INFANZIA E ADOLESCENZA

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Il rapporto con gli animali nell'autismo

Il rapporto con gli animali è certamente più complesso e difficile ma anche più gratificante e maturante, rispetto a quello che i bambini con sintomi di autismo possono ottenere dagli oggetti, poiché gli animali sono capaci di attenzione e possono comunicare segnali di affetto e amicizia. Per quanto riguarda poi alcuni animali dotati di socievolezza, oltre che di buone capacità affettive e relazionali verso gli esseri umani, come i delfini, i cani, i gatti o i cavalli, il rapporto di questi animali con i bambini con sintomi di autismo può sicuramente essere molto positivo e ricco di stimoli.

Tuttavia bisogna sempre tener presente che è solo la presenza costante di un rapporto caldo, pieno, gratificante, gioioso, soddisfacente con degli esseri umani e soprattutto con i propri genitori, l’humus indispensabile, capace di far crescere e maturare l’Io di questi bambini.

Inoltre questo rapporto con gli animali è utile e si può instaurare efficacemente soltanto quando questi bambini hanno effettuato un percorso maturativo, che li ha aiutati non solo a non avere paura di quello specifico animale, ma anche a sapersi ben relazionare con essi. In caso contrario vi è il rischio di accentuare i loro angosciosi timori oppure si rischia di provocare nell’animale dei traumi che potrebbero provocargli una maggiore irrequietezza e aggressività.

Infine è bene non pretendere troppo da questi bambini: come immaginare che debbano prendersi cura del grazioso e morbido gattino o dell’affettuosissimo cagnolino comprati per loro. Spesso questi comportamenti responsabili non li assumono neanche i bambini che rientrano nella norma, pertanto è difficile che lo facciano i bambini con disturbi dello spettro autistico. Evitiamo quindi di aspettarci troppo, poiché rischiamo di comunicare loro la nostra delusione e la nostra irritazione.

 

L’episodio che riportiamo ne è un esempio.

Il papà di Salvatore era sempre alla ricerca di qualcosa o di qualcuno che guarisse il figlio che presentava sintomi di autismo, per cui rivolse la sua attenzione anche agli animali, in particolare ai cani, descritti come apportatori di benefìci, per le loro capacità di stimolare in questi soggetti le capacità sociali e relazionali.

E così questo papà arrivò a casa portando un bel cane, sicuro dell’effetto curativo che avrebbe procurato sul figlio. Purtroppo le cose non andarono come previsto. Il padre scoprì ben presto che il bambino aveva il terrore di quest’animale invadente e latrante, per cui cercava in ogni modo di starne lontano, chiudendosi nella sua stanza. Inoltre per cercare di non sentire il suo frequente abbaiare, ancor più si sentì costretto a mettere le mani nelle orecchie, nel tentativo di proteggersi. E poiché la moglie non aveva alcuna intenzione di portare l’animale più volte al giorno fuori per fargli fare i bisognini, né intendeva pulire quando questi, essendo piccolino, sporcava il pavimento della casa, il nervosismo dei genitori e i loro conflitti aumentarono ogni giorno di più. Insomma la situazione per tutta la famiglia, ma anche per Francesco, non solo non migliorò affatto ma peggiorò di molto, tanto che dopo appena un mese il cane fu riportato nel negozio di animali dal quale il padre lo aveva comprato.

 

 

 

Tratto dal libro di Emidio Tribulato: "Bambini da liberare - Una sfida all'autismo".

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Sessualità e rapporti amorosi nei soggetti con disturbi autistici

 

I giovani con sintomi di autismo possono avere, e in realtà hanno, desideri sessuali e amorosi. Essi s’innamorano, hanno interesse nei confronti dell’altro sesso, si eccitano davanti a foto o disegni erotici, praticano la masturbazione. Tuttavia quando cercano di instaurare dei rapporti con l’altro sesso, nascono numerose e importanti difficoltà. Infatti, quando l’incontro sentimentale o sessuale avviene con i soggetti normali, a causa dei numerosi limiti e necessità di questi giovani, uno stabile rapporto amoroso è difficili e spesso impossibile, poiché la loro insicurezza, le loro stereotipie, le loro paure e ansie, i loro strani e inusuali comportamenti raramente possono essere compresi ed accettati dall’altro.[1]

Ricorda De Rosa:

Fin dalla mia prima adolescenza ho amato in modo struggente la femminilità, una dimensione da cui ero intimamente attratto, ma verso cui non avevo alcuna strategia di avvicinamento e di relazione, strategia che come già detto mi mancava in realtà verso tutto il mondo.[2]

Lo stesso autore descrive in maniera sintetica con queste parole le caratteristiche dei suoi desideri amorosi: ‹‹ Credo si possa paragonare alla condizione di un uomo innamorato e chiuso nella cella di un carcere mentre la donna amata vive fuori libera››.[3]

 Ancora De Rosa:

Durante l’adolescenza ho avuto come tutti le mie cotte, i miei amori non corrisposti ma con la sofferenza in più del non potermi relazionare con la persona amata, se non nelle mie limitatissime forme di persona autistica, forme non solo limitate ma non sempre comprensibili e a tratti inquietanti››.[4]

Morello inserisce le fantasie amorose tra le poche cose che gli procuravano gioia: ‹‹Lampi di gioia sono lo smontare manie di sequenze per anni seguite; permettere che la mia oasi chiusa sia invasa da regole altrui; sognare a occhi aperti le tante ragazze che vedo nei corridoi, nelle aule nelle strade››.[5]Tuttavia lo stesso autore  non può che ammettere le notevoli difficoltà presenti nei rapporti amorosi: ‹‹Donne e ragazze rimangono un enigma per me. Se la moneta di scambio nell’amore è il contatto emotivo molto difficile per me sarà innamorarmi››.[6]

I rifiuti che essi sono costretti a subire, quando si espongono a esprimere il loro amore oppure l’accettazione di rapporti sessuali psicologicamente dolorosi, procurano a questi giovani molta sofferenza. La Williams , ad esempio, per rendere possibili i rapporti sessuali che il suo partner richiedeva, era costretta a estraniarsi dal suo corpo, così da sentirlo totalmente separato e insensibile, mentre gli occhi fissavano il nulla e la sua mente era a migliaia di miglia da lì.[7]

Difficoltà altrettanto importanti nascono quando le profferte amorose vanno verso un soggetto con un problema diverso dall’autismo. Ad esempio, quando si vuole instaurare un rapporto amoroso con un soggetto che presenta ritardo mentale.

Può essere indicativa di queste situazioni l’esperienza di Giulia, una donna con autismo ad alto funzionamento. Questa donna, frequentando un centro nel quale erano presenti altri soggetti disabili, pur di avere una storia amorosa e una vita familiare indipendente aveva cercato una relazione e si era fidanzata con un giovane che presentava un ritardo mentale di tipo medio. La donna, desiderosa di crearsi una famiglia, non sapeva darsi pace del fatto che l’uomo del quale si sentiva fidanzata si fosse bruscamente allontanato da lei, nel momento in cui gli aveva chiesto di avere dei bambini, sposarsi e formare una famiglia. Non capiva e non riusciva ad accettare i reali motivi che il suo ragazzo cercava di farle intendere e cioè che era impossibile creare una famiglia non avendo un lavoro e un minimo di entrate economiche. In quel caso, il desiderio della donna, istintivamente molto forte ma anche irrazionale, superava di molto il buon senso del fidanzato.

Purtroppo sono incompatibili e spesso votati al fallimento, anche gli approcci e le “storie” che questi ragazzi hanno nei confronti di altre persone con le stesse problematiche. La causa più frequente di questi fallimenti riguarda la comunicazione e la gestione delle emozioni. Soprattutto riguarda la gestione della paura del contatto fisico, per non parlare di quello sessuale. Poiché i rapporti amorosi sono fatti di complessi e numerosi contatti, che coinvolgono inevitabilmente la comunicazione, i sentimenti, le emozioni e i corpi, in molti soggetti con autismo tali contatti sono difficili da accettare, ma soprattutto sono ancora più difficili da esprimere. La Williams, nella sua autobiografia, parla con dovizia di particolari dei suoi disastrosi rapporti amorosi e sessuali, che intraprendeva a volte per la necessità di avere accanto qualcuno che potesse darle assistenza e protezione, cosa che i suoi genitori non erano in grado di fare.

 L’autrice ricorda:

Durante l’anno in cui mi ero così avvicinata a Bryn (un altro giovane con autismo) non avevo mai superato la paura e il terribile senso di nervosismo che mi assaliva nel vederlo. Talvolta ciò aveva reso l’incontrarlo una tortura impossibile da tollerare. [8]

Per i due innamorati, entrambi con sintomi di autismo, era difficile anche solo guardarsi negli occhi:

Cominciai a spazzolare i capelli di Bryn. Lui comprava il pranzo e dividevamo il cibo sull’erba, sotto un albero speciale. Entrambi trovavamo estremamente difficile guardarci negli occhi e quando lo facevamo tornava la spaventosa sensazione di perdere noi stessi.[9]

La stessa difficoltà esprime Morello: ‹‹Ma la sicurezza di dover passare nel materno tocco di mani estranei mi terrorizza, così sono costretto nel mio zitto autistico vaso di Pandora››. [10]

Poiché questi giovani potranno instaurare e mantenere dei solidi legami sentimentali e sessuali o anche crearsi una famiglia, soltanto quando avranno conquistato la libertà dalle ansie e dalle paure e buone capacità sociali e relazionali, è preferibile che i genitori e la società s’impegnino a diminuire e se possibile eliminare il loro grave malessere interiore, utilizzando una terapia affettivo - relazionale mediante la tecnica del Gioco Libero Autogestito, piuttosto che cercare di dar loro la possibilità d’incontri sentimentali o sessuali con il rischio di provocare soltanto altre frustrazioni e sofferenze.

 
 

 

Tratto dal libro di Emidio Tribulato: "Bambini da liberare - Una sfida all'autismo".

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[1] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, p. 77.

[2] De Rosa F. (2014), Quello che non ho mai detto, Cinisello Balsamo, San Paolo, p. 61.

[3] De Rosa F. (2014), Quello che non ho mai detto, Cinisello Balsamo, San Paolo, p. 62.

[4] De Rosa F. (2014), Quello che non ho mai detto, Cinisello Balsamo, San Paolo, p. 62

[5] Morello P. C. (2016), Macchia, autobiografia di un autistico, Milano, Salani editore, p. 145.

[6] Morello P. C. (2016), Macchia, autobiografia di un autistico, Milano, Salani editore, p. 177

[7] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore,

[8] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, p. 118.

[9] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, p. 118.

[10] Morello P. C. (2016), Macchia, autobiografia di un autistico, Milano, Salani editore, p. 160.

Disturbi dell’attenzione e ricerca dell'immutabilità e dell'ordine nei bambini con sintomi di autismo

L'attenzione è la capacità di:

  • focalizzare il proprio pensiero su un determinato argomento o oggetto;
  • mantenere questa focalizzazione per il tempo necessario;
  • riuscire a dividere l’attenzione tra vari oggetti o argomenti e non confinarla su un unico oggetto o tema.

L’attenzione implica processi quali l’attivazione, il controllo dell’inibizione, la ricerca e l’assestamento.[1]

Dagli studi effettuati nel settore delle neuroscienze, sappiamo che questa capacità dipende in gran parte dall’entrata in gioco della corteccia frontale. Essa è in grado di facilitare o bloccare tutte quelle informazioni che riguardano il compito che, per quella determinata persona, è prevalente in quel momento.[2]

In tutte le persone di ogni età è presente il fenomeno della mente vagante (mind wandering), che consiste nello spostare l’attenzione dall’attività che si sta svolgendo a sensazioni interne, pensieri e preoccupazioni personali. Questo fenomeno caratterizza il 25% - 50% dell’attività della nostra mente durante la veglia.[3]

Il perdersi nei propri pensieri è ciò che fa disperare i genitori e gli insegnanti i quali vorrebbero invece che i figli e gli alunni fossero sempre presenti e attenti a ogni loro parola o richiesta.

Questo distrarsi dall’attività che si sta svolgendo lasciandosi coinvolgere dai pensieri e dalle emozioni interne può avvenire con varia intensità, durata e a diversi livelli di profondità. Pertanto può andare dai sogni ad occhi aperti, al fantasticare su eventi futuri, al fare delle considerazioni personali sul compito che si sta svolgendo, ad analizzare più volte lo stesso problema. Il vagare con la mente può riguardare realtà attuali o del passato, che sono state o sono ancora difficili da affrontare o risolvere. Realtà che possono essere molto liete ed eccitanti, come ad esempio, un innamoramento, una vittoria, una promozione, ma possono riguardare anche delle situazioni tristi e angosciose, come l’essere vittime di un lutto, un abbandono o un’offesa subita.

In questi e in tanti altri casi la mente, a volte per pochi secondi, altre volte per ore e giorni, tende a rimuginare senza sosta sugli stessi fatti, sui medesimi pensieri ed emozioni provate. È evidente che ciò comporti il distrarsi dal compito che si sta svolgendo in quel momento. Non sempre quest’attività è controllabile da parte della volontà. Anzi spesso la persona coinvolta non riesce, se non per breve tempo, a sostituire questi pensieri con altri meno ripetitivi e, alla fine penosi, se i pensieri preminenti sono tristi o angoscianti.

L’utilità di questo vagare con la mente, quando il fenomeno non è persistente ed eccessivo è innegabile: la mente in quei momenti, ruminando pensieri, ricordi, emozioni e sensazioni, cerca in alcuni casi di capire i comportamenti degli altri, altre volte prova a trovare i migliori possibili rimedi e le strategie più opportune da mettere in campo per affrontare alcune situazioni difficili o problematiche.

Questo fenomeno è nettamente più frequente nei periodi di stress e stanchezza e si manifesta maggiormente nelle persone tristi, preoccupate, ansiose o depresse,[4] pertanto lo ritroviamo in modo accentuato nelle persone con sintomi di autismo, le quali spesso non riescono a seguire il pensiero o l’attività del momento, sui quali viene richiamata o vorrebbero porre la loro attenzione, così come non riescono a seguire il pensiero e il ragionamento degli altri, poiché, nella loro mente s’inseriscono, senza dar loro tregua, continue immagini, riflessioni e pensieri parassiti, difficili da eliminare e mettere da parte, così da lasciare la mente libera d’impegnarsi nelle attività richieste o desiderate.

 

Per tale motivo, spesso è molto difficile indurre i bambini o adulti con sintomi di autismo a porre attenzione su un determinato oggetto, argomento o azione da compiere o non compiere, anche se questa richiesta è molto semplice e banale: ‹‹Per piacere, vuoi chiudere la porta?››; ‹‹Per cortesia, siediti nel tuo banco››; ‹‹Cosa ti piacerebbe mangiare oggi?››; ‹‹Quale vestito vuoi metterti per andare a scuola?››.

Per tali soggetti è inoltre difficile, tra i vari stimoli che provengono dall’ambiente interno ed esterno, riuscire a selezionare quello più importante e utile in un determinato momento. Pertanto, ad esempio, un bambino con sintomi di autismo, che viene interrogato, s’impegna a mettere in ordine in modo meticoloso i suoi colori nel loro astuccio e sembra non ascoltare le richieste della maestra, poiché in quel momento è predominante in lui il bisogno di sistemare ciò che è disordinato, piuttosto che ascoltare quello che chiede l’insegnante.

I bambini con sintomi di autismo hanno difficoltà nel condividere l’attenzione con gli altri in tutte le situazioni, anche solo di gioco. È invece spesso presente un’attenzione rigida e fissa su alcuni oggetti o su alcuni argomenti (attenzione iperselettiva), per cui la loro attenzione si attiva solo su determinati stimoli, mentre vengono trascurati tutti gli altri. Ciò facilità molto l’apprendimento o lo studio di un determinato argomento, il che fa di alcuni di questi bambini dei particolari e settoriali geni, ma nello stesso tempo sono trascurati tanti altri settori altrettanto importanti per la loro vita scolastica, relazionale e sociale.

 La causa più importante dei disturbi dell’attenzione nei soggetti con sintomi di autismo va ricercata nella costante presenza di svariate e coinvolgenti emozioni interne, come le paure, le fobie, l’angoscia e la sofferenza. Queste emozioni negative costringono questi bambini a ricercare vari espedienti per ottenere, mediante la chiusura verso il mondo esterno, qualche momento di serenità e pace. Oltre a ciò è spesso presente un’istintiva notevole ostilità e diffidenza verso tutte le richieste che provengono dalle altre persone, giacché per esperienza i soggetti con sintomi di autismo sanno che queste tendono a chiedere loro di fare o non fare determinate azioni o comportamenti, di dire o non dire determinate parole o frasi, senza tenere in alcun conto i loro gravi e immediati bisogni.

Purtroppo i bambini con disturbi autistici vedono gli altri in modo negativo: spesso ogni iniziativa degli altri che in qualche modo li può riguardare è vista con sospetto ed è interpretata come dannosa, giacché può cambiare lo stato di uniformità e d’immobilità che, per questi bambini, è indispensabile per avere un minimo di tranquillità e sicurezza. In tali situazioni, tutti i tentativi che gli adulti mettono in atto sia con dolcezza, sia con minacce, per attirare la loro attenzione, sono vani e tendono a peggiorare il loro mondo interiore e il già cattivo rapporto che essi hanno con gli esseri umani.

D’altra parte sappiamo che anche i bambini normali sono attenti alle richieste dei genitori e degli insegnanti quando questi assumono nel loro cuore delle valenze positive e hanno stabilito con loro una buona e profonda relazione, mentre non amano ascoltare e ubbidire a quei genitori o a quegli insegnanti che li rimproverano eccessivamente, li puniscono o non li fanno sentire a loro agio.

Poiché il nostro compito non sarà quello di indurli a fare o non fare determinati gesti, attività o comportamenti ma consisterà nel lavorare giorno per giorno, momento per momento per rasserenare l’animo di questi bambini, così da renderli più sereni, forti e maturi, scopriremo presto che insieme a tutti gli altri sintomi migliorerà o scomparirà anche questa loro difficoltà nel porre attenzione e nell’accettare le richieste degli altri: adulti o coetanei che siano.

 

 

Fabio, un nostro piccolo paziente di sei anni con sindrome di Asperger, che sembrava conoscere a meraviglia le autostrade non solo della Sicilia ma anche di tutta l’Italia, delle quali riusciva a disegnare ogni entrata, ogni uscita, ma anche le stazioni di servizio conosceva anche ogni strada che la madre aveva percorso la prima volta per recarsi al nostro centro. Questo bambino, che nei nostri confronti era sempre stato sorridente, educato e gentile, un giorno diventò furioso, tanto da augurare, di fronte a noi, alla propria madre i dolori più lancinanti e la morte più violenta e disumana, solo perché questa, venendo nel nostro centro, non solo non aveva percorso la stessa strada che faceva sempre, ma, peggio ancora, non aveva seguito le precise indicazioni che lui le aveva dato: su dove svoltare, su dove fermarsi e infine dove sostare.

 

Tratto dal libro di Emidio Tribulato: "Bambini da liberare - Una sfida all'autismo".

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[1] Silieri L., Lorenzoni L., Tasso D. (1997-1998), “Il problema dell’attenzione nella scuola media”, in Psicologia e Scuola, dicembre – gennaio, p. 9.

[2] Oliverio A, (2013), “Effetto cocktail party”, in Mente e cervello, novembre, p. 18.

[3] Zavagnini M. et De Beni R. (2016), “La mente che vaga”, in Psicologia contemporanea, maggio- giugno, p. 29.

[4] Zavagnini M. et De Beni R. (2016), “La mente che vaga”, in Psicologia contemporanea, maggio- giugno.

[5] Militerni R- Neuropsichiatria infantile, Napoli, Editore Idelson Gnocchi, 2004, p. 255.

[6] Grandin T. (2011), Pensare in immagini, Trento, Erickson, p. 53.

[7] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, p. 44.

[8] De Rosa F. (2014), Quello che non ho mai detto, Cinisello Balsamo, San Paolo, p. 29.

[9] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, p. 75.

I disturbi del sonno nei bambini con sintomi di autismo

 

In molto bambini piccoli o affetti da disturbi psicologici sono spesso presenti dei disturbi del sonno. Com’è logico aspettarsi, questi disturbi sono particolarmente frequenti e gravi nei bambini con sintomi di autismo, poiché il loro mondo interiore è particolarmente turbato, sia durante il giorno sia durante il normale riposo notturno.

Intanto spesso si rileva in loro l’insonnia, per cui la quantità di sonno giornaliera di cui riescono a usufruire è inferiore a quella che si riscontra nei bambini della loro stessa età. L’insonnia è dovuta alla presenza di maggiori difficoltà nell’addormentamento, al manifestarsi di un numero maggiore di risvegli notturni e a causa dei risvegli precoci. Essa può presentarsi in forma calma o agitata. Nell’insonnia calma il bambino resta con gli occhi spalancati nel buio, non riesce a dormire ma non manifesta insofferenza, non grida e non reclama la presenza dei genitori. Nell’insonnia agitata il bambino grida, mugugna, urla, senza potersi calmare per delle ore. È evidente che è la seconda tipologia d’insonnia quella che rende molto difficile la vita dei genitori, costretti spesso a restare svegli per buona parte della notte, nel tentativo di calmare e rasserenare il figlio.[1] I due tipi d’insonnia possono coesistere in bambini con la stessa diagnosi, inoltre vi possono essere dei passaggi dall’uno all’altro tipo anche nello stesso bambino, in periodi e momenti diversi della sua vita.[2]

Oltre che la quantità, anche la qualità del sonno è spesso compromessa, a causa degli incubi e dei sogni ansiosi o angoscianti. In questi casi il bambino, mentre dorme geme, grida e piange a causa dei “sogni cattivi”’ che lo tormentano. Ancor più la qualità del sonno può essere alterata a causa del pavor nocturnus, (terrore notturno), per cui il bambino presenta fenomeni neurovegetativi (sudorazione) ma anche improvvise e terrificanti sensazioni che accompagnano immagini mentali fugaci. In questi casi il bambino si sveglia angosciato, con gli occhi spalancati verso qualche oggetto immaginario che vede, urla nel suo letto con gli occhi stravolti e col viso atterrito, appare confuso e disorientato, non riconosce chi gli sta intorno e sembra inaccessibile a qualsiasi ragionamento. Al risveglio non ricorda nulla.[3]

Racconta la Williams:

Erano ricominciati i terrori notturni. Mi ero alzata ed ero andata in bagno come una sonnambula. Avevo colto l’immagine della luce del corridoio che brillava sotto la porta chiusa dell’appartamento. Qualcosa era scattato e mi sentivo sprofondare come se avessi perso il controllo su qualsiasi senso della realtà che mi circondava (…) Il terrore mi invase. Carponi sul pavimento piangevo come un bambino. Sentivo il freddo e la durezza delle piastrelle e fissavo le mie mani allargate su di esse. Sentivo di non riuscire a respirare. Provai la paura dell’ignoto che si annidava da qualche parte della stanza. Gemetti, terrorizzata, smarrita e indifesa.[4]

La Williams riporta la presenza di allucinazioni soprattutto durante la notte:

Per pura stanchezza cominciai a soffrire di allucinazioni. Sui muri si muovevano delle figure. All’insaputa di mia madre, giacevo, immobile e silenziosa sotto il suo letto, quasi troppo impaurita per respirare.[5]

Anche Simone, un nostro bambino con autismo ad alto funzionamento, dormiva nel letto dei genitori perché si sentiva ansioso. Il bambino raccontava della sensazione opprimente che avvertiva: ‹‹Come se qualcuno mi osservasse, come se qualcosa potesse uscire fuori dal buio, pertanto dormo sempre con la coperta sopra la testa e mi sveglio con i capelli sudati››. Altre volte questi bambini non riescono neanche a definire di che cosa hanno paura e dicono di avere “paura e basta”.

Alcuni suggerimenti

  • Se è vera la massima che “una buona giornata prepara una buona nottata”, è necessario intervenire in modo attento ed efficace nei periodi di veglia, se vogliamo che migliorino sia la quantità sia la qualità del sonno di questi minori. Per tale motivo il primo e più importante intervento dovrà mirare a una maggiore tranquillità, serenità e gioia durante tutto il giorno. Per ottenere ciò è necessario che i suoi genitori effettuino la tecnica del Gioco Libero Autogestito che permette al bambino di vivere con gioia e distensione il rapporto con i suoi genitori e nello stesso tempo può iniziare a relazionarsi con loro in modo sempre più piacevole e profondo, così da poter diminuire o eliminare del tutto la chiusura in se stesso che gli impedisce di crescere non solo dal punto di vista cognitivo ma anche e soprattutto dal punto di vista emotivo ed affettivo. E' bene, inoltre, evitare di coinvolgere questi bambini in situazioni che non riuscirebbero ad accettare o sopportare: troppi motivi di stress, troppi rumori, troppi richiami e rimproveri, cambiamenti improvvisi delle decisioni dei genitori, imposizioni di condotte cosiddette “terapeutiche” che tuttavia procurano al bambino irritazione, fastidio o paura. Al contrario è molto meglio immergersi insieme a lui, durante il giorno, in atmosfere ovattate e distensive, come passeggiare in mezzo alla natura, ascoltare della musica rilassante o ancora meglio giocare con lui accettando le sue proposte, qualunque esse siano.
  • Per quanto riguarda gli interventi terapeutici di vario tipo: logoterapia, psicomotricità, terapie comportamentali, Pet Therapy e altre, spesso queste sono attuate per anni senza mai chiedersi che tipo d’impatto emotivo hanno sul bambino. Cosa che, invece, sarebbe importante fare in maniera sistematica. Giacché se queste e altre terapie sono avvertite come qualcosa di gradevole e piacevole, sarà facile che apportino un miglioramento del mondo interiore di questi bambini e quindi vi sarà anche un miglioramento dei sintomi dell’autismo; se invece sono vissute come una serie di dolorose, frustranti, giornaliere imposizioni, anche se si otterranno degli apprendimenti voluti e desiderati dagli adulti, inevitabilmente si avrà una maggiore attivazione dei meccanismi di difesa, con conseguente cronicizzazione o peggioramento del disturbo autistico.
  • Cercare di evitare per quanto possibile i trattamenti medici non strettamente indispensabili, consigliati per migliorare piccole patologie, molto comuni e frequenti nei bambini e ragazzi: come ad esempio, gli apparecchi per sistemare e allineare la dentatura o la colonna vertebrale, oppure attività preventive come gli esami clinici routinari e così via. Questi interventi terapeutici o di prevenzione, che sono già poco accettati dai bambini normali, per il dolore e il fastidio che provocano, sono avvertiti in modo molto più drammatico da questi minori, a causa della loro particolare sensibilità ed emotività. Ogni volta che si presentano problemi di questo genere, sia lo specialista interessato al problema, sia i genitori, dovranno chiedersi se sia o non sia opportuno attuarli in questi particolari soggetti, cercando di bilanciare, in maniera seria e approfondita, gli eventuali benefici che da queste terapie o esami si otterrebbero, rispetto ai possibili danni psicologici che potrebbero procurare ai bambini. In definitiva, ben vengano tutti gli esami e gli interventi proposti da medici competenti ma soltanto quando siamo certi che sono assolutamente indispensabili e non possono essere posticipati o evitati.
  • È inoltre importante che l’orario per andare a letto non sia rimandato eccessivamente, così da permettere a questi bambini un sufficiente numero di ore di sonno e di riposo. Ciò servirà molto anche ai genitori i quali possono avere un po’ di tempo per loro, così da rilassarsi e ritrovarsi come coppia, dopo una giornata sicuramente intensa e ricca d’impegni domestici, educativi e lavorativi.

  • È bene evitare di far addormentare il bambino mediante l’uso della tv, di qualche video gioco o di altri strumenti tecnologici, tranne che con qualche motivo musicale rilassante. Ciò in quanto tutti i bambini, ma soprattutto questi, dovrebbero provare e trovare la gioia e la distensione necessaria per lasciarsi andare tra le braccia di Morfeo non dall’utilizzo di freddi e anonimi strumenti, ma attraverso la calda e tenera presenza dei propri genitori. È da questi, ed è con questi, che dovrebbero trovare una piacevole e tenera intesa e la necessaria tranquillità e sicurezza che servirà a prepararli a un sonno ristoratore.
  • È sicuramente utile lasciare nel letto del bambino con sintomi di autismo il suo oggetto preferito, al quale lui attribuisce notevoli valenze, giacché potrebbe aiutarlo ad acquisire, nei momenti di veglia e durante il sonno, una maggiore tranquillità e sicurezza. È inoltre utile mettere accanto al suo lettino tutto quello che gli potrebbe servire durante la notte: un fazzoletto, una piccola lucetta, un bicchiere con l’acqua, e così via.
  • È bene accompagnare il bambino, nei momenti che precedono il sonno, mediante dei rituali, sempre uguali, da effettuare con le stesse modalità e alla stessa ora, in modo allegro e affettuoso, come fossero dei giochi da fare insieme e non come dei tediosi e odiosi doveri da compiere. In definitiva dovremmo riuscire a far vivere al bambino con disturbi autistici, come fossero tanti giochi lo spazzolare i denti o almeno sciacquare la bocca con l’acqua, l’andare in bagno, l’indossare il pigiamino e infine lo stargli accanto (se lo desidera), in modo tale da rassicurarlo con la nostra calda e tenera presenza.
  • Se ci accorgiamo che al bambino fa piacere, si può anche metterlo nel letto e cullarlo, cantandogli una ninna nanna, come fosse un bambino piccolo. Dopo quanto abbiamo detto, è facile capire che non pensiamo sia accettabile la tecnica proposta da alcuni autori che prevede la sistemazione del bambino a letto e la totale noncuranza da parte dei genitori di qualsiasi disturbo si possa verificare, fino al mattino seguente.[6] Questa tecnica, oltre che crudele, ci appare controproducente, poiché è facile che peggiori il già cattivo rapporto che i bambini con disturbi autistici hanno nei confronti degli esseri umani, Questa modalità di lasciare il bambino in preda ai suoi incubi e paure, tra l’altro potrebbe procurare o accentuare nei genitori dei sensi di colpa, dei quali sicuramente non hanno alcun bisogno.

  • Potrebbe essere utile raccontargli una favoletta o leggergli qualche pagina del libro da lui preferito, ma solo se ci accorgiamo che è lieto di questo tipo d’intervento. Anche se il bambino non è in grado di comprendere le parole pronunciate o lette, questo momento d’intimità lo aiuterà ad avere un’immagine positiva dei genitori e gli permetterà di acquisire una maggiore serenità e sicurezza. Inoltre, l’uso di parole ed espressioni sempre diverse e nuove, utilizzate in un contesto ricco di affetto e di tenerezza, potrà arricchire il suo vocabolario. Se il bambino, com’è prevedibile, desidera che i genitori gli leggano o ripetano la stessa favoletta, non bisogna tirarsi indietro, poiché ciò potrebbe essere utile sia per rassicurare il suo animo, sia per aiutarlo a scoprire e memorizzare nuove espressioni e modi di dire.
  • Nel caso che il bambino si svegli in preda alle paure o peggio al terrore, è bene che la mamma o il papà stiano accanto a lui, cercando di calmarlo e rassicurarlo, usando un tono di voce calmo e tranquillo.
  •  Per quanto riguarda il letto nel quale il bambino è bene che dorma, mentre alcuni bambini con sintomi di autismo accettano di dormire, senza affatto protestare, nel loro lettino e nella loro stanza, altri chiedono di dormire nel letto dei genitori o accanto al loro letto. A differenza dei bambini normali, non sempre l’accettare di dormire lontano dai genitori è un buon segnale. Anzi spesso sono proprio i bambini più gravi, per i quali ancora i genitori non sono una fonte di protezione e sicurezza, che accettano questa situazione di lontananza. Per questi, restare o non, accanto a papà e mamma è indifferente. Può darsi perciò che quando questi bambini saranno migliorati e avranno iniziato ad avere un iniziale legame con i genitori, chiedano di dormire nel lettone. In questi casi bisogna aiutarli a maturare il loro mondo affettivo-relazionale, accettando la loro richiesta.
 

Tratto dal libro di Emidio Tribulato: "Bambini da liberare - Una sfida all'autismo".

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[1] De Ajuriaguerra J., Marcelli, D., Psicopatologia del bambino, Milano, Masson Italia Editori, 1986, p. 251.

[2] Brauner A., Brauner F. (1980, 2007), Vivere con un bambino autistico, Giunti, Firenze, p. 56.

[3] De Ajuriaguerra J., Marcelli D., (1986), Psicopatologia del bambino, Milano, Masson Italia Editori, p. 77.

[4] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, p. 111.

[5] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, p. 47.

[6] Mazzone L. (2015), Un autistico in famiglia, Mondadori, Milano, p. 64.

 

 

Come relazionarsi e comportarsi con i bambini che presentano sintomi di autismo

 

 

Autore: Emidio Tribulato

Cerchiamo di essere sempre molto attenti alla loro

sofferenza interiore

 

La prima cosa che dobbiamo accettare e fare nostra è che la sofferenza di un bambino con disturbi chiusura in se stessi (chiusura autistica), anche se nascosta o scarsamente evidente, pervade il suo animo fin nelle più intime fibre. È una sofferenza che nasce dalla presenza in lui di angosciose paure; è una sofferenza fatta di ansia, e caos emotivo e sensoriale. Spesso sono presenti in lui anche degli impulsi contrastanti che lo rendono insicuro per ogni suo comportamento e pertanto a volte manifesta la sua aggressività, mentre, altre volte, appare tenero e passivo.

Obiettivo principale

La sofferenza si manifesta purtroppo anche mediante atteggiamenti di sguardo vuoto e assente, rabbia, collera e soprattutto sospetto e sfiducia negli altri, nel mondo e in se stesso. Pertanto sarebbe indispensabile che noi adulti, ogni volta che ci rapportiamo con uno di questi minori, ci ponessimo, come primo e principale obiettivo, quello di far diminuire questa sofferenza e questa chiusura in se stessi e mai di accentuarla o esacerbarla. Per tale motivo allo scopo di prevenire la sofferenza interiore di questo particolare bambino è necessario trovare e applicare le migliori strategie che riescano a rispettare i suoi vissuti interiori.

 

L'integrazione scolastica dei bambini con disturbi autistici

 

 

Nelle famiglie nelle quali è presente un bambino con sintomi di autismo, uno dei problemi più gravi e difficili da risolvere riguarda la scuola. La nostra attuale società tende giustamente a mettere in primo piano, nella vita dei minori, questa benemerita istituzione la quale, se è adeguata ai loro bisogni, può offrire preziose valenze educative e formative.

Questa fiducia nelle attività scolastiche è talmente alta che alcuni specialisti consigliano ai genitori che hanno in famiglia un bambino con tali sintomi, di inserirlo in attività scolastiche il più precocemente possibile. I motivi che spingono questi specialisti a dare questo consiglio sono diversi:

 

I disturbi sensoriali nell'autismo

 
 

I disturbi sensoriali nell'autismo:

la vista e l'udito

Il grave malessere psichico dei bambini con sintomi di autismo si evidenzia, e non poteva essere diversamente, anche nei disturbi percettivi e sensoriali.

In alcuni casi l’alterazione della psiche, dovuta alla presenza di emozioni e sentimenti così dolorosi, intensi e spesso sconvolgenti, può portare ad accentuare gli stimoli che provengono dal mondo esterno (iper-risposta sensoriale), altre volte invece la condizione di autismo blocca o limita gli apporti sensoriali, tanto che questi arrivano alla coscienza in modo più blando o non arrivano affatto (ipo-risposta sensoriale). In altri casi ancora, questi stimoli giungono alla coscienza in modo ambiguo o alterato per quanto riguarda il loro significato.

Pertanto si può avere una ricerca eccessiva e abnorme di particolari stimoli o al contrario un chiaro rifiuto, e quindi un allontanamento da specifiche esperienze sensoriali.[1] Conseguentemente sono facili le reazioni abnormi, in rapporto all’intensità e alla qualità degli stimoli, nonché alle situazioni nelle quali questi sono percepiti.

È evidente come ciò renda difficile a questi bambini mantenere l’attenzione e la concentrazione necessaria per elaborare e utilizzare correttamente tutti i contenuti letti o ascoltati, così come per i genitori e per chi ha cura di loro, è molto problematico collegare i singoli stimoli ambientali alle loro reazioni, che appaiono pertanto strane e inusuali.

Gli effetti sugli apprendimenti e sulle relazioni sono quindi notevoli.

Notbohm così descrive le conseguenze di quello che lei chiama il caos sensoriale:

Non si scappa. Non ci si può aspettare che un bambino assorba capacità cognitive o sociali, o che si “comporti bene”, se la sua esperienza dell’ambiente è un costante bombardamento di sensazioni spiacevoli e brutte sorprese. Il nostro cervello filtra migliaia di input multisensoriali (ciò che vediamo, ciò che sentiamo, gli odori, ecc.) simultaneamente. Il suo, no. Quest’ingorgo di segnali che si scontrano continuamente nel tronco encefalico può provocare l’equivalente di una “rabbia al volante” che non finisce mai.[2]

 E De Rosa:

Quando ero piccolo, ci si meravigliava che non amassi i contesti con tanti bambini. Le percezioni sensoriali erano così forti da essere dolorose e venivo travolto da una cascata di stimoli disordinati. Capirci qualcosa sarebbe stato come completare un puzzle da mille pezzi mentre si va su e giù sulle montagne russe.[3]

E ancora lo stesso autore:

Per me tutte le situazioni della vita erano incomprensibili, anche quelle più ordinarie, quotidiane, ripetitive. Lo stesso capitava per le mie percezioni. Se, per esempio, registravo la sensazione di avere caldo non capivo che era la conseguenza di essere entrato con sciarpa e cappotto in un luogo molto riscaldato.[4]

In definitiva, s’innesta un circolo vizioso: la sofferenza e lo sconvolgimento del mondo interiore portano ai disturbi sensoriali e questi, a loro volta, aggravano l’ansia, le paure e l’angoscia, rendendo i bambini ancora più instabili, irritabili e confusi.

 

 

 

 

 

La vista

Per quanto riguarda la vista, questa può creare problemi d’intensa ansia, come può alimentare le loro paure. Soprattutto sono insopportabili, per i bambini con sintomi di autismo, le luci fluorescenti che emettono un fastidioso sfarfallio, le superfici riflettenti, gli oggetti che si spostano rapidamente o a velocità irregolare.[5] A questi bambini procura un notevole malessere il lampeggiare delle sirene montate nelle autoambulanze, nei camion dei pompieri o nelle auto delle forze dell’ordine. Il loro incessante ruotare è insopportabile per loro, che vivono in un mondo interiore nel quale è presente una continua tensione, ma anche tanta instabilità, confusione e irritabilità.[6] Ad alcuni di loro dà fastidio anche la luce del sole, che essi avvertono come troppo intensa, per cui stanno bene solo nella penombra della propria casa.

Dice Morello: ‹‹I supermercati sono luoghi grandi, pieni di luce; ma a volte offendono. Ricordo un giorno con mamma e papà e in testa qualcosa turbava: le luci ballavano. Fastidio››.[7]

E la Grandin: ‹‹Un autistico disse di avere difficoltà a guardare le persone negli occhi perché gli occhi non stanno mai fermi››.[8] Ancora la stessa autrice, [9] ‹‹Io penso in immagini. Le parole sono come una seconda lingua per me. Io traduco le parole, sia pronunciate che scritte, in filmati a colori, completi di suono, che scorrono come una videocassetta nella mia mente››.

Per Frith in alcune persone che hanno problemi di elaborazione visiva, la vista può essere il senso meno affidabile.[10]Alcuni di questi bambini riferiscono di avere difficoltà a vedere l’intero oggetto, mentre sono in grado di guardarne solo una piccola parte alla volta. Tanto che alcuni passano gli oggetti da riconoscere davanti agli occhi come davanti a uno scanner. Altri invece utilizzano le immagini per mettere ordine nei loro pensieri.

Alcuni bambini con autismo non riescono a ricordare le facce, altrettanto bene di quanto riescano a memorizzare gli edifici, le strade o i paesaggi, per cui hanno difficoltà a riconoscere i volti delle persone. Questa strana caratteristica può essere dovuta al difficile rapporto che essi hanno con gli esseri umani. Avendo scarsa fiducia in questi, hanno timore nei loro confronti e non hanno alcun desiderio di porre attenzione e memorizzare i volti e le espressioni. Al contrario, come ricorda Morello, la visione delle acque di un fiume che scorre lento davanti ai propri occhi, è ricordata perché porta una sensazione di tranquillità e pace.[11]

 

L’udito

Per quanto riguarda l’udito, quando i bambini normali molto piccoli sono lasciati nella carrozzina mentre le loro madri chiacchierano in compagnia di amici e parenti venuti a far loro visita, di solito non manifestano alcun fastidio; anzi, per molti di loro, il chiacchiericcio che avvertono attorno li tranquillizza e rassicura, così che dormono tranquilli. Anche quando i bambini sono svegli le parole che odono non li turbano affatto, tanto che gorgheggiano vivacemente e tranquillamente, come se anche loro volessero partecipare ai discorsi dei grandi.

Tuttavia, quando qualcuno dei familiari o degli amici alza il tono della voce, oppure manifesta con aggressività e irritazione il proprio dissenso sull’argomento in discussione, se sono svegli, manifestano paura con strilli e pianti, se dormono si destano di soprassalto, gridando forte. Insomma anche i bambini piccoli avvertono paura e fastidio, sia per i rumori forti sia per i toni aspri, aggressivi o comunque sopra le righe.

Lo stesso avviene quando sono più grandi, due-tre anni, e i genitori li portano ad assistere alle manifestazioni organizzate per qualche festa patronale. Se la banda inizia a suonare con notevole impeto e foga qualche marcetta o se gli scoppi dei mortaretti e delle bombe dei giochi d’artificio che salutano l’uscita del Santo patrono dalla chiesa, sono al di sopra di una certa soglia di sopportazione, i piccoli manifestano paura e piangono, stringendosi forte al collo di papà o mamma,

A un’età ancora maggiore la reazione di allarme avviene per motivi più complessi. Non è molto importante il tono della voce, ma il suo contenuto. Ad esempio, quando gli adolescenti assistono ai litigi dei genitori, i quali per accusare o imporre la propria opinione sull’altro, usano toni aspri e aggressivi, anch’essi, infastiditi e spaventati, sono costretti a rintanarsi nella loro stanzetta, tappandosi le orecchie oppure si proteggono mettendosi delle cuffie per coprire, con la musica preferita ad alto volume, le aspre grida e gli insulti dei genitori. In questi casi, com’è evidente, i motivi della fuga da certi suoni non riguardano la loro intensità ma è il contenuto di quanto ascoltato, che spaventa i ragazzi. Contenuto che li mette in allarme per le conseguenze, per loro importanti, che lo scontro e il conflitto tra i genitori potrebbero comportare: lo sconquasso delle loro famiglie e la perdita dell’affetto, della protezione e della cura di almeno uno dei genitori.

In definitiva tutti i bambini, anche quelli perfettamente normali, non sopportano i toni aspri e i rumori forti, non gradiscono le grida e la confusione e non reggono le situazioni conflittuali. In tutti questi casi, sia la paura sia la fuga, sono comportamenti che possiamo definire “fisiologici”.

Quando sono presenti delle problematiche psicologiche, le situazioni di allarme e di fuga si moltiplicano, poiché la sensibilità e l’irritabilità del bambino sono più accentuate, così com’è più accentuata la loro emotività. a causa dell’ansia, delle fobie e dei pensieri truci e pessimistici presenti nella loro mente. Pertanto queste situazioni sono molto più frequenti e vivide, rispetto ai soggetti normali.

Le reazioni di paura nei bambini con disturbi autistici, con conseguenti crisi nervose e di fuga, sono notevolmente più facili, usuali e frequenti, se raffrontate sia ai bambini piccoli, sia ai soggetti con disturbi psichici di lieve o media gravità. I motivi sono facili da comprendere: in questa grave patologia psichica l’Io del soggetto è spesso molto immaturo, fragile ed è, soprattutto, notevolmente disturbato da un’alterata realtà interiore. Questo mondo intimo, particolarmente inquieto, ansioso, instabile e irritato, mantiene i soggetti che ne soffrono in una situazione di continua tensione e notevole esasperante allarme. Pertanto, per questi bambini è molto difficile gestire correttamente gli input sensoriali eccessivi ma anche quelli poco consueti.

 

Alcuni dei suoni più disturbanti sono quelli acuti e striduli prodotti dai trapani elettrici, dai frullatori, dalle seghe e dagli aspirapolvere. Questi bambini fanno anche fatica a sopportare l’eco che si crea nelle palestre e nei bagni delle scuole.[12] Altri rumori per loro insopportabili, con conseguenti manifestazioni di paura, se non proprio di terrore, sono quelli presenti nelle feste e nelle riunioni familiari: onomastici, compleanni, matrimoni, poiché in queste occasioni il continuo intenso vocio si aggiunge alla confusione presente nell’ambiente. Oltre all’intensità del rumore e alle sue caratteristiche, ciò che può mettere in allarme i bambini con sintomi di autismo può derivare dal fatto che il rumore avvertito non è usuale in una determinata situazione. È quindi importante il significato che assume nella loro mente un determinato suono o rumore.[13]

Purtroppo nel nostro periodo storico i motivi di fastidio e paura, dovuti ai rumori, possono essere molti: i clacson delle auto e le trombe dei camion; gli altoparlanti degli ambulanti che magnificano la bontà della loro merce; la musica “sparata” a tutto volume dagli apparecchi stereofonici presenti in tante case, come in tante auto guidate da giovani che amano ascoltare, dentro le loro auto, la stessa musica delle discoteche che frequentano; il rumore dei trapani e dei martelli pneumatici; le sirene di qualche antifurto e così via.

A ciò si deve aggiungere che nei confronti dei bambini con sintomi di autismo non mancano da parte dei genitori e degli insegnanti i richiami e i rimproveri, i quali dovrebbero servire a scuoterli dal torpore nel quale s’immergono, con lo scopo di richiamarli alla realtà. Ciò soprattutto quando vi è la necessità di fare qualcosa, come leggere, scrivere o sbrigarsi per andare da qualche parte: ‹‹Fai presto! Alzati! Lavati! Sistema la cartella! Dobbiamo andare a scuola››. ‹‹Presto! Vestiti ché dobbiamo uscire per andare dal medico››; ‹‹Sbrigati!››. I rimproveri sono presenti anche quando i bambini non si adeguano alle convenienze sociali e non si comportano in maniera educata nei rapporti con gli altri, pertanto non salutano, non stringono la mano, né tantomeno sono disposti a dare un bacio o ad abbracciare amici e familiari.

Altre volte i toni duri e forti sono usati quando i genitori non vogliono che il figlio persista in un certo tipo di comportamento bizzarro o stereotipato: ‹‹Basta far girare sempre quella rotellina!››; ‹‹Smettila con quel verso odioso che fai sempre!››; ‹‹Non saltare su e giù sul pavimento come fossi un canguro!››; ‹‹Finiscila di fare il girotondo nella stanza!››.

I luoghi istituzionali che sono avvertiti con molta paura dai bambini con disturbi autistici sono quelli nei quali sono presenti molti coetanei turbolenti: ad esempio, le aule scolastiche, le palestre e i centri sportivi. Sono questi ambienti che scatenano frequentemente le loro crisi nervose, a causa del continuo vociare dei compagni, accompagnato dall’incitamento e dagli aspri rimproveri degli insegnanti o degli allenatori nei confronti di chi disturba la lezione o è disattento. In queste situazioni frequentemente i bambini con sintomi di autismo i quali sono particolarmente sensibili, esprimono con penosi mugolii o grida laceranti il loro bisogno di un minimo di serenità e pace, mentre cercano di nascondersi in un angolo della classe o della scuola, proteggendo le orecchie con le dita o con delle cuffie antirumore.

Ricorda la Grandin:

 Quando ero piccola, per me erano un problema anche i rumori forti; spesso erano dolorosi come il trapano di un dentista che tocca un nervo. Mi facevano veramente male. Mi spaventavo a morte quando sentivo scoppiare i palloncini, perché quel suono, per le mie orecchie, era come un’esplosione. I rumori leggeri, ai quali la maggior parte delle persone riesce a non badare, mi distraevano. Quando ero all’università, il rumore dell’asciugacapelli della mia compagna di stanza era per me come quello di un jet in fase di decollo.[14]

E Morello, con il suo particolare, strano ma anche poetico linguaggio, così descrive le conseguenze dovute a suoni troppo intensi o numerosi:

Troppe onde acustiche sovraccaricano lo scorrere di immagini concrete; lasciano nebbia, confusione. Nebbie e confusione sollecita solitudine. Solitudine è lago nero. Pensare è solida barca che naviga serena dentro mare di vita. Pensare immerso in nebbie e confusione solido blocco di ghiaccio brina.[15]

Notbohm, madre di un bambino con autismo conferma il fastidio che provava il figlio a causa di rumori troppo forti, acuti, improvvisi, penetranti, invadenti: ‹‹Il bambino con autismo potrebbe udire cose che per voi sono indistinguibili, e ciò non fa che inasprire un mondo già caotico con assordanti dissonanze››. [16]

 E ancora la stessa autrice:

I suoni che sono forti anche per noi, come la musica della banda, i rumori di una partita di basket in palestra, un bar affollato, il vociare dei bambini al parchetto e le sirene dei mezzi di soccorso, sono esempi di trambusto quotidiano che può provocare dolore fisico.[17]

Anche suoni che consideriamo come normali, presenti in tutte le case, come quelli prodotti dalle lavastoviglie, dai phon o dai frullatori possono provocare molto fastidio a questi bambini.

Come per ogni situazione che i bambini con sintomi di autismo sono costretti ad affrontare, le cose non sono mai così lineari e semplici come si vorrebbe. Scrive la Grandin: ‹‹I tipi specifici di suoni che creano disturbo variano da persona a persona. Un suono che a me provoca dolore, potrebbe essere piacevole per un altro bambino con autismo››. [18] E ancora la stessa autrice: ‹‹Alcuni sono attratti dal tonfo e dallo sciabordio dell’acqua e a volte passano ore ad azionare lo sciacquone della toilette, mentre altri possono essere terrorizzati da questo stesso rumore perché suona come il fragore delle cascate del Niagara››.[19] E infine: ‹‹Una donna disse che non sopportava il rumore del pianto di un bambino, anche se indossava una combinazione di tappi per le orecchie e cuffie di protezione››.[20] Evidentemente da questa persona, questo specifico segnale di sofferenza del bambino: il pianto, era avvertito e valutato non solo per la sua intensità ma anche per il significato specifico, legato alla sofferenza del piccolo.

E lo stesso crediamo che valga per tanti altri suoni ascoltati. Per la Williams: ‹‹Il suono che a me, però, piaceva ascoltare era il suono degli oggetti metallici. Sfortunatamente per mia madre, il campanello di casa nostra ricadeva in questa categoria e passavo ore a suonarlo ossessivamente››.[21]

 Tuttavia bambini ai quali è stata diagnosticata una sindrome autistica grave, possono sembrare ipoudenti o totalmente sordi, in quanto a volte appaiono come indifferenti anche a suoni intensi, tanto che non sembrano sentire le grida della madre che li sta chiamando, così come sono assolutamente indifferenti ai rimproveri dei genitori per qualche malefatta che essi hanno attuato. Riferisce Williams che i suoi genitori, quando lei si estraniava, chiusa nel suo mondo, provavano a scuoterla facendo alle sue spalle improvvisi, forti rumori. senza tuttavia avere da lei alcuna risposta, ‹‹neanche un battito di ciglia››, giacché la bambina, chiusa totalmente nel suo autismo, riusciva a escludere completamente il mondo fuori di lei.[22] Altre volte, invece, i bambini con sintomi di autismo avvertono e si agitano per un suono delicato ma insolito come può essere quello di una caramella che viene scartata.

 

La Grandin da parte sua riferisce alcuni metodi che adoperava per difendersi ed escludere i rumori insopportabili:

Dondolarmi e girare su me stessa erano altri modi per escludere il mondo, quando ero sovraccaricata da troppo rumore. Dondolare serviva a calmarmi. Era come prendere una droga che dà assuefazione, più lo facevo e più avevo voglia di farlo. Mia madre e i miei insegnanti mi fermavano per farmi tornare in contatto con il resto del mondo. Adoravo anche girare su me stessa e raramente mi veniva il capogiro. Quando mi fermavo, mi piaceva la sensazione di osservare la stanza che girava.[23]

 Brauner A. e Brauner F. danno una spiegazione che anche noi condividiamo a questo diverso modo di reagire ai rumori:

Non ci sembra azzardato postulare che vi sia una soglia delle sensibilità che possa contenere le sensazioni deboli, mentre le sensazioni più forti s’infrangerebbero contro un’inibizione completa, quasi catatonica, equivalente forse a uno stato ipnotico che agirebbe come un riflesso protettore.[24]

Queste diversità nel modo di reagire ai rumori ci conferma che nei soggetti con sintomi di autismo, non vi è una specifica alterazione anatomica dei recettori che amplifica o riduce i suoni uditi. È invece presente in loro un modo diverso e particolare di avvertire, vivere e gestire tutte le esperienze, comprese quelle sensoriali, a causa di un substrato mentale ed emotivo particolarmente alterato e disturbato. Pertanto lo stesso rumore può essere percepito in modo accentuato o limitato in base ai molteplici fattori presenti in quel momento nella loro mente.

Invece questi bambini gradiscono i suoni armonici, dolci e delicati di qualche brano musicale. Questi suoni, di solito, hanno il potere di distenderli e rilassarli. Dice Morello: ‹‹La musica grande tranquillità mi dà. L’ansia cala dietro il tiepido vapore di parole leggere, vibrazioni serene, dittature di ritmo. Amo il pianeta della musica, avvolge di calore, nasce magia che scaccia fitte di mali anormali. Macchia si svuota››.[25]

In sintesi possiamo dire che i bambini che presentano disturbi autistici:

  1. Più frequentemente dei soggetti normali, ma anche di quelli che presentano disturbi psicologici non gravi, manifestano reazione d’irritabilità, ansia, paura o terrore alla presenza di rumori intensi, aspri, strani o insoliti.
  2. Queste manifestazioni di paura e le conseguenti reazioni, a volte con intense crisi nervose, sono più gravi ed evidenti e avvengono anche a età nettamente maggiori, rispetto ai bambini normali o con disturbi psicologici non gravi.
  3. Pur tuttavia la variabilità tra bambini con la stessa diagnosi e nello stesso bambino può essere notevole. Pertanto un rumore della stessa intensità può creare fastidio a un bambino, mentre lo stesso rumore in un bambino con autismo grave, che per cercare difendersi ha totalmente escluso il mondo attorno a sé, non provoca, almeno apparentemente, reazioni di sorta.
  4. Questi bambini amano il silenzio o musica particolarmente dolce e delicata.
  5. Infine poiché i suoni e i rumori s’inseriscono in un percorso psicologico personale e intimo, le reazioni possono essere diverse anche in bambini con disturbo autistico della stessa gravità.

Alcuni suggerimenti

  • Abbiamo descritto l’eccessiva sensibilità che spesso presentano i bambini con disturbi autistici nei confronti delle sensazioni visive e uditive. Purtroppo molte situazioni che per i minori e gli adulti normali sono occasione di gioia e di festa, possono essere avvertite da questi come tormento e violenza. Per tale motivo, se vogliamo veramente rispettare le loro emozioni e i loro bisogni psicologici, dobbiamo necessariamente evitare di farli partecipare a feste, riunioni, incontri o concerti, nei quali si prevede che i toni della voce, l’intensità dei suoni, dei rumori o la presenza di luci troppo intense o alternanti, potrebbero dare loro fastidio o paura.
  • Se proprio non possiamo fare a meno di partecipare insieme al nostro bambino a qualche festa, mentre gli altri staranno nel salone a fare baldoria, proteggiamo il nostro piccolo, facendo in modo che possa giocare in una stanza tranquilla, insieme a qualche adulto disponibile, con il quale si è instaurato un buon rapporto.
  • È bene inoltre evitare, fino a quando nei bambini non sono scomparsi i sintomi dell’autismo, di far frequentare loro l’asilo nido e gli ambienti scolastici, soprattutto la scuola materna, se non è possibile ottenere dalla scuola, per il proprio bambino, una stanza silenziosa e tranquilla, tutta per lui, in cui potere effettuare, con un’insegnante a lui dedicata, delle attività spontanee di Gioco Libero Autogestito.
  • Evitiamo assolutamente di usare in presenza dei bambini con disturbi autistici quei toni aspri e duri, che purtroppo oggi sono spesso usati nei dissidi tra le coppie e nei rapporti con i figli, sia per l’impatto sensoriale che quei temi potrebbero avere sul bambino, sia per la loro componente emotiva, legata proprio alla paura che qualunque conflitto provoca.
  • Per quanto riguarda i momenti di rilassamento, divertimento, piacere e gioia, questi non potranno sicuramente essere vissuti in ambienti e contesti rumorosi, con molte luci e soprattutto con molte persone che parlano e si agitano, specie se queste sono dei bambini.
  • L’uso di cuffie antirumore può essere utile, ma non è risolutivo, è meglio una passeggiata in un ambiente tranquillo e naturale, come può essere un bosco. Come scrive De Rosa: ‹‹Ho bisogno di non stressare troppo le mie fini capacità percettive, quindi odio gli ambienti rumorosi, con molte luci e molta gente che parla. Anche molti di voi vedo soffrono queste situazioni ma io di più, e perdo anche capacità comunicativa. Per una passeggiata, quindi, meglio le atmosfere ovattate di un bosco che il caos di un centro commerciale››.[26]

 



[1] Franciosi F. (2017), La regolazione emotiva nei disturbi dello spettro autistico, Pisa, Edizioni ETS, p. 29.

[2] Notbohm E. (2015), 10 cose che ogni bambino con autismo vorrebbe che tu sapessi, Trento, Erikson, pp. 25-26.

[3] De Rosa F. (2014), Quello che non ho mai detto, Cinisello Balsamo, San Paolo, pp. 22-23.

[4] De Rosa F. (2014), Quello che non ho mai detto, Cinisello Balsamo, San Paolo, p. 22.

[5] Notbohm E. (2015), 10 cose che ogni bambino con autismo vorrebbe che tu sapessi, Trento, Erikson, p. 48.

[6] Notbohm E. (2012), 10 cose che ogni bambino con autismo vorrebbe che tu sapessi, Trento, Erikson, pp. 28-29.

[7] Morello P. C. (2016), Macchia, autobiografia di un autistico, Milano, Salani editore, p. 16.

[8] Grandin T. (2011), Pensare in immagini, Trento, Erickson, p. 81.

[9] Grandin T. (2011), Pensare in immagini, Trento, Erikson, p. 23.

[10] Frith U. (2019), L’autismo – Spiegazione di un enigma, Milano, Economica La terza, p. 131,

[11] Morello P. C. (2016), Macchia, autobiografia di un autistico, Milano, Salani editore, p. 13

[12] Grandin T. (2011), Pensare in immagini, Trento, Erikson, p. 74.

[13] Brauner A., Brauner F. (2007), Vivere con un bambino autistico, Firenze, Giunti, p. 61.

[14] Grandin T. (2011), Pensare in immagini, Trento, Erikson, p. 74.

[15] Morello P. C. (2016), Macchia, autobiografia di un autistico, Milano, Salani editore, p. 28.

[16] Notbohm E. (2015), 10 cose che ogni bambino con autismo vorrebbe che tu sapessi, Trento, Erikson, p. 49.

[17] Notbohm E. (2015), 10 cose che ogni bambino con autismo vorrebbe che tu sapessi, Trento, Erikson, p. 49.

[18] Grandin T. (2011), Pensare in immagini, Trento, Erikson, p. 74.

[19] Grandin T. (2011), Pensare in immagini, Trento, Erikson,p. 74.

[20] Grandin T. (2011), Pensare in immagini, Trento, Erikson, p. 78.

[21] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, p. 45.

[22] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, p. 13.

[23] Grandin T. (2011), Pensare in immagini, Trento, Erikson, p. 51.

[24] Brauner A., Brauner F. (1980, 2007), Vivere con un bambino autistico, Firenze, Giunti, p. 26

[25] Morello P. C. (2016), Macchia, autobiografia di un autistico, Milano, Salani editore, pp. 30-31.

[26] De Rosa F. (2014), Quello che non ho mai detto, Cinisello Balsamo, San Paolo, p. 35.

 

L'odorato e il gusto

 

Nei confronti dell’odorato e del gusto si notano, nei bambini con disturbi autistici, una serie di inusuali preferenze ed esclusioni.

Per la Grandin:

Una percentuale piuttosto cospicua di persone con autismo ha un olfatto molto acuto, e viene sopraffatta dagli odori forti. Mi vergogno un poco ad ammetterlo, ma quando ero piccola mi piaceva annusare le persone come un cane. Gli odori delle diverse persone erano interessanti. [1]

Per Brauner A. e Brauner F.: 

Altrettanto bizzarre si dimostrano le sensazioni olfattive: essi (i bambini con disturbi autistici) annusano tutto, si sentono attirati da un odore cattivo, inspirano profondamente nei capelli lavati di fresco di un’educatrice o entrano in crisi appena sentono il profumo di un particolare prodotto cosmetico.[2]

Dice la Grandin: ‹‹Diversi autistici mi hanno detto di ricordare le persone dall’odore e uno mi disse che gli piacevano gli odori “sicuri”, come quello delle pentole e delle stoviglie, che associava a casa sua››.[3]

Alcuni di loro amano odorare e leccare oggetti e materiali che nessun bambino della loro età o adulto normale toccherebbe o fiuterebbe, come ad esempio gli escrementi degli esseri umani o degli animali. Al contrario possono non sopportare, tanto da farli stare male, aromi, fragranze e profumi che sono gradevoli o impercettibili per la maggior parte della popolazione.[4]

Sempre a proposito degli odori e del tatto la Williams racconta che sua nonna profumava di canfora e portava maglie colorate, attraverso le quali, lei bambina, passava le dita. Pertanto anche da grande l’autrice scacciava tutti gli odori della sua stanza con il profumo di canfora e passava le dita nei ritagli di lana e ciò l’aiutava a dormire tranquilla.[5]

Molti di loro sono schizzinosi e selettivi nell’assunzione dei cibi. Spesso mangiano soltanto alcuni tipi di alimenti, mentre non amano assaggiarne altri, considerati nauseanti, non sappiamo se a causa della consistenza, dell’odore, del sapore o anche dal terrore che essi possono avvertire nei confronti di cibi sconosciuti. Scrive la Notbohm: ‹‹Il risultato è che molti bambini con autismo o Asperger sono selettivi all’inverosimile quando si tratta di mangiare, e a volte si limitano a consumare solo pochi alimenti››.[6]

Alcuni di questi bambini possono non amare cibi piccanti, amari, che hanno una temperatura diversa da quella desiderata (troppo fredda – troppo calda) o che hanno una consistenza non adeguata al loro gusto (troppo morbida o troppo dura, troppo liscia o troppo appiccicosa).


 

Dice la Williams:

Forse non mi mancava il senso della fame o del bisogno di andare in bagno o di dormire. Forse il mio bisogno di restare a un passo dalla piena coscienza faceva sì che la mia mente negasse anche la consapevolezza di questi bisogni; certamente ne ignoravo i segnali, sentendomi debole, ansiosa o irritabile ma sempre troppo occupata per fermarmi per queste cose.[7]

Scrive la Grandin:

Io, ad esempio, odiavo tutto quello che era gelatinoso, come i budini o gli albumi d’uovo poco cotti. Molti bambini autistici detestano i cibi croccanti perché producono un rumore troppo forte quando li masticano.[8]

Al contrario, rivela la stessa autrice, le persone con sintomi di autismo, potrebbero mettersi in bocca oggetti inappropriati come terra, colla, monete, sapone o potrebbero amare l’odore dell’urina, delle feci, così da bagnare o sporcare il letto di proposito. Anche in questi casi vi sono degli evidenti collegamenti di tipo affettivo-relazionale.

Ricorda la Williams:

Poi venne anche la paura di inghiottire il cibo. Mangiavo solo crema, confetture, cibi per bambini piccoli, frutta, foglie di insalata, mele e pezzi di pane bianco (…) In realtà mangiavo soltanto le cose che mi piaceva guardare e sentire, e che rappresentavano per me, più di ogni altra cosa, piacevoli associazioni. I conigli mangiano l’insalata. Io amavo i soffici conigli. Io mangiavo l’insalata. Mi piaceva guardare attraverso vetri colorati. La confettura era così; mi piaceva la confettura. Come ad altri bambini, mi piaceva la polvere. Mangiavo terra e fiori ed erba e pezzi di plastica. [9]

Tutto ciò non è consueto ma non dovrebbe apparire troppo strano, poiché anche nei bambini piccoli e nei soggetti psicologicamente disturbati, che hanno subito o subiscono ancora carenze affettive o soffrono a causa di un ambiente poco idoneo al loro sviluppo psicoaffettivo, ritroviamo comportamenti simili.

Ad esempio Giulia, una ragazzina con problematiche psicologiche che per anni si era alimentata soltanto con il biberon e latte, a nove anni accettava soltanto cibi che avevano il colore bianco: mozzarella, pane bianco, pesche bianche e così via.

Tuttavia in questo campo, come in tutti gli altri, non vi sono regole assolute: Dicono Brauner A. e Brauner F.:

Vi sono dei continui alti e bassi, legati per lo più a cambiamenti avvenuti in famiglia o al Centro››.[10] Inoltre se vi sono dei bambini che mangiano talmente poco da sfiorare l’anoressia, ve ne sono altri che divorano di tutto e di più, con estrema ingordigia, senza farsi alcun problema sulle qualità di ciò che mangiano.

Il fatto che questi bambini rifiutino, o accettino solo in parte, il cibo cucinato amorevolmente per loro, provoca, soprattutto nelle mamme, il dispiacere e il timore di non essere buoni genitori,[11] nello stesso tempo accentua la preoccupazione di esse per la salute fisica dei figli, che si privano di alimenti importanti per la loro crescita.

In altri casi, purtroppo, il problema è chiaramente dei genitori. Mentre alcuni bambini con sintomi di autismo mangerebbero di tutto, vi sono dei genitori che seguendo delle teorie per le quali questa patologia sarebbe causata dall’assunzione di alcuni alimenti, lottano contro il buon appetito dei figli, al fine di limitarli nell’uso di cibi e prodotti che temono o sono convinti, possano essere dannosi per loro.

A questo proposito mi è penoso ricordare Salvatore, un ragazzo con autismo ad alto funzionamento, il quale era notevolmente migliorato, mediante l’ascolto e l’attenzione che prestavamo verso di lui e nei confronti delle narrazioni che amava fare. Per dare al ragazzo il senso della nostra amicizia e vicinanza, a una certa ora avevamo preso l’abitudine di gustare, insieme agli altri componenti dell’equipe,  una buona tazza di the, accompagnata da qualche biscottino. La qual cosa era per il ragazzo sommamente gradita. Quale fu il nostro stupore quando un giorno la madre e il padre entrando per comunicarci che si sarebbero assentati dal centro per qualche minuto, si avvidero del “crimine” che noi operatori stavamo commettendo, offrendo al figlio del the e dei biscottini.

Preoccupatissimi per quanto stava accadendo, ci chiesero perentoriamente di non dare al figlio alcun cibo estraneo alla particolare dieta che egli, da qualche giorno, stava osservando. Dieta che era stata loro consigliata da un medico, proprio per guarire il figlio dalla sindrome autistica. Togliendogli di mano sia la tazza con il the che egli stava sorbendo con gusto sia i biscottini, si allontanarono stizziti e spaventati per il rischio che il figlio stava correndo a causa della nostra imprudenza.

Quell’episodio provocò un peggioramento notevole nelle condizioni psichiche di Salvatore, tanto che in seguito, ogni volta che veniva portato nel nostro centro, si guardava in giro come terrorizzato e rifiutava di avvicinarsi a noi.

Purtroppo il non tenere conto degli aspetti psicologici negli interventi che sono effettuati a questi bambini, può peggiorare molto la loro condizione. In questo caso come poteva Salvatore aver fiducia nel mondo fuori di lui, nel momento in cui i suoi genitori, con il loro comportamento, giorno per giorno e in tante occasioni di festa, gli facevano notare che anche nel cibo più gustoso, come può essere una fetta di torta o un buon gelato, può nascondersi un grave rischio? D’altronde come aver fiducia nelle persone apparentemente amiche, come per lui eravamo diventate noi, quando improvvisamente scoprì, mediante la reazione d’allarme dei suoi genitori, che queste persone gli offrivano cibi per lui molto dannosi?

Pertanto è controproducente lottare affinché i bambini con disturbi autistici assumano cibi che pensiamo siano adatti a loro, oppure, al contrario, li costringiamo a non gustare dei piatti da loro richiesti e desiderati, pensando che siano per loro dannosi. Lottare contro i loro gusti significa far intendere, ancor più, che il mondo è fatto da persone cattive, che non accettano i loro bisogni e amano soltanto far loro del male. Ancor peggio si rischia di accentuare in questi bambini la convinzione che in tutte le cose, anche in quelle più piacevoli e gustose, come possono essere dei biscottini e altri cibi appetitosi, si possono nascondere delle gravi insidie, capaci di procurare notevoli danni, il che evidentemente non fa altro che accentuare le loro paure e la loro diffidenza nei confronti del mondo fuori di loro.

 

Tratto dal libro di Emidio Tribulato: "Bambini da liberare - Una sfida all'autismo".

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[1] Grandin T. (2011), Pensare in immagini, Trento, Eriksonp. 180.

[2] Brauner ABrauner F. (19802007), Vivere con un bambino autistico, FirenzeGiuntipp. 26-27.

[3] Grandin T. (2011), Pensare in immagini, Trento, Eriksonp. 83.

[4] Notbohm E. (2015), 10 cose che ogni bambino con autismo vorrebbe che tu sapessi, TrentoEriksonp. 53.

[5] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, RomaArmando Editorep. 13.

[6] Notbohm E. (2015), 10 cose che ogni bambino con autismo vorrebbe che tu sapessi, TrentoEriksonp. 55.

[7] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, RomaArmando Editorepp. 40-45

[8] Grandin T. (2011), Pensare in immagini, Trento, Erikson, p. 83.

[9] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, RomaArmando Editorep. 12.

[10] Brauner A.Brauner F. (2007), Vivere con un bambino autistico, GiuntiFirenzep. 78.

[11] Mazzone L. (2015), Un autistico in famiglia, MilanoMondadorip. 33.

 

Rabbia, collera e aggressività nei disturbi autistici

 

Rabbia, collera e aggressività nei

 

disturbi autistici

La rabbia e La collera

La rabbia e i comportamenti collerici sono emozioni primitive e universali presenti in tutti gli animali superiori e in tutti gli esseri umani, qualunque sia la loro età. Queste emozioni si attivano ogni volta che il soggetto avverte di essere aggredito, minacciato o in qualche modo disturbato. Sono quindi istintivi meccanismi di difesa che la natura ha messo a disposizione di ogni individuo.

La collera può manifestarsi con parole offensive o con comportamenti battaglieri verso tutte quelle persone che, per qualche motivo, giudichiamo colpevoli di averci minacciati o di averci gravemente disturbati od offesi. Tuttavia, quando riteniamo non conveniente reagire verso chi ha provocato la nostra collera e rabbia, queste emozioni possono essere spostate su oggetti, persone e animali assolutamente innocenti, i quali, in questo caso, diventano strumenti atti a scaricare la tensione che si era accumulata nel nostro animo.

La rabbia e i comportamenti collerici hanno la caratteristica di presentarsi in modo improvviso e travolgente ma la loro durata è di solito breve, giacché il soggetto coinvolto, dopo aver scaricato la tensione interiore che aveva sentito crescere dentro di sé, dopo breve tempo inizia a rasserenarsi.

Il bambino piccolo mostra la sua collera con grida, calci, schiaffi, morsi, parole offensive, rifiutando di mangiare o espellendo le urine e le feci. Ciò può avvenire ad esempio, quando teme di non essere capito, amato o quando avverte il rischio di essere allontanato, abbandonato o che i genitori si separino e quindi vi sia la possibilità di perdere la presenza o l’amore di almeno uno di loro. Rabbia e collera possono scatenarsi anche quando il bambino soffre per delle punizioni, richiami o rimproveri che ritiene ingiusti. Tuttavia, quando l’essere umano cresce e matura, le reazioni rabbiose e le manifestazioni colleriche diventano meno frequenti, sono più contenute e sono espresse con le parole, piuttosto che con manifestazioni fisiche. Queste emozioni possono essere presenti in tutta la vita dell’individuo ma sono più frequenti nelle persone che hanno molto sofferto.

Rabbia e collera, nei soggetti con disturbi autistici, somigliano a quelle presenti nei bambini piccoli: sono frequenti, sono espresse in modo eclatante, hanno breve durata e, ad un esame superficiale appaiono, almeno in parte, immotivate.

La Grandin (2011, p. 97), a questo riguardo, riporta alcuni suoi vissuti interiori: ‹‹Quando mi arrabbio, è come un temporale estivo: la rabbia è intensa ma, una volta che la supero, l’emozione svanisce rapidamente››.

E ancora la stessa autrice (Grandin, 2011, p.50):

 Avevo scoppi di rabbia anche quando mi stancavo o ero disturbata da un rumore eccessivo, come quello delle trombette alle feste di compleanno. Il mio comportamento era come un interruttore automatico che scattava. Un momento stavo bene ed ero tranquilla, mentre il momento dopo ero per terra che scalciavo e gridavo come un pazzo furioso››. E poi: ‹‹Ad una conferenza un uomo con autismo mi disse che lui provava solo tre emozioni: paura, tristezza e rabbia. Non provava mai gioia. Disse anche di avere problemi con l’intensità delle sue emozioni, che erano fluttuanti e a volte indistinte, in modo simile a quanto accadde alle percezioni con la confusione sensoriale (Grandin, 2011, p. 100).

De Rosa (2014, pp. 98-99) provava rabbia quando giocando sbagliava e perdeva, quando gli altri lo trattavano da stupido e da bambino piccolo ma anche quando non capivano che il suo agitarsi, correre o parlottare dipendeva dalla sua ansia e così concludeva: ‹‹Insomma non è facile essere autistici in un mondo di non autistici››.

Quando queste emozioni sono rappresentate mediante il disegno, in questo sono evidenti molti elementi appuntiti, come delle frecce da lanciare contro chi ci fa del male o pensiamo ci abbia fatto soffrire.

 

 

Molti elementi appuntiti per esprimere la rabbia e la collera.

Alcuni suggerimenti

 I motivi della rabbia e della collera sono poco comprensibili se non si riesce a inquadrarli nel loro contesto di vita. I bambini con sintomi di autismo si arrabbiano soprattutto quando avvertono che gli altri non hanno la giusta attenzione e rispetto per i loro bisogni, per la loro esasperata eccitabilità e sensibilità, per le loro fobie, per la loro continua e spasmodica ricerca di luoghi e momenti di serenità e pace. E quindi gridano e si disperano quando le persone alzano la voce o li costringono a rimanere in un ambiente rumoroso o per loro pieno di pericoli, che però gli altri non vedono e giudicano in tal modo.

Essi si arrabbiano quando gli altri chiedono di fare o non fare una determinata azione, mentre dentro di loro infuria la tempesta o quando chi li circonda effettua dei cambiamenti nell’ambiente o nei tempi delle occupazioni giornaliere, senza tener conto e rispettare il loro bisogni di stabilità e immutabilità degli oggetti, degli orari e degli avvenimenti che assicurano un minimo di certezza e serenità.

Questi bambini con disturbi autistici si arrabbiano anche quando gli altri limitano i loro interessi, giudicati ristretti e anomali o quando sono rimproverati o richiamati per i loro giochi, le loro stereotipie, le loro abitudini e i loro rituali, apparentemente inutili, ripetitivi e senza scopo.

Purtroppo, anche in questi bambini particolari, quando la collera cessa, qualcosa rimane nel loro animo. Resta il sospetto, la diffidenza, il risentimento, il rancore, l’astio o la disaffezione verso chi, anche senza volerlo, li ha fatti soffrire e verso chi non ha tenuto in giusta considerazione i loro bisogni e le loro necessità, oppure verso le persone che con i loro comportamenti non hanno cercato di diminuire i loro malesseri, ma anzi li hanno provocati o accentuati. 

 

Aggressività

Tutte le esperienze negative vissute dagli esseri umani, come gli stress, i traumi e le deprivazioni, soprattutto affettive ma anche materiali, provocano, a livello psicologico, delle alterazioni e delle disfunzioni che stimolano intensi sentimenti e comportamenti di ribellione e acredine, nei confronti sia delle singole persone, che in qualche modo si ritiene siano state o siano causa della loro sofferenza, sia nei riguardi della vita e del mondo in generale. Questo è soprattutto vero nel caso dei bambini piccoli, i quali vivono in una realtà molto limitata e ristretta. Quando questi subiscono delle sofferenze, proiettano la loro aggressività non solo sui genitori e familiari ma anche sul mondo intero.

Pertanto una delle più frequenti cause dell’aggressività presente nei bambini normali e nei soggetti che presentano disturbi psicologici, è provocata dalla sofferenza da loro subita per svariate cause ambientali: eccessive limitazioni o frustrazioni dei loro desideri e bisogni, ingiustizie sofferte, scarsa presenza dei genitori e loro allontanamento fisico e/o affettivo, inserimento fuori dal nido familiare ad un’età precoce o in assenza di una buona maturità psicologica e affettiva, mancanza di sollecitudine ai loro richiami e infine, ma non ultima, la presenza di traumi e sensi di colpa causati dalla presenza di conflitti nell’ambito familiare. In questi, e in tante altre situazioni nelle quali l’ambiente di vita non è consono ai loro bisogni, le manifestazioni aggressive segnalano la situazione di disagio e sofferenza nella quale i bambini si trovano. Le manifestazioni aggressive segnalano anche la necessità che essi hanno di cercare una rivalsa e una vendetta per quanto hanno subìto.

Nelle reazioni aggressive è importante l’elemento soggettivo. Perciò la stessa azione può essere vissuta diversamente in base alle caratteristiche di personalità e ai vissuti del momento. Come dice Bonino:

La gravità della reazione aggressiva è in proporzione al grado di motivazione e investimento emotivo presente ma è anche in proporzione alle capacità resilienti di una persona. Vi sono pertanto degli uomini e delle donne capaci di resistere più facilmente alla frustrazione, trovando in sé nuove e diverse strade più creative per raggiungere i propri scopi, nonostante gli ostacoli e, altre persone, che si abbattono e si deprimono oppure reagiscono con aggressività in seguito a frustrazioni anche minime.

Nei bambini con disturbi dello spettro autistico, l’aggressività nasce dalla grave sofferenza presente nel loro animo a causa delle ansie, fobie, inquietudini e timori ai quali sono stati costantemente sottoposti, fin da quando si sono chiusi in se stessi. In quella condizione di estrema difesa, ogni sollecitazione proveniente dal mondo esterno ma anche da quello interno, è frequentemente avvertita come una grave minaccia alla propria incolumità o alla propria vita. Franciosi così descrive la disregolazione emotiva che s’instaura nei bambini con autismo: ‹‹Quotidianamente osserviamo che bambini e adulti con ASD reagiscono impulsivamente a stimoli emotigeni, attraverso comportamenti auto/etero lesivi, aggressioni, reazioni intense allo stress e al sovraccarico, fallendo nell’utilizzo delle strategie di regolazione emotiva che potrebbero essere maggiormente adattive e funzionali››.[1]

E poiché le più frequenti sollecitazioni provengono proprio dagli esseri umani che chiedono, pretendono e stimolano a fare o a non fare determinate azioni o comportamenti, l’aggressività maggiore che essi provano è nei confronti di questi ma può esprimersi verso tutto e tutti. Tuttavia non sempre quest’aggressività esplode e si manifesta. Essa è come contenuta e congelata nei bambini che presentano un più alto grado di autismo e quindi di chiusura. È come se, in questa particolare condizione, anche questa fondamentale pulsione difensiva fosse sterilizzata, pur di evitare lo scatenarsi di azioni distruttive e di annientamento da parte del mondo circostante.

Anzi, in alcuni casi, pur di proteggersi, il bambino assume un comportamento apparentemente conciliante e sorridente. Come dice la Williams: ‹‹Mi dipingevo un sorriso sulla faccia e cercavo di impersonare la mia versione della felicità››.[2] Addirittura alcuni bambini coprono di baci e abbracci la loro madre, il loro padre ma anche le persone sconosciute. Tuttavia questi sorrisi e questi gesti di amore non possiedono elementi relazionali ma servono solo a proteggere se stessi, dall’annientamento che temono possa venire dall’esterno.

Al contrario l’aggressività si manifesta più frequentemente nei bambini con autismo lieve, poiché questi mantengono ancora un certo collegamento con il mondo esterno, oppure è evidente nei bambini in cui la loro grave condizione di autismo migliora. In quest’ultimo caso, quando le loro emozioni cominciano a sgelarsi possono finalmente manifestare all’esterno la rabbia che covavano dentro.[3] In definitiva il rinascere alla vita del bambino autistico comincia proprio con lo sbloccarsi dell’aggressività.[4]

Le manifestazioni aggressive dei bambini con sintomi di autismo si rivolgono verso gli oggetti che sono sbattuti alle pareti o a terra nel tentativo di distruggerli o sui vestiti che vengono strappati, si possono manifestare anche nei confronti dei genitori, familiari, operatori e insegnanti, nel momento in cui questi dovessero insistere in qualche richiesta, che temono possa peggiorare la loro sofferenza interiore, oppure verso tutte le persone che, con il loro comportamento ansioso, colpevolizzante, irritante li esasperano.

Anche semplicemente l’essere avvicinati fisicamente può scatenare l’aggressività di questi bambini.

Ricorda la Williams:

Cominciai a disegnare stelle dappertutto e su ogni cosa. La mia mente era chiaramente ritornata a quand’ero piccola, anche se ora avevo la capacità di difendermi violentemente se qualcuno si avvicinava troppo a me. Un giorno a scuola qualcuno lo fece. Non ho alcuna idea di che cosa abbia fatto o detto, ma cercarono di venirmi troppo vicini. Afferrai una sedia e cominciai a rotearla.[5]

 La stessa autrice spiega molto bene una delle cause che stimolava la sua reazione aggressiva: l’essere toccata!: ‹‹Ma nonostante ciò, non ero intenzionalmente arrogante. Queste persone avevano, senza permesso, cercato di defraudarmi del diritto di scelta di essere toccata, anche se per loro era soltanto un colpetto alla spalla. Era gente che per egoismo mi rubava il senso di pace e di sicurezza che, a differenza di loro, non riuscivo a trovare nella loro versione di “vita quotidiana”››.[6]

L’autolesionismo

L’autolesionismo si evidenzia quando il bambino rivolge l’aggressività verso se stesso, pertanto si morde le mani, le braccia o la lingua, sbatte la testa al muro, si dà pugni e schiaffi sul viso o sulle gambe, si graffia le braccia.

 Queste manifestazioni che turbano profondamente chi vi assiste possono avere varie cause.

v  Sfogando su se stessi le frustrazioni subite,[7]questi bambini possono manifestare la loro aggressività senza tuttavia incorrere in punizioni.

v  L’autoaggressività può insorgere a causa di bruschi ordini ricevuti; nelle situazioni che presentano un certo grado di ansia causata da disagi o sofferenze subite, ma anche per difficoltà di ordine relazionale.[8]

v  L’autoaggressività può manifestare il bisogno e la ricerca di una stimolazione sensoriale. Come dice la Williams: ‹‹Stavo perdendo la capacità di sentire. Il mio mondo poteva anche essere vuoto, ma perdere la capacità di controllarlo mi lasciava, senza misericordia, in una specie di limbo nel quale mancava qualsiasi sensazione o conforto. Cominciai allora, come tante altre persone “disturbate” a ferire me stessa per poter “sentire” qualcosa››.[9]

v  Potrebbe infine configurarsi come un’espiazione, legata al senso di colpa verso una persona buona verso la quale questi bambini hanno manifestato un comportamento poco idoneo.[10]

Alcuni suggerimenti

Poiché l’auto e l’eteroaggressività presente nell’animo dei bambini con sintomi di autismo non può essere cancellata, è necessario gestirla nel modo più opportuno con vari accorgimenti, in modo tale che gradualmente sia eliminata dal loro animo.

  • Il primo, e il più importante suggerimento che ci sentiamo di dare è quello di rispettare al massimo i bisogni più veri e profondi del bambino, evitando di ignorare o trascurare i motivi della sua sofferenza. La terapia affettivo – relazionale che utilizza la tecnica del Gioco Libero Autogestito, che vi consigliamo di effettuare al più presto, si basa proprio su questo principio. Se noi comprendiamo i motivi della sofferenza del bambino, se noi evitiamo tutti quelle situazioni, quegli ambienti e quelle persone che gli apportano stress, tensione e sofferenza, e al posto di questi inseriamo persone, situazioni e ambienti che in lui producono serenità, tranquillità, piacere e gioia, più facilmente e rapidamente il suo animo si rasserenerà e pertanto diminuiranno, per poi scomparire del tutto, tutti quei comportamenti che fanno disperare i genitori, tra i quali l’etero e l’auto aggressività. Allo stesso modo più i genitori si attiveranno nel creare con il bambino una relazione molto empatica, gioiosa, piacevole, dialogante, più facilmente e più rapidamente diminuiranno, per poi scomparire del tutto questi comportamenti, che sono un segnale eclatante della sofferenza interiore che il soggetto vive.
  • Inoltre, nel momento in cui queste manifestazioni aggressive si rivolgono sugli oggetti: un bambolotto, una macchinina, un trenino, che vengono distrutti con furia, è bene non solo lasciarlo fare, senza affatto manifestare stupore, sconcerto o disapprovazione, ma anzi è opportuno aiutarlo a liberarsi dell’aggressività a lungo repressa, che soffoca il suo sviluppo psicologico, offrendogli altri oggetti su cui sfogare questa sua emozione negativa e distruttiva.
  • Se invece il suo bisogno di sfogare l’aggressività è rivolto a qualche persona adulta, di solito si tratta della madre, della nonna o di un’insegnante, più raramente del padre, anche in questo caso queste manifestazioni non vanno represse ma trasformate in un gioco piacevole al quale partecipare insieme. Un gioco nel quale l’adulto e il bambino s’impegnano e anche si divertono a fare la lotta, mediante strumenti innocui, come possono essere dei soffici cuscini. In tal modo questa emozione negativa potrà essere espressa pienamente senza che nasca nel bambino alcun senso di colpa o frustrazione. Non solo: attuando questo comportamento egli avvertirà l’adulto come una persona che ha compreso i suoi bisogni e nello stesso tempo si sta impegnando ad aiutarlo a liberarsi da questa velenosa emozione, che covava nel suo animo. Ciò lo aiuterà a migliorare l’immagine negativa che egli aveva degli esseri umani e del mondo in generale.
  • Per quanto riguarda l’autoaggressività, questa tenderà a scomparire rapidamente nel momento in cui il bambino inizierà ad aver piena fiducia nei genitori, nei familiari e negli adulti in genere. È bene pertanto non intervenire in maniera violenta o castrante, bloccando le braccia o le mani del bambino. I comportamenti autolesionistici vanno invece prevenuti evitando di far nascere le crisi di collera per alcuni nostri comportamenti incongrui. Se, nonostante tutti i nostri sforzi, i comportamenti autolesionistici si dovessero lo stesso manifestare, per farli regredire utilizzeremo la forza della nostra vicinanza affettuosa, serena e tenera.

 

Tratto dal libro di Emidio Tribulato: "Bambini da liberare - Una sfida all'autismo".

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[1] Franciosi F. (2017), La regolazione emotiva nei disturbi dello spettro autistico, Pisa, Edizioni ETS, p.17.

[2] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, p. 39.

[3] Bettelheim B. (2001), La fortezza vuota, Milano, Garzanti, p. 78-79.

[4] Bettelheim B. (2001), La fortezza vuota, Milano, Garzanti, p. 42.

[5] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, p. 60.

[6] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, p. 75.

[7] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, p.

[8] Brauner A., Brauner F. (1980, 2007), Vivere con un bambino autistico, Giunti, Firenze, pp. 74-75.

[9] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, p. 54.

[10] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, p. 40.

 

 

 

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