere tre coppie di oggetti dello stesso materiale in due sacchetti per farglieli associare solo con il tatto.

Quando il bambino sarà in grado di riconoscere molti materiali, gli faremo individuare le forme. Gli diremo ad esempio: “Prendi un oggetto rotondo”, “Prendi un oggetto quadrato”, ecc.

SVILUPPO DELLA PERCEZIONE GUSTATIVA E OLFATTIVA

Lo sviluppo delle percezioni e della capacità di denominarle è alla base dello sviluppo logico. Pertanto è necessario fare effettuare ai bambini numerosi giochi, per individuare e successivamente denominare diversi odori e sapori ad occhi chiusi.

*  Inizieremo con due cibi dal sapore o dall'odore molto diverso l'uno dall'altro, da riconoscere solo mediante il gusto o l'olfatto.

**   Passeremo poi ad altri cibi dall'odore o dal sapore più simile.

***   Solo in seguito aggiungeremo i concetti di sapore acre, dolce, amaro ecc.

Difficoltà nella lettura e nella scrittura



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Le cause che possono portare un bambino ad avere difficoltà nella lettura sono numerose:

•    Apprendimento ad un’età non corretta

•    Capacità intellettive ai limiti della norma.

•    Ritardo mentale.

•    Ridotte capacità visive ed uditive.

•    Percorso di apprendimento non corretto.

•    Utilizzo di libri e strumenti didattici non adeguati.

•    Disturbi psico-affettivi.

•    Dislessia.

 

BAMBINI DISLESSICI

Sono in aumento le difficoltà nella lettura e nella scrittura. Tali difficoltà spesso sono imputati alla dislessia. Questo disturbo, che nella nostra esperienza è abbastanza raro,  può essere diagnosticato soltanto se sono escluse altre cause.

 Non  si può parlare di dislessia:

  • nei casi di ritardo mentale conclamato ma anche quando le capacità intellettive sono ai limiti inferiori della norma, in quanto la lettura, specialmente se effettuata con il metodo analitico presuppone buone capacità nelle discriminazioni spaziali e temporali;

  • quando è presente una patologia sensoriale con ridotte capacità visive e uditive;

  • sono da escludere in questa diagnosi quei bambini con i quali si è iniziato l’apprendimento della lettura ad una età cronologica troppo precoce;

  • non dovrebbero essere considerati dislessici, inoltre, tutti i bambini che per motivi vari presentano situazioni personali o familiari che creano loro ansia, irrequietezza, difficoltà nell'attenzione e nella memorizzazione;

  • infine sono inoltre da escludere tutti quei bambini che hanno effettuato un percorso formativo per l'apprendimento della lettura non corretto;

Il percorso formativo non corretto può essere dovuto all’uso di sussidi didattici non adeguati o alla mancanza di un costante, sereno, sistematico aiuto da parte di uno dei genitori. Questi spesso, nella nostra società, sono assenti, o poco presenti nelle ore in cui il bambino dovrebbe effettuare i compiti, ma soprattutto non hanno, a causa di vari fattori stressanti (impegni lavorativi, conflitti coniugali e familiari ecc.), la serenità necessaria per portare il bambino all'acquisizione delle tecniche della lettura e scrittura.

Nei bambini dislessici e/o disgrafici sono interessati una o più aree deputate alla lettura. Tali aree riguardano soprattutto le capacità nella discriminazione visiva ed uditiva. Il bambino vede bene e sente bene dal punto di vista sensoriale ma l'analisi dei dati in arrivo non è svolta correttamente se paragonata a bambini della stessa età cronologica o mentale. In queste patologie sono fondamentali quindi tutti gli esercizi per la discriminazione visiva ed uditiva, ma anche l'utilizzo di sistemi facilitati per l'apprendimento della lettura che utilizzino il metodo sillabico. come il nostro metodo di lettura sillabica facilitata "Leggo anch'io" o la "Lettura sillabico-fonematica"

I bambini dislessici, qualunque sia la loro età mentale, dovrebbero pertanto effettuare tutti gli esercizi per la discriminazione visiva presenti in "Voglia di crescere" a partire dal quarto livello e contemporaneamente iniziare la lettura con "Leggo anch'io".

 

BAMBINI CON UNA ETA' MENTALE INFERIORE AI QUATTRO ANNI

Lettura globale

Per questi bambini è assolutamente inutile, oltre che controproducente, cercare di insegnare a leggere sia con il metodo analitico che con quello sillabico, essi possono utilizzare solo la lettura globale, così come proposta dal Doman molti anni fa oppure, se hanno almeno tre anni e sei mesi di età mentale, possono utilizzare il nostro sussidio "Lettura globale" con l'album strutturato e programmato a tale scopo. 

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La lettura globale, com’è noto, è molto più semplice della lettura sillabica ed analitica tanto che può essere iniziata ad un’età molto precoce, anche a tre anni di età mentale o cronologica. Mentre nella lettura sillabica e analitica il bambino è costretto ad interpretare lettere o sillabe e poi unire i singoli fonemi per formare le parole, nella lettura globale egli si limiterà a ricordare e a riconoscere, come fosse un disegno, la forma della parole.  

Se il pregio di questa metodica è la precocità dell’apprendimento i limiti stanno nella difficoltà di far memorizzare un rilevante numero di parole indispensabili per comprendere un normale brano di lettura. Pertanto la sua utilizzazione è limitata solo ad alcune semplici e familiari paroline e frasi che però danno ai bambini più piccoli o ritardati il piacere della lettura. 

 

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BAMBINI CON ETA' MENTALE DI ALMENO

QUATTRO ANNI 

 Lettura sillabica

Se il bambino ancora non legge o non conosce tutte le sillabe, ma ha un'età mentale di almeno quattro anni può imparare a leggere utilizzando non le consonanti e le vocali ma le sillabe. Queste gli permettono di memorizzare dei grafemi e pronunciare dei fonemi in modo chiaro e inequivocabile  in quanto ogni configurazione grafica ha un suono preciso e netto. Per tale motivo nel programma di lettura facilitata "Leggo anch'io" e nella "Lettura sillabica fonematica"

 

Abbiamo scelto il metodo sillabico, in quanto, tra l'altro, per i motivi sopraddetti consideriamo la sillaba e non la consonante l'elemento base e quindi il primo mattone di ogni parola.

Per favorire al massimo la chiarezza, l'apprendimento, la memorizzazione  e l'utilizzazione delle sillabe, ognuna di queste, nel metodo proposto in

Leggo anch'io  ogni sillaba viene sottoposta ad un percorso cognitivo ben preciso, che è stato individuato  mediante continue verifiche sul campo.

Questo tipo di lettura è adatta a tutti i bambini normali, ritardati, dislessici che abbiano un'età cronologica o mentale di almeno quattro anni.  

 

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BAMBINI CON UN'ETA' MENTALE DI ALMENO 5-6 ANNI 

Lettura analitica

E' questa la metodica più diffusa nelle nostre scuole elementari, in quanto riesce a far leggere, abbastanza rapidamente, buona parte dei bambini normali che hanno un'età mentale di almeno 5-6 anni. Purtroppo tale tipo di lettura è poco adatta a tutti quei bambini che manifestano ritardo mentale e dislessia o che manifestano disturbi psico-affettivi di una certa rilevanza.

Sappiamo infatti che la lettura analitica, la quale implica la sintesi e l'analisi sillabica, presenta delle difficoltà notevoli insite nei processi percettivi e logici che sottendono questo tipo di attività.

Quando infatti il bambino si ritrova a leggere una sillaba, partendo dalla conoscenza delle consonanti e delle vocali, è costretto ad unire l'elemento fonico della consonante che, in qualunque modo la si pronunci viene avvertita sempre come unita ad una vocale, con un altro elemento fonico  presente nella parola scritta: un'altra consonante o una vocale. In ogni caso è costretto mentalmente ad eliminare dalla consonante la parte fonica riguardante la vocale, prima di unirla agli altri elementi presenti nella parola. Ad esempio, per leggere "pane" il bambino è costretto a pensare al suono della "p" che può essere pronunciata come "pi" "pu" o in altro modo ancora, ma che in ogni caso non è mai un suono puro e chiaro.  A questo suono deve poi associare la vocale "a" sottraendo il suono "i" o "u". La stessa cosa deve fare per la sillaba "ne". Quando si trova davanti a digrammi o trigrammi, questa attività diventa ancora più complessa in quanto per leggere ad esempio "stra" è costretto ad unire suoni diversi: "su" - "tu"- "ru" - "a", sottraendo ad ogni consonante il suono vocalico.

Anche nella scrittura, in cui si attua l'analisi uditiva delle parole, l'operazione è altrettanto difficile, pertanto per poter utilizzare la lettura analitica sono indispensabili delle capacità intellettive perfettamente adeguati a tale tecnica. Per il Meazzini i fattori cognitivi “fanno riferimento all’insieme di abilità  che stanno alla base di quelle necessarie alla lettura. Infatti l’allievo, il quale non sia sufficientemente abile nella discriminazione visivo - acustica, nell’attribuzione di significato a stimoli visivi ed acustici, nel completamento cognitivo, ecc. incontrerà indubbiamente ostacoli difficilmente sormontabili nel processo di acquisizione delle abilità di lettura.” 

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PER I BAMBINI CHE SANNO GIA'  LEGGERE TUTTE LE SILLABE

Se invece il bambino riesce a leggere quasi tutte le sillabe ma ha difficoltà nei libri di testo, per migliorare il suo livello di lettura è bene inizialmente accertarsi che questi utilizzi un testo scolastico o delle schede adatte alle sue capacità linguistiche e culturali; inoltre è utile:

•    controllare sistematicamente la comprensione delle parole lette o spiegate;

•    arricchire il suo vocabolario mediante schede specifiche;

•    farlo partecipare con piena responsabilità alla costruzione di un fumetto, di una favola, di un giornalino, di una commedia ed altre attività di gruppo;

•    utilizzare, oltre i  libri di testo, schede di lingua adatte alle sue capacità;

•    rilevare, con  una attenta osservazione le sue capacità, in modo tale da effettuare il training per la lettura partendo dal livello sicuramente raggiunto, per cui, utilizzando testi elementari, si controllerà che l’alunno riesca a:

leggere tutte le sillabe;

leggere le parole sillabando;

leggere le parole senza sillabare;

leggere senza sillabare frasi minime composte da tre parole esempio papà e mamma;

leggere correttamente e senza sillabare brevi frasi tipo le associazioni verbali presenti in Voglia di crescere;

leggere correttamente e senza sillabare testi di prima elementare;

leggere correttamente e senza sillabare testi di seconda elementare;

e così via per le altre classi.

Le parole che avrà difficoltà a leggere saranno estrapolate dal contesto, scritte su un quaderno a parte e lette isolatamente. Ci si accerterà inoltre che la comprensione di queste sia piena. Nel caso in cui si evidenzino degli errori caratteristici, ad esempio errori nelle doppie, nei digrammi ecc. si effettueranno esercizi specifici con parole che abbiano quelle caratteristiche.

Si esaminerà inoltre la rapidità nella lettura effettuando esercizi per migliorarla.

Per quanto riguarda il “Training della lettura” si inizierà dal livello raggiunto utilizzando la lettura impressiva o associata.

Con  tale  tecnica, mentre il bambino legge, l’educatore legge  insieme a lui, in modo tale da dare la giusta intonazione alla frase o alle parole, correggendo sillabe o parole  mal  pronunciate. Lo stesso brano è bene che venga ripetuto più volte fino ad ottenere lo scopo voluto.

Comprensione del brano letto

Per quanto riguarda la comprensione si faranno effettuare esercizi, partendo dai testi nei quali il bambino comincia ad avere le prime difficoltà. Per fare ciò è necessario valutare se il bambino ha acquisito la capacità nella comprensione:

del significato delle singole parole;

di una frase minima;

di una breve frase;

di una lunga frase;

di un breve testo di prima elementare;

di un testo di media lunghezza della stessa classe;

la comprensione di un testo lungo con individuazione del personaggio principale, dei personaggi secondari, dei luoghi, dei tempi e dei modi in cui si svolge l’azione.

Si farà lo stesso con i testi delle altre classi.

Si sconsiglia di passare ad un livello  o ad una classe successiva se prima non è stato raggiunto il livello precedente.

Poiché la regola di base è: scrivere o leggere testi brevi  ma in modo corretto, evitare assolutamente la lettura di testi in cui tende a commettere molti errori, così come bisogna evitare che scriva molto e con molti errori, in quanto le parole lette o scritte in modo non corretto tendono a memorizzarsi, per cui sarà in seguito più difficile correggerle.

Fintantoché l’alunno non riuscirà a comprendere i libri di testo, è conveniente dissociare i due elementi didattici per cui,  mentre imparerà a leggere attraverso il training della lettura, si limiterà ad ascoltare e riferire i contenuti culturali letti dai genitori,  dagli insegnanti o da un altro allievo.

Per quanto riguarda la scrittura sarebbe bene:

•    far uso  di  questionari  adeguati  alle capacità dei singoli allievi. Tali  questionari    possono  essere  preparati dagli stessi insegnanti oppure si possono utilizzare quelli già in commercio. L’alunno, dopo  averli completati, li trasformerà  in forma lineare e li presenterà all’insegnante per  la eventuale  auto – correzione; 

•    effettuare numerosi esercizi mediante lo stimolo di un'immagine o da domande che si riferiscono a quell’immagine;

•    fino a quando l’alunno non potrà esprimere i propri pensieri in maniera corretta è bene raccogliere i suoi pensieri, le sue esperienze e riflessioni, mediante il dettato ad un altro compagno, all’insegnante o ai genitori, mentre, contemporaneamente, si attiveranno gli esercizi di scrittura mediante autocorrezione e con l’utilizzo della tecnica per eliminare gli errori che abbiamo chiamata “Errori mai più”.

AUTOCORREZIONE

Per fare attuare l’autocorrezione, inizialmente l’insegnante segnerà, con uno o più puntini nel margine del rigo, la presenza  di uno o più errori. L’alunno rileggendo il rigo dovrà scoprire gli errori effettuati e correggerli.
Se il bambino riesce a correggerli tutti bene, in caso contrario l'insegnante o il genitore, per aiutarlo, sottolineerà le parole errate.

In ogni caso, per ogni parola errata, sarà effettuata la tecnica di “Errori mai più”.

ERRORI MAI PIU'

Questa tecnica consiste nel far scrivere all’alunno frasi o periodi in cui vi siano al massimo quattro - cinque errori. Ogni parola o frase errata verrà scritta, su un quaderno a parte, in modo corretto, per almeno cinque volte consecutive, senza che egli veda il modello esatto. Inoltre, ogni volta che l’alunno scriverà la parola in maniera corretta, questa sarà nascosta alla sua vista da un foglio bianco, in modo tale che egli sia costretto a ricordarla e non soltanto a copiare il modello. In tal modo la memorizzazione avverrà più facilmente.

Per l’arricchimento culturale si potranno fare effettuare:

•    commento all’immagine con comprensione di una scena illustrata;

•    costruzione di un racconto partendo da pochi elementi stimolo;

•    descrizione delle esperienze e osservazioni sulla realtà linguistica, sociale, culturale e sulle tradizioni vicine al suo mondo;

•    gioco del vero e del falso;

•    completamento di una storia;

•    raggruppamenti logici;

                                                                   

 

Autonomia personale

 

IGIENE

VESTIRSI E SPOGLIARSI

ATTIVITA' FAMILIARI

USO DEL DENARO

USO DELL'OROLOGIO

IGIENE

Ai bambini piace molto giocare con l'acqua.

Approfittiamone per abituare il bambino a lavarsi, dandogli solo un piccolo aiuto.

Inizialmente facciamolo giocare con una vaschetta piena d’acqua e gradualmente stimoliamolo a:

*Aprire e chiudere il rubinetto.

**Lavare le mani con l'acqua.

***Lavare il viso senza sapone.

****Lavare le braccia senza sapone.

Contemporaneamente invitiamolo ad asciugare le mani, il viso, le braccia.

In seguito chiediamogli di:

*****Lavare le mani e le braccia con il sapone.

******Aiutarci mentre gli si fa il bagno.

*******Lavarsi da solo con la nostra supervisione.

E’ utile segnare ogni suo progresso ed aumentare le richieste con molta gradualità.

IL BAGNO

 


Il momento del bagno pu
ò essere molto piacevole, se si aiuta il bambino a prendere confidenza con l'acqua.

Per tale motivo è bene immergerlo molto lentamente, lasciandolo giocare con una spugnetta o con un giocattolo galleggiante.
Lavatelo lentamente, tenendolo ben stretto, in modo da dargli una sensazione di sicurezza.
Sorridetegli e parlategli dolcemente, spiegando ciò che fate e denominando le parti del corpo che state lavando.

 

 

ENURESI

 

Si definisce enuresi l’emissione attiva, completa e incontrollata di urina dopo che sia passato il periodo della maturità fisiologica. Mentre per autori come Ajuriaguerra e Marcelli[1] questa maturità si acquisisce tra i tre ed i quattro anni, per altri autori il limite dell’acquisizione fisiologica del controllo degli sfinteri dovrebbe avvenire entro i cinque-sei anni.

Si distingue un’enuresi primaria quando questo controllo non si acquisisce all’età fisiologica e un’enuresi secondaria quando questo controllo, che si era già conquistato, si perde in un momento successivo. Per quanto riguarda la frequenza l’enuresi può essere quotidiana, settimanale o saltuaria. Mentre, per quanto riguarda il momento della giornata nella quale avviene l’espulsione incontrollata dell’urina, può essere diurna, notturna o mista. L’enuresi notturna è più frequente nei maschi mentre l’enuresi diurna è più frequente nelle femmine. Questo disturbo di solito diminuisce notevolmente dopo la pubertà.

L’enuresi può comportare una diminuzione dell’autostima, può costringere il bambino a evitare di dormire fuori casa, con conseguente compromissione della sua vita relazionale e sociale, e può innescare un cattivo rapporto tra il bambino e la madre, la quale potrà sentirsi costretta a un notevole surplus di lavoro a causa di questo problema. Nell’animo della donna, in questi casi, potrà montare rabbia, collera e risentimento nei confronti del figlio ”piscione”. Questi, a sua volta, investito da questi sentimenti negativi, è facile che viva questo problema con ansia, paura, sensi di colpa e d’indegnità i quali, a loro volta, potrebbero portare non solo a una persistenza dell’enuresi, ma anche ad altre manifestazioni di sofferenza e disagio interiore. È bene pertanto impegnarsi a risolvere tale disturbo in maniera veloce e radicale, per evitare al piccolo e ai suoi familiari continue frustrazioni.

 

Le cause

Cause organiche

Sono stati imputati fattori genetici e diverse cause organiche: come anomalie anatomiche e funzionali della vescica; disfunzioni del tratto genito urinario; infezioni delle vie urinarie; ma anche disturbi del sonno, per cui lo stimolo ad urinare non riesce ad interrompere il sonno eccessivamente profondo del bambino. L’enuresi notturna viene associata anche alla carente produzione notturna dell’ormone antidiuretico (ADH- antidiuretic hormone) da parte dell’ipotalamo. Ormone che riduce la diuresi durante la notte. Pertanto, in questi casi, viene consigliata una terapia sostitutiva con desmopressina.

Cause ambientali

Se le componenti organiche ed ereditarie possono contribuire all’insorgere dell’enuresi, riteniamo che i fattori psicologici di origine ambientale siano i più frequenti ed importanti. Infatti l’enuresi da danno neurologico non supera di solito il 30% dei casi, mentre l’enuresi da patogenesi psichica arriva al 70%.

Il benessere o il malessere interiore influenzano notevolmente il controllo sfinterico sia delle feci sia delle urine, tanto che negli animali e negli esseri umani la paura ed altre emozioni intense non solo negative, ma anche positive, possono alterare questo controllo. Da ciò l’espressione “farsela addosso per la paura” ma anche “scompisciarsi dalle risa”.

Anche per De Ajuriaguerra e Marcelli[2]:  “I fattori psicologici restano i più evidenti. Basti ricordare la frequente corrispondenza tra comparsa e scomparsa dell’enuresi e quella di un episodio che segna la vita del bambino: separazione familiare, nascita d’un fratellino, entrata nella scuola, emozioni di qualsiasi natura …”

I motivi ambientali che possono portare all’enuresi possono essere, come per gli altri segnali di sofferenza, numerosi: conflitti familiari, carenze socio–economiche, istituzionalizzazione, ospedalizzazione, genitori con caratteristiche fobico–ossessive, atteggiamenti eccessivamente autoritari e repressivi da parte dei familiari o degli adulti, cambiamento di abitazione, approccio educativo troppo autoritario, e così via. Il bambino affetto da enuresi viene descritto con un carattere flemmatico, timido, ansioso, insicuro, pertanto l’enuresi dovuta a motivi ambientali può essere considerata come una manifestazione dell’ansia con effetto neurovegetativo sulle funzioni vescicali, oppure come espressione di ostilità verso una madre poco attenta ai bisogni del suo bambino.


[1] De Ajuriaguerra J.,  Marcelli D., (1986), Psicopatologia del bambino, Milano, Masson Italia  Editori, p. 124.

 

[2] De Ajuriaguerra J.,  Marcelli D., (1986), Psicopatologia del bambino, Milano, Masson Italia  Editori, p. 126.

Interventi consigliati
  •   Intanto è bene affrontare questo problema con tranquillità, serenità e fiducia.
  •   Evitare di rimproverare o colpevolizzare il bambino per questo involontario disturbo. La frustrazione che ne avrebbe, oltre al rischio di provocare problemi psicologici, potrebbe far persistere l’enuresi nel tempo. Questi bambini, al contrario, hanno bisogno di maggiori gratificazioni e rassicurazioni affettive.
  •   Fare cenare il bambino la sera molto presto o comunque qualche ora prima di metterlo a letto, in modo tale da far eliminare con l’urina, da sveglio, buona parte dell’acqua bevuta durante la cena.
  •   Evitare, soprattutto la sera, di far mangiare al bambino cibi salati o ricchi di acqua.
  •   Mettere accanto al letto del bambino una lucetta ed il suo vasino, in modo tale che egli, svegliandosi, possa urinare facilmente senza dover raggiungere il bagno.
  •   Utilizzare dei dispositivi d’allarme, che permettono al bambino di svegliarsi, appena inizia a bagnare il letto. In tal modo egli si abituerà a contrarre lo sfintere vescicale, ogni volta che suona l’allarme.
  •   È bene inoltre che i genitori, a turno, facciano fare la pipì al bambino nel vasino, almeno due-tre volte durante la notte, negli orari nei quali egli di solito si bagna.
  •   Segnare su una tabella le notti e l’orario in cui il bambino ha avuto enuresi.
  •   Per rafforzare la muscolatura vescicale e abituare ad esercitare un maggior controllo sui riflessi si può incoraggiare il bambino a contenere, per qualche tempo, la pipì durante il giorno, nei momenti di veglia, con un’azione volontaria.
  •   Per motivare maggiormente il bambino, si può ricompensarlo con un piccolo regalo ogni notte che non bagna il letto.

EDUCAZIONE AL CONTROLLO DEGLI SFINTERI A SCUOLA

Anche se non è compito dell’insegnante accompagnare il bambino in bagno, é suo preciso dovere occuparsi dell’educazione degli sfinteri dei bambini che presentano delle difficoltà di questo tipo. E’ possibile raggiungere questo scopo tramite tecniche specifiche, come, ad esempio, il notare quei segni come irrequietezza toccamenti indicanti un bisogno fisiologico.

Inoltre, inizialmente si dovrà accompagnare spesso e sistematicamente il bambino al bagno, anche se non ha necessità. Quando avrà fatto i suoi bisogni lo si loderà abbondantemente. Dopo che sarà trascorsa almeno una settimana durante la quale il bambino non si sarà più bagnato o sporcato, si potrà prolungare progressivamente l’intervallo di tempo da far trascorrere prima di accompagnarlo in bagno.

VESTIRSI E SPOGLIARSI RICERCA DELLA SUA COLLABORAZIONE

 

Aiutare un bambino con handicap a vestirsi e svestirsi può diventare una impresa difficile, se non ci si pone come obiettivo quello di far collaborare sempre di più il bambino stesso. Ciò sarà possibile tra l'altro aiutandolo ad imparare i movimenti necessari per queste operazioni.

È bene quindi non vestirlo in fretta come un fantoccio, ma spiegargli sistematicamente cosa si sta facendo suggerendogli cosa fare per aiutare. Ad esempio potremmo dirgli: "Infiliamo il maglione dalla testa, tu tiralo giù; tiriamo fuori le mani dalle maniche; infiliamo i piedini nelle scarpe, ecc.".

Nominiamo i colori dei vestiti che indossa, diciamogli se sono larghi o stretti e di che tessuto sono fatti. Sono informazioni che la sua mente incamererà e utilizzerà al momento opportuno. Imparare a vestirsi ed a spogliarsi sarà semplice se gli abiti si potranno indossare e sfilare facilmente. Ad esempio i maglioni e le magliette dovranno avere il collo e le maniche ampi e facilmente estensibili. E’ bene che i pantaloni siano inizialmente con elastico alla vita e solo successivamente con ganci, grossi bottoni, chiusure lampo. I maglioni o le magliette dovranno avere un disegno sul davanti in modo da poterli distinguere facilmente.

Ricordate che un bambino normale impiega i primi cinque anni della sua vita per imparare a vestirsi e spogliarsi da solo; non vi meravigliate quindi se al vostro bambino occorrerà tempo e molti esercizi per imparare a farlo.

ABBIGLIAMENTO

 

Per aiutare l'apprendimento del vestirsi e spogliarsi gradualmente senza alcun aiuto, è necessario effettuare con gradualità una serie di esercizi iniziando con:

*  Fare dei giochi utilizzando due cerchi piccoli, da infilare e sfilare dalle braccia del bambino, e due cerchi grandi, da infilare e sfilare dal tronco, dalle spalle e dalla testa.

**  Infilare una manica di un largo maglione fino al polso del bambino e chiedergli di tirarla su con l'altra mano.

***  Se il bambino effettua i giochi precedenti con facilità, possiamo chiedergli di infilarsi il maglione da solo, dopo averlo aiutato fin quasi alla spalla.

****  Continuiamo facendogli sfilare lo stesso maglione solo in parte infilato in testa e chiedendogli poi di sfilarlo dalla nostra testa, per rendere la cosa più divertente.

*****  Infine, chiediamogli di sfilare dai piedi un pigiama largo, che avremo prima infilato in un solo piede e successivamente in entrambi.

 

TIPI DI INDUMENTI

Indumenti più facili da usare

•    Indumenti di lana.

•    Vestiti larghi.

•    Indumenti con elastici.

•    Gonne (per le bambine).

•    Maglioni con collo ampio.

•    Vestiti con maniche larghe.

Indumenti difficili da usare

•    Indumenti di cotone.

•    Vestiti attillati.

•    Indumenti con bottoni.

•    Maglioni a collo stretto.

•    Vestiti con maniche strette.

INDUMENTI DA INDOSSARE (in ordine di difficoltà)

  1. •    Cappello.
  2. •    Gonna con elastico.
  3. •    Pigiama.
  4. •    Pantaloncini con elastico.
  5. •    Mutandine.
  6. •    Cappotto.
  7. •    Maglione largo.
  8. •    Maglietta del pigiama.
  9. •    Maglietta interna di lana.
  10. •    Camicia.

CALZATURE DA TOGLIERE O METTERE (in ordine di difficoltà)

  1. •    Ciabatte del papà.
  2. •    Ciabatte.
  3. •    Mocassini.
  4. •    Scarpette slacciate.
  5. •    Scarpe con chiusura a strappo.
  6. •    Scarpe con le fibbie.

SBOTTONARE ED ABBOTTONARE

Sbottonare

Questa operazione non é facile, (specie quando i bottoni sono piccoli e le asole strette), ma é importante che il bambino sia in grado di effettuarla correttamente, perché i vestiti hanno spesso molti bottoni.

Inizialmente si potrà usare un vecchio pullover con bottoni grandi ed asole larghe oppure un telaio di legno con due strisce di stoffa da unire con grossi bottoni.

Per dare al bambino la gratificazione di aver portato a termine l’operazione richiesta, sbottoneremo quasi completamente il bottone, lasciandolo quasi fuori dall’asola. Al bambino non resterà altro compito che portare a termine l’operazione da noi iniziata.

*Successivamente lasceremo il bottone un po’ meno fuori dall’asola, in modo che l’operazione sia progressivamente più lunga e difficile.

***Quando saprà effettuare i movimenti giusti nella giusta successione, potremo utilizzare bottoni più piccoli e asole più strette.

Abbottonare

E` un’operazione più difficile dello sbottonare, ma, se seguendo lo stesso procedimento, il bambino imparerà abbastanza in fretta.

Aprire e chiudere cerniere lampo

Per questa attività si può utilizzare un vecchio abito con grosse e scorrevoli cerniere lampo o realizzare un apposito telaio. Su una cornice di legno di 30 x 40 cm, si inchioderanno, nel senso della lunghezza, due grosse strisce di stoffa che si congiungeranno al centro con una cerniera.

*   Inizialmente si chiederà al bambino di aprirla (per realizzare una buona presa si potrà inserire un anellino).

**  Successivamente si potrà insegnargli a chiuderla.

Per stimolare il bambino ad effettuare questi movimenti, si potrà collocare dietro al telaio un bambolotto o un altro oggetto, che si vedrà comparire e scomparire, come in un teatro, quando egli aprirà o chiuderà la cerniera.

STIMOLO A VARIE ATTIVITÀ ALL’INTERNO DELLA FAMIGLIA

Tutti i bambini hanno bisogno di introiettare il ruolo maschile o femminile di futuro genitore attraverso un dialogo ed un rapporto continuo con il genitore dello stesso sesso, che diventa più pregnante nel momento in cui si studia insieme o si effettua un’attività tipicamente maschile o femminile. Ad esempio, il padre potrà farsi aiutare dal bambino nel momento in cui deve riparare, sistemare o trasportare qualcosa. La madre potrà farsi aiutare dalla bambina nel preparare il cibo o rigovernare la casa. Questi piccoli lavoretti diventeranno per loro attività importanti, che aumenteranno l'autostima , li faranno sentire più vicini ai genitori e ne matureranno lo sviluppo. La scelta delle attività deve essere effettuata tenendo presente non solo le capacità dei singoli bambini, ma anche le loro preferenze. Un piccolo regalino servirà a gratificarli maggiormente.

Attività domestiche: apparecchiare la tavola

Tutti i bambini sono felici quando possono aiutare i genitori in qualche occupazione.

Vi consigliamo di sviluppare ed incoraggiare questa naturale disposizione, in quanto fonte di gioia e di interessanti esperienze per il vostro bambino.

 Anche se egli non sa compiere tutte le sequenze necessarie per un compito complesso come rifare il letto o apparecchiare e sparecchiare completamente la tavola, può partecipare quasi sempre a molte di queste e altre occupazioni, se verrà addestrato e opportunamente incoraggiato. 

Cominciamo  a fargli effettuare i compiti più semplici, aiutandolo e lodandolo per tutto quello che fa. 

Elenchiamo in ordine di difficoltà le sequenze per apparecchiare e sparecchiare la tavola.

*  Far portare sulla tavola le posate,  i piatti   i bicchieri da voi già preparati .

**  Lasciate che sia lui a togliere posate , bicchieri e piatti dalla tavola .

** *  Fate mettere al b. un bicchiere e le posata per ogni piatto da voi già sistemato.

****  Fate prendere a lui stesso le posate e i bicchieri nel numero giusto.

*****   Fategli  sistemare la tovaglia sulla tavola insieme al resto.

USO DEL DENARO

 

ll bambino impara l’uso del denaro essenzialmente in modo pratico, scoprendo che questo comporta delle possibilità di spenderlo per delle cose a lui utili e piacevoli. Il poterlo utilizzare e maneggiare direttamente lo aiuta a capire il valore delle singole banconote e quindi a ricordarne il valore.

E` molto importante pertanto fare in modo che il bambino maneggi piccole somme di denaro per poterne apprendere l’uso
Iniziamo a dargli un piccolo stipendio settimanale in moneta di taglio diverso.

Stimoliamolo a conservare, scambiare e utilizzare il suo denaro nelle varie occasioni (per comprare il gelato, le figurine, il giornalino, la merenda ecc.). Si consiglia, inoltre, di fargli usare e conservare il denaro in un conto corrente aperto presso il suo papa`. Imparerà, così, ad usarlo meglio.

Per una migliore conoscenza dell'Euro si può utilizzare il nostro sussidio didattico:

"Conoscenza e uso dell'Euro"

 

Uso dell'orologio

 

Per quanto riguarda l'orologio certamente è più facile l'uso dell'orologio digitale e pertanto per i bambini che presentano problemi nell'apprendimento è consigliato questo tipo di orologio. Purtroppo non è affatto semplice la conoscenza e l'uso appropriato dell'orologio analogico, in quanto sono necessarie varie capacità e competenze che si acquistano non prima dei sette- otto anni di età mentale o cronologica: contare per cinque, conoscenza dei concetti di intero, metà, uno, due e tre quarti. Per facilitarne l'apprendimento si può utilizzare il nostro sussidio didattico:

Conoscenza e uso dell'orologio

La programmazione educativa

SCHEMA PROGRAMMAZIONE EDUCATIVA

 

La prima domanda alla quale dobbiamo essere in grado di rispondere è

"Da dove"  - Situazione di partenza  

Cioè qual è la sua situazione attuale nell'area o nell'attività interessata: linguaggio, autosufficienza, lettura, scrittura, aritmetica, matematica ecc.

Per poter rispondere correttamente a questa domanda dobbiamo necessariamente conoscere con chiarezza e precisione i livelli di sviluppo del bambino nell’area o nelle aree interessate. Tali livelli devono essere ottenuti mediante strumenti obiettivi ed affidabili. Inoltre queste conclusioni devono essere rapportate anche all'età mentale o alla classe scolastica. Non basta dire che il bambino ha difficoltà nella lettura bisogna specificare meglio ogni elemento ad esempio: " Il bambino in schede di lettura per la prima classe elementare legge sillabando parole singole, ancora non conosce alcune sillabe più difficili – Livello prima elementare primo quadrimestre. La comprensione è buona sulle singole parole ma non per le frasi anche se brevi. Livello primo quadrimestre prima elementare".

"Per che cosa" – Gli obiettivi.

Quali sono gli obiettivi a breve, medio e lungo termine.

    Esempio: 

Obiettivo a lungo termine: lettura scorrevole e comprensione del brano letto della classe frequentata (terza elementare).

Obiettivo a medio termine: lettura scorrevole e comprensione di frasi brevi

Obiettivo a breve termine: lettura non sillabata di singole parole.

"A chi" - Soggetti interessati  

I soggetti interessati alla programmazione possono essere i più diversi: il bambino, la famiglia, la coppia genitoriale, il singolo genitore, gli scolari della classe, gli scolari della scuola, gli insegnanti curriculari, l'insegnante di sostegno, il personale non insegnante, i gruppi organizzati, i volontari della parrocchia, i medici dell'A.U.S.L. Il personale del Centro Studi Logos.

Ad esempio: l'insegnante di sostegno avrà il compito di contattare il personale del Centro Studi Logos per procurare le schede che facilitino l'apprendimento della lettura e farà effettuare con queste gli esercizi necessari. Anche i genitori con una copia del sussidio didattico faranno esercitare il loro bambino sia nella lettura che nella scrittura seguendo le indicazioni degli insegnanti.

L'insegnante curriculare sensibilizzerà gli alunni all'accoglienza del bambino con problemi e verificherà davanti alla classe, su schede apposite lo sviluppo dell'apprendimento. 

Il preside organizzerà un'attività di aggiornamento rivolta a tutti i docenti utilizzando degli esperti nel campo dell'apprendimento facilitato della lettura.

"Con che cosa"- Attività, tecniche, mezzi e strumenti.

Cioè quali saranno le attività, le tecniche, i mezzi e gli strumenti  che saranno adoperati.

Ad esempio "Sarà utilizzato il metodo facilitato per l’apprendimento della lettura “Leggo anch’io”, successivamente saranno utilizzate le associazioni verbali ed infine alcune schede di lettura per la prima classe elementare.

"Come"- Modalità di utilizzo.

Indica le modalità con la quale gli strumenti dovranno essere utilizzati. Ad esempio facendo associare le immagini presenti nelle schede con le sillabe o con le parole corrispondenti.

"Dove" - Luogo o luoghi utilizzati

Indica il luogo o i luoghi dove saranno effettuate le attività programmate: in classe, nell'aula di sostegno, al centro sportivo, nella sede dell'associazione culturale, in parrocchia.

Ad esempio le attività di recupero della lettura saranno effettuate a casa dai genitori, nell'aula di sostegno dall'insegnante di sostegno, in classe dalle altre insegnanti curriculari.

"Quando” – Periodo di tempo utilizzato.

Indica  il periodo di tempo che sarà utilizzato per le singole attività. Ad esempio durante le prime ore della mattina. Oppure due volte la settimana ecc.

“Quanto” – Quantità di tempo utilizzata.

Indica la quantità di tempo che sarà utilizzata. Ad esempio l’attività di lettura sarà effettuata solo per dieci minuti, per un’ora ecc.

"Da chi" - Persone impegnate nell'attività.

Indica chi saranno le persone impegnate nelle singole attività e quali ruoli o funzioni avranno per il raggiungimento degli obiettivi prefissati: genitori, insegnante di classe, insegnante di sostegno, volontari.

Ad esempio l'insegnante di sostegno fare direttamente gli esercizi previsti e controllerà quelli effettuati dai genitori.

L'insegnante di classe farà leggere ogni giorno al bambino le parole o il brano preparato.

Gli altri alunni saranno sensibilizzati ad incoraggiare, stimolare e far partecipe il bambino nelle loro attività di ricerca.

 

Le ricerche semplici

 

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L’utilità delle ricerche appare scontata se si tiene conto che rispondono molto bene ai requisiti fondamentali di ogni attività educativa e culturale. Storia, geografia, scienze, matematica, italiano ecc. trovano nelle ricerche un motivo di approfondimento, di interesse e di maggiore chiarezza. Questo tipo di attività può essere effettuato  a qualunque livello e adattato ad una enorme varietà di bambini. Lo stesso schema di ricerca, variando il contenuto, può essere utilizzato in tutte le classi scolastiche: dalla materna alle superiori. Questa modalità di apprendimento è inoltre preziosa per quegli insegnanti che vogliono far partecipare il bambino disabile alle attività della classe.

A differenza del libro di testo le ricerche stimolano lo studente ad essere attivo nell’apprendimento; lo invitano alla scoperta e al ragionamento; possono essere graduate, strutturandole adeguatamente per bambini di ogni età e capacità intellettiva.

Quando poi le ricerche sono effettuate in maniera semplice e schematica come quelle da noi proposte, l’attività richiesta è molto breve e può essere effettuata rapidamente, evitando di costringere lo studente, con un’età mentale troppo bassa o con disturbi psicologici, ad una attenzione troppo lunga per le sue capacità. 

Un normale libro scolastico richiede:

•    la lettura di testi spesso molto lunghi e complessi;

•    la comprensione parziale e globale del testo;

•    la memorizzazione;

•    la concettualizzazione dei contenuti da letti.

Nelle ricerche semplici invece:

•    la lettura della domanda è molto breve;

•    la comprensione del testo, molto semplice,  richiede minime capacità mnemoniche, attentive, di analisi e sintesi;

•    l’esecuzione attiva che implica anche altre attività piacevoli per lo studente, come il cercare, il ritagliare, l’incollare, lo stimolano al rapporto con le cose, l’ambiente, la natura, le persone;

•    com’è possibile notare dagli esempi dati il numero degli elementi richiesti è minimo: quattro o cinque. In alcuni casi può essere dato un elemento di esempio per facilitare il compito.

RICERCHE PER CATEGORIE    http://www.cslogos.it/uploads/images/ALTRE%20IMMAGINI/ANI008.GIF

MODELLO DI RICERCA DATO AL BAMBINO 

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MODELLO DI RICERCA COMPLETATO

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Queste ricerche possono essere effettuate da bambini anche molto piccoli o disabili, in quanto la modalità di esecuzione è semplicissima. Si danno al bambino uno o più schemi già preparati, l’alunno da solo, o con l’aiuto dei genitori e dell’insegnante dovrà disegnare o incollare negli spazi appositi quanto richiesto. Se capace, scriverà, inoltre, sotto ogni riquadro, il nome o un breve commento corrispondente all’immagine trovata. In ogni caso avrà fatto un lavoro prezioso nel selezionare, fra tante, le immagini richieste. Nella sua mente, gradualmente si costruiranno le categorie logiche indispensabili ad una migliore concettualizzazione e ad un più efficace ragionamento.

Oggetto di ricerca potranno essere dapprima delle categorie semplici: uomini; donne, bambini, animali, piante, uccelli, macchine, fiori, giocattoli, case, navi, aerei, frutta, pesci, treni, vestiti, scuole.

Successivamente saranno effettuate ricerche di categorie più specifiche: nonni, papà, ragazzi, nonne, mamme, ragazze, bambini piccoli, animali da cortile, animali domestici, animali feroci, animali selvatici, animali da pelliccia, animali che strisciano, automobili, trattori, autobus, camion, aerei, razzi, elicotteri , astronavi, barche,  motoscafi, navi  passeggeri,  navi mercantili, aliscafi, piante che danno frutta, alberi della foresta, alberi che abbelliscono le città e le ville, alberi che abbelliscono le case.

Si possono effettuare ricerche riguardanti i luoghi.

Ad esempio: “Ricerca: mobili della stanza da letto, mobili della cucina, mobili del salotto, mobili dello studio, gli abitanti della foresta, del Polo Nord  e così via.”

Oppure si possono far ricercare i particolari: dell’interno di una chiesa, dell’interno di un bar, dell’interno di una stazione, di una palestra, di un animale, di un uomo, di un’automobile, di un aereo ecc..

E ancora si possono far ricercare gli strumenti: del falegname, del muratore, del tipografo, del meccanico, del contadino, del dottore, del parrucchiere ecc..

Potranno inoltre essere fatte delle ricerche riguardanti l’uso: oggetti per mangiare, per vestirsi, per sedersi, per scrivere, per dipingere, per cucinare, per fare sport.

ANALISI DELLE COSE http://www.cslogos.it/uploads/images/ALTRE%20IMMAGINI/ANI008.GIF

MODELLO DI RICERCA DATO AL BAMBINO 

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MODELLO DI RICERCA COMPLETATO

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Questo tipo di attività va presentato dopo che lo studente ha effettuato le ricerche del primo tipo “ per categorie”.

Lo scopo è quello di stimolare lo studente alla notazione dei particolari degli oggetti, animali, costruzioni, elementi ed eventi naturali, che vogliamo fare approfondire.

Metteremo al centro l’elemento da analizzare, mentre nei quattro angoli, dal bambino, faremo incollare o disegnare i vari componenti o particolari.

In basso all’immagine, lo studente in grado di farlo, scriverà il nome o un breve commento del particolare evidenziato.

Si possono fare analizzare oggetti come l’albero, la casa, una persona, un animale, un uccello, un pesce, una nave, un automobile, un aereo, un treno, un camion, un autobus, un elicottero, una barca, un castello, una città, un vestito ecc.


Analisi più complesse possono riguardare elementi come il fiore, la foglia, la frutta, il tronco, la radice, un vestito da uomo, un vestito da donna, l’orologio, la lampadina, il lume, il lampadario, il telefono, la lavatrice, e così via.

Analisi ancora più complesse riguarderanno i particolari anatomici dell’occhio, dell’orecchio, del naso, della bocca, del cuore, dei polmoni, dei bronchi, dell’apparato digerente, dell’apparato urinario, dell’apparato genitale, dell’apparato scheletrico e così via.

 

SCHEDE PER EVIDENZIARE LE CARATTERISTICHE http://www.cslogos.it/uploads/images/ALTRE%20IMMAGINI/ANI008.GIF

Ogni oggetto, animale o persona ha certe caratteristiche. Lo scopo di questo schema di ricerche è quello di mettere in luce le caratteristiche essenziali.

Per fare ciò viene proposta una scheda in cui sono presenti due immagini, mentre al centro, in modo disordinato, sono elencate le caratteristiche principali dei soggetti analizzati. Il bambino dovrà collegare ogni caratteristica alle immagini con delle frecce. Scriverà poi in basso la sintesi delle caratteristiche che appartengono a ciascuno oggetto rappresentato.

MODELLO DI RICERCA DATO AL BAMBINO


 
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MODELLO DI RICERCA COMPLETATO

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Gli oggetti esaminati possono essere i più svariati: animali, cose, personaggi storici, elementi geografici e così via.

Si raccomanda però di inserire in ogni scheda solo poche caratteristiche  essenziali.

SCHEDE PER EVIDENZIARE LE UTILIZZAZIONI   http://www.cslogos.it/uploads/images/ALTRE%20IMMAGINI/ANI008.GIF


Questo tipo di ricerche permetterà al bambino di comprendere l’integrazione tra l’uomo, gli oggetti, gli animali, i vegetali e gli altri elementi della natura. Servirà inoltre a stimolare la sua attenzione verso gli elementi che lo circondano e le necessità ecologiche nell’uso del territorio in cui viviamo:  montagne, fiumi, mari ecc..

MODELLO DI RICERCA DATO AL BAMBINO


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MODELLO DI RICERCA CONPLETATO

 

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Anche in questo caso l’insegnante strutturerà delle schede come da schema, nella cui parte sinistra sarà posto l’elemento preso in considerazione, ad esempio la casa, la montagna, il fiume, l’animale e sulla parte destra tutto quello che da tale elemento ne ricava l’uomo o gli altri esseri viventi.

Per i bambini che hanno maggiori capacità nella scrittura, i riquadri nella parte destra potranno servire oltre che per inserire una foto o un disegno anche per scrivere in maniera più o meno diffusa gli apporti dati dall’elemento analizzato.

Si potrà chiedere dell’uso, da parte dell’uomo, di numerosi elementi.  Ad esempio: cosa ci dà l’albero, il bue, il cavallo, la pecora; cosa ci danno i pesci, gli insetti, i microbi, i batteri, i boschi, i mari, i fiumi, i laghi, le colline, le montagne ecc.. 

RICERCHE PER L’ARRICCHIMENTO CULTURALE    http://www.cslogos.it/uploads/images/ALTRE%20IMMAGINI/ANI008.GIF

“Metti le denominazioni al posto giusto”

In questo caso la ricerca sarà effettuata sui nomi dei particolari riguardanti un oggetto che, come da schema, metteremo al centro dell’attenzione del bambino.


  MODELLO DI RICERCA DATO AL BAMBINO

 

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MODELLO DI RICERCA COMPLETATO

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I vari particolari da denominare saranno evidenziati da riquadri entro i quali egli dovrà scrivere il nome corretto, ricavandolo da quelli che noi, alla rinfusa, avremo scritto nella parte sovrastante la scheda. Lo scopo è quello di arricchire il vocabolario dello studente, evidenziando nel contempo i vari particolari o componenti dell’oggetto stesso. 

Sia per quanto riguarda gli oggetti dei quali si vogliono ricercare i particolari, sia per quanto riguarda le denominazioni, l’insegnante avrà il compito di sceglierli tenendo presenti le capacità e le conoscenze linguistiche del soggetto. In particolare il bambino dovrebbe conoscere almeno quattro parole sulle sei richieste. in modo da facilitare e gratificare l’operato dello studente.

Per quanto riguarda il numero delle denominazioni è preferibile che non siano superiori a sei – sette, in modo da lasciare chiarezza all’immagine. Con questo accorgimento si eviterà, inoltre, di sovraffaticare, con un lungo e difficile compito, lo studente.

 

 

RICERCHE SEQUENZIALI     http://www.cslogos.it/uploads/images/ALTRE%20IMMAGINI/ANI008.GIF

La storia, la geografia, la vita stessa degli esseri viventi hanno una loro sequenzialità temporale che può essere schematizzata attraverso quattro- cinque riquadri. Nella parte bassa di ogni riquadro l’alunno potrà scrivere il nome o il suo commento all’immagine sovrastante.

Si potranno così esaminare vari elementi come: la crescita di un fiore, di una pianta, di un uomo, di un animale, di un insetto.

Ma anche il cambiamento nel tempo degli indumenti, degli attrezzi, delle armi, dei cibi, delle istituzioni politiche, delle città, dei corsi d’acqua, delle macchine che noi utilizziamo, dei mobili. In tal modo, molte materie di studio di tipo storico, potranno trovare semplici e schematiche rappresentazioni che aiuteranno l’alunno a memorizzare e comprendere gli eventi temporali.

MODELLO DI RICERCA DATO AL BAMBINO
  
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MODELLO DI RICERCA COMPLETATO

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RICERCA SULLA FUNZIONALITA’ DEI SERVIZI      http://www.cslogos.it/uploads/images/ALTRE%20IMMAGINI/ANI008.GIF

Con tale ricerca si può esaminare e schematizzare, mediante una sequenza di immagini o di disegni con brevi commenti scritti,  il funzionamento di vari servizi, come l’ufficio postale, la scuola, gli uffici comunali, ma anche il funzionamento di fabbriche, depuratori, centrali elettriche, macchine e così via.

Tale schema di ricerca dovrà essere strutturato in forma sequenziale. Lo scopo è quello di far comprendere al bambino i vari passaggi presenti in un determinato servizio, nella costruzione di oggetti o nel funzionamento di varie macchine.

Ogni passaggio può essere, a secondo del livello culturale ed intellettivo del bambino, evidenziato solo mediante un’immagine oppure con una più o meno lunga descrizione che accompagna l’immagine stessa.

Gli argomenti di questo tipo di ricerca possono essere molteplici e riguardare la posta, la scuola, la fabbrica, l’ufficio postale, una nave, una macchina, una banca, la chiesa, il supermercato, l’aeroporto, il porto, la tipografia, il giornale, una cen-trale idroelettrica, una centrale nucleare, un circuito elettrico, il telefono, il corpo umano, il servizio sanitario, l’ospedale, la stazione ferroviaria e così via.

MODELLO DI RICERCA DATO AL BAMBINO




  
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MODELLO DI RICERCA COMPLETATO

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RICERCHE DI TIPO CICLICO      http://www.cslogos.it/uploads/images/ALTRE%20IMMAGINI/ANI008.GIF

Molti elementi della natura hanno una ciclicità, cioè si ripetono continuamente. Tale ciclicità può essere schematizzata  collegando con delle frecce quattro o cinque riquadri su uno schema circolare. Sotto ogni riquadro si potrà  scrivere l’evento corrispondente.

Si potranno effettuare ricerche sul ciclo dell’acqua, delle stagioni, della luna, dell’ossigeno, del giorno, degli alimenti ecc..

MODELLO DI RICERCA DATO AL BAMBINO

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MODELLO DI RICERCA COMPLETATO

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CHE COSA SERVE PER…      http://www.cslogos.it/uploads/images/ALTRE%20IMMAGINI/ANI008.GIF

Con queste ricerche faremo scoprire al bambino tutto ciò che è indispensabile per la produzione di un oggetto, un alimento, una macchina e così via.

 La scheda può essere strutturata mettendo al centro l’oggetto che vogliamo ottenere, ad esempio una torta, e intorno tutti gli elementi necessari per la confezione di questo dolce.

MODELLO DI RICERCA DATO AL BAMBINO

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 MODELLO DI RICERCA COMPLETATO

 

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Lo scopo è quello di far notare al bambino come, per oggetti anche semplici ed elementari sia necessario il concorso di diversi componenti. Spesso infatti il bambino oggi che è sempre più lontano dai luoghi dove vengono fabbricati gli oggetti, vede questi ultimi deprivati da tutti gli elementi d’ingegno, di cultura, di lavoro, di fatica, di sacrificio che sono insiti anche nelle cose più semplici. Egli infatti tende a collegare l’oggetto al suo costo senza considerare i valori sopraddetti. Ciò non accadeva nei bambini di qualche decennio fa i quali non solo vedevano, ma partecipavano e collaboravano di persona alla nascita di numerosi prodotti, quindi non solo conoscevano meglio i vari passaggi e componenti, ma potevano apprezzarne il contenuto umano e sociale.

Per tale motivo è bene sottolineare in questo tipo di ricerche non solo l’elemento materiale ma soprattutto l’ingegno umano e il lavoro necessario.

Si possono proporre vari temi. Che cosa serve per fare un nido, il pane, una sedia, un mobile, una casa, un’auto, un oggetto di vetro, un abito, una borsa, la carta, un giornale, un farmaco, una strada, un ponte, una ferrovia, una bottiglia ecc..

Anche questo tipo di ricerche può essere effettuato in modo semplice, come da esempio allegato  oppure ogni elemento può essere ampliato e arricchito, tenendo conto delle possibilità degli alunni, con un commento scritto più o meno ampio e approfondito.

 

LE RICERCHE TEMATICHE       http://www.cslogos.it/uploads/images/ALTRE%20IMMAGINI/ANI008.GIF

Utilizzando vari schemi di ricerche semplici e collegandoli insieme si possono approfondire ed esaminare a tutto tondo dei temi anche molto vasti e complessi come : le piante, il mare, la montagna, la nutrizione, la casa, la vita dell’uomo, ecc. Ciò può essere effettuato mediante una serie di domande che mettono a fuoco di volta in volta le varie componenti del tema prescelto e gli argomenti che si vogliono approfondire. Tali ricerche, se hanno il pregio di fare conoscere in modo globale una determinata tematica, pongono però il problema della gradualità che non potrà essere così perfetta come nelle ricerche semplici.

   

 

Partecipazione alle attività didattiche della classe

 

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Si può aiutare il bambino disabile ad inserirsi proficuamente nelle attività della classe, programmando in anticipo ed in perfetta intesa tra gli insegnanti curriculari e quelli di sostegno, numerose, anche se brevi, attività da effettuare insieme alla classe.

I momenti dovrebbero essere preceduti dalla scelta dell'attività che dovrebbe essere di breve durata e facilmente attuabile dal bambino. Inoltre bisognerebbe accertarsi che sia vissuta non in un clima di tensione ma di festa per tutti.

La preparazione dell'attività dovrebbe avvenire con la collaborazione tra gli insegnanti curriculari e quelli di sostegno.

I bambini dovrebbero vivere questi momenti non come un disturbo delle attività scolastiche, ma come una parentesi gioiosa da vivere insieme. Pertanto, è bene prepararli a questo vissuto di accoglienza.

Nel caso di bambini con patologie particolarmente gravi, l’organizzazione delle attività in ambito scolastico per un bambino è possibile anche se difficile, in quanto si devono contemperare le sue necessità con quelle dei compagni. La limitazione di tempo comporta problemi nell'organizzazione dell'apprendimento individualizzato. Inoltre, a volte, gli stessi bambini in difficoltà rifiutano compiti e attività particolari o materiale didattico diverso da quello usato dagli altri compagni. Si pone, quindi, la necessità di utilizzare esperienze, metodologie e materiali didattici nuovi, diversi da quelli usati normalmente. Noi consigliamo: le ricerche semplici,  i sistemi a scelta multipla e le schede programmate.

 I sistemi a scelta multipla sottraggono poco tempo alla didattica della classe poiché il loro utilizzo richiede un numero esiguo di spiegazioni. Con questa metodologia, poiché ad ogni domanda sono possibili solo due o tre risposte, il bambino disabile può, anche senza alcuna spiegazione, collegare la domanda alla risposta corrispondente, con un segno di matita e, successivamente, presentare il lavoro svolto all'insegnante.

Le schede programmate,  proprio per le loro intrinseche caratteristiche, facilitano molto un rapido e precoce apprendimento delle materie curriculari.

Queste schede, strutturate in maniera molto semplice ed efficace, graduando moltissimo le difficoltà, sono viste dal bambino come un simpatico gioco da fare insieme all’insegnante e stimolano il suo interesse e la sua curiosità. Inoltre, queste sono strutturate in modo tale che egli può essere aiutato nello svolgimento del suo compito anche dal compagno di banco.

Queste attività possono essere svolte durante l'ora di lezione, previa una precedente preparazione del materiale da utilizzare con l’aiuto dell’insegnante di sostegno e dei genitori.

Integrazione scolastica del bambino disabile

 

 

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L’inserimento di bambini che presentano un qualche problema psicologico, organico o genetico nella scuola si è rivelato fin dall’inizio un progetto ambizioso. Ambizioso a causa delle enormi difficoltà che le diverse tipologie di handicap procurano a tutti gli operatori, anche ai più specializzati e preparati.

Ambizioso in quanto, un buon inserimento, per i complessi contenuti umani e civili che comporta, presuppone una crescita educativa ed una maturazione di tutte le componenti scolastiche: dirigenti, personale ausiliario, insegnanti e alunni "normali".

Ciò presuppone un impegno totale e massiccio, competenze specifiche, dedizione, studio e aggiornamento da parte dei vari operatori del settore. Pertanto, questo lavoro non può essere delegato alla sola figura dell’insegnante di sostegno la quale, sebbene abbia una sua preparazione specifica, deve potersi inserire in un gruppo operativo di cui fanno parte il dirigente scolastico (con le sue capacità e possibilità gestionali e di coordinamento degli interventi), gli insegnanti curriculari, l’équipe medico-psico-pedagogica della scuola, i genitori, ma anche gli altri servizi sociali e di volontariato presenti nel territorio.

É da questo gruppo operativo che deve scaturire un progetto educativo realistico ed incisivo, verificabile ed aggiornabile continuamente. Tale progetto, partendo da un’attenta e minuziosa osservazione della realtà familiare e sociale del bambino, deve contenere le linee operative, gli strumenti ed i tempi di attuazione.

Quale collaborazione fra gli operatori?

 

Quando si parla di un problema difficile da risolvere, come in realtà  è l’inserimento di un bambino disabile nella scuola, si parla molto spesso di collaborazione. Collaborazione tra insegnante di sostegno e insegnante curriculare; tra insegnanti ed équipe; tra operatori e genitori.

Ma che significa collaborare?  Come e quando è possibile tale collaborazione?

Sappiamo che questa disponibilità a lavorare insieme aiutandosi e sostenendosi a vicenda, in  realtà nasce non dall’esterno, ma dentro di noi.

É dentro di noi, infatti, che sboccia e a volte diventa reale e concreta,  mentre altre volte abortisce o viene soffocata dalla gelosia, dall’invidia o dall’aggressività nascosta o palese.

La capacità alla collaborazione è, infatti, legata alle esperienze fondamentali della nostra vita affettiva e relazionale. Le esperienze positive che nascono da momenti di amore, di gioia, di disponibilità all’interno dei primi affetti familiari,  modellano la nostra personalità di base, così che questa è disponibile ad aprirsi, sostenere, aiutare e capire l’altro.

Oppure, al contrario, sono i modelli genitoriali improntati ad assenza, freddezza e chiusura, le carenze affettive e i grandi, ma anche i piccoli e ripetuti traumi infantili che accentuano le ansie, le paure e le difese e quindi ci spingono a chiuderci all’altro, a difenderci in maniera eccessiva o ad aggredire chi ci sta accanto.

Nonostante ciò, conosciamo la possibilità di sviluppare  dentro di noi e accanto a noi la disponibilità alla collaborazione e quindi conosciamo la strada per renderla concreta e operante mediante modalità di rapporto che prima che esternamente devono essere vissute interiormente.

Dinamiche dell’insegnante di classe e di sostegno.

 

Per quanto riguarda le dinamiche degli insegnanti di classe, il rifiuto conscio o inconscio di occuparsi del bambino disabile nasce, a volte, dalla sensazione che far effettuare delle attività molto semplici e limitate sia degradante: “Io che mi sono laureata in matematica con ottimi voti e che ho insegnato per anni teoremi complessi ed equazioni, non posso mettermi a giocare con questa bambina con trenini e aeroplanini per far capire la corrispondenza delle quantità come farebbe un’insegnante di scuola materna”. “Io che sono uno studioso di Dante, io che ho scritto un saggio sulla sua vita non posso mettermi ad insegnare le vocali a questo bambino: sarebbe stupido, inutile e degradante.”

In altri insegnanti prevale invece la paura di non potersi occupare bene del problema reputandolo al di sopra delle proprie possibilità: “Io sono solo un’insegnante di lettere; non conosco nulla delle patologie e dei problemi dei bambini con handicap; non so, pertanto, cosa fare e come fare”.

Altre volte prevalgono sulla ragione i moti istintivi e le paure irrazionali. Si cede in questo modo alla istintiva ancestrale sensazione di rifiuto che ci coglie davanti a persone disabili. “Non posso farci niente ma quando vedo quel bambino mi sento male.”

Le conseguenze di tutto ciò sono estremamente negative: a quel bambino mancherà l’apporto di uno o più insegnanti curriculari e sarà molto limitata la collaborazione di questi sia con l’insegnante di sostegno che con i genitori. In realtà a quel bambino disabile, che dovrebbe avere di più, viene concesso meno che agli altri suoi coetanei.

Per quanto riguarda l’insegnante di sostegno, le dinamiche negative nascono quando l’amore e la passione per il bambino in difficoltà lo coinvolgono eccessivamente.

In questi casi egli avverte il bambino disabile che gli è stato affidato come una cosa propria o come un figlio con problemi da difendere con le unghie e con i denti, da chi non sente e pensa come lui; un figlio da tutelare da chi non se ne occupa con la stessa passione e dedizione;  un figlio da preservare da chi non ha le stesse capacità.

Ogni atteggiamento di rifiuto, di indifferenza o di disimpegno da parte della scuola o degli altri insegnanti viene vissuto in modo eccessivo ed abnorme. Tutto ciò impedisce di capire i problemi e le ragioni degli altri e spinge ad una lotta senza quartiere o ad una chiusura, in quanto gli altri “non capiscono, non amano, non vogliono.”

É più rara, ma è presente, la situazione opposta e cioè l’alleanza con gli altri insegnanti curriculari contro il bambino visto come troppo disturbato, troppo grave, con troppi problemi per potersene occupare in maniera proficua.

Frequente è inoltre la gelosia nei confronti dei genitori “che non capiscono, non collaborano, non si attivano sufficientemente.”  “ Io mi impegno e lotto fino allo spasimo per vostro figlio, ma voi non fate nulla per lui, anzi distruggete il mio lavoro.”

Quali gli atteggiamenti più utili?

Il primo atteggiamento interiore è, o dovrebbe essere, comune a tutti gli operatori: psicologici, medici, insegnanti ecc.. Per tutti dovrebbe valere la regola fondamentale che è giusto e sacrosanto capire, aiutare, sostenere, proteggere, la persona che ci è stata affidata o che si è affidata a noi ma mai identificarsi con essa; mai coinvolgersi e vivere come propri i suoi problemi; mai assumere un ruolo non proprio: di padre, madre, fratello, sorella, amico. É indispensabile, infatti, restare  sereni, equilibrati e liberi, nel rapporto con ogni persona a cui diamo il nostro apporto professionale.

Nei confronti di tutte le forze che identifichiamo attorno a noi e che potrebbero essere utili per i nostri obiettivi, come gli altri insegnanti e operatori, è bene assumere un atteggiamento intelligentemente affettuoso.

 

 In tal modo potremo identificare, scoprire e poi stimolare, valorizzare e aiutare a crescere,  tutti quegli elementi positivi che si trovano nell’animo, nella cultura e nell’intelligenza di ogni persona con cui ci saremo trovati a collaborare.

Possiamo imparare a porci nei confronti di chi dovrebbe o potrebbe aiutarci, non come chi giudica, chiede e pretende, ma come colui che comprende e dirime le altrui difficoltà, scopre e valorizza le altrui capacità. E quindi non io che giudico te, non io che chiedo a te, non io che pretendo da te, ma io che aiuto te a capire e valorizzare le tue capacità. Io che aiuto te a scoprire gli strumenti più idonei ed i mezzi più opportuni per fare bene il tuo e nostro lavoro.

Il primo ostacolo  che gli insegnanti sono costretti a  superare è certamente dovuto alla diversa formazione. Per un grave errore del nostro Ministero della Pubblica Istruzione, che solo con le nuove leggi si sta cercando di correggere, solo gli insegnanti di sostegno avevano l’obbligo di effettuare un corso di specializzazione che li avrebbe dovuto rendere non solo più idonei ad affrontare i problemi dell’handicap, ma anche più sensibili verso questa realtà.

Questa scelta operativa ha reso molto difficile non solo la collaborazione ma anche un proficuo dialogo tra le due categorie di insegnanti, per cui è facile trovare, nonostante la legge dica il contrario, una netta divisione di ruoli: “ Io mi occupo dei miei bambini normali“, dicono gli insegnanti curriculari, “tu occupati del tuo bambino handicappato” .

E a nulla valgono leggi, circolari o reprimenda dei superiori.

A questo grave peccato originale di impostazione bisogna che siano gli insegnanti stessi, coordinati dai dirigenti scolastici, a  porre rimedio mediante una serie di attività comuni come la ricerca e l’aggiornamento; come l’osservazione, la programmazione e la valutazione di ogni bambino  con problemi. Infine ancora insieme, con entusiasmo, creatività e fantasia nel momento dell’attuazione del programma educativo concordato e nella verifica e valutazione dei risultati ottenuti.

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